14
“Hush, child
The
darkness will rise from the deep
And
carry you down into sleep
Child,
the darkness will rise from the deep
And
carry you down into sleep”
[Heather Dale, Mordred’s
Lullaby]
Stefano
scivolò sotto il ventre
della creatura e, con la spada incantata dalla magia delle fate che
avevano
protetto Rosaspina fino al giorno del suo sedicesimo compleanno, le
inflisse
una profonda ferita. L’ennesima. La lotta durava da
parecchio, ormai. La lama
penetrò le dure scaglie nere che ricoprivano il corpo del
drago. Sgorgò sangue
nero come la tenebra.
Malefica
ruggì di dolore e
frustrazione. Dimenò violentemente la coda, menò
sferzate a caso, mentre
Stefano si allontanava da lei. Addentò a vuoto, cercando di
raggiungerlo, ma
lui era fuori portata. Il suo mantello rosso era strappato in
più punti e
bruciacchiato. L’armatura era sporca di polvere e sangue. Il
suo, mescolato a quello
del drago. I capelli biondi formavano una nuvola disordinata intorno
alla sua
testa.
Poi,
in un ultimo, disperato
scoppio di furia, Malefica spalancò le fauci e
rigettò un’onda di fuoco contro
il principe. Stefano si fece in là, evitando le fiamme, che
tracciarono una
lunga scia infuocata.
Infine
Malefica crollò su un
fianco. Cadde lentamente, si afflosciò emettendo uno strillo
inferocito. Stefano
avvertì il terreno tremare sotto i calzari quando il corpo
colpì il suolo. I
muscoli ebbero un sussulto. La coda scattò convulsamente.
Infine
non si mosse più.
Il principe pensò che Malefica
fosse morta e si diresse verso il castello, zoppicando. Usò
la spada per
tranciare la fitta rete di rovi che aveva intrappolato il luogo nel
quale
Rosaspina dormiva il suo sonno simile alla morte da ben oltre cento
anni,
insieme al resto della corte.
Ma
Malefica non era morta. A lungo
fu preda dell’oblio. Rimase là, priva di sensi e
intanto sognò. Vide se stessa
aggrappata alla schiena della madre, molti anni prima, quando era solo
una
bambina che ammirava per la prima volta il mondo dall’alto.
Vide se stessa
nella caverna in cui era nata, rannicchiata dove un tempo
c’era stato un uovo.
Vide l’uomo tramutato in corvo.
Tornò
a galla. Tornò alla realtà,
in un mondo in cui il suo corpo non aveva più niente di
quella forza, di quella
vitalità, ma era solo un grumo di immane sofferenza. Si
sorprese di essere
ancora viva.
Cercò
di tirarsi su, di aprire le
ali. Il dolore fu eccessivo, terrificante, un lampo che la
accecò, costringendola
a sdraiarsi nuovamente sul fianco.
Remoto
e vago, udì un grido in
lontananza. L’urlo di un aquila.
‘Alzati’,
le sussurrò una voce,
nella mente. E sembrava la voce di sua madre. ‘Alzati prima
che torni e ti
finisca’.
Malefica
sollevò il capo, ricadde
un’altra volta e poi riuscì ad alzarsi.
Ritornò
al suo castello e il suo
volo fu come il primo. Scoordinato. La sua mente era confusa e sfinita.
Precipitò
in uno spiazzo davanti all’ingresso.
Era caduta la neve e lei recuperò le sembianze umane,
distendendosi. Fu come
cadere su un letto imbottito di piume.
Il
cielo era bianco e abbagliante,
ma lei lo guardò a lungo. Piccoli fiocchi di neve si
posarono sul suo viso e
sull’abito nero.
Chiuse
gli occhi.
***
Storybrooke.
Oggi.
Malefica
puntò lo scettro contro la barriera che circondava la casa
dell’Oscuro e tentò
ancora di aprire una breccia, di indebolirla anche solo
momentaneamente. Non
aveva idea di quanto tempo le sarebbe occorso per entrare, ma avrebbe
trovato
un modo. Aveva già provato svariati incantesimi senza
successo, eppure non
demordeva. Non se lo poteva permettere.
“Fallirai.
Come hai fallito con
Rosaspina”.
Rosaspina
aveva dormito per più di cento anni. Lei aveva... aveva
dormito per decenni
dopo la sua prima sconfitta. Era rimasta sepolta nella sua dimora fino
al
giorno in cui Regina non aveva fatto la sua comparsa. Fino a quando non
l’aveva
costretta a ravvivare le braci che ancora ardevano dentro di lei. Era
stata
sconfitta di nuovo, in seguito, ma quella sera era là per
sua figlia. Contro
l’Oscuro poteva non avere speranze, ma preferiva morire
piuttosto che
restarsene a guardare.
“Fallirai.
Come hai fallito con...”
Una
mano penetrò nella sua schiena e le afferrò il
cuore, stritolandoglielo.
Malefica emise un grido strozzato e lo scettro le sfuggì.
Emma
Swan le strappò il cuore. Malefica cadde sul prato.
-
Non amo essere interrotta. – disse l’Oscuro. Si
inginocchiò accanto a lei, lo
sguardo scintillante. – Sai, ho del lavoro da fare.
-
Dov’è... Lily? – mormorò
Malefica, fissando il proprio cuore nella mano bianca
di Emma. Bagliori rossi pulsavano e fremevano in mezzo alle ombre nere.
Emma
serrò l’organo incantato tra le dita. Forte.
– Lily... sta bene. Tu... non ho
ancora deciso.
Nei
sotterranei della casa, Lily rinvenne lentamente. Si era ridestata da
un sogno
tremendo e confuso, un sogno pieno di sangue, di oscurità,
di odore di
benzina... occhi d’argento, una pistola infilata nei jeans,
una nebbia rossa,
la faccia di Murphy presa a calci, le gomme che stridevano
sull’asfalto, la
canzone country che la radio aveva trasmesso prima che lei e il suo
complice
arrivassero in quella maledetta area di servizio. Born
to lose...
-
Bentornata. – disse una voce che conosceva.
Il
sogno cedette il posto ad altre immagini. Emma. Il suo piano. Zelena.
“Farò
ciò che è necessario, Lily.
La ucciderò usando Excalibur”.
