Note
dell’autrice – prendete
in prestito il titolo di una canzone. La frase da un film, e la
citazione di un
grande autore. Scegliete voi. La mia era una sfida, sapete: Sleepy
Hollow, Losing my religion e
Stephen King. Ne è
venuto fuori un esperimento – una storia che adesso cerca di
catturare
sentimenti e metterli nero su bianco. Ricordate,
ricordate: tutto è in equilibrio sopra la follia.
Losing my
religion
«
E da allora non credo in niente. Ho perso la
fede in quanto c’è di
buono in questo mondo. »
Katrina
avrebbe tuttora saputo
descrivere ognuno di quei particolari che aveva reso tale la sua storia
con
Ichabod Crane: follie, distrazioni, carezze, promesse ... le lacrime
– ve ne
erano state, da parte di entrambi – tristi addii che invece
avrebbe voluto
dimenticare. Era stato faticoso, con lui; una dolorosa ricerca a
un’anima
dannata – a un cuore dannato
–
umiliata e reclusa dal macchinario scientifico che era invece il suo
corpo e la
sua vita. Ma ciascuno di quei ricordi era vago, e ben poco vero: la
verità era
che Ichabod era più istintivo di quello che volesse far
credere e la loro
storia aveva avuto inizio da un bacio.
Una
favola cominciata con la sua fine,
insomma; anche se non era ben chiaro chi fosse in pericolo («che strani segni, Ichabod ...
») e chi
invece sarebbe giunto in sella al bianco destriero, protetto dalla
spada e
dall’amore. In ogni caso, Katrina lo aveva amato dal primo
istante: ancor prima
di conoscerlo, di vederlo, lei lo aveva sentito:
il richiamo di un sogno e di due anime destinate a legarsi, lei lo sapeva – ancor prima di
conoscere
il suo volto.
«
Posso sapere in quale maniera
ragioni, Ichabod? », chiese, « ho continuamente
l’impressione di non
riuscire a capirti e, ancor peggio ... di
non avere neppure la facoltà di
farlo.
» In realtà Katrina era ben al corrente dei suoi
sentimenti, di come
avesse inutilmente
provato a rinnegare
parte di sé stesso per non rimanere ferito; ognuna delle sue
cicatrici sembra
unirsi alle altre in un unico grido: Io
non credo. Non credo. Non credo. Non più. Sleepy
Hollow l’aveva sconvolto; il caso
gli sfuggiva dalle mani.
«
Scientificamente, Katrina.
Razionalmente. Lucidamente. Non saprei come spiegartelo in termini
migliori. »
Ciascuna
delle loro credenze
erano “sciocche storie dettate
dall’ignoranza”,
a detta sua; Katrina
(affascinata, certo, ma non sconvolta come lui) lo trovava adorabile quanto sciocco. « E che ne
sarà di te quando avrai risolto il
caso, Ichabod Crane? A quale luogo appartieni? A chi renderai conto di
tutto
questo – a chi potrà mai importare? ».
Allora la corsa finiva, la ricerca era
sospesa, Ichabod era vittima dei suoi stessi sentimenti (e delle sue
stesse
pulsioni) e Katrina vi si abbandonava. Guidava paziente le sue labbra e
le sue
mani; lo vedeva perdersi, per poi
ritrovarsi nel suo corpo. I baci di Ichabod erano roventi sul suo viso; Katrina vedeva il nero dei
suoi occhi farsi
cupo: dimmi a cosa l’amore
può condurre.
«
Mi hai stregato, Katrina. Mi
hai aiutato a ritrovare il mio cuore quando credevo che il mio cuore se
ne
fosse andato (*), » disse. Per certi versi, suonava come una
condanna orribile.
Per altri, come una squisita confessione. Lei
sorrise. « E lo stesso tu
hai fatto con me. »
Ogni
istante era riconducibile a
quel bacio. Ogni respiro si contava negli infiniti respiri della notte
–
Katrina gli aveva donato l’anima. Ogni fibra del suo essere. Si smette di credere, ma non di sapere. L’antico
segreto dell’amore umano era lì, a un passo.
Allunga una mano e ... il segno,
il libro, il malocchio, le magie, i baci.
Il
padre di Ichabod e le sue
condanne in nome di Dio.
Katrina
che invece l’aveva
condannato alla follia, nel nome dell’Amore.
Infine
la conclusione giungeva
chiara; « Sei la mia la religione. La mia fede ritrovata,
Katrina. » Mille “ti
amo” nel silenzio della notte. Era effimero come il vento:
capitava si cogliesse,
capitava restasse invisibile. Ma era lì, l’amore
incondizionato e doloroso e
folle – il profumo del sesso e dei mughetti.
«
Non dimenticartene, Ichabod, »
rispondeva lei. Ma le mattine portavano amnesia, impietose nel loro
candore. Il
Cavaliere mieteva l’ennesima delle sue
vittime ... e bastava un attimo di distrazione: tutto sarebbe tornato
come
prima.
(*)
– “Mi ha aiutato a ritrovare
il mio cuore quando credevo che il mio cuore se ne fosse
andato”. Non è mia, ma
la devo a quel genio di Stephen King e a Duma
Key, il suo primo romanzo che ho letto.