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Autore: Stephanie86    25/03/2016    3 recensioni
Tutti vogliono salvare Emma.
Tutti vogliono trovare un modo per liberarla dall'oscurità prima che la divori.
Ben presto, però, Regina - e gli altri - si rende conto che per raggiungerla e aiutarla avrà bisogno di aiuto. E non di un aiuto qualsiasi.
Lily è sempre stata legata ad Emma, fin dal principio. Ha sempre dovuto lottare contro il potenziale oscuro che gli Azzurri e l'Apprendista hanno trasferito in lei. Cosa accadrà quando la sua oscurità incontrerà quella della nuova Emma? Dove la condurrà il filo rosso che la unisce al nuovo Signore Oscuro?
Regina diventerà davvero la Salvatrice?
[Spoiler! per chi non segue la messa in onda americana | Pairing: principalmente Swan Queen e Swan Star]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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“Hush, child

The darkness will rise from the deep
And carry you down into sleep
Child, the darkness will rise from the deep
And carry you down into sleep”

[Heather Dale, Mordred’s Lullaby]

 

 

Foresta Incantata. Più di cento anni dopo la nascita di Rosaspina.

 

Stefano scivolò sotto il ventre della creatura e, con la spada incantata dalla magia delle fate che avevano protetto Rosaspina fino al giorno del suo sedicesimo compleanno, le inflisse una profonda ferita. L’ennesima. La lotta durava da parecchio, ormai. La lama penetrò le dure scaglie nere che ricoprivano il corpo del drago. Sgorgò sangue nero come la tenebra.

Malefica ruggì di dolore e frustrazione. Dimenò violentemente la coda, menò sferzate a caso, mentre Stefano si allontanava da lei. Addentò a vuoto, cercando di raggiungerlo, ma lui era fuori portata. Il suo mantello rosso era strappato in più punti e bruciacchiato. L’armatura era sporca di polvere e sangue. Il suo, mescolato a quello del drago. I capelli biondi formavano una nuvola disordinata intorno alla sua testa.

Poi, in un ultimo, disperato scoppio di furia, Malefica spalancò le fauci e rigettò un’onda di fuoco contro il principe. Stefano si fece in là, evitando le fiamme, che tracciarono una lunga scia infuocata.

Infine Malefica crollò su un fianco. Cadde lentamente, si afflosciò emettendo uno strillo inferocito. Stefano avvertì il terreno tremare sotto i calzari quando il corpo colpì il suolo. I muscoli ebbero un sussulto. La coda scattò convulsamente.

Infine non si mosse più.

 

 
Il principe pensò che Malefica fosse morta e si diresse verso il castello, zoppicando. Usò la spada per tranciare la fitta rete di rovi che aveva intrappolato il luogo nel quale Rosaspina dormiva il suo sonno simile alla morte da ben oltre cento anni, insieme al resto della corte.

Ma Malefica non era morta. A lungo fu preda dell’oblio. Rimase là, priva di sensi e intanto sognò. Vide se stessa aggrappata alla schiena della madre, molti anni prima, quando era solo una bambina che ammirava per la prima volta il mondo dall’alto. Vide se stessa nella caverna in cui era nata, rannicchiata dove un tempo c’era stato un uovo. Vide l’uomo tramutato in corvo.

Tornò a galla. Tornò alla realtà, in un mondo in cui il suo corpo non aveva più niente di quella forza, di quella vitalità, ma era solo un grumo di immane sofferenza. Si sorprese di essere ancora viva.

Cercò di tirarsi su, di aprire le ali. Il dolore fu eccessivo, terrificante, un lampo che la accecò, costringendola a sdraiarsi nuovamente sul fianco.

Remoto e vago, udì un grido in lontananza. L’urlo di un aquila.

‘Alzati’, le sussurrò una voce, nella mente. E sembrava la voce di sua madre. ‘Alzati prima che torni e ti finisca’.

Malefica sollevò il capo, ricadde un’altra volta e poi riuscì ad alzarsi.

 

Ritornò al suo castello e il suo volo fu come il primo. Scoordinato. La sua mente era confusa e sfinita.

Precipitò in uno spiazzo davanti all’ingresso. Era caduta la neve e lei recuperò le sembianze umane, distendendosi. Fu come cadere su un letto imbottito di piume.

Il cielo era bianco e abbagliante, ma lei lo guardò a lungo. Piccoli fiocchi di neve si posarono sul suo viso e sull’abito nero.

Chiuse gli occhi.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

Malefica puntò lo scettro contro la barriera che circondava la casa dell’Oscuro e tentò ancora di aprire una breccia, di indebolirla anche solo momentaneamente. Non aveva idea di quanto tempo le sarebbe occorso per entrare, ma avrebbe trovato un modo. Aveva già provato svariati incantesimi senza successo, eppure non demordeva. Non se lo poteva permettere.

“Fallirai. Come hai fallito con Rosaspina”.

Rosaspina aveva dormito per più di cento anni. Lei aveva... aveva dormito per decenni dopo la sua prima sconfitta. Era rimasta sepolta nella sua dimora fino al giorno in cui Regina non aveva fatto la sua comparsa. Fino a quando non l’aveva costretta a ravvivare le braci che ancora ardevano dentro di lei. Era stata sconfitta di nuovo, in seguito, ma quella sera era là per sua figlia. Contro l’Oscuro poteva non avere speranze, ma preferiva morire piuttosto che restarsene a guardare.  

“Fallirai. Come hai fallito con...”

Una mano penetrò nella sua schiena e le afferrò il cuore, stritolandoglielo. Malefica emise un grido strozzato e lo scettro le sfuggì.

Emma Swan le strappò il cuore. Malefica cadde sul prato.

- Non amo essere interrotta. – disse l’Oscuro. Si inginocchiò accanto a lei, lo sguardo scintillante. – Sai, ho del lavoro da fare.

- Dov’è... Lily? – mormorò Malefica, fissando il proprio cuore nella mano bianca di Emma. Bagliori rossi pulsavano e fremevano in mezzo alle ombre nere.

