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Autore: Nyr    15/03/2016    1 recensioni
Thomas non poteva dire di avere una vita poi così brutta, forse una brutta settimana, un brutto mese, magari un brutto periodo…ma una brutta vita non poteva dirlo, certo che no.
// NEWTMAS // AU //
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Newt, Newt/Thomas, Thomas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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UNA BRUTTA GIORNATA

They don’t know about the things we do
They don’t know about the “I Love You’s”
But I betcha if they only knew
They would just be jealous of us

 

Thomas non poteva dire di avere una vita poi così brutta, forse una brutta settimana, un brutto mese, magari un brutto periodo…ma una brutta vita non poteva dirlo, certo che no – d’altra parte ancora sorrideva se pensava a quando la mamma gli dava il gelato alla vaniglia nelle calde giornate estive e gli diceva di mangiarlo piano perché se no i cricetini, che poverini lavoravano tutto il giorno nel suo cervello, si sarebbero presi un bel raffreddore e poi chi li faceva riprendere più? E sorrideva anche se ripensava a quando sempre lei lo spingeva sull’altalena e lo mandava in alto, sempre più in alto, fino a fargli credere che avrebbe potuto toccare il cielo, ma lui non lo faceva, oh no, perché la mamma gli diceva di tenersi forte e non staccare le manine dalle catene e lui era un bimbo obbediente, lo era sempre stato. – ma comunque Thomas se non poteva dire di avere una poi così brutta vita, poteva dire con certezza che quella era davvero una brutta, bruttissima giornata.
Era cominciato tutto fin dal mattino, quando aveva perso il pullman e lui non perdeva mai il pullman.
Era proseguita – quella brutta, bruttissima giornata – con il fatto che per arrivare in tempo avrebbe dovuto correre e lui non correva mai; a dir la verità lui non pensava che lui e la corsa avessero una relazione complicata, semplicemente pensava che proprio non ce l’avessero, una relazione…non c’era feeling tra loro, proprio no.
Il fatto che avesse dovuto correre non concludeva proprio la catena di sfortunati eventi che aveva dato avvio a quella brutta, bruttissima giornata, perché figuriamoci se la vita di Thomas – che non era poi così brutta – potesse essere semplice.
Infatti, a dimostrazione del fatto che sembrava dio ce l’avesse con lui quella mattina, non bastò aver corso per chilometri – e no, che casa sua distasse poco più di un chilometro non era rilevante – per arrivare in tempo, perché decise di mettersi nel mezzo anche la pioggia.
E così si trovò davanti alla porta dell’aula di letteratura inglese fradicio e con un ritardo di ben venti minuti e lui non era mai arrivato in ritardo a scuola.
Non appena aprì la porta – cercando di trattenere il fiatone, che no, ancora non se n’era andato – si profuse in un miliardo di scuse al professore che si limitò a guardarlo con un sopracciglio inarcato da sopra i suoi occhialetti.
« Signor Edison » Esclamò il professore, non appena Thomas interruppe le sue scuse per riprendere fiato. « Non credo che per un ritardo di venti minuti qualcuno morirà. D’altra parte, credo che sia il primo ritardo che fa da quando è in questa scuola…credo di poterla perdonare. » E Thomas sorrise, sebbene dovesse sembrare più una smorfia – la combinazione acqua-sudore-fiatone-sorriso non era delle migliori, proprio no – poi si scusò per un’ultima volta.
Quando si voltò per andare al suo banco – primo sulla destra, ovviamente – si accorse che la bella scenetta, probabilmente, dovesse essere la ragione del riso che ormai dilagava nella classe.
Thomas non ci prestò molta attenzione – d’altra parte, ormai vi era abituato – quello che attrasse la sua attenzione subito prima di posare la cartella a terra però ebbe la capacità di bloccargli il cuore per un secondo o forse più, perché lì – in fondo, circondato da quei buzzurri – c’era lui.
E no, Thomas non pensava di avere una vita poi così brutta, ma certamente lui era la cosa che da non-poi-così-brutta rendeva la sua vita bella-da-morire e quando ingenuamente posò gli occhi su quella figura diventata ormai familiare e il suo viso si illuminò accennando un dolce sorriso nella sua direzione avrebbe dovuto ricordarsi che la sua non era una brutta vita, no, ma quella era sicuramente una giornata brutta, bruttissima.
Si riscosse dalla sua estasi contemplativa solo quando una carta accartocciata lo colpì in viso e la classe scoppiò in altre risa.
Thomas si guardò velocemente intorno diventando una tonalità molto vicina al bordeaux, poi si sistemò gli occhiali sul naso, tossicchiò nervoso e finalmente si sedette al suo banco spalmandosi una mano sul viso rassegnato alla sua vita che non era poi così brutta, no, ma che sembrava essere una calamita per la derisione.
Sospirò e tirò fuori i libri, afferrò il quaderno degli appunti e pescò dall’astuccio ordinatamente riposto sul banco una bic blu per iniziare a fare ciò che sapeva fare meglio: seguire la lezione.
Quando raggiunse le macchinette era già passato metà dell’intervallo e dio, lui detestava dover sgomitare e passare in mezzo alla folla, ma aveva dovuto farlo – Brenda gli aveva detto di raggiungerla lì e lui in quanto suo migliore amico avrebbe dovuto adempiere al suo volere – e fu così che quando arrivò finalmente alla sua meta e non la vide gli scattò un raptus omicida, che fu purtroppo interrotto dalla vista celestiale del suo angelo.