Lily
si tirò su a fatica. Scosse il capo, cercando di schiarirsi
le idee. Sì, era
ancora nei sotterranei. No, non era incatenata come la strega, ma era
chiusa là
sotto con lei, mentre Emma si trovava chissà dove a
preparare ciò che restava
da preparare.
-
Emma è là fuori da qualche parte. E noi siamo qui
sotto. – disse Zelena, dando
voce ai suoi pensieri. – Se mi dai una mano, forse possiamo
uscirne.
-
Perché dovrei? – domandò Lily,
mettendosi seduta. – Anche se decidessi di
aiutarti, non potremmo comunque uscire.
-
Sottovaluti il mio potere. E sopravvaluti le parole di Emma.
– Lanciò
un’occhiata alle pozioni sul tavolo. – La magia che
circonda la casa è antica,
ma non così antica come l’Oscuro vuole farci
credere. Il problema però... è
questo affare.
Lily
osservò il bracciale agganciato al polso di Zelena.
-
Se riuscissi a togliermelo, forse avremmo qualche
possibilità. Quelle
pozioni... – Con un cenno del capo gliele indicò.
– Vedo qualcosa che può
essermi utile.
-
Non mi fido di te. Probabilmente mi ucciderai non appena ti
aiuterò a toglierti
il bracciale. Credi che sia così imbecille?
-
No, affatto. Ma non hai scelta. Mi porteresti quel coltello e
l’ampolla rossa?
Lily
vide l’arma di cui parlava Zelena e anche
l’ampolla. Conteneva un liquido rosso
scarlatto. Le ricordò la pietra incastonata nel pomolo di
Excalibur.
“Ha
ucciso Neal. Ha ucciso Marian. Ha
assunto le sue sembianze, prendendosi Robin. Ha fatto di tutto per
cercare di
distruggerci. Di distruggere Regina”.
-
Lilith. – disse Zelena. – Siamo sulla stessa barca.
Anche tu vuoi scoprire che
cosa sta tramando Emma.
-
Emma vuole ucciderti!
-
Certo. Ma credi che sia tutto qui? C’è sotto
qualcos’altro ed io ho già
un’idea.
-
Quale sarebbe?
-
Una cosa alla volta, cara. – Zelena tese il braccio. -
Portami l’ampolla e
prendi il coltello, vicino al libro. Amputarmi il braccio è
davvero troppo
doloroso. Meglio usare un metodo più pratico. Niente sangue,
stavolta.
Lily
non ci pensò a lungo. Sapeva che era una pessima idea. Se lo
sentiva. Ma come
le era già capitato in passato, la sua mente pensava
soltanto ad uscire da quel
posto e a fermare Emma prima che compisse il suo piano. Non ragionava
in base
alle conseguenze. A quelle avrebbe pensato in seguito.
Quindi
si alzò e prese le cose che Zelena voleva. Versò
il liquido rosso sulla lama
del coltello, che scintillò e assunse la stessa colorazione
della pozione.
-
L’effetto non durerà. Dammelo! –
esclamò la strega.
Lily
non glielo diede. Sferrò un fendente, colpendo il bracciale.
Un colpo
maldestro, ma che riuscì nel suo intento. Il bracciale si
spezzò in due parti.
Zelena non fece commenti e usò i suoi poteri per liberarsi
delle catene.
-
Oh, sì, finalmente! – esclamò la
strega. Schioccò le dita e una nube verde
l’avvolse dalla testa ai piedi. Quando si dissolse, Zelena
aveva cambiato look.
Portava un cappello sulle ventitré e un vestito verde che
metteva in risalto le
sue curve, sotto la mantella nera. - Ora sì che mi sento
bene!
Lily
era tesa e all’erta. Si aspettava qualsiasi cosa.
-
A proposito del nostro accordo... – riprese Zelena.
– Vogliamo uscire da qui?
Di
nuovo in casa. Zelena aprì la porta con cautela. Emma non
c’era, ma una strana,
magica luce gialligna colorava le tende.
-
È occupata. Molto bene. – commentò
Zelena. – Passiamo dal retro. Con un po’ di
fortuna, non mi ci vorrà molto ad aprire una breccia nella
barriera.
-
C’è mia madre là fuori! È
venuta a cercarmi. – disse Lily. – Non posso
andarmene.
-
L’Oscuro non ucciderà tua madre. Non le serve.
Vuoi davvero affondare con tutta
la nave?
-
Se me ne vado, Emma troverà comunque qualcun altro da usare
come contenitore
per la sua oscurità. – Lily si guardò
intorno.
-
Emma non ha fatto niente per te. Non le devi nulla.
-
Non importa! Ho bisogno di risposte e non intendo andarmene fino a
quando non
le avrò ottenute. E soprattutto... non
abbandonerò mia madre.
-
Quindi intendi restare qui e fare domande all’Oscuro? Non ti
dirà niente.
-
Lo farà. Troverò un modo.
Zelena
roteò gli occhi. – Vado nella rimessa.
Là dentro ci sono i nostri ricordi.
-
Gli acchiappasogni?
-
Naturalmente. Dovrà pur tenerli da qualche parte. Se proprio
ci tieni alla tua
chiacchierata con Emma, vedi di farla durare il più a lungo
possibile.
-
E perché dovresti...?
Zelena
la piantò in asso, uscendo da un’altra porta che
conduceva in giardino. Andò a
sbattere contro la barriera invisibile creata da Emma, scosse la testa,
infastidita, ma qualche attimo dopo in quella barriera si
aprì una breccia e
Zelena vi passò attraverso.
Per
lei è sempre tutto così facile?
***
Foresta
Incantata. Quarant’anni fa.
“Che cosa stai
facendo?”, chiese Malefica.
“Non
mi arrendo così”, rispose
Regina, concentrandosi al massimo per bruciare le corde che le
serravano i
polsi. Cercava di ricordare ciò che Tremotino le aveva
insegnato fino a quel giorno.
“Non
puoi vincere. Ce ne sono troppi”.
Le
guardie di Stefano le avevano
legate, avevano privato Malefica dello scettro ed ora le stavano
conducendo al
castello del re. Erano dietro di loro, a cavallo e tutti armati.