Emma serrò l’organo incantato tra le dita. Forte. – Lily... sta bene. Tu... non ho ancora deciso.

 

 
Nei sotterranei della casa, Lily rinvenne lentamente. Si era ridestata da un sogno tremendo e confuso, un sogno pieno di sangue, di oscurità, di odore di benzina... occhi d’argento, una pistola infilata nei jeans, una nebbia rossa, la faccia di Murphy presa a calci, le gomme che stridevano sull’asfalto, la canzone country che la radio aveva trasmesso prima che lei e il suo complice arrivassero in quella maledetta area di servizio. Born to lose...

- Bentornata. – disse una voce che conosceva.

Il sogno cedette il posto ad altre immagini. Emma. Il suo piano. Zelena.

“Farò ciò che è necessario, Lily. La ucciderò usando Excalibur”.

Lily si tirò su a fatica. Scosse il capo, cercando di schiarirsi le idee. Sì, era ancora nei sotterranei. No, non era incatenata come la strega, ma era chiusa là sotto con lei, mentre Emma si trovava chissà dove a preparare ciò che restava da preparare.

- Emma è là fuori da qualche parte. E noi siamo qui sotto. – disse Zelena, dando voce ai suoi pensieri. – Se mi dai una mano, forse possiamo uscirne.

- Perché dovrei? – domandò Lily, mettendosi seduta. – Anche se decidessi di aiutarti, non potremmo comunque uscire.

- Sottovaluti il mio potere. E sopravvaluti le parole di Emma. – Lanciò un’occhiata alle pozioni sul tavolo. – La magia che circonda la casa è antica, ma non così antica come l’Oscuro vuole farci credere. Il problema però... è questo affare.

Lily osservò il bracciale agganciato al polso di Zelena.

- Se riuscissi a togliermelo, forse avremmo qualche possibilità. Quelle pozioni... – Con un cenno del capo gliele indicò. – Vedo qualcosa che può essermi utile.

- Non mi fido di te. Probabilmente mi ucciderai non appena ti aiuterò a toglierti il bracciale. Credi che sia così imbecille?

- No, affatto. Ma non hai scelta. Mi porteresti quel coltello e l’ampolla rossa?

Lily vide l’arma di cui parlava Zelena e anche l’ampolla. Conteneva un liquido rosso scarlatto. Le ricordò la pietra incastonata nel pomolo di Excalibur.

“Ha ucciso Neal. Ha ucciso Marian. Ha assunto le sue sembianze, prendendosi Robin. Ha fatto di tutto per cercare di distruggerci. Di distruggere Regina”.

- Lilith. – disse Zelena. – Siamo sulla stessa barca. Anche tu vuoi scoprire che cosa sta tramando Emma.

- Emma vuole ucciderti!

- Certo. Ma credi che sia tutto qui? C’è sotto qualcos’altro ed io ho già un’idea.

- Quale sarebbe?

- Una cosa alla volta, cara. – Zelena tese il braccio. - Portami l’ampolla e prendi il coltello, vicino al libro. Amputarmi il braccio è davvero troppo doloroso. Meglio usare un metodo più pratico. Niente sangue, stavolta.

Lily non ci pensò a lungo. Sapeva che era una pessima idea. Se lo sentiva. Ma come le era già capitato in passato, la sua mente pensava soltanto ad uscire da quel posto e a fermare Emma prima che compisse il suo piano. Non ragionava in base alle conseguenze. A quelle avrebbe pensato in seguito.

Quindi si alzò e prese le cose che Zelena voleva. Versò il liquido rosso sulla lama del coltello, che scintillò e assunse la stessa colorazione della pozione.

- L’effetto non durerà. Dammelo! – esclamò la strega.

Lily non glielo diede. Sferrò un fendente, colpendo il bracciale. Un colpo maldestro, ma che riuscì nel suo intento. Il bracciale si spezzò in due parti. Zelena non fece commenti e usò i suoi poteri per liberarsi delle catene.

- Oh, sì, finalmente! – esclamò la strega. Schioccò le dita e una nube verde l’avvolse dalla testa ai piedi. Quando si dissolse, Zelena aveva cambiato look. Portava un cappello sulle ventitré e un vestito verde che metteva in risalto le sue curve, sotto la mantella nera. - Ora sì che mi sento bene!

Lily era tesa e all’erta. Si aspettava qualsiasi cosa.

- A proposito del nostro accordo... – riprese Zelena. – Vogliamo uscire da qui?

 

 
Di nuovo in casa. Zelena aprì la porta con cautela. Emma non c’era, ma una strana, magica luce gialligna colorava le tende.

- È occupata. Molto bene. – commentò Zelena. – Passiamo dal retro. Con un po’ di fortuna, non mi ci vorrà molto ad aprire una breccia nella barriera.

- C’è mia madre là fuori! È venuta a cercarmi. – disse Lily. – Non posso andarmene.

- L’Oscuro non ucciderà tua madre. Non le serve. Vuoi davvero affondare con tutta la nave?

- Se me ne vado, Emma troverà comunque qualcun altro da usare come contenitore per la sua oscurità. – Lily si guardò intorno.

- Emma non ha fatto niente per te. Non le devi nulla.

- Non importa! Ho bisogno di risposte e non intendo andarmene fino a quando non le avrò ottenute. E soprattutto... non abbandonerò mia madre.

- Quindi intendi restare qui e fare domande all’Oscuro? Non ti dirà niente.

- Lo farà. Troverò un modo.

Zelena roteò gli occhi. – Vado nella rimessa. Là dentro ci sono i nostri ricordi.

- Gli acchiappasogni?

- Naturalmente. Dovrà pur tenerli da qualche parte. Se proprio ci tieni alla tua chiacchierata con Emma, vedi di farla durare il più a lungo possibile.

- E perché dovresti...?

Zelena la piantò in asso, uscendo da un’altra porta che conduceva in giardino. Andò a sbattere contro la barriera invisibile creata da Emma, scosse la testa, infastidita, ma qualche attimo dopo in quella barriera si aprì una breccia e Zelena vi passò attraverso.

Per lei è sempre tutto così facile?

 

***

 

Foresta Incantata. Quarant’anni fa.

