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Autore: Maty2002    19/03/2016    5 recensioni
"«Mmh... O forse dovrei dire “Buon giorno e buona festa del papà”... che ne dici?».
E sul volto della coniglietta si dipinse un sorriso sadico nel sentire il coniuge cadere dalla poltrona girevole urlando un “Ma che cos...” lasciato a metà".
Quando perfino il 19 Marzo diventa un'occasione per creare One-Shot folli.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry
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Father's Day
 Nick era nel suo ufficio, sdraiato sulla sua poltrona girevole a leggere una rivista -Zoo2000, l’unico genere di magazine che Clawhauser stipasse nei cassetti della reception.
«Buongiorno agente Wilde!» una vocina squillante gli trapanò un timpano, mentre la piccola figura di Judy entrò baldanzosa dentro quella piccola stanzetta dai mobili di seconda qualità. Lei lo fissò per qualche attimo con un’espressione divertita, per poi dirigersi alla macchinetta del caffè lì accanto.
«Mmh... O forse dovrei dire “Buon giorno e buona festa del papà”... che ne dici?».
E sul volto della coniglietta si dipinse un sorriso sadico nel sentire il coniuge cadere dalla poltrona girevole urlando un “Ma che cos...” lasciato a metà.
 
 
«Nick?» Judy sfregò dolcemente il volto sul petto della volpe.
«Sì, carotina?» una mano iniziò a carezzarle il capo.
«Come pensi di chiamarla... o di chiamarlo, ovvio? Io pensavo a nomi come Luna... oppure Ginny! Non sono adorabili?».
«Eh no, carotina, ti scordi che io chiami mio figlio come un personaggio di Harry Otter!» sbottò Nick, sul muso un ghigno in parte divertito.
Tra i due nacque un certo silenzio astioso, mentre Judy tentava di sostenere un’espressione estremamente imbronciata e offesa.
...
«Ma se sono due gemelli, possiamo chiamarli Fred e George?».
              
 
Quando prese in braccio per la prima volta quell’esserino di pochi grammi, per poco non cadde a terra dal tremore.
I suoi occhi di un verde scintillante, spalancati e in adorazione, scrutarono il piccolo dall’alto al basso, incapaci di accettare la realtà.
Provò un moto di tenerezza nel vedere il musetto del cucciolo, di un rosso fulvo se non per la punta del naso, cerchiata da una chiazza bianca. Era una sua copia in miniatura, se non per qualche accenno alla pelliccia della madre.
«Come pensate di chiamarlo?» e alla domanda dell’infermiera, Nick e Judy si scambiarono un rassicurante sguardo d’intesa.
«Dylan, lo chiameremo Dylan».
 
 
Judy aprì il frigorifero e prese una confezione di altro, insapore, cibo in scatola.
Controllò velocemente la data di scadenza e infine lo scagliò nel microonde –tanto, il sapore restava disgustoso sia da stantio che non.
«Judy, vieni a vedere!» la voce concitata di Nick le fece abbandonare il suo “capolavoro” culinario, facendola correre agitata in salotto.
Ma la scena che le si propose davanti era alquanto pietosa: Dylan, in un vaporoso abito di tulle rosa, era sollevato a mezz’aria dal padre.
«Non è adorabile?!» esclamò la volpe, con la tipica espressione estasiata di Clawhauser.
E Judy non ebbe il coraggio di contraddire il tanto entusiasmato marito.
«Oh, sì, è veramente s-stupendo!»
 
 
«Suvvia carotina, devi capire che è solo un cucciolo!
E non essere così ossessiva con lui, con il tempo imparerà sicuramente a relazionarsi con il mondo che lo circonda!» esclamò Nick, spalancando le braccia.
«Nick, non puoi sempre svalorizzare ogni discussione, è una questione importante! Stiamo parlando di nostro figlio!».
«E questo l’ho capito, ma non puoi far di tutto una trag...».
«Mamma, papà, smettetela di urlare, non riesco a dormire!».
La vocina di Dylan si intromise nella discussione e subito i genitori tacquero, con espressioni stupite, per poi guardare il figlio tornare con passo incerto nella sua camera.
Il beffardo sorriso che si dipinse sul muso di lui pochi attimi dopo, gli fece guadagnare un’occhiataccia da parte della coniglietta.
«Okay, questa volta hai avuto ragione, lo ammetto!».
«Oh carotina mia, ma io ho sempre ragione!».   
 
