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Autore: Mayth    21/03/2016    2 recensioni
Dopo gli avvenimenti di Washington Erik incontra Magda.
✩ Implicito (e anche non) Erik/Charles | Riferimenti al comic verse | After DOFP ✩
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Pietro Maximoff/Quicksilver
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Happy To See His Back
 
 
I grattacieli che contornavano la strada erano grigi e soffocanti. Dal lato dove si trovavano loro il sole picchiava il cemento e non c’era ombra. Un ombrellone giallo copriva il tavolo dove avevano deciso di sedersi, fuori dall’edificio, ma poco poteva fare per attutire l’afa di fine pomeriggio. L’uomo dalla chioma scura e la donna al suo fianco si allungarono sulle sedie; l’uomo alzò un braccio e richiamò a sé una cameriera.
 
“Cosa vuoi prendere?” chiese alla donna, senza rivolgerle uno sguardo. “Una birra?” Si era tolto il cappello e lo aveva poggiato sul tavolo.
 
“Va bene,” accettò lei.
 
“Zwei Bier,” ordinò l’uomo quando la cameriera fu arrivata al loro tavolo, in mano teneva stretto un piccolo taccuino per prendere appunti. “Ghiacciate.” Aggiunse poi in inglese. La ragazza annuì e gli rivolse un sorriso compiaciuto prima di voltarsi e camminare dentro al bar.
 
“Non bevo da tanto,” mormorò fra sé e sé la donna, una volta che il silenzio era diventato insopportabile. “Non pensavo avrei ripreso così. Qui con te. Questo luogo è una scelta peculiare.” I suoi occhi slittarono sulla scritta all’entrata, Schumann’s.
 
L’uomo stava guardando lontano, oltre l’orizzonte, come se più in là delle onde di aria greve vi fosse qualcosa d’interessante su cui rimuginare.
 
“A cosa stai pensando?” chiese lei.
 
“Alla Germania. Alla birra.”
 
“Niente è buono come la birra tedesca.”
 
“Odiavo la birra tedesca.”
 
“Amavi la birra tedesca,” corresse la donna. Le sue labbra raggrinzirono e una luce scura le calò sul volto.
 
“Solo perché dici così non significa che sia vero,” soffiò l’uomo fra i denti.
 
“Non pretendo più che sia vero,” disse lei con tono calmo, ma pareva quasi una menzogna. “Ho smesso di pretendere molto tempo fa.”
 
“Sembra sia stata la miglior scelta della tua vita.”
 
“Non me ne pento,” ammise lei, inclinando il capo di lato come se volesse annuire senza darlo a vedere. “Nonostante ciò-”
 
“Nonostante ciò,” convenne l’uomo. “Avresti dovuto dirmelo, Magda. Avresti dovuto.”
 
La cameriera fece suonare un campanellino appeso sopra la porta vetrata del bar, avvisando del suo arrivo. Affiancò l’uomo e poggiò sul tavolo due sottocoppe e su di esse due boccali di birra. Guardò la donna di sfuggita, poi l’uomo. Questo era seduto di profilo, il viso, illuminato dai raggi del sole, appariva spigoloso e reminiscente.
 
“Puoi anche guardarmi in faccia,” la donna lo guardava con insistenza, ma lui non volle incontrare i suoi occhi scuri come la pece. La cameriera li lasciò nuovamente soli. “Ho il diritto di essere guardata in faccia da te.”
 
“Diritto? Certo,” disse l’uomo. “Ne hai il diritto.” Si voltò per accontentarla.
 
“Non mi fraintendere,” continuò lei. “Ho sempre cercato di venirti incontro.”
 
Lui la guardò senza sbattere le palpebre per un istante di troppo. Poi, senza sviare il suo sguardo, afferrò il borsalino dal tavolo e se lo rigirò fra le dita. Continuarono in silenzio finché la cameriera tornò per chiedere se volessero dell’altro. Lui ordinò un’altra birra.
 
“Ricordo ancora l’odore acre fra quelle assi,” sorrise la donna. I suoi capelli neri furono mossi da una folata debole di vento.
 
“Sapeva di liquirizia.”
 
“Sì.” Annuì lei. “Scommetto che odi anche la liquirizia.”
 
“Dovresti poterlo dire.”
 
“Stavo ricordando qualcosa di bello. Era un ricordo felice, non rovinare tutto.”
 
“Sapeva di liquirizia,” alzò le spalle lui, ripetendosi. “Lo sa tutt’ora.”
 
“Era la nostra casa,” disse. “Avrebbe dovuto avere tutto un altro significato. Perché è andata a finire così? Avevi detto-”
 
“Non importa cos’avevo detto. Cosa conta? Quanti anni sono passati? Venti? Diciotto?”
 