 

“Che cosa stai facendo?”, chiese Malefica.

“Non mi arrendo così”, rispose Regina, concentrandosi al massimo per bruciare le corde che le serravano i polsi. Cercava di ricordare ciò che Tremotino le aveva insegnato fino a quel giorno.

“Non puoi vincere. Ce ne sono troppi”.

Le guardie di Stefano le avevano legate, avevano privato Malefica dello scettro ed ora le stavano conducendo al castello del re. Erano dietro di loro, a cavallo e tutti armati. Malefica rimpiangeva il momento esatto in cui aveva dato retta a quella ragazzina. Quel drago non esisteva più. Il drago era stato sconfitto anni prima, quando Stefano aveva lottato contro di lei con la sua spada incantata dalla magia delle fate e aveva spezzato il sortilegio che teneva prigioniera Rosaspina.

Poi si era presentata Regina. Regina con la sua insistenza, la sua testardaggine, quella sete di vendetta che le corrodeva l’anima, con l’energia e la rabbia che un tempo le erano appartenute. Si era presentata, aspettandosi una strega potente e in grado di insegnarle tutto ciò che sapeva. Invece aveva trovato solo una donna provata e pallida, con i capelli arruffati, l’andatura barcollante e i vestiti polverosi. Regina l’aveva spronata, l’aveva costretta a riprendere in mano la sua dannata vita, l’aveva convinta ad uscire e a risvegliare la creatura che, anni prima, aveva seminato il caos in quel regno.

Ma non era bastato.

“Speriamo che le mie sfere di fuoco siano migliorate”, le rispose Regina.

“Non puoi batterli”. Si chiedeva anche perché si preoccupasse per la sua incolumità. Un tempo se la sarebbe mangiata in un solo boccone.

“Hai ragione. Non senza un drago”. Regina si liberò delle corde e formò una sfera di fuoco, scaraventandola contro uno dei soldati di Stefano. L’uomo gridò e cadde da cavallo.

Fu l’unica sfera di fuoco che Regina riuscì a produrre. Per quanto si sforzasse, la magia non le rispose più. Venne presa dal panico, mentre gli uomini di Stefano serravano i ranghi e si preparavano a rispondere ai suoi attacchi. In quel momento non era molto facile ricordarsi anche quel poco che Tremotino le aveva già insegnato.

La magia dipendeva dalle emozioni.

La magia aveva sempre un prezzo.

La magia...

Regina udì un ruggito basso e cupo.

La densa nube nera avvolse Malefica e si ingigantì davanti ai suoi occhi, salendo verso l’alto, vorticando, gonfiandosi, gettando un’ombra oscura su Stefano, che si tirò precipitosamente indietro. Un cavallo si impennò, disarcionando il suo cavaliere, che rovinò a terra, impigliato nel proprio mantello. Stefano afferrò saldamente le redini per non essere sbalzato di sella a sua volta.

Il drago nero spiccò il volo, spalancando le enormi ali membranose. Regina la guardò piombare sugli uomini, con le fauci pronte a rigettare quel fuoco che non si era mai spento del tutto. Quel fuoco che aveva risucchiato, prendendolo dall’albero che aveva continuato a bruciare per oltre cinquant’anni, come se aspettasse solo che Malefica tornasse e recuperasse ciò che si era lasciata alle spalle.

Ma sentir parlare di Malefica in un libro era una cosa; vederla faceva tutt’altro effetto.

Era una creatura enorme, uscita dalle storie che si raccontavano ai bambini nelle notti senza luna, davanti ad un camino scoppiettante. Una creatura maestosa. Il corpo immenso era ricoperto di dure scaglie nere. La lunga coda frustava l’aria. Gli occhi bruciavano, più vivi e letali che mai.

Regina non ne ebbe paura. Era estasiata e affascinata dalla vera forma di Malefica. Sorrise apertamente. “Guarda un po’ chi è tornata”.

Il drago aprì le fauci e scagliò la prima onda di fuoco sugli uomini che le avevano fatte prigioniere. Stefano urlò e sollevò lo scudo nel disperato tentativo di proteggersi. Regina avvertì il calore intenso delle fiamme, ma non si scostò. Nemmeno per un istante pensò di farlo. Voleva godersi lo spettacolo.

Malefica ruotò su se stessa, dopo aver compiuto un ampio giro intorno a quel campo di battaglia. Si lanciò sui soldati, riversando la sua furia incendiaria su di loro. Uno degli uomini di Stefano prese fuoco. Crollò dal cavallo, che scappò al galoppo. Si rotolò al suolo, gridando e contorcendosi.

“Hai fallito”, disse Regina, rivolta a Stefano. “Questa volta ti è andata male. Manda i nostri saluti alla tua adorata Rosaspina”.

 

 
Meno di un’ora dopo, Malefica si occupò anche della figlia di Rosaspina, una ragazza di nome Aurora. Priva della protezione del padre e totalmente indifesa, lei poté solo blaterare qualche minaccia a vuoto prima che Malefica la pungesse, precipitandola nel sonno simile alla morte che aveva imprigionato sua madre.

“Davvero notevole, mia cara”, commentò Regina, reggendo il suo scettro.

“Ma non ne sarei stata capace senza il tuo aiuto”, disse Malefica. “Mi hai ricordato chi sono davvero. Ti ringrazio”.

Regina si sentiva lusingata. Le porse lo scettro e Malefica lo prese. Nel farlo, allungò le mani lentamente, sfiorandole le dita. Lei se ne stette là, con la testa sollevata per riuscire a guardarla in viso. Era molto più alta di lei e, oltre a questo, Regina pensava che avesse degli occhi incredibili. Erano grandi e azzurri, quell’azzurro ombroso, come un cielo che si sta preparando alla tempesta.

“Bene”, ricominciò Malefica, senza smettere di fissarla. “Dunque, hai mai cavalcato un drago prima d’ora?”