 
«Oggi in classe abbiamo parlato di cosa vogliamo fare da grandi» disse a mezza voce Dylan, appena tornato da scuola e con stampata in volto un’espressione vacua.
Dopo una breve pausa, continuò il discorso, sempre rivolto ai genitori:
«Susy Onyx vuole diventare una contabile, mentre Dexter Lionheart sarà un chirurgo».
«E tu, cosa vorresti diventare, nanetto?» Nick gli sfregò il capo, guardandolo divertito.
Dylan non rispose subito, si fermò un attimo a fissare i genitori, entrambi ancora in divisa. Dopo aver lanciato loro un’occhiata stanca, bofonchiò:
«Non servono troppi giri di parole... non voglio fare l’agente, è troppo pericoloso... non posso lavorare alla Tana dei Conigli?».
Judy spalancò subito bocca per ribattere, ma il marito la fermò in tempo:
«Uhm... nessun problema nanetto! Dopotutto, i mirtilli che fanno là sono deliziosi!».
A queste parole gli occhini ametista di Dylan si dilatarono e la piccola, sorridente volpe si sentì finalmente pronta a mollare i genitori in cucina, correndo via senza altre parole.
La coniglietta sospirò, per poi guardare l’agente Wilde con aria apprensiva.
«Lo fai per il suo bene, vero?».
«Esatto, carotina».
 
 
«Mamma, papà!».
La voce di Dylan risuonò all’ingresso della casa, seguita da un tonfo sordo –lo zaino lanciato a terra in malo modo- e dai passi concitati della volpe.
«Sì, Dylan?» domandò Nick, con in mano una tazza di caffè fumante.
«Sta per cominciare un corso di giornalismo! Posso partecipare, posso papà, vero?» e il cucciolo lo chiese balzando da una zampa all’altra, issandosi sul tavolo della cucina con le braccia. Ma, nel sentire la richiesta del figlio, il padre quasi non si soffocò con la bevanda bollente.
«E-e chi dovrebbe p-partecipare a q-questo corso?».
«Andy, Marc, Elizabeth, Autumn...» e il piccolo iniziò a contare i nomi sulle dita, mentre a Nick gelò il sangue nelle vene. Sapeva fin toppo bene che non c’erano certamente volpi, in quel gruppo, o tantomeno predatori.
Quando la volpe si ridestò dai suoi pensieri, si rese conto che Judy era entrata nella stanza e che Dylan aveva già fatto il punto della situazione anche a lei, con la coda che sbatacchiava da una parte all’altra.
«Oh, sì, è un’idea fantastica... ma potresti tornare dopo? Adesso papà e io dobbiamo un attimo discuterne».
E, una volta che il cucciolo fu uscito dalla stanza, la coniglietta strinse tra le braccia il marito.
«Nick... questa volta ascoltami, e fidati di me.
Non possiamo dirgli di no... hai visto la felicità dipinta nei suoi occhi?
Per questa volta, ti prego, dammi retta... sono certa che tutto sia cambiato».
E a questo la volpe scoppiò in una risata, per poi sorridere e rispondere semplicemente:
«E quando mai potrei dubitare dell’intuito della mia dolce, tenera, carotina?».
Già, Nick non riusciva a non sdrammatizzare le situazioni.
 
 
 