Malefica
rimpiangeva il momento esatto in cui aveva dato retta a quella
ragazzina. Quel
drago non esisteva più. Il drago era stato sconfitto anni
prima, quando Stefano
aveva lottato contro di lei con la sua spada incantata dalla magia
delle fate e
aveva spezzato il sortilegio che teneva prigioniera Rosaspina.
Poi
si era presentata Regina.
Regina con la sua insistenza, la sua testardaggine, quella sete di
vendetta che
le corrodeva l’anima, con l’energia e la rabbia che
un tempo le erano
appartenute. Si era presentata, aspettandosi una strega potente e in
grado di
insegnarle tutto ciò che sapeva. Invece aveva trovato solo
una donna provata e
pallida, con i capelli arruffati, l’andatura barcollante e i
vestiti polverosi.
Regina l’aveva spronata, l’aveva costretta a
riprendere in mano la sua dannata
vita, l’aveva convinta ad uscire e a risvegliare la creatura
che, anni prima,
aveva seminato il caos in quel regno.
Ma
non era bastato.
“Speriamo
che le mie sfere di fuoco
siano migliorate”, le rispose Regina.
“Non
puoi batterli”. Si chiedeva
anche perché si preoccupasse per la sua
incolumità. Un tempo se la sarebbe
mangiata in un solo boccone.
“Hai
ragione. Non senza un drago”.
Regina si liberò delle corde e formò una sfera di
fuoco, scaraventandola contro
uno dei soldati di Stefano. L’uomo gridò e cadde
da cavallo.
Fu
l’unica sfera di fuoco che
Regina riuscì a produrre. Per quanto si sforzasse, la magia
non le rispose più.
Venne presa dal panico, mentre gli uomini di Stefano serravano i ranghi
e si
preparavano a rispondere ai suoi attacchi. In quel momento non era
molto facile
ricordarsi anche quel poco che Tremotino le aveva già
insegnato.
La
magia dipendeva dalle emozioni.
La
magia aveva sempre un prezzo.
La
magia...
Regina
udì un ruggito basso e cupo.
La
densa nube nera avvolse Malefica
e si ingigantì davanti ai suoi occhi, salendo verso
l’alto, vorticando,
gonfiandosi, gettando un’ombra oscura su Stefano, che si
tirò precipitosamente
indietro. Un cavallo si impennò, disarcionando il suo
cavaliere, che rovinò a
terra, impigliato nel proprio mantello. Stefano afferrò
saldamente le redini
per non essere sbalzato di sella a sua volta.
Il
drago nero spiccò il volo,
spalancando le enormi ali membranose. Regina la guardò
piombare sugli uomini,
con le fauci pronte a rigettare quel fuoco che non si era mai spento
del tutto.
Quel fuoco che aveva risucchiato, prendendolo dall’albero che
aveva continuato
a bruciare per oltre cinquant’anni, come se aspettasse solo
che Malefica
tornasse e recuperasse ciò che si era lasciata alle spalle.
Ma
sentir parlare di Malefica in un
libro era una cosa; vederla faceva tutt’altro effetto.
Era
una creatura enorme, uscita dalle
storie che si raccontavano ai bambini nelle notti senza luna, davanti
ad un
camino scoppiettante. Una creatura maestosa. Il corpo immenso era
ricoperto di
dure scaglie nere. La lunga coda frustava l’aria. Gli occhi
bruciavano, più
vivi e letali che mai.
Regina
non ne ebbe paura. Era
estasiata e affascinata dalla vera forma di Malefica. Sorrise
apertamente.
“Guarda un po’ chi è tornata”.
Il
drago aprì le fauci e scagliò la
prima onda di fuoco sugli uomini che le avevano fatte prigioniere.
Stefano urlò
e sollevò lo scudo nel disperato tentativo di proteggersi.
Regina avvertì il
calore intenso delle fiamme, ma non si scostò. Nemmeno per
un istante pensò di
farlo. Voleva godersi lo spettacolo.
Malefica
ruotò su se stessa, dopo
aver compiuto un ampio giro intorno a quel campo di battaglia. Si
lanciò sui
soldati, riversando la sua furia incendiaria su di loro. Uno degli
uomini di
Stefano prese fuoco. Crollò dal cavallo, che
scappò al galoppo. Si rotolò al
suolo, gridando e contorcendosi.
“Hai
fallito”, disse Regina,
rivolta a Stefano. “Questa volta ti è andata male.
Manda i nostri saluti alla
tua adorata Rosaspina”.
Meno di un’ora dopo, Malefica si
occupò anche della figlia di Rosaspina, una ragazza di nome
Aurora. Priva della
protezione del padre e totalmente indifesa, lei poté solo
blaterare qualche
minaccia a vuoto prima che Malefica la pungesse, precipitandola nel
sonno
simile alla morte che aveva imprigionato sua madre.
“Davvero
notevole, mia cara”,
commentò Regina, reggendo il suo scettro.
“Ma
non ne sarei stata capace senza
il tuo aiuto”, disse Malefica. “Mi hai ricordato
chi sono davvero. Ti ringrazio”.
Regina
si sentiva lusingata. Le
porse lo scettro e Malefica lo prese. Nel farlo, allungò le
mani lentamente,
sfiorandole le dita. Lei se ne stette là, con la testa
sollevata per riuscire a
guardarla in viso. Era molto più alta di lei e, oltre a
questo, Regina pensava
che avesse degli occhi incredibili. Erano grandi e azzurri,
quell’azzurro
ombroso, come un cielo che si sta preparando alla tempesta.
“Bene”,
ricominciò Malefica, senza
smettere di fissarla. “Dunque, hai mai cavalcato un drago
prima d’ora?”
Regina
scosse il capo. Era contenta.
Per lei essere contenta era una novità. Da qualche tempo a
quella parte non si
era sentita neanche remotamente contenta. Anzi, era sicura che, una
volta
tornata a casa, avrebbe trovato Tremotino ad aspettarla e poi la
sensazione
esaltante provata quel giorno sarebbe svanita per lasciare il posto
alla
tristezza. Una tristezza immeritata, il prezzo di un tradimento che non
avrebbe
mai dimenticato.
“No”,
ammise Regina, dopo un
attimo. “Ma credo che mi piacerà. Molto”.
“Lascia
che ti dia un passaggio”,
continuò Malefica. “Arriverai prima”.
“D’accordo.
Ma sai... non ho fretta”,
rispose Regina.