Regina scosse il capo. Era contenta. Per lei essere contenta era una novità. Da qualche tempo a quella parte non si era sentita neanche remotamente contenta. Anzi, era sicura che, una volta tornata a casa, avrebbe trovato Tremotino ad aspettarla e poi la sensazione esaltante provata quel giorno sarebbe svanita per lasciare il posto alla tristezza. Una tristezza immeritata, il prezzo di un tradimento che non avrebbe mai dimenticato.

“No”, ammise Regina, dopo un attimo. “Ma credo che mi piacerà. Molto”.

“Lascia che ti dia un passaggio”, continuò Malefica. “Arriverai prima”.

“D’accordo. Ma sai... non ho fretta”, rispose Regina.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

- Emma, fermati! – gridò Regina.

- Emma, non farlo. Ti prego. – aggiunse David, distendendo un braccio, quasi intendesse afferrare la figlia.

L’Oscuro stringeva il cuore di Malefica nella mano destra. Nell’altra, invece, aveva Excalibur. Intera.

- Swan, che cos’hai in mente? – chiese Uncino, facendo un passo avanti, ma con cautela.

Emma li osservò con implacabile indifferenza. – Che cosa siete venuti a fare?

- Dov’è Lily? – chiese Regina.

- Lily non è un problema vostro. Niente di tutto questo lo è. – Mostrò loro Excalibur. – Non appena avrò finito con Zelena, mi ringrazierete. Soprattutto tu, Regina.

- Per quale motivo dovrei ringraziarti?

- Non lo ricordi, ma a Camelot... mi hai aiutata ad ammettere delle cose su me stessa. – Emma lanciò un’occhiata a Malefica, sdraiata ai suoi piedi. – Non prendere quello che farò a Zelena come un modo per ricambiare un favore. È una cosa che devo fare. È necessaria. Ma un ‘grazie’ lo vorrei sentire comunque. Sarebbe un buon inizio, considerando quello che avete fatto.

- Un buon inizio?

- Killian, non gliel’hai raccontato?

Uncino scrollò il capo. – Eccome, Swan. Ma se ci dicessi la verità, finalmente, potremmo evitare tutto questo. Noi vogliamo aiutarti.

- Vogliamo salvarti. Non è troppo tardi. – aggiunse Mary Margaret, muovendosi verso di lei. Sorrideva, speranzosa. - Noi siamo la tua famiglia.

- State indietro. – Emma mostrò loro il cuore di Malefica e lo serrò. – Se volevate salvarmi... non avreste dovuto fare quello che avete fatto. Non avreste mai dovuto tradirmi.

- Emma. – ricominciò Regina. – Lascia andare Malefica. È la madre di Lily. Se la uccidi, non ti perdonerà mai.

- Sei proprio come tua sorella. Qualche giorno fa mi ha detto la stessa cosa. Fate entrambe dei bei discorsi sul perdono... – Anche lei sorrise. Fu un sorriso agghiacciante. - E vedo che sei tanto preoccupata per la tua amante.

- Ascolta, Emma... – disse Regina, anche se non aveva idea di quello che avrebbe detto. La sua mente, a margine, aveva carpito il commento dell’Oscuro, ma non riusciva a metabolizzarlo. La situazione era troppo seria per concentrarsi su quello che le aveva appena detto.

“Fate entrambe discorsi sul perdono...”

“Sei tanto preoccupata per la tua amante”.

- Sai chi è stato il primo a tradirmi? – la interruppe Emma, inclinando leggermente la testa di lato.

Il vento le spostò uno ciocca di capelli scuri, facendogliela ricadere su un occhio. Regina attese, mentre il gelo si diffondeva nel suo sangue, come qualcosa di velenoso e torbido, più velenoso della mela che aveva dato a Biancaneve.

- Tu, Regina. – rispose Emma.

Regina ammutolì. Si ritrasse con tanta forza da andare a sbattere contro Uncino.

- È stata una tua idea.

- Questo non... non è possibile. – blaterò Regina.

- Lo è, invece. E voi l’avete seguita.

Emma si chinò, spingendo il cuore nel petto di Malefica. Dopodiché sollevò Excalibur e piantò la lunga lama nel cemento del viale.

 

***

 

Foresta Incantata. Quarant’anni fa.

 

“D’accordo. Ma sai... non ho fretta”, rispose Regina.

Le labbra carnose di Malefica si strinsero come se stessero assaporando quell’ultima osservazione. Poi si girò e la condusse fuori dal castello di Stefano. Riassunse la sua appena ritrovata forma di drago e si abbassò quel tanto che bastava per permetterle di montare in groppa. Regina usò la poderosa zampa della creatura per issarsi e quando si fu sistemata sulla sua schiena ebbe modo di avvertire il calore emanato dal suo corpo. La dura scorza che lo ricopriva aveva una strana consistenza al tatto.

Il vuoto le riempì lo stomaco, appena il drago si staccò da terra.

Se c’era una cosa che Regina amava e che la faceva sentire libera, era cavalcare. Quando lanciava Rocinante al galoppo e avvertiva il vento sul viso e fra i capelli, quando vedeva la foresta intorno a lei diventare una macchia indistinta, che le scivolava accanto velocissima, quello che provava era gioia. Assaporava la libertà e se la teneva stretta, anche se per poco.

Mentre Malefica saliva sempre più in alto e il mondo si faceva sempre più piccolo, provava la medesima sensazione. I suoi piedi erano incastrati alla perfezione a metà dei fianchi del drago, tra due scaglie che sembravano fatte apposta per servire da appoggio. Le ali si congiungevano poco dietro le cosce di Regina e ad ogni battito sentiva i muscoli dell’enorme schiena che si contraevano. Imparò subito a seguire i movimenti del drago e ad assecondarli con fluidità.

Quello che vedeva dall’alto era meraviglioso. Il paesaggio era costellato di campi verdeggianti, fiumi azzurri, laghi, villaggi sparsi e fitti boschi. Regina rise, ammirando tutto con sincero stupore. Malefica prese la via più lunga. Virò verso le montagne ad ovest, scese di quota sfiorando le chiome degli alberi, risalì rapidamente, costringendola ad abbassare la testa e a serrare le palpebre, poiché la brezza che le frustava il viso.