Quando, sul finire della terza media, arrivò il fatidico giorno dello scegliere l’indirizzo sul quale prepararsi, l’ansia fu palpabile in casa Wilde.
«Nick... lo so che è da paranoica chiederlo ancora... ma non sarebbe il caso di cercare di deviarlo di un pochettino, se ancora insistesse con la Tana dei Conigli?
Insomma, l’abbiamo tanto educato a vivere in una città multietnica, facendogli vedere che tutti possono fare qualcosa di grande per il mondo... e, insomma, lui è così furbo quando rimane con i piedi per terra.
Non sarebbe un po’ dispersivo, fargli coltivare ortaggi a vita?» domandò Judy, la voce incrinata dall’agitazione e le orecchie piegate verso il basso.
«Ma se questo lo rendesse felice, non sarebbe il caso di lasciarlo scegliere liberamente?».
«Ma Nick, hai capito cosa intendo, non devi obbligarlo! Dico solo che, essendo quello ad avere più feeling con lui, potresti spingerlo a ripensarci, tutto qui».
La volpe sospirò, ma non poté lasciarsi sfuggire uno sguardo compiaciuto.
«Non posso dire di no ad una poliziotta così tenera» ghignò lui, calcando bene la parola tenera, per poi sfuggire all’imminente ramanzina andando a parlare con Dylan.
Lo trovò seduto sul letto, a sfogliare distrattamente un libro.
Non importava quanti anni sarebbero passati, per lui rimaneva sempre un cucciolo silenzioso ed estremamente comprensivo.
«Oh, ehm» e nel sentire la voce del padre la volpe si voltò.
«Oh, ciao. Vediamo... mamma ti ha mandato qua per discutere della scelta della scuola, vero?» domandò Dylan con fare calmo, imperturbabile.
Furbo come il padre, pensò Nick e si crogiolò in una sorta di orgoglio paterno.
«Da questo silenzio suppongo sia un sì... e, beh, se pensate ancora che io voglia fare il contadino siete fuori strada. Ero pur sempre un bambino strano, ma non di certo mistico.
Non ci si può fidare delle parole di un bimbo di sei anni».
«Non ne dubito... però ti dispiacerebbe comunicarmi la tua scelta? Tua madre sta per rischiare un crollo nervoso, e non mi sembra il caso di farla attendere così a lungo».
«Giornalismo. Voglio occuparmi del diffondimento cartaceo delle notizie a Zootropolis» spiegò ermetico il giovane, per poi aggiungere:
«E immagino anche che tu non abbia mai avuto dubbi sul genere di campo lavorativo che avrei affrontato, vero?».
«Da chi credi di aver preso l’astuzia, nanetto?».
 
 
Quando Dylan caricò l’ultimo baule su quel furgoncino scassato, un tempo alloggio di Nick Wilde, Judy scoppiò in lacrime.
«Oh, ma quanto siete emotivi voi coniglietti» ridacchiò il marito, posando un braccio attorno alle spalle di lei, per poi stringerla a sé.
Dopotutto, era destino che anche Dylan crescesse e dovesse affrontare la vita lontano dalla famiglia, nel tanto amato college che lo avrebbe preparato alla professione di giornalista.
«Ma mamma, questo non è un addio! Vi chiamerò tutti i giorni, e un fine settimana su due verrò a trovarvi!».
Judy tentò di annuire, ma nel vedere il figlio davanti a sé, tutto pronto per partire e stare lontano mesi e mesi... beh, scoppiò semplicemente a piangere, nuovamente.
«Ma mi sembrava ieri che eri un cucciolo. E invece ora sei un adulto indipendente!».
Nel sentire queste parole, Nick sorrise.
Anche a lui, sembrava ieri che lo teneva in braccio, ripetendogli all’infinito la storia della sua infanzia, dell’entrata in scena di Judy nella sua esistenza e le peripezie che ne seguirono.
Gli sembrava ieri che lo faceva ingozzare di cibo spazzatura, all’insaputa della madre –perché in fin dei conti, nemmeno a Nick piaceva la linea vegana e salutare che vigeva in quella casa.
E gli sembrava ieri di quando Dylan gli si sedette accanto, lo sguardo più perso del solito e la voce tremante, a chiedergli se fosse strano che una volpe potesse amare una lontra.
E quel giorno, Nick era scoppiato a ridere davanti all’incertezza del figlio, dopotutto di una così innocua ingenuità da non fargli notare che suo padre era una volpe e sua madre un coniglio.
E con tutto quel pensare, gli vennero le lacrime agli occhi –ma si disse solamente che erano per il mal di testa, sicuro come l’oro.
Ridestatosi dai ricordi, si rese conto che il figlio lo stava osservando, con stampata negli occhi un’insicurezza infantile che cercava solo una sorta di approvazione da parte del padre.
«Buon viaggio, Dylan».
«Ci vediamo, papà».
E un sorriso felice si dipinse sulle labbra della volpe, incurante delle urla di Judy, che minacciava di spellare il figlio se avesse osato dimenticare anche una sola videochiamata.
Strinse istintivamente le braccia attorno alla coniglietta, in un dolce abbraccio.
Non poteva farci nulla, ma alla fine aveva mostrato nuovamente le sue debolezze a qualcuno.
E ora, una parte di lui, faceva veramente male.
 