Era lì, appoggiato al muro accanto alle macchinette circondato dai suoi rozzi compari a guardare il suo amico con un ghigno strafottente – e dio, bellissimo – sulle labbra.
Decise in un’illuminazione estremamente coraggiosa – e stupida – di avvicinarsi perché, hey, lui casualmente doveva prendere il caffè, no?
Si incantò a fissarlo un altro po’ mentre la macchinetta produceva quella brodaglia che di caffè, a dir la verità, non sapeva neanche un granché; lo vide ridere – e dio, la sua risata era qualcosa di indescrivibile – a una qualche battuta del suo amico orientale, Minho, mentre l’altro gesticolava furiosamente ridendo pure lui.
Si distrasse un momento quando il segnale sonoro della macchinetta che indicava il termine dell’erogazione prese a suonare, una volta rialzatosi, però, quello che vide non gli piacque per niente, perché accanto al suo angelo c’era una brutta megera che aveva il coraggio di toccare il braccio di ciò che era sua proprietà – e che quella non fosse la pura verità non aveva importanza, proprio no.
Fu così che la brutta, bruttissima giornata riprese ad avere i suoi effetti, perché non poteva esser stato altro che il suo effetto a fargli venire quella brutta, bruttissima idea; si trovò infatti ad avvicinarsi al gruppo senza quasi riflettere – illuminato da quella folgorante idea che al momento gli sembrava la più brillante mai avuta – e a trovarsi così vicino che quando accidentalmente inciampò la bevanda scura finì completamente addosso alla ragazza che stava osando flirtare con il suo angelo.
Il sorriso che tentò di nascondere negli attimi immediatamente successivi all’accaduto non era di soddisfazione – certo che no – perché da bravo ragazzo qual era si adoperò per aiutare.
« Oddio, scusami, giuro che non volevo! » Disse, mettendo su la sua miglior aria da ragazzino-sbadato-dispiaciuto e avvicinandosi ulteriormente per non sapeva neanche lui cosa, aiutare forse?
Quello che non aveva previsto era la vicinanza del suo angelo e quella che avrebbe potuto essere la sua reazione, perché quando arrivò il primo spintone lui non era ancora psicologicamente pronto.
« Ma che cazzo fai? » Disse l’angelo infatti, gli occhi fiammeggiante e un pugno pronto per colpire e merda, Thomas sapeva che sarebbe finita così, perché ormai ci era abituato ed era arrivato al perverso punto in cui quasi gli piaceva.
Così quando il pugno arrivò davvero era pronto e sorrise, ma non si fece vedere proprio no.
« Non l’ho fatto apposta, sono inciampato! » esclamò, massaggiandosi il braccio colpito dove sicuramente sarebbe apparso un livido – poco male, ne aveva già altri, uno in più che differenza faceva?
« Newt! Oh, Newt, spaccagli la faccia a quel coglione! » Strillò la megera, guardando schifata la propria maglietta ormai irrimediabilmente sporca.
« Oh si, Newtie, spaccami la faccia! » Lo provocò Thomas, mettendo su un sorrisetto strafottente – e davvero, forse non avrebbe dovuto farlo incazzare ancora di più, ma era più forte di lui, che ci poteva fare?
« Edison, cacchio, non ho proprio voglia di fare a botte con te in questo momento. Potresti evitare di farmi saltare i nervi ogni volta che sei nei paraggi? » Sbuffò il ragazzo e, dio, Thomas pensò di avere un attacco cardiaco perché Newt Sangster, quel Newt Sangster, non aveva voglia di prenderlo a pugni!
« Ma come, Sangster, sei già stanco? Pensavo avessimo appena cominciato. » E sì, Thomas una vena di masochismo ce l’aveva – forse anche più di una – e sicuramente quando arrivò il secondo pugno non poté lamentarsi.
« Newt, andiamo, spaccherai la faccia a quel frocio un'altra volta, se ci vede la Paige fare a botte nel corridoio un’altra volta ci spacca il culo. » Intervenne Minho bloccando il braccio dell’amico che stava già caricando un secondo pugno.
Quando l’altro annuì e se ne andò con un « Faremo i conti, Edison. » sputato tra i denti, la ragazza non c’era già più – era sparita, probabilmente per cambiarsi, nel bel mezzo dello scambio di opinioni avutosi tra lui e Newt – e Brenda trovò Thomas ancora a terra con il braccio e la guancia doloranti per i colpi subiti e si stava lamentando per il fatto che Newt se ne fosse andato.
« Tom, che è successo? » Chiese preoccupata, precipitandosi verso l’amico che la osservò arrivare imbronciato.
« Newt » Disse solo afferrando la mano dell’altra per tirarsi su « pensa, se n’è andato senza nemmeno salutarmi »
« Tom, cazzo, quando la pianterai con ‘sta storia? » Brenda era arrabbiata, parecchio. « devi smetterla di farti prendere a pugni da Sangster! »
« Oh, andiamo Brenda! Lo sai che non posso. » Sbuffò lui dirigendosi verso l’aula di matematica avanzata con l’amica al seguito.
« No, andiamo Brenda un cazzo! Devi finirla con questa cotta assurda per quel coglione e soprattutto devi finire di farti menare! » Thomas roteò gli occhi perché, davvero, quando ci si metteva Brenda era una vera seccatura.
« Brenda, non capisci che mi serve?» chiese, esasperato. « Farmi picchiare è l’unico modo che ho per parlargli, per stargli vicino, per farmi toccare. » E in quel “farmi toccare” mise particolare enfasi.
Brenda sbuffò, roteò gli occhi e sbuffò un’altra volta, ma poi lasciò perdere perché ormai lo sapeva che con Thomas era una battaglia persa.