Quando furono in prossimità della meta, la testa enorme ondeggiò e si rizzò verso le nuvole, uno sbuffo di fumo misto a fuoco uscì dalle narici del drago e le ali sbatterono così forte che, per via della velocità raggiunta, per poco Regina non venne sbalzata nel vuoto. Si aggrappò più saldamente, mentre Malefica planava, rallentando il volo e inarcando le ali.

Atterrò ad un paio di leghe di distanza dalla dimora di Regina. Lei scese dal drago e si stiracchiò gambe e braccia.

“Volevo proprio capire che cosa potevi fare”, disse, quando Malefica recuperò la forma umana.

“Adesso sono ciò che ti aspettavi”.

“Oh, sì. Sei anche meglio di ciò che mi aspettavo”.

Malefica appoggiò le dita sulla sua guancia, tracciando brevemente il profilo del suo viso. “Alla fine sei stata tu ad insegnarmi qualcosa. E pensare... che eri venuta da me perché ti aiutassi con la magia”.

Regina pensò a qualcosa da dire, ma non lo trovò. Si limitava a fissarla. Percepiva fin troppo le dita che ora l’accarezzavano sotto il mento.

“Non dimenticherò quello che hai fatto per me. Mai”, disse Malefica. “Torna a trovarmi quando vuoi. Sarai sempre la benvenuta”.

“Bene”. Regina quasi non riconobbe la propria voce.

Poi le dita che l’avevano accarezzata si appropriarono della sua nuca e l’attirarono contro il corpo dell’altra.

Il bacio non fu per niente delicato, ma lei non si aspettava che lo fosse. La bocca del drago era ardente sulla sua, i denti le morsero le labbra e le spezzarono il respiro, strappandole un gemito soffocato. Regina si aggrappò alla veste di Malefica e rispose con la stesse intensità.

 

 
...si aggrappò alla veste di Malefica e rispose con la stessa intensità.

Non resistette e nemmeno ci provò. Qualcosa le diceva che non doveva farlo, ma quando le labbra di Malefica, brucianti come lava, incontrarono le sue, Regina la baciò come aveva fatto tanto tempo prima. Ogni pensiero logico cessò e la baciò con irruenza, seguendo la sua lingua, intrecciandola alla sua, mentre gli spiriti che abitavano le nebbie di Avalon e che avevano condotto alla follia i viaggiatori ignari che si inoltravano in quell’impenetrabile biancore, continuavano la loro danza.

Malefica le circondò la vita con un braccio, attirandola ancora di più verso di sé.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

Lily si era messa a frugare in giro, alla ricerca di qualsiasi cosa da poter usare contro Emma, nel caso fosse stato necessario.

Non aveva trovato niente, a parte la scatola che lei le aveva già mostrato la prima volta che era stata lì. Sollevando il coperchio, Lily vide la telecamera. La estrasse e la mise da parte. Immaginava che non avrebbe dovuto soffermarsi sui ricordi di Emma proprio in quel momento. Ma si sentiva inspiegabilmente attratta da ciò che vedeva. Oltre alla telecamera, trovò un anello con una pietra azzurra, una collana, un paio di occhiali e... la foto di un ragazzo. Un ragazzo con i capelli scuri e il pizzetto. In quell’immagine, sorrideva.

Capì subito di chi si trattava.

Neal.

Non era un ragazzo che lei avrebbe definito bello. Aveva un aspetto ordinario, ma il suo sorriso era luminoso e, in qualche modo, lo rendeva speciale.

Inoltre...

Una nube verde fece la sua sgradita comparsa in salotto.

- Ehi, ma che cosa pensi di... – iniziò Lily, lasciando cadere la foto e alzandosi così di scatto che rovesciò l’intera scatola.

- Scusami tanto. – disse Zelena. Estrasse una pistola da chissà dove e fece fuoco.

Il primo sparo la prese al ventre, sbattendola all’indietro e gonfiandole la giacca sulla schiena. Ebbe la sensazione di essere stata colpita da un guantone indossato da un avversario decisamente poco leale. Il secondo colpo la prese al lato del collo, provocando un bruciore simile al sale versato su una ferita. Il terzo le penetrò nel lato destro del petto, mozzandole il fiato e spedendole una fitta lancinante al cervello. Uno stivale slittò sul pavimento e lei cadde malamente, sbattendo la testa sulle assi. Il mondo intorno a lei si stava oscurando. Un’ala nera, l’ala nera che aveva già visto altre volte, si allargò davanti ai suoi occhi.

Nello stesso preciso istante Lily avvertì la mente di Emma accostarsi alla sua. Fu una vera invasione. Arrivò come un uragano e non come qualcuno che si avvicina in punta di piedi, ma come qualcuno che entra sfondando una porta e sradicandola dai cardini. Il dolore si fece più intenso, insopportabile. Un bolo denso le salì su per la gola. Forse era sangue. Un proiettile le aveva bucato un polmone.

- No! – gridò Emma. Non nella sua testa. Era lì vicino. – Che cos’hai fatto, strega?!

- Ho fatto squadra con la tua amichetta del cuore. – rispose Zelena, ridacchiando. – Ma sai come vanno certe cose... e poi lo sceriffo non dovrebbe lasciare in giro armi di questo tipo. Non te l’ha detto la mamma che può essere pericoloso?

- Lily... – Emma posò un ginocchio a terra, chinandosi su di lei.

Emma.

- Ma guarda un po’. – tornò a dire Zelena, divertita come non mai. – Scommetto che non te l’aspettavi, vero? Certo, immagino non sia niente rispetto alla sorpresa che stai provando ora. Mi sorge spontanea una domanda e dovresti fartela anche tu. Non dovrebbe esserci del sangue? Non dovresti... essere già morta?

Lily si rese conto che il dolore si stava ritirando, come le onde del mare quando sopraggiunge la bassa marea. Per un momento era diventato tremendo, era diventato terrificante. Ma era durato poco.

- Emma... che cosa diavolo sta succedendo? – domandò, capendo di poter parlare senza alcuna difficoltà. Lily si alzò, portandosi una mano al petto e cercando i fori dei proiettili.

- Mi dispiace... – mormorò Emma.