 
 
Il silenzio che regnava nella casa era qualcosa di assillante.
O meglio dire, i dialoghi prolissi di Judy tentavano di arginare il silenzio dovuto all’assenza di pianti, corse nei corridoi, porte sbattute e oggetti che si sfracellavano al suolo.
Ma era tutto inutile, l’assenza di Dylan aveva dato una sorta di malinconia all’abitazione.
Eppure, Nick tentava di non dar troppo peso alla cosa.
Cercava sempre di paragonare quel silenzio a un momento di tranquillità del tutto meritato, e si convinceva di poter finalmente prendersi un attimo di pace.
Ma, alla fine, capì che era impossibile sfuggire all’idea del sentire la mancanza del figlio.
«Non starci così male, Nick, è naturale!» gli ripeteva fino alla nausea Judy e l’idea che fosse proprio lei, –madre iper agitata, apprensiva e sempre sul punto di un esaurimento nervoso- a dirgli ciò, gli lasciava l’amaro in bocca.
«E da cosa deduci che io stia soffrendo, carotina?» rispondeva lui a tono, ma lei riusciva sempre a controbattere:
«Stai sempre a orecchie basse e hai la coda tra le zampe, sembri un cucciolo bastonato e non hai più sarcasmo... non è da te.
E pensare che non è passato neanche un anno!».
«Ma Judy, come faccio a star tranquillo?» esclamò Nick in un pomeriggio di Marzo inoltrato, e la coniglietta notò subito la serietà della sua voce.
Non aveva usato nessun soprannome idiota, l’aveva chiamata per nome.
Lei rimase un attimo in silenzio, a pensare a cosa rispondere, finché non trovo il tono più adatto.
«Devi pensare che ormai lui sia un uomo, un adulto.
L’abbiamo accompagnato per, tantissimi anni, e l’abbiamo visto crescere passo dopo passo. Ora è tempo che anche lui abbia il tempo di formarsi da sé, di scoprire la sua strada, proprio come abbiamo fatto noi due.
E sai una cosa? Dovresti smetterla di agitarti, perché tanto questo non gioverà né a te né a lui.  Hai già fatto di tutto per Dylan, e non ci penso due volte a dirti che sei stato il padre migliore che un cucciolo possa sperare».
A queste parole, Nick spalancò gli occhi, ma non ebbe il tempo di dirle nulla che la coniglietta prese giacca e borsa e uscì di casa, lasciandosi dietro un “faccio un salto in centrale, torno tra poco!”.
proprio in quell’attimo, il cellulare vibrò appena e una notifica ne illuminò lo schermo.
Nick lo andò a prendere, e aprì svelto la casella messaggi.
Era un messaggio di Dylan.
“Buon 19 Marzo, papà!”.
 


Angolo Autrice:
Allora, sono realmente di corsa, quindi scusatemi con tutto il cuore se non ho risposto alle recensioni, ma le ho visualizzate solo ora... chiedo perdono XD
E vorrei anche avere tempo di ringraziare in maniera appropriata chi ha letto la scorsa storia, ma la scuola, con le sue stupende ricerche di gruppo, non mi lascia nemmeno un attimo di respiro.
E sì, mi rispresento con un'altra storia furry, perchè la festa del papà e Nick si associavano fin troppo bene e non potevo non scrivere nulla su di loro.
E pensare che tutto è nato dalla scena di Harry Otter (Potter per noi forme di vita umanoidi XD).
Al principio volevo scrivere solo dieci frasi a momento... ma le ultimi parti sono degenerati in mostri da venticinque righe, e non ho potuto stringare certi momenti XD
Quindi, beh, spero solamente che possiate apprezzare questa storia che ha impiegato una settimana e passa della mia vita :)
Sperando di avere al più presto altro tempo per EFP, adesso devo proprio scappare,
Alla prossima! 
 
 
 
 
   
 
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