Thomas camminava pensieroso nel cortile della scuola, avrebbe dovuto darsi una mossa, lo sapeva, ma gli piaceva vedere le persone correre e affannarsi a destra e a manca per prendere pullman e mezzi vari.
« Stasera vieni a casa mia, Tom? » Ben lo raggiunse con il suo zaino verde militare e il suo sorriso smagliante.
« Hey, Ben. » lo salutò con un sorriso Thomas. « sai che mi piacerebbe davvero tanto, ma devo andare da Teresa. » Il sorriso di Ben si affievolì giusto un pochino, ma capiva e per questo gliene sarebbe sempre stato grato – anche se gli aveva appena detto una bugia, sì.
« Beh, allora ci vediamo domattina, okay? » Thomas annuì, poi lo salutò con un cenno quando quello vide arrivare il pullman che avrebbe dovuto prendere e partì di corsa.
Thomas camminò per una decina di minuti, poi quando svoltò l’angolo una voce giunse dalla sua destra.
« Tommy » E un sorriso spuntò sulle labbra di Thomas perchè non poteva farne a meno, proprio no. « Dimmi, a che cacchio stavi pensando oggi?»
La voce si avvicinò, gli era proprio dietro.
« Pensi che io mi diverta? Pensi che mi piaccia farlo?» E quella volta l’altro afferrò il polso di Thomas e lo fece voltare. « Pensi che mi piaccia picchiarti? »
E Thomas non aspettò un momento di più, nonostante il rischio, nonostante il passato, nonostante il dolore, Thomas non aspettò un momento di più e lo baciò, perché non poteva dire che la sua vita fosse poi così brutta, ma Newt era colui che da non-poi-così-brutta la trasformava in bella-da-morire e quindi non respirò nemmeno prima di farlo, perché ne aveva così tanto bisogno che avrebbe potuto morire.
« Cacchio, Thomas, mi fai incazzare così tanto che ti picchierei qui e ora se solo non fossi così dannatamente adorabile » e poi non ci fu più tempo per le parole perché Newt si ributtò sulle sue labbra come ossigeno e finalmente si sentì completo e sì, quella brutta, bruttissima giornata stava virando drasticamente rotta.


ANGOLO AUTRICE
Lo so, ho tipo centomila altra storie da portare a termine, ma hey: se l’ispirazione chiama chi sono io per non rispondere? E poi, diciamocelo, avevo fin troppo voglia di scrivere una Newtmas!
E’ la prima che scrivo ed è in generale la prima di questo genere che sì, lo ammetto, è un po’ cliché, ma io amo i cliché quindi…
Spero solo che vi piaccia, lo so che lascia diverse questioni irrisolte ma l’ho fatto consapevolmente perché qui entrate in gioco voi: vorreste che renda questa OS una long? Magari non troppo long, ma almeno con qualche capitolo?
Ditemelo voi, a vostro rischio e pericolo ahahah.
Nyr
Ps: Se c’è qualche anima pia che mi può consigliare qualche Newtmas scritta come dio comanda con una storia bella (sì, come ho già detto va bene anche un po’ cliché) e possibilmente in Times New Roman? Quest’ultimo punto non è proprio proprio indispensabile però…ahahhah
Pps: Sapete per quale motivo l’editor c’ha il ciclo ultimamente e non mi inserisce il Times New Roman quando modifico il testo e non me lo giustifica per l’html?

  
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