***
Storybrooke.
Oggi.
-
Emma, fermati! – gridò Regina.
-
Emma, non farlo. Ti prego. – aggiunse David, distendendo un
braccio, quasi
intendesse afferrare la figlia.
L’Oscuro
stringeva il cuore di Malefica nella mano destra. Nell’altra,
invece, aveva
Excalibur. Intera.
-
Swan, che cos’hai in mente? – chiese Uncino,
facendo un passo avanti, ma con
cautela.
Emma
li osservò con implacabile indifferenza. – Che
cosa siete venuti a fare?
-
Dov’è Lily? – chiese Regina.
-
Lily non è un problema vostro. Niente di tutto questo lo
è. – Mostrò loro
Excalibur. – Non appena avrò finito con Zelena, mi
ringrazierete. Soprattutto
tu, Regina.
-
Per quale motivo dovrei ringraziarti?
-
Non lo ricordi, ma a Camelot... mi hai aiutata ad ammettere delle cose
su me
stessa. – Emma lanciò un’occhiata a
Malefica, sdraiata ai suoi piedi. – Non prendere
quello che farò a Zelena come un modo per ricambiare un
favore. È una cosa che
devo fare. È necessaria. Ma un ‘grazie’
lo vorrei sentire comunque. Sarebbe un
buon inizio, considerando quello che avete fatto.
-
Un buon inizio?
-
Killian, non gliel’hai raccontato?
Uncino
scrollò il capo. – Eccome, Swan. Ma se ci dicessi
la verità, finalmente,
potremmo evitare tutto questo. Noi vogliamo aiutarti.
-
Vogliamo salvarti. Non è troppo tardi. – aggiunse
Mary Margaret, muovendosi
verso di lei. Sorrideva, speranzosa. - Noi siamo la tua famiglia.
-
State indietro. – Emma mostrò loro il cuore di
Malefica e lo serrò. – Se
volevate salvarmi... non avreste dovuto fare quello che avete fatto.
Non
avreste mai dovuto tradirmi.
-
Emma. – ricominciò Regina. – Lascia
andare Malefica. È la madre di Lily. Se la
uccidi, non ti perdonerà mai.
-
Sei proprio come tua sorella. Qualche giorno fa mi ha detto la stessa
cosa.
Fate entrambe dei bei discorsi sul perdono... – Anche lei
sorrise. Fu un
sorriso agghiacciante. - E vedo che sei tanto preoccupata per la tua
amante.
-
Ascolta, Emma... – disse Regina, anche se non aveva idea di
quello che avrebbe
detto. La sua mente, a margine, aveva carpito il commento
dell’Oscuro, ma non
riusciva a metabolizzarlo. La situazione era troppo seria per
concentrarsi su
quello che le aveva appena detto.
“Fate
entrambe discorsi sul
perdono...”
“Sei
tanto preoccupata per la tua
amante”.
-
Sai chi è stato il primo a tradirmi? – la
interruppe Emma, inclinando
leggermente la testa di lato.
Il
vento le spostò uno ciocca di capelli scuri, facendogliela
ricadere su un
occhio. Regina attese, mentre il gelo si diffondeva nel suo sangue,
come
qualcosa di velenoso e torbido, più velenoso della mela che
aveva dato a
Biancaneve.
-
Tu, Regina. – rispose Emma.
Regina
ammutolì. Si ritrasse con tanta forza da andare a sbattere
contro Uncino.
-
È stata una tua idea.
-
Questo non... non è possibile. –
blaterò Regina.
-
Lo è, invece. E voi l’avete seguita.
Emma
si chinò, spingendo il cuore nel petto di Malefica.
Dopodiché sollevò Excalibur
e piantò la lunga lama nel cemento del viale.
***
Foresta
Incantata. Quarant’anni fa.
“D’accordo.
Ma sai... non ho
fretta”, rispose Regina.
Le
labbra carnose di Malefica si
strinsero come se stessero assaporando quell’ultima
osservazione. Poi si girò e
la condusse fuori dal castello di Stefano. Riassunse la sua appena
ritrovata
forma di drago e si abbassò quel tanto che bastava per
permetterle di montare
in groppa. Regina usò la poderosa zampa della creatura per
issarsi e quando si
fu sistemata sulla sua schiena ebbe modo di avvertire il calore emanato
dal suo
corpo. La dura scorza che lo ricopriva aveva una strana consistenza al
tatto.
Il
vuoto le riempì lo stomaco, appena
il drago si staccò da terra.
Se
c’era una cosa che Regina amava
e che la faceva sentire libera, era cavalcare. Quando lanciava
Rocinante al
galoppo e avvertiva il vento sul viso e fra i capelli, quando vedeva la
foresta
intorno a lei diventare una macchia indistinta, che le scivolava
accanto
velocissima, quello che provava era gioia. Assaporava la
libertà e se la teneva
stretta, anche se per poco.
Mentre
Malefica saliva sempre più
in alto e il mondo si faceva sempre più piccolo, provava la
medesima
sensazione. I suoi piedi erano incastrati alla perfezione a
metà dei fianchi del
drago, tra due scaglie che sembravano fatte apposta per servire da
appoggio. Le
ali si congiungevano poco dietro le cosce di Regina e ad ogni battito
sentiva i
muscoli dell’enorme schiena che si contraevano.
Imparò subito a seguire i
movimenti del drago e ad assecondarli con fluidità.
Quello
che vedeva dall’alto era
meraviglioso. Il paesaggio era costellato di campi verdeggianti, fiumi
azzurri,
laghi, villaggi sparsi e fitti boschi. Regina rise, ammirando tutto con
sincero
stupore. Malefica prese la via più lunga. Virò
verso le montagne ad ovest,
scese di quota sfiorando le chiome degli alberi, risalì
rapidamente,
costringendola ad abbassare la testa e a serrare le palpebre,
poiché la brezza
che le frustava il viso.
Quando
furono in prossimità della
meta, la testa enorme ondeggiò e si rizzò verso
le nuvole, uno sbuffo di fumo
misto a fuoco uscì dalle narici del drago e le ali
sbatterono così forte che,
per via della velocità raggiunta, per poco Regina non venne
sbalzata nel vuoto.
Si aggrappò più saldamente, mentre Malefica
planava, rallentando il volo e
inarcando le ali.
