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Autore: Nami93_Calypso    25/03/2016    0 recensioni
[SPOILER- LA RIVELAZIONE]
Questa volta il punto di vista non sarà quello di Thomas, ma quello di Newt.
I suoi pensieri, le sue sensazioni, le sue emozioni appena prima di morire.
.
DAL TESTO:
"Ecco un’altra cosa che non aveva scelto. Non aveva scelto di ammalarsi e nascere non immune.
Ma su questo, almeno su questo, sulla sua morte, voleva poter scegliere. Se odiava la sua vita quando era sano non osava immaginare quanto avrebbe odiato la sua vita da Spaccato"
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Newt, Thomas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’unica cosa che posso decidere

 
Il Labirinto ha spezzato il suo spirito.
La caduta ha spezzato la sua gamba.
L’Eruzione ha spezzato la sua mente.
La morte ha fermato il suo cuore.
Era il collante che teneva uniti tutti quanti,
tranne se stesso.
 


Perché non capivano? Perché dovevano rendere tutto più difficile di quanto già non fosse? Perché si ostinavano a volerlo salvare nonostante fosse ovvio che non ci fosse nessuna salvezza? Perché per una volta non potevano arrivare da soli alla soluzione, soprattutto quando per lui era sempre più difficile essere razionale a causa della pazzia?
Vide Thomas indietreggiare davanti a lui, di un solo passo, la paura chiaramente evidente nel suo sguardo.
Odiava tutto di quella situazione: l’Eruzione, se stesso e anche Thomas. Era questo che gli stava urlando ininterrottamente, che lo odiava.
-Hai letto il biglietto! Perché non puoi fare l’unica schifosa cosa che ti ho chiesto di fare?- urlò Newt, avvicinandosi ancor più al moro. Sentiva di essere vicino a perdere del tutto il controllo.
-Ti odio!- urlò ancora una volta e vide l’amico sobbalzare appena, come se quelle parole l’avessero colpito come uno schiaffo in pieno petto.
Newt respirava a fondo e velocemente. Una parte di sé lo pensava davvero, e non era solo la parte contaminata dall’Eruzione bensì anche la parte che aveva sempre odiato la sua schifosa vita e quel mondo ostile perché dopo tre anni aveva trovato il capro espiatorio cui rivolgere tutte le sue frustrazioni e sofferenze, colui da incolpare per ogni sua sventura. Ma un’altra parte di lui, quella più lucida, umana e buona, davanti a sé vedeva solo un amico, un caro amico, perché Newt aveva sempre saputo che il Tommy che aveva conosciuto nella Radura non era lo stesso Thomas che lo aveva spedito lì dentro. Se anche lui era entrato nel Labirinto significava che qualcosa in lui era cambiato e anche se così non fosse stato era cambiato vivendo quell’orribile esperienza insieme a loro, insieme a lui.
Però, dannazione, perché non riuscivano a capire come si sentisse? Era così strano pensare che lui non volesse impazzire, soffrire davanti ai suoi amici e rischiare di far del male a uno di loro? Alle poche persone di cui aveva memoria? Se ci fosse stato Alby era certo che avrebbe capito. Già una volta ne era stato in grado.
Aveva evitato di coinvolgere Minho in tutta quella storia: sapeva che, testardo com’era, non avrebbe mai acconsentito, gli avrebbe dato della “testapuzzona” e, probabilmente, un pugno in faccia per farlo stare zitto. Odiava quel lato immaturo e irruento del suo carattere, ma rimaneva comunque una delle persone a lui più care. E forse era anche per questo che non lo aveva chiesto a lui: non voleva dargli questo peso, farlo vivere per sempre con un ricordo simile a perseguitarlo.
No, lui l’aveva chiesto a Thomas perché pensava che lui avrebbe capito senza fare storie. E invece si sbagliava: lui era lì a cercare di convincerlo che stava sbagliando.
-Vieni con me…- lo sentì dire ancora una volta. Ma questa fu la volta di troppo. Newt sentì il suo cervello annebbiarsi, un grido crescergli nel petto, i muscoli che si muovevano da soli e prima che se ne rendesse conto aveva messo Thomas al tappeto e lo sovrastava col suo corpo.
-Vuoi sapere perché zoppico, Tommy?- urlò, a pochi centimetri dal viso del moro –Non te l’ho mai detto? No, non credo di averlo fatto-
Si rendeva solo parzialmente conto di quello che stava per dire ma sentiva che era la cosa giusta da fare nella speranza, da una parte, di farlo soffrire e, dall’altra, di convincerlo a fare quello che voleva. Una vocina in fondo al suo cervello gli diceva che se gli avesse fatto credere (o sapere? Nemmeno lui lo sapeva più, ormai) quanto lo odiava si sarebbe deciso a ucciderlo.
-Ho cercato di ammazzarmi nel Labirinto- vide gli occhi di Thomas riempirsi di terrore e comprensione mentre la mano che stava andando verso la sua schiena, probabilmente alla ricerca di un’arma, si immobilizzò.
-Mi sono arrampicato su uno di quei maledetti muri e arrivato a metà mi sono buttato giù- immagini confuse dell’accaduto affiorarono al suo cervello annebbiato. La sensazione di frustrazione che aveva provato dopo i mesi passati a correre incessantemente e inutilmente nel Labirinto come Velocista, la premeditazione di far avvenire tutto in modo discreto e di non dar ulteriori preoccupazioni ai radurai, la salita consapevole e senza rimpianti verso la cima della pianta d’edera, la sensazione di vuoto nel guardare in basso che era durata una frazione di secondo perché, determinato, non aveva perso tempo e si era lasciato andare.