“Non fare finta di non ricordare.” La sua voce si fece dura, quasi, ironicamente, metallica. “Diciotto” disse infine. “E importa. Ha sempre importato.”
 
“Dici così ma le tue azioni mostrano il contrario.”
 
“Cosa avrei dovuto fare?” chiese lei con aria di sfida. Una scintilla pericolosa le illuminava gli occhi. “Non avresti mai potuto accettare una vita del genere, non dopo quel che successe.”
 
“Sì che avrei potuto.”
 
“No. Non avresti potuto.” Fece un respiro. “Forse avresti voluto. Anzi, sono sicura che vorresti ancora. Sei un brav’uomo, lo credo tuttora. Ma hai fatto delle scelte, le stai ancora facendo, e ora come non mai ti stai distaccando dall’idea di quella casa.”
 
“Anche per me quella casa era tutto.” Protestò debolmente l’uomo. Teneva lo sguardo alzato e fisso, eppure un tremolio quasi impercettibile delle palpebre tradiva la sua risolutezza.
 
Era.” Sottolineò la donna, esibendo una certa superbia. “È sempre stato questo il problema, no? Per te era tutto finito lì, non c’era nessun futuro dopo l’incendio. Volevi solo rimestare il passato. Ancora e ancora. Non c’era spazio per me. Per loro.”
 
Una vena sul collo dell’uomo pulsò. “Questo perché non mi hai lasciato alcuna possibilità di decisione.”
 
Lei, in tutta risposta, alzò le spalle. “Ce l’hai adesso. Cosa vuoi fare?”
 
L’uomo rimase in silenzio.
 
“Come sospettavo.”
 
La cameriera li raggiunse per l’ennesima volta. Prese fra le sue dita esili i boccali vuoti e appoggiò quello nuovo di fronte all’uomo. Gli sorrise, ma non venne ricambiata. La donna osservava la scena come se si trovasse davanti ad uno schermo, non appena la cameriera se ne fu andata, abbassò lo sguardo.
 
“Mi ricorda diverse cose.” Disse a voce bassa.
 
“Che cosa?” domandò distrattamente l’uomo mentre poggiava le labbra sul vetro del proprio bicchiere.
 
“Questo,” indicò entrambi, il boccale di birra e tutto ciò che si trovava intorno a sé. “Non era questo tutto ciò che facevamo? Scendere in un bar, bere birra,” si arrestò all’improvviso, poi, persa nei suoi pensieri. Un momento più tardi tornò lucida e continuò, “Prima di lei.”
 
“Sì,” convenne l’uomo. “Funzionava così.”
 
“E ti manca?”
 
“Non fa più per me.”
 
“Già. A quanto pare. È successo dopo l’accaduto di lei o a causa d’altro?”
 
L’uomo non parve incline alla conversazione, ma comunque l’assecondò. “Per un po’ ho continuato quella vita. Birra, bar, nel mentre cercavo… Persone che non sarebbero dovute esistere su questo pianeta. Poi-”
 
Al suo silenzio lei sorrise. “Sì, Pietro mi ha raccontato di lui. È sembrato coraggioso, in televisione.”
 
Il vento caldo sbatté l’ombrellone, facendolo tremare. L’uomo, intanto, guardava in silenzio le gambe del tavolo.
 
“Cosa farai ora?” cambiò discorso la donna, percependo l’aria farsi sempre più pesante. “Dopo il discorso che hai fatto-”
 
“Non lo so,” alzò le spalle. "Sto cercando."
 
"Che cosa? Dio?” tentò lei. L’uomo ripeté l’azione. Dopodiché si mise il borsalino in testa. “Potresti essere un padre. È un ottimo inizio.”
 
“Lo dici solo perché vuoi ferirmi, ma non hai alcuna intenzione di accogliermi sul vialetto di casa tua. E ovviamente sai che io non nutro alcun interesse nell’avere una famiglia.”
 
“Oh, ma stai mentendo,” sventolò lei una mano in aria. “Ti conosco bene, sai? Tutta questa storia dei mutanti che devono combattere uno al fianco dell’altro, tutti questi casini e appariscenti discorsi, non sono forse un modo per arrivare ad avere una famiglia o in qualche modo tenerla al sicuro? È così che giustifichi ogni tua decisione, d’altronde lo hai sempre fatto, e da un lato ti amavo per questo. La verità è un’altra,” sul suo volto fece capolino un sorriso sardonico. “Tu la vuoi una famiglia, ma non con me. Non più con me.”
 
L’uomo rise di una risata amara. “E con chi?”
 
“Com’è che si chiama?”
 
“No.” La interruppe lui, trasportato da una furia che qualche secondo prima non sembrava potesse covare. “Tu non sai niente.”
 