Atterrò
ad un paio di leghe di distanza
dalla dimora di Regina. Lei scese dal drago e si stiracchiò
gambe e braccia.
“Volevo
proprio capire che cosa
potevi fare”, disse, quando Malefica recuperò la
forma umana.
“Adesso
sono ciò che ti aspettavi”.
“Oh,
sì. Sei anche meglio di ciò
che mi aspettavo”.
Malefica
appoggiò le dita sulla sua
guancia, tracciando brevemente il profilo del suo viso. “Alla
fine sei stata tu
ad insegnarmi qualcosa. E pensare... che eri venuta da me
perché ti aiutassi
con la magia”.
Regina
pensò a qualcosa da dire, ma
non lo trovò. Si limitava a fissarla. Percepiva fin troppo
le dita che ora
l’accarezzavano sotto il mento.
“Non
dimenticherò quello che hai
fatto per me. Mai”, disse Malefica. “Torna a
trovarmi quando vuoi. Sarai sempre
la benvenuta”.
“Bene”.
Regina quasi non riconobbe
la propria voce.
Poi
le dita che l’avevano
accarezzata si appropriarono della sua nuca e l’attirarono
contro il corpo
dell’altra.
Il
bacio non fu per niente
delicato, ma lei non si aspettava che lo fosse. La bocca del drago era
ardente
sulla sua, i denti le morsero le labbra e le spezzarono il respiro,
strappandole un gemito soffocato. Regina si aggrappò alla
veste di Malefica e rispose
con la stesse intensità.
...si aggrappò alla veste di
Malefica e rispose con la stessa intensità.
Non
resistette e nemmeno ci provò.
Qualcosa le diceva che non doveva farlo, ma quando le labbra di
Malefica,
brucianti come lava, incontrarono le sue, Regina la baciò
come aveva fatto
tanto tempo prima. Ogni pensiero logico cessò e la
baciò con irruenza, seguendo
la sua lingua, intrecciandola alla sua, mentre gli spiriti che
abitavano le
nebbie di Avalon e che avevano condotto alla follia i viaggiatori
ignari che si
inoltravano in quell’impenetrabile biancore, continuavano la
loro danza.
Malefica
le circondò la vita con un
braccio, attirandola ancora di più verso di sé.
***
Storybrooke.
Oggi.
Lily
si era messa a frugare in giro, alla ricerca di qualsiasi cosa da poter
usare
contro Emma, nel caso fosse stato necessario.
Non
aveva trovato niente, a parte la scatola che lei le aveva
già mostrato la prima
volta che era stata lì. Sollevando il coperchio, Lily vide
la telecamera. La
estrasse e la mise da parte. Immaginava che non avrebbe dovuto
soffermarsi sui
ricordi di Emma proprio in quel momento. Ma si sentiva inspiegabilmente
attratta da ciò che vedeva. Oltre alla telecamera,
trovò un anello con una
pietra azzurra, una collana, un paio di occhiali e... la foto di un
ragazzo. Un
ragazzo con i capelli scuri e il pizzetto. In quell’immagine,
sorrideva.
Capì
subito di chi si trattava.
Neal.
Non
era un ragazzo che lei avrebbe definito bello. Aveva un aspetto
ordinario, ma
il suo sorriso era luminoso e, in qualche modo, lo rendeva speciale.
Inoltre...
Una
nube verde fece la sua sgradita comparsa in salotto.
-
Ehi, ma che cosa pensi di... – iniziò Lily,
lasciando cadere la foto e
alzandosi così di scatto che rovesciò
l’intera scatola.
-
Scusami tanto. – disse Zelena. Estrasse una pistola da
chissà dove e fece
fuoco.
Il
primo sparo la prese al ventre, sbattendola all’indietro e
gonfiandole la
giacca sulla schiena. Ebbe la sensazione di essere stata colpita da un
guantone
indossato da un avversario decisamente poco leale. Il secondo colpo la
prese al
lato del collo, provocando un bruciore simile al sale versato su una
ferita. Il
terzo le penetrò nel lato destro del petto, mozzandole il
fiato e spedendole
una fitta lancinante al cervello. Uno stivale slittò sul
pavimento e lei cadde
malamente, sbattendo la testa sulle assi. Il mondo intorno a lei si
stava
oscurando. Un’ala nera, l’ala nera che aveva
già visto altre volte, si allargò
davanti ai suoi occhi.
Nello
stesso preciso istante Lily avvertì la mente di Emma
accostarsi alla sua. Fu
una vera invasione. Arrivò come un uragano e non come
qualcuno che si avvicina
in punta di piedi, ma come qualcuno che entra sfondando una porta e
sradicandola dai cardini. Il dolore si fece più intenso,
insopportabile. Un
bolo denso le salì su per la gola. Forse era sangue. Un
proiettile le aveva
bucato un polmone.
-
No! – gridò Emma. Non nella sua testa. Era
lì vicino. – Che cos’hai fatto,
strega?!
-
Ho fatto squadra con la tua amichetta del cuore. – rispose
Zelena,
ridacchiando. – Ma sai come vanno certe cose... e poi lo
sceriffo non dovrebbe
lasciare in giro armi di questo tipo. Non te l’ha detto la
mamma che può essere
pericoloso?
-
Lily... – Emma posò un ginocchio a terra,
chinandosi su di lei.
Emma.
-
Ma guarda un po’. – tornò a dire Zelena,
divertita come non mai. – Scommetto
che non te l’aspettavi, vero? Certo, immagino non sia niente
rispetto alla
sorpresa che stai provando ora. Mi sorge spontanea una domanda e
dovresti
fartela anche tu. Non dovrebbe esserci del sangue? Non dovresti...
essere già
morta?
Lily
si rese conto che il dolore si stava ritirando, come le onde del mare
quando
sopraggiunge la bassa marea. Per un momento era diventato tremendo, era
diventato terrificante. Ma era durato poco.
-
Emma... che cosa diavolo sta succedendo? –
domandò, capendo di poter parlare
senza alcuna difficoltà. Lily si alzò, portandosi
una mano al petto e cercando
i fori dei proiettili.
-
Mi dispiace... – mormorò Emma.
Lily
le lanciò un’occhiata e poi guardò
Zelena, che sorrideva. In una mano stringeva
ancora la pistola, nell’altra aveva un acchiappasogni.