-Alby mi ha trovato e mi ha trascinato dentro la Radura prima che si chiudessero le Porte- proseguì il suo racconto, continuando a tenere Thomas a terra –Odiavo quel posto, Tommy. Ho odiato ogni secondo di ogni giorno-
Dio, quanto era vero!
Si era svegliato un giorno, privo d’identità e di ricordi, in un posto sconosciuto assieme a venti sconosciuti.
Da subito, guardando quelle mura che lo circondavano e percependo il senso di vuoto dentro di sé si era sentito privato di qualcosa, una cosa fondamentale: la libertà. Perché lui, a differenza di Thomas che lì vi era andato per scelta, era stato messo lì contro la sua volontà.
La sua vita, o per lo meno quel che ne ricordava, era stata una vita da burattino. Non aveva scelto lui di vivere lì, non aveva scelto lui di soffrire, non aveva scelto lui di vedersi affidare responsabilità e fiducia dagli altri, non aveva scelto lui di essere il “collante”, come l’avevano definito, quando lui non voleva più saperne di niente e di nessuno, non aveva scelto lui di ricordarsi sua madre.
Da quando avevano messo piede nella Zona Bruciata aveva iniziato a sognare; non lo aveva mai fatto prima, nella Radura. Forse il mondo esterno aveva sbloccato qualcosa in lui, nel suo cervello. Forse il filtro si era deteriorato dopo tutto quel tempo. Sognava sempre la stessa cosa: il volto di una donna, una donna bellissima, la pelle chiara, le labbra rosee, gli occhi verdi chiaro, i capelli biondi illuminati dal sole, un sorriso carico di affetto e amore per lui. Non sognava nient’altro, solo quel volto che lo guardava e, anche se nessuno glielo aveva confermato, anche se non poteva affermarlo con certezza, sapeva che quella era sua madre.
Gli bastava sapere questo. Anzi, era anche troppo.
Per questo aveva deciso di non rimuovere il filtro. Non voleva sapere nulla. Qualsiasi cosa avesse dimenticato sarebbe stato una sofferenza ricordarlo. Se avesse scoperto che la sua vita precedente fosse stata piena di dolore e sofferenza avrebbe odiato ancor di più la sua esistenza. Se, invece, fosse stata ricca e soddisfacente avrebbe provato ancor più odio, che prima o poi l’avrebbe consumato, per la sua condizione attuale e per le persone che gli avevano fatto ciò.
No, era decisamente meglio non sapere.
Un movimento lo riscosse dai suoi pensieri e considerazioni. Sembrava che Thomas fosse riuscito ad afferrare quello che nascondeva dietro la schiena. Prese una decisione.
-Era tutta… Colpa… TUA!- urlò in faccia al Thomas prima di afferrargli il polso che aveva sotto il corpo e strattonarlo. Come sospettava impugnava la pistola e, senza pensarci, se la puntò alla tempia tenendo saldamente la mano del suo amico e avversario. Non sapeva quale parte di sé avesse preso il sopravvento nel compiere quel gesto, se la parte malata e irrazionale o quella sana e fin troppo razionale. Ma non aveva alcuna importanza ormai.
-Devi rimediare! Uccidimi prima che diventi uno di quei cannibali mostruosi. UCCIDIMI!-
Ecco un’altra cosa che non aveva scelto. Non aveva scelto di ammalarsi e nascere non immune.
Ma su questo, almeno su questo, sulla sua morte, voleva poter scegliere. Se odiava la sua vita quando era sano non osava immaginare quanto avrebbe odiato la sua vita da Spaccato, soprattutto considerando il fatto che non sarebbe stato sufficientemente cosciente per porre rimedio. Già in quel momento la parte folle del suo cervello gli impediva di lasciarsi andare e di cercare la morte in qualche modo. Ma non voleva arrendersi. Voleva porre fine alla sua vita. Non avrebbe mai voluto coinvolgere un amico ma era necessario. Il fatto che lui non capisse quel suo bisogno disperato lo stava facendo impazzire di rabbia.
Iniziò una colluttazione tra i due ragazzi, quello che impugnava la pistola ma non voleva sparare e quello disarmato ma che voleva essere ucciso.
Newt aveva perso totalmente il controllo. Continuava a immobilizzare la mano di Thomas contro la sua fronte mentre gli urlava in continuazione di ucciderlo senza nemmeno sentire le deboli proteste dell’altro. Sentiva la rabbia che lo guidava e che lo rendeva totalmente cieco. Sentiva che se non si fosse mosso probabilmente sarebbe stato lui a uccidere Thomas.
Questo pensiero lo fece un po’ rinsavire. Per quanto odiasse Thomas per quello che era stato voleva anche bene a quel ragazzo che, da quando lo aveva conosciuto, lo aveva aiutato e cercato di salvare portandolo fuori dal Labirinto, anche se non sapeva che quello che li aspettava era molto peggio.
No, non poteva ucciderlo.
Sentì la rabbia defluire da lui e in un momento di lucidità vide tutto nitido. Thomas sotto di lui che lo fissava terrorizzato, la sua mano che stringeva quella del moro che impugnava la pistola.
Basta, non ne poteva più.
-Uccidimi- disse, quasi in un sussurro, la voce più calma di prima quasi irriconoscibile –Per favore, Tommy. Per favore-
Dopo qualche istante sentì sotto la sua mano il dito di Thomas che si piegava sul grilletto.
Chiuse gli occhi, un lieve sorriso a increspargli le labbra.
L’ultima cosa che vide fu il viso di sua madre.
 