“Sarà,” scrollò le spalle lei. “Da quel che dice nostro figlio è un brav’uomo. Non m’importa niente di lui, o di te, era solo un’idea, però.”
 
L’uomo si alzò e fece qualche passo fino ad arrivare ai bordi del marciapiede. Guardò un taxi oltrepassarlo e alcune macchine parcheggiare. Alzò il mento per scrutare il cielo e quando si girò vide la donna entrare nel bar. Quando tornò indietro lui si era riseduto di nuovo al tavolo.
 
“Ho provato un cocktail,” lo raggiunse con aria trionfante. “Oggi ne avevo proprio bisogno.”
 
“Immagino.”
 
“Cosa farai adesso?”
 
“Non me lo hai già chiesto? Ti ho risposto.”
 
“Non si può proprio riavere quella vita?”
 
“Non si può.”
 
“Avremmo potuto avere tutto.”
 
“No, non avremmo potuto.”
 
“Avremmo potuto avere il mondo intero.”
 
L’uomo esitò. “Non noi due.”
 
Il volto della donna si fece scuro, le sue labbra si arricciarono, ma dopo un momento tutto si rilassò. “Sarei rimasta al tuo fianco.”
 
“Ma non lo hai fatto.”
 
“Perché m’importava di loro.” Una coppia di persone passò di fianco al loro tavolo. Sembrava stessero parlando di niente, in confronto. “Non m’importava di me, per questo sarei rimasta al tuo fianco, ma m’importava e m’importa di loro.”
 
L’uomo rimase ad osservarla per alcuni istanti, dopodiché si fece rigido. “Quindi cosa vuoi che faccia?” chiese.
 
“Ecco, questa è la domanda giusta. È la domanda che aspetto da tutto il pomeriggio. Anzi, sin da quando ho ricevuto la tua scarna lettera,” gli sorrise. “Sai bene cosa voglio che tu faccia. Non per me; non ami più me da molto tempo. Non sono così pazza da pensare di poter competere con lui, lo leggo nei tuoi occhi. Ma fallo per loro, fai una sola cosa per loro.”
 
L’uomo serrò la mascella, i suoi occhi si erano fatti lucidi, ma oltre ciò nulla trapelava dalla sua compostezza. S’infilò una mano in tasca e ne tirò fuori alcune banconote e alcune monete, le fece cadere sul tavolo e poi, sempre con la stessa mano, si sistemò il borsalino sul capo. Fece un segno di assenso con la testa e proseguì con l’alzarsi dal tavolo e andar via.
 
“Stammi bene, Magda.” Disse soltanto.
 
La donna rimase ad osservare in silenzio la schiena dell’uomo allontanarsi sempre più, il suo profilo confondersi nell’aridità. Sentiva un grande sollievo nascerle nel petto.
 
“Starò bene. Starò benissimo.”
 
 
 
Note
Questo è quel che esce quando si mischia il nuovo entusiasmante trailer di x-men: apocalypse e la rilettura di “Hills Like White Elephants” del mio grande amato Hemingway. Ossia, quando si mischia quel secondo in cui compare Magda e la voglia impellente di fare una what if in cui Erik e Magda s’incontrano dopo DOFP e parlano del fatto di avere due gemelli. O del fatto di aver perso una figlia in passato. Perché, per chi non lo sapesse, nel comic Erik e Magda avevano avuto una un’altra figlia oltre ai gemelli, ossia Anya. Tuttavia un gruppo di mafiosi bruciò la loro casa e uccise la bambina, ed Erik, in preda al dolore e all’ira, cercò e trovò vendetta. Le sue azioni spaventarono però Magda, che incinta di due gemelli (Wanda e Petro) decise, all’insaputa del marito, di scappare per il loro bene.
Mi piaceva l’idea di parlare di questo personaggio normalmente descritto nelle fanfic come una moglie incapace o comunque antagonista nei confronti della coppia Erik/Charles. Io credo che Magda abbia avuto un ruolo chiave sulla psiche di Erik e che dovrebbe avere tuttora una certa importanza. Non penso che fra lei ed Erik esista un legame tale da poter essere accomunato con quello fra Erik e Charles, che è rafforzato dalla mutazione di quest’ultimo, ciò nonostante ho la certezza che lei sia stata una delle persone più rilevanti nella vita di Erik.
Ed ecco, devo fare un big credit ad Hemingway, perché ho praticamente copiato ed incollato metà della sua idea (in modo orribile, in confronto. Ma in fondo non ho alcuna pretesa nel creare anche solo un quarto di quel che abbia creato lui) e più precisamente alla sua opera sopracitata.
 
To see the back of sb/sth significa letteralmente “vedere la schiena di qualcosa/qualcuno” ed esprime la felicità e il sollievo di veder qualcuno andare via e sapere di non essere più coinvolto con lui/lei o esso.
  
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