Lily le lanciò un’occhiata e poi guardò Zelena, che sorrideva. In una mano stringeva ancora la pistola, nell’altra aveva un acchiappasogni. Gettò via l’arma, che precipitò sul divano del salone e tirò fuori da una tasca della mantella un piccola ampolla. L’aprì e ne riversò il contenuto direttamente su Emma, che lasciò cadere Excalibur, spalancando gli occhi per la sorpresa. L’inchiostro che aveva rubato al negozio di Tremotino si espanse sui suoi abiti, rivestendola interamente. L’aura azzurra si diffuse a macchia d’olio, paralizzandola dalla testa ai piedi.

Lily era troppo incredula per reagire. Si aprì la giacca con uno strattone e vide un foro all’altezza del polmone, nonché un secondo foro più in basso. Si portò una mano al collo.

Niente sangue.

Nemmeno una goccia.

No. Come sarebbe a dire?

- Che cosa sta succedendo? – ripeté Lily, fissando Emma.

- Io credo che sia semplice intuirlo. Ma se vuoi... – Sollevò l’acchiappasogni. – Puoi recuperare i ricordi che ti sono stati rubati.

- Quell’acchiappasogni...

- È di tua madre. L’ho trovato nel capanno sul retro. Ci sono tutti. Una collezione notevole. Purtroppo il tuo ce l’ha ancora mia sorella. – Zelena si avvicinò, sempre tenendo l’acchiappasogni per il cordino che serviva ad appenderlo. – Ho preso anche il mio. Mi ero stufata di questo vuoto di memoria. Perché non diamo una sbirciata ai ricordi della mammina?

- Non fidarti di lei, Lily. – disse Emma. – Posso spiegarti tutto.

- Certo. Può. Ma lei è l’Oscuro. – commentò Zelena.

- Io sono Emma. E sono l’Oscuro così come tu sei una perfida strega!

- Già. Però i ricordi contenuti in questo acchiappasogni non mentono. Non possono essere modificati. Al massimo possono essere protetti con un incantesimo. Cosa che lei si è assicurata di fare con il tuo acchiappasogni, Lilith. Mia sorella ha visto solo una parte dei tuoi ricordi. Ha visto... i ricordi accessibili.

- L’ho fatto per proteggerti. – ribatté Emma. – L’ho fatto per aiutarti. Tutto ciò che ti ho detto è vero, Lily. Tu non hai fallito. Hai sempre creduto in me...

Lily osservò le piume dell’acchiappasogni che ondeggiavano. Osservò la rete interna, il cerchio di salice perfetto. Ebbe paura. Anzi, non era semplice paura. Era terrore. Ed era confusione. Stordimento. Teneva ancora una mano sul collo, dove uno dei proiettili l’aveva raggiunta. Continuava a guardarsi il palmo e a chiedersi quando avrebbe visto il sangue.

- Voglio sapere. – rispose Lily. – Mostrami i ricordi di mia madre.

Emma, nella sua situazione, poté soltanto serrare le palpebre, impotente.

Zelena agitò una mano davanti all’acchiappasogni.

 

***

 

Camelot. Due settimane prima della maledizione.

 

Regina era fiera di ciò che stava vedendo. Il peggio era passato. Era sicura che, dopo quell’incantesimo, Merlino avesse in mente qualcos’altro. Non era ancora finita. Ma era pur sempre un grande passo verso la fine di quella storia.

Emma immerse le due lame nella luce e le congiunse.

Tutti guardarono lo strano e affascinante spettacolo del pugnale che incontrava di nuovo, dopo moltissimi anni, la sua parte mancante. Era come riunire i pezzi di un puzzle, gli ultimi due pezzi, per ottenere il quadro completo.

La luce si espanse, diventando più intensa. Emma avvertì chiaramente il pugnale che si saldava alla lama di Excalibur. Si fondeva e mutava per adattarsi alla spada. Le voci nella sua mente bisbigliarono, sussurrarono, sibilarono. Le voci di diversi Oscuri si assieparono in un punto dietro ai suoi occhi.

Nimue. Cornelius. Rothbart. Gorgon. Zoso. Tremotino.

Emma Swan.

Malefica udì un gemito strozzato alle sue spalle. Si voltò di scatto.

- Lily?

Lily allungò una mano, infilandola sotto la giubba che indossava. Quando la ritirò videro tutti che era piena di sangue.

- È ferita! – esclamò Belle.

Il corvo di Knubbin sbatté le ali e gracchiò, nervoso. Abbandonò la spalla di Henry per tornare ad appollaiarsi sulla spalla del suo padrone.

Lily barcollò in avanti, improvvisamente paonazza. Malefica tese le braccia per afferrarla. Riuscì a prenderla. Si afflosciò tra le sue braccia, mentre il sangue sgorgava a fiotti da una ferita che non aveva mai visto. La camicia sotto la giubba ne era già intrisa.

- Lily, che cosa c’è? – esclamò Emma. Spezzò l’incantesimo e lasciò cadere sia Excalibur che il pugnale, gettandosi in ginocchio accanto a Lily.

- Che cosa è successo? – domandò Regina, in piedi dietro ad Emma.

- Questa ferita... – mormorò Emma. – L’ho guarita poco fa. Era una ferita superficiale!

- Perché sta sanguinando così, allora? – chiese Malefica, sorreggendo la testa della figlia.

- Excalibur. Artù l’ha ferita nella foresta. – disse Merlino. La sua voce era grave. Dalla sua espressione tesa, Malefica capì. Capì ancora prima che il mago riprendesse a parlare. Inorridita, guardò gli occhi sbarrati di Lily. Stringeva i denti e il fiato le usciva a scatti dalla bocca.

- La guarigione era solo apparenza. Excalibur è fatta per recidere legami immortali. Le sue ferite... non possono essere curate. – continuò Merlino, implacabile.

- Che cosa?! – gridò Malefica. - No, questo non può essere. Dobbiamo fare qualcosa!

- Sì, ci deve essere un modo! Emma può farlo... – disse Neve.

- No, non può. Il suo potere non è abbastanza forte. Neanche il mio. – rispose Merlino.