Gettò via l’arma, che precipitò
sul divano del salone e tirò fuori da una tasca della
mantella un piccola
ampolla. L’aprì e ne riversò il
contenuto direttamente su Emma, che lasciò
cadere Excalibur, spalancando gli occhi per la sorpresa.
L’inchiostro che aveva
rubato al negozio di Tremotino si espanse sui suoi abiti, rivestendola
interamente. L’aura azzurra si diffuse a macchia
d’olio, paralizzandola dalla
testa ai piedi.
Lily
era troppo incredula per reagire. Si aprì la giacca con uno
strattone e vide un
foro all’altezza del polmone, nonché un secondo
foro più in basso. Si portò una
mano al collo.
Niente
sangue.
Nemmeno
una goccia.
No.
Come sarebbe a dire?
-
Che cosa sta succedendo? – ripeté Lily, fissando
Emma.
-
Io credo che sia semplice intuirlo. Ma se vuoi... –
Sollevò l’acchiappasogni. –
Puoi recuperare i ricordi che ti sono stati rubati.
-
Quell’acchiappasogni...
-
È di tua madre. L’ho trovato nel capanno sul
retro. Ci sono tutti. Una
collezione notevole. Purtroppo il tuo ce l’ha ancora mia
sorella. – Zelena si
avvicinò, sempre tenendo l’acchiappasogni per il
cordino che serviva ad
appenderlo. – Ho preso anche il mio. Mi ero stufata di questo
vuoto di memoria.
Perché non diamo una sbirciata ai ricordi della mammina?
-
Non fidarti di lei, Lily. – disse Emma. – Posso
spiegarti tutto.
-
Certo. Può. Ma lei è l’Oscuro.
– commentò Zelena.
-
Io sono Emma. E sono l’Oscuro così come tu sei una
perfida strega!
-
Già. Però i ricordi contenuti in questo
acchiappasogni non mentono. Non possono
essere modificati. Al massimo possono essere protetti con un
incantesimo. Cosa
che lei si è assicurata di fare con il tuo acchiappasogni,
Lilith. Mia sorella
ha visto solo una parte dei tuoi ricordi. Ha visto... i ricordi
accessibili.
-
L’ho fatto per proteggerti. – ribatté
Emma. – L’ho fatto per aiutarti. Tutto
ciò che ti ho detto è vero, Lily. Tu non hai
fallito. Hai sempre creduto in
me...
Lily
osservò le piume dell’acchiappasogni che
ondeggiavano. Osservò la rete interna,
il cerchio di salice perfetto. Ebbe paura. Anzi, non era semplice
paura. Era
terrore. Ed era confusione. Stordimento. Teneva ancora una mano sul
collo, dove
uno dei proiettili l’aveva raggiunta. Continuava a guardarsi
il palmo e a
chiedersi quando avrebbe visto il sangue.
-
Voglio sapere. – rispose Lily. – Mostrami i ricordi
di mia madre.
Emma,
nella sua situazione, poté soltanto serrare le palpebre,
impotente.
Zelena
agitò una mano davanti all’acchiappasogni.
***
Camelot.
Due settimane prima della
maledizione.
Regina
era fiera di ciò che stava vedendo. Il peggio era passato.
Era sicura che, dopo
quell’incantesimo, Merlino avesse in mente
qualcos’altro. Non era ancora
finita. Ma era pur sempre un grande passo verso la fine di quella
storia.
Emma
immerse le due lame nella luce e le congiunse.
Tutti
guardarono lo strano e affascinante spettacolo del pugnale che
incontrava di
nuovo, dopo moltissimi anni, la sua parte mancante. Era come riunire i
pezzi di
un puzzle, gli ultimi due pezzi, per ottenere il quadro completo.
La
luce si espanse, diventando più intensa. Emma
avvertì chiaramente il pugnale
che si saldava alla lama di Excalibur. Si fondeva e mutava per
adattarsi alla
spada. Le voci nella sua mente bisbigliarono, sussurrarono, sibilarono.
Le voci
di diversi Oscuri si assieparono in un punto dietro ai suoi occhi.
Nimue.
Cornelius. Rothbart. Gorgon.
Zoso. Tremotino.
Emma
Swan.
Malefica
udì un gemito strozzato alle sue spalle. Si voltò
di scatto.
-
Lily?
Lily
allungò una mano, infilandola sotto la giubba che indossava.
Quando la ritirò
videro tutti che era piena di sangue.
-
È ferita! – esclamò Belle.
Il
corvo di Knubbin sbatté le ali e gracchiò,
nervoso. Abbandonò la spalla di
Henry per tornare ad appollaiarsi sulla spalla del suo padrone.
Lily
barcollò in avanti, improvvisamente paonazza. Malefica tese
le braccia per
afferrarla. Riuscì a prenderla. Si afflosciò tra
le sue braccia, mentre il
sangue sgorgava a fiotti da una ferita che non aveva mai visto. La
camicia
sotto la giubba ne era già intrisa.
-
Lily, che cosa c’è? – esclamò
Emma. Spezzò l’incantesimo e lasciò
cadere sia
Excalibur che il pugnale, gettandosi in ginocchio accanto a Lily.
-
Che cosa è successo? – domandò Regina,
in piedi dietro ad Emma.
-
Questa ferita... – mormorò Emma. –
L’ho guarita poco fa. Era una ferita
superficiale!
-
Perché sta sanguinando così, allora? –
chiese Malefica, sorreggendo la testa
della figlia.
-
Excalibur. Artù l’ha ferita nella foresta.
– disse Merlino. La sua voce era
grave. Dalla sua espressione tesa, Malefica capì.
Capì ancora prima che il mago
riprendesse a parlare. Inorridita, guardò gli occhi sbarrati
di Lily. Stringeva
i denti e il fiato le usciva a scatti dalla bocca.
-
La guarigione era solo apparenza. Excalibur è fatta per
recidere legami
immortali. Le sue ferite... non possono essere curate. –
continuò Merlino,
implacabile.
-
Che cosa?! – gridò Malefica. - No, questo non
può essere. Dobbiamo fare
qualcosa!
-
Sì, ci deve essere un modo! Emma può farlo...
– disse Neve.