 


Angolo di Calypso
Emh…
Facciamo che vado per ordine.
Prima di tutto buon giorno a tutti e benvenuti. È la mia prima storia nel fandom di Maze Runner.
Nell’ultimo mese ho divorato la trilogia e ne sono rimasta totalmente rapita. Il personaggio di Newt mi ha affascinato e mi ha fatto soffrire come non mai. Davvero, è il personaggio di un libro per cui provo i sentimenti più intensi. L’ho amato e apprezzato nel Labirinto, ho detestato la sua quasi totale assenza ne La fuga e ho odiato con tutto il cuore la malattia e la morte da miserabile ne La rivelazione.
Perciò eccomi qui a scrivere qualcosa in suo onore, non potevo non farlo, sperando di aver reso giustizia a questo incredibile personaggio e di averlo reso almeno lontanamente IC. Scrivendo mi sono resa conto che è facile descrivere Newt da fuori ma non lo è altrettanto interpretare i suoi pensieri e sentimenti soprattutto visto il fatto che la sua personalità (almeno per me) contrasta con il suo desiderio di morte.
Inizialmente doveva essere una cosa molto breve che descrivesse unicamente questa scena dal punto di vista di Newt ma poi mi sono lasciata andare a immaginare la vita di Newt prima del Labirinto e nella Radura prima dell’arrivo di Thomas. E poi boh, dato che sono masochista e rivivere con la scrittura questo momento straziante non mi bastava, ho pensato anche a questa cosa della madre anche perché trovo assurdo che unicamente Thomas ricordi qualcosa. Cioè, se ricorda lui perché gli altri non potrebbero? Almeno un po’. E poi mi piacerebbe moltissimo conoscere la vita precedente di Newt e Mnho.
La frase che trovate a inizio capitolo non è mia, l’ho trovata su tumblr e instagram.
Ok mi sono dilungata troppo nelle note. Scusatemi ma sono ancora sovrastata da tutti i feels che questo libro dona (anzi, se qualcuno volesse fare quattro chiacchiere in merito io sono qui!).
Spero che la storia vi sia piaciuta e vi ringrazio per aver letto, se volete potete farmi sapere cosa ne pensate.
Rinnovo anche la mia speranza di aver dato giustizia a questo splendido personaggio, ci tengo molto.
 
   
 
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