- Lily... – Malefica appoggiò la mano sulla guancia della figlia. – Resisti, ti prego. Non posso perderti un’altra volta.

- Deve esserci un’alternativa. – disse Emma. – Non possiamo lasciarla morire! Io... non ho fatto tutto questo per perdere le persone che amo!

- Emma... – gemette Lily. Cercò di prendere fiato e, sebbene espirando buttasse fuori più sangue che aria, riuscì a parlare. – Non... non importa. Non è... colpa tua. Mi dispiace... mamma...

- No! Non posso accettare una cosa simile... - Malefica prese il volto di Lily fra le mani.

- Riunisci... le lame. Devi... riunirle adesso. - mormorò. Aveva la bocca colma di sangue. Sgorgò da un angolo delle labbra.

Emma fissò come ipnotizzata quella scia rossa tracciare un percorso lungo il mento di Lily, per poi scivolare sul collo e imbrattare la camicia. Una furia cieca e incontenibile le stava colmando la testa. Non aveva mai provato una furia simile prima d’ora. Persino le voci si era zittite. Aspettavano.

- No... Lily, se muori adesso, tanto vale che io torni ad essere la polvere che ero... prima che mi riportassero in vita. – Le lacrime rotolarono sulle guance di Malefica.

- No. – rispose Emma. – Un modo per salvarla esiste.

- Emma... Merlino ha detto che non c’è niente che tu possa fare. – disse Regina.

- Non ha detto la verità. – Emma si girò verso lo stregone. – Sono potente. E adesso useremo questo potere! Posso... usare la fiamma di Prometeo per riunire le lame, ma posso anche usare la spada... per legare ad essa la vita di Lily.

Malefica si rese conto che Emma stava davvero prendendo in considerazione quell’alternativa. Frammenti di quell’idea schizzarono nella sua mente come meteoriti. Rimase senza fiato.

- Emma... sai che cosa accadrebbe. – Merlino parlò con calma, scandendo le parole.

- Nascerebbe un altro Oscuro. – concluse Regina per lui.

- L’oscurità si moltiplicherà. Non potrà essere distrutta, se non facendoti pagare il prezzo più alto.

- Swan. – intervenne Uncino, inginocchiandosi vicino ad Azzurro. – Non puoi. Mi hai detto che Lily ha sofferto molto per via dell’incantesimo dei tuoi genitori e dell’Apprendista. Questo... non è giusto. Non puoi trasformarla in quella cosa.

- Quella cosa sono io! – urlò Emma. E non fu un semplice urlo. Fu un’esplosione di collera che zittì Uncino all’istante. Gli occhi parvero sul punto di schizzarle dalle orbite. Erano rossi, i lineamenti del suo viso erano distorti. - Quella cosa... sono io. Ed io non permetterò che lei muoia!

- Fallo. – disse Malefica. – Fallo, ti prego.

- No... – disse Lily, sputando altro sangue. – No... se lo fate... se lo fate sarà la fine. Per Emma... e per me. Diventerò...

- Emma, non puoi. – disse Neve. – Questo... è sbagliato. Ti spingerà verso l’oscurità.

- Sarà l’ultimo passo. – aggiunse Merlino. – Lily... non è come te, Emma. Potrebbe non riuscire a controllarsi.

- Hanno ragione. – disse Regina. Appoggiò una mano sulla spalla di Emma. – Devi fermarti... Malefica, pensaci anche tu, per favore...

Con uno strattone, Emma si liberò della sua presa. Udì il rumore di uno strappo. – A te non importa niente di Lily! Ma se avessi potuto salvare Daniel... se avessi dovuto salvare nostro figlio, l’avresti fatto!

Regina si ritrasse, scoprendo che un pezzo di tessuto bianco le era rimasto tra le dita. Non riusciva ad elaborare un pensiero coerente.

- Basta, Emma! Facciamolo! – gridò Malefica, fuori di sé. – Lily non ha più tempo!

- Merlino, fermala! – ordinò Neve.

Emma prese la spada e la sollevò, puntandola contro lo stregone. Con l’altro braccio spinse Azzurro, Neve e Uncino lontano da sé. I suoi genitori travolsero uno dei tavoli, che si ribaltò con fracasso. Uncino terminò la sua caduta contro la parete opposta.

- NO! Non lo farà! – disse Emma.

Merlino restò là, con una mano protesa, incapace di muoversi. Su Excalibur c’era ancora il suo nome ed era l’Oscuro che gli stava ordinando di fermarsi. I suoi muscoli non risposero ai comandi. La sua volontà si spezzò come una corda sottile e troppo tesa. Ma era molto più di questo... lo sguardo di Emma ora era molto più verde. E il verde si era allargato, inondando completamente la sclera.

Nimue, pensò lui, sconvolto.

Emma disparve in una nuvola grigia, portando con sé Lily e Malefica.

La catenella che le aveva regalato Killian cadde sul pavimento e l’anello agganciato ad essa rotolò, tintinnando.

 

 
Nei giorni seguenti al loro arrivo a Camelot, Emma era andata spesso ad esplorare i dintorni del castello di Artù. Pensava potesse aiutarla a non riflettere troppo sulla sua nuova condizione. Pensava potesse distrarla e tenere a distanza Tremotino. Lui e tutte le voci che la tormentavano. Camminava nella foresta attorno a Camelot ed era stato così che era giunta fino ad un luogo racchiuso da un gruppo di alberi, una piccola radura dove aveva trovato una sorgente, nella quale una cascata scrosciava, gettandosi nelle sue acque e sollevando spruzzi che giocavano con i raggi del sole. Il lago era circondato da fiori, molti dei quali erano gigli bianchi, candidi come quello che aveva regalato a Lily solo alcuni giorni prima.

Emma apparve proprio nei pressi della sorgente, insieme a Lily e a Malefica. La ragazza venne adagiata sul prato. Il petalo di un giglio le sfiorava i capelli.

- Emma, dove... – cominciò Lily, ma non riuscì più a proseguire. Gli occhi le si rivoltarono nelle orbite e altro sangue uscì dalla bocca.