-
No, non può. Il suo potere non è abbastanza
forte. Neanche il mio. – rispose
Merlino.
-
Lily... – Malefica appoggiò la mano sulla guancia
della figlia. – Resisti, ti
prego. Non posso perderti un’altra volta.
-
Deve esserci un’alternativa. – disse Emma.
– Non possiamo lasciarla morire!
Io... non ho fatto tutto questo per perdere le persone che amo!
-
Emma... – gemette Lily. Cercò di prendere fiato e,
sebbene espirando buttasse
fuori più sangue che aria, riuscì a parlare.
– Non... non importa. Non è... colpa
tua. Mi dispiace... mamma...
-
No! Non posso accettare una cosa simile... - Malefica prese il volto di
Lily
fra le mani.
-
Riunisci... le lame. Devi... riunirle adesso. - mormorò.
Aveva la bocca colma
di sangue. Sgorgò da un angolo delle labbra.
Emma
fissò come ipnotizzata quella scia rossa tracciare un
percorso lungo il mento
di Lily, per poi scivolare sul collo e imbrattare la camicia. Una furia
cieca e
incontenibile le stava colmando la testa. Non aveva mai provato una
furia
simile prima d’ora. Persino le voci si era zittite.
Aspettavano.
-
No... Lily, se muori adesso, tanto vale che io torni ad essere la
polvere che
ero... prima che mi riportassero in vita. – Le lacrime
rotolarono sulle guance
di Malefica.
-
No. – rispose Emma. – Un modo per salvarla esiste.
-
Emma... Merlino ha detto che non c’è niente che tu
possa fare. – disse Regina.
-
Non ha detto la verità. – Emma si girò
verso lo stregone. – Sono potente. E
adesso useremo questo potere! Posso... usare la fiamma di Prometeo per
riunire
le lame, ma posso anche usare la spada... per legare ad essa la vita di
Lily.
Malefica
si rese conto che Emma stava davvero prendendo in considerazione
quell’alternativa. Frammenti di quell’idea
schizzarono nella sua mente come
meteoriti. Rimase senza fiato.
-
Emma... sai che cosa accadrebbe. – Merlino parlò
con calma, scandendo le
parole.
-
Nascerebbe un altro Oscuro. – concluse Regina per lui.
-
L’oscurità si moltiplicherà. Non
potrà essere distrutta, se non facendoti
pagare il prezzo più alto.
-
Swan. – intervenne Uncino, inginocchiandosi vicino ad
Azzurro. – Non puoi. Mi
hai detto che Lily ha sofferto molto per via dell’incantesimo
dei tuoi genitori
e dell’Apprendista. Questo... non è giusto. Non
puoi trasformarla in quella
cosa.
-
Quella cosa sono io! – urlò Emma. E non fu un
semplice urlo. Fu un’esplosione
di collera che zittì Uncino all’istante. Gli occhi
parvero sul punto di
schizzarle dalle orbite. Erano rossi, i lineamenti del suo viso erano
distorti.
- Quella cosa... sono io. Ed io non permetterò che lei
muoia!
-
Fallo. – disse Malefica. – Fallo, ti prego.
-
No... – disse Lily, sputando altro sangue. – No...
se lo fate... se lo fate
sarà la fine. Per Emma... e per me. Diventerò...
-
Emma, non puoi. – disse Neve. – Questo...
è sbagliato. Ti spingerà verso
l’oscurità.
-
Sarà l’ultimo passo. – aggiunse Merlino.
– Lily... non è come te, Emma. Potrebbe
non riuscire a controllarsi.
-
Hanno ragione. – disse Regina. Appoggiò una mano
sulla spalla di Emma. – Devi
fermarti... Malefica, pensaci anche tu, per favore...
Con
uno strattone, Emma si liberò della sua presa.
Udì il rumore di uno strappo. –
A te non importa niente di Lily! Ma se avessi potuto salvare Daniel...
se
avessi dovuto salvare nostro figlio, l’avresti fatto!
Regina
si ritrasse, scoprendo che un pezzo di tessuto bianco le era rimasto
tra le
dita. Non riusciva ad elaborare un pensiero coerente.
-
Basta, Emma! Facciamolo! – gridò Malefica, fuori
di sé. – Lily non ha più
tempo!
-
Merlino, fermala! – ordinò Neve.
Emma
prese la spada e la sollevò, puntandola contro lo stregone.
Con l’altro braccio
spinse Azzurro, Neve e Uncino lontano da sé. I suoi genitori
travolsero uno dei
tavoli, che si ribaltò con fracasso. Uncino
terminò la sua caduta contro la
parete opposta.
-
NO! Non lo farà! – disse Emma.
Merlino
restò là, con una mano protesa, incapace di
muoversi. Su Excalibur c’era ancora
il suo nome ed era l’Oscuro che gli stava ordinando di
fermarsi. I suoi muscoli
non risposero ai comandi. La sua volontà si
spezzò come una corda sottile e
troppo tesa. Ma era molto più di questo... lo sguardo di
Emma ora era molto più
verde. E il verde si era allargato, inondando completamente la sclera.
Nimue,
pensò
lui, sconvolto.
Emma
disparve in una nuvola grigia, portando con sé Lily e
Malefica.
La
catenella che le aveva regalato Killian cadde sul pavimento e
l’anello
agganciato ad essa rotolò, tintinnando.
Nei
giorni seguenti al loro arrivo a Camelot, Emma era andata spesso ad
esplorare i
dintorni del castello di Artù. Pensava potesse aiutarla a
non riflettere troppo
sulla sua nuova condizione. Pensava potesse distrarla e tenere a
distanza
Tremotino. Lui e tutte le voci che la tormentavano. Camminava nella
foresta
attorno a Camelot ed era stato così che era giunta fino ad
un luogo racchiuso
da un gruppo di alberi, una piccola radura dove aveva trovato una
sorgente,
nella quale una cascata scrosciava, gettandosi nelle sue acque e
sollevando
spruzzi che giocavano con i raggi del sole. Il lago era circondato da
fiori,
molti dei quali erano gigli bianchi, candidi come quello che aveva
regalato a
Lily solo alcuni giorni prima.
Emma
apparve proprio nei pressi della sorgente, insieme a Lily e a Malefica.
La
ragazza venne adagiata sul prato. Il petalo di un giglio le sfiorava i
capelli.
-
Emma, dove... – cominciò Lily, ma non
riuscì più a proseguire. Gli occhi le si
rivoltarono nelle orbite e altro sangue uscì dalla bocca.
-
Fai presto, ti supplico. – la supplicò Malefica,
posando una mano sulla fronte
della figlia.
-
Spero che tu capisca che cosa sta per succedere, Malefica. –
disse Emma. – Lo
farei comunque, ma voglio che tu...
-
So benissimo che cosa diventerà! Adesso fallo!
Emma
si sporse in avanti, posando le labbra sulla fronte di Lily.
– Perdonami, se
puoi...
Poi
raccolse la spada spezzata e la pose in modo che fosse parallela al
corpo di
Lily. Richiamò il potere di cui aveva bisogno, usando tutte
le sue energie e
accorgendosi solo allora che anche lei stava piangendo.
Alla
locanda Regina si spostò di scatto quando vide cosa stava
accadendo a Merlino e
si mise davanti ad Henry, per proteggerlo.
-
Che succede? – domandò Robin, incredulo.
-
No... non possiamo permetterglielo. – disse Uncino.
-
Che la bocca degl’Inferi si apra per accogliermi...
– bofonchiò Knubbin. I capelli
grigi gli stavano ritti sulla testa. La bocca gli si
spalancò, come se tutti i
tendini che reggevano la mascella avessero improvvisamente ceduto.
L’oscurità
stava abbandonando il corpo dello stregone. Braccia sottili e dense,
nere come
la tenebra più profonda, lasciarono il contenitore umano,
allungandosi verso
l’alto e sparendo lentamente.
-
È troppo tardi. – disse Merlino.
La
spada era diventata luminosa. Se Malefica non avesse saputo che cosa
stava
succedendo né quali poteri avessero la lama e la fiamma di
Prometeo, non
avrebbe mai pensato che fosse qualcosa di malvagio, qualcosa che
avrebbe mutato
forse per sempre la natura di Lily.
Poi
vide l’oscurità.
Nel
punto in cui la lama si univa all’elsa,
l’oscurità fuoriuscì e
abbracciò
Excalibur, riversandosi infine nella nuova ospite. Una cosa viva e
smaniosa.
Una terribile forza nera che correva verso l’anima di Lily,
molto più nera del
potenziale oscuro che gli Azzurri avevano trasferito dentro di lei
molti anni
prima.
Malefica
si sentì paralizzata e circondata da una serie di orrori;
sua madre uccisa
dalle fauci e dagli artigli di un drago che poteva essere la
reincarnazione di
Balerion il Terrore Nero; lei, ancora troppo giovane per difendersi,
smarrita
nel suo stesso castello, inondata dalla paura; le urla delle persone
che
bruciavano vive in quel villaggio; uomini e donne che ululavano di
dolore,
preda del fuoco, le loro carni che si annerivano, i capelli che
diventavano
roghi ardenti; Percival, quel cavaliere, ucciso da Lily, la sua faccia
che si
deformava, diventando una maschera di fuoco. C’era anche
questo e molto altro
nell’oscurità che si avventava verso sua figlia,
affamata. Tutte le cose infide
che aveva paventato e anche cose che non poteva neppure immaginare si
stavano
avventando su Lily. Lei ed Emma la stavano riempiendo di
oscurità. Ancora.
Ma
io non so che altro fare!, urlò
la sua mente.
L’ultimo
brandello di buio lasciò la spada. Lily si dissolse davanti
ai loro occhi.
Dapprima Malefica vide attraverso il suo corpo, poi sua figlia
disparve. Sul
prato restò impressa la forma del suo corpo.
Emma
respirava con affanno. Malefica spostò lo sguardo sulla
lama. Vicino al punto
in cui essa si spezzava, i disegni che la decoravano sparirono e al
loro posto
comparve il nome del nuovo Oscuro.
Lilith
Page.
Emma
chiuse gli occhi, come se non riuscisse a sopportare ciò che
stava vedendo.
Poi
la tenebra esplose. Malefica gemette nel buio che sembrò
gravare sulla sua
mente come un’eclissi, cancellando tutti i pensieri
razionali. Premette la mano
contro la bocca per impedirsi di urlare.
Quando
batté le palpebre, le tenebre erano scomparse. Loro due
erano ancora là, presso
il lago. La cascata continuava a scrosciare e la sua spuma scintillava
ancora
sotto i raggi del sole. Ma i gigli sulle sponde erano morti. Tutti. I
petali
bianchi che avevano sfiorato i capelli di Lily ora pendevano verso il
basso,
senza vita. Persino l’erba intorno a loro era ingiallita, era
diventata secca e
sterile.
Ed
Emma era cambiata.
Il
vestito bianco non c’era più. Al suo posto, abiti
neri come il buio che aveva
oscurato la loro vista e che la fasciavano, sottolineando le sue forme
e anche
la sua natura di Oscuro. La pelle del viso era bianca e tesa, le labbra
rosse
come sangue, gli occhi di un verde scuro, magnetico e insondabile. I
capelli
erano candidi, non biondi, ma più bianchi della pelle,
raccolti in una
crocchia. Le lacrime erano evaporate. La sua espressione era marmorea.
Emma
strinse la spada contro il proprio petto.
Nel
profondo della foresta, dove Emma aveva condotto Lily, dove avevano
lottato e
dove le aveva regalato il giglio, la piattaforma che recava quei
simboli oscuri
si aprì con uno scatto, ritirandosi nella terra.
La
densa ondata di oscurità ne riempì la
cavità e salì verso l’alto, un fiume
che
straripava, rompendo gli argini.
Assunse
rapidamente una forma. Si muoveva come in un incubo, facendosi largo in
un’aria
che sembrava diventata pesante e irrespirabile.
Lily
emerse dalle tenebre, indossando la tunica degli Oscuri.
__________________
Angolo
autrice:
Ed
eccoci ad uno dei capitoli più importanti (nonché
uno dei più difficili da
scrivere). Spero tanto che vi sia piaciuto.
Chi
pensava ci fosse un secondo Oscuro ha azzeccato. E chissà se
avete azzeccato
anche l’identità di questo Oscuro. Immagino di
sì. Avevo sparso un po’ di
indizi, proprio perché volevo rendere il tutto davvero
credibile.