- Fai presto, ti supplico. – la supplicò Malefica, posando una mano sulla fronte della figlia.

- Spero che tu capisca che cosa sta per succedere, Malefica. – disse Emma. – Lo farei comunque, ma voglio che tu...

- So benissimo che cosa diventerà! Adesso fallo!

Emma si sporse in avanti, posando le labbra sulla fronte di Lily. – Perdonami, se puoi...

Poi raccolse la spada spezzata e la pose in modo che fosse parallela al corpo di Lily. Richiamò il potere di cui aveva bisogno, usando tutte le sue energie e accorgendosi solo allora che anche lei stava piangendo.

 

 
Alla locanda Regina si spostò di scatto quando vide cosa stava accadendo a Merlino e si mise davanti ad Henry, per proteggerlo.

- Che succede? – domandò Robin, incredulo.

- No... non possiamo permetterglielo. – disse Uncino.

- Che la bocca degl’Inferi si apra per accogliermi... – bofonchiò Knubbin. I capelli grigi gli stavano ritti sulla testa. La bocca gli si spalancò, come se tutti i tendini che reggevano la mascella avessero improvvisamente ceduto.

L’oscurità stava abbandonando il corpo dello stregone. Braccia sottili e dense, nere come la tenebra più profonda, lasciarono il contenitore umano, allungandosi verso l’alto e sparendo lentamente.

- È troppo tardi. – disse Merlino.

 

 
La spada era diventata luminosa. Se Malefica non avesse saputo che cosa stava succedendo né quali poteri avessero la lama e la fiamma di Prometeo, non avrebbe mai pensato che fosse qualcosa di malvagio, qualcosa che avrebbe mutato forse per sempre la natura di Lily.

Poi vide l’oscurità.

Nel punto in cui la lama si univa all’elsa, l’oscurità fuoriuscì e abbracciò Excalibur, riversandosi infine nella nuova ospite. Una cosa viva e smaniosa. Una terribile forza nera che correva verso l’anima di Lily, molto più nera del potenziale oscuro che gli Azzurri avevano trasferito dentro di lei molti anni prima.

Malefica si sentì paralizzata e circondata da una serie di orrori; sua madre uccisa dalle fauci e dagli artigli di un drago che poteva essere la reincarnazione di Balerion il Terrore Nero; lei, ancora troppo giovane per difendersi, smarrita nel suo stesso castello, inondata dalla paura; le urla delle persone che bruciavano vive in quel villaggio; uomini e donne che ululavano di dolore, preda del fuoco, le loro carni che si annerivano, i capelli che diventavano roghi ardenti; Percival, quel cavaliere, ucciso da Lily, la sua faccia che si deformava, diventando una maschera di fuoco. C’era anche questo e molto altro nell’oscurità che si avventava verso sua figlia, affamata. Tutte le cose infide che aveva paventato e anche cose che non poteva neppure immaginare si stavano avventando su Lily. Lei ed Emma la stavano riempiendo di oscurità. Ancora.  

Ma io non so che altro fare!, urlò la sua mente.

L’ultimo brandello di buio lasciò la spada. Lily si dissolse davanti ai loro occhi. Dapprima Malefica vide attraverso il suo corpo, poi sua figlia disparve. Sul prato restò impressa la forma del suo corpo.

Emma respirava con affanno. Malefica spostò lo sguardo sulla lama. Vicino al punto in cui essa si spezzava, i disegni che la decoravano sparirono e al loro posto comparve il nome del nuovo Oscuro.

Lilith Page.

Emma chiuse gli occhi, come se non riuscisse a sopportare ciò che stava vedendo.

Poi la tenebra esplose. Malefica gemette nel buio che sembrò gravare sulla sua mente come un’eclissi, cancellando tutti i pensieri razionali. Premette la mano contro la bocca per impedirsi di urlare.

Quando batté le palpebre, le tenebre erano scomparse. Loro due erano ancora là, presso il lago. La cascata continuava a scrosciare e la sua spuma scintillava ancora sotto i raggi del sole. Ma i gigli sulle sponde erano morti. Tutti. I petali bianchi che avevano sfiorato i capelli di Lily ora pendevano verso il basso, senza vita. Persino l’erba intorno a loro era ingiallita, era diventata secca e sterile.

Ed Emma era cambiata.

Il vestito bianco non c’era più. Al suo posto, abiti neri come il buio che aveva oscurato la loro vista e che la fasciavano, sottolineando le sue forme e anche la sua natura di Oscuro. La pelle del viso era bianca e tesa, le labbra rosse come sangue, gli occhi di un verde scuro, magnetico e insondabile. I capelli erano candidi, non biondi, ma più bianchi della pelle, raccolti in una crocchia. Le lacrime erano evaporate. La sua espressione era marmorea.

Emma strinse la spada contro il proprio petto.

 

 
Nel profondo della foresta, dove Emma aveva condotto Lily, dove avevano lottato e dove le aveva regalato il giglio, la piattaforma che recava quei simboli oscuri si aprì con uno scatto, ritirandosi nella terra.

La densa ondata di oscurità ne riempì la cavità e salì verso l’alto, un fiume che straripava, rompendo gli argini.

Assunse rapidamente una forma. Si muoveva come in un incubo, facendosi largo in un’aria che sembrava diventata pesante e irrespirabile.

Lily emerse dalle tenebre, indossando la tunica degli Oscuri.

 

__________________

 

 

Angolo autrice:

 

Ed eccoci ad uno dei capitoli più importanti (nonché uno dei più difficili da scrivere). Spero tanto che vi sia piaciuto.

Chi pensava ci fosse un secondo Oscuro ha azzeccato. E chissà se avete azzeccato anche l’identità di questo Oscuro. Immagino di sì. Avevo sparso un po’ di indizi, proprio perché volevo rendere il tutto davvero credibile.

Qualche precisazione, come sempre:

Heather Dale è una musicista canadese che scrive canzoni ispirate al Ciclo Arturiano o canzoni di stampo celtico e medievale. Mordred’s Lullaby è una delle sue canzoni migliori, dal mio punto di vista.


   
 
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