Anime & Manga > Pokemon
Ricorda la storia  |      
Autore: Persej Combe    26/03/2016    3 recensioni
Io non credo nei desideri. E neppure nei miracoli. Comunque vadano le cose, alla fine rimani sempre ingannato.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
- Questa storia fa parte della serie 'Fragmenta'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 


. L a  S t e l l a  d e i  D e s i d e r i .
 
 
Non appena ebbero scelto il luogo dove accamparsi quella notte, René si sedette a terra e ne approfittò per togliersi le scarpe e massaggiarsi i piedi doloranti. Avevano camminato a lungo fino al tramonto e, nonostante fossero ormai più che abituati a quelle lunghe scarpinate, la traversata di quel giorno si era rivelata molto più difficoltosa del previsto.
Il ragazzino notò con rammarico la comparsa di qualche feritina sotto i piedi e per un po’ rimase a borbottare tra sé e sé, ripetendo quanto desse fastidio e facesse male. Poiché i suoi brontolii parevano non trovar pace, ad un tratto Julien, impegnato a montare la tenda per la notte, lasciò da parte gli attrezzi e gli si rivolse, rassicurandolo del fatto che più tardi gli avrebbe fatto una medicazione. Poi gli propose di andare a immergere i piedi nel fiume lì vicino, se avesse ritenuto di poter trovare un po’ di sollievo in questo modo, e tornò ad occuparsi della loro sistemazione con l’aiuto del suo Fletchinder.
La sera era fresca, nel bosco spirava un vento sottile, primaverile, profumato di more e lamponi, resina e foglie. In lontananza si sentivano i richiami dei Pokémon che cercavano i membri dei loro branchi per poter rincasare assieme.
René si guardava attorno incuriosito, sforzandosi di scorgere qualche Pachirisu che correva tra i rami. C’era uno stormo di Taillow che svolazzava nel cielo con mille capriole e acrobazie: nuvole scure e leggere che danzavano e volteggiavano in mezzo alle sfumature rosee del crepuscolo.
Julien aveva acceso un fuoco e vi aveva messo a tostare qualche fetta di pane sopra: si sentiva l’odore della mollica abbrustolirsi. Poi s’era seduto accanto al compagno per medicarlo.
«Va meglio ora, René?».
René annuì: «Grazie, Julien».
Insieme stesero la tovaglia a terra e apparecchiarono per la cena. Mentre Julien cuoceva un paio di uova in una padella, René lavò per bene una manciata di bacche che aveva raccolto quel giorno con Skiddo lungo il loro cammino. Ne prese una tra le dita e se la infilò in bocca, affamato, due o tre le tese all’amico e versò le rimanenti in una ciotola.
Quella sera mangiarono di gusto. In mattinata erano passati in una panetteria di Romantopoli e avevano comprato quattro baguette, di cui adesso non rimanevano che briciole nei piatti. Anche il formaggio era quasi finito e l’Azumarill di René ne stava rosicchiando ciò che era avanzato. C’era ancora qualche fetta di prosciutto, ma nessuno si fece avanti poiché si erano ormai rimpinzati a sazietà.
La fiamma del piccolo fuoco traballava quietamente, illuminava con tenue luce i volti dei due ragazzi. René, appena dodicenne, aveva ancora le fattezze di bambino, con le guance paffute e rosee, gli occhi grandi, vispi, color dell’ambra, e il nasino a punta che tanto piaceva alla sua mamma. Julien, invece, era nel pieno dello sviluppo adolescenziale: sul suo viso si potevano intravedere alcuni di quei tratti, al momento ancora acerbi, che nel giro di qualche anno l’avrebbero reso uomo. I capelli neri e liscissimi, sempre tenuti in ordine, rispecchiavano la compostezza dei suoi modi. Sotto le sopracciglia folte e scure, il suo sguardo era mutato all’improvviso da un po’ di tempo, ed appariva quindi spesso cupo e serioso, come affranto da qualche timore incombente. Questo tuttavia non deve far pensare che Julien non fosse felice. Al contrario, era un giovinetto innamorato della vita ed essendo tale la sua figura esalava un che di immensamente lieto e sereno.
I suoi sorrisi erano speciali. Quando sorrideva, si aveva come la sensazione di trovarsi di fronte alla natura intera, poiché egli l’aveva accettata e accolta dentro di sé senza porre alcuna remora, ed essa era felice e radiosa. Eppure, nonostante questa grande gioia, il ragazzo non poteva far altro che piegarsi e a tratti soccombere al doloroso appello della crescita, che richiedeva continuamente sforzi e sacrifici. In quei momenti Julien soffriva profondamente e si angosciava, il mondo attorno diventava un cielo buio, ma bastava una risata del piccolo René a far tornare in lui il buonumore.
Ad un tratto un viandante, un ragazzo che avrà avuto poco meno di vent’anni, si avvicinò dal folto del bosco. Disse di essere stato in viaggio tutto il giorno e di aver terminato le proprie provviste, così domandò ai due se gli fosse avanzato qualcosa da mangiare. Julien lo invitò calorosamente a sedersi con loro e gli porse il prosciutto e la ciotola con le bacche, gli versò dell’acqua in un bicchiere.
«È poco, ma è tutto ciò che abbiamo. Domani arriveremo a Luminopoli e faremo rifornimento» disse.
«È anche più di quel che speravo», disse il forestiero ringraziando sentitamente «di certo basta così. Quindi anche voi siete diretti verso la capitale?».
«Sì», annuì René «Julien è in viaggio per conto del Professor Platan e io lo accompagno!».
«Lavori per il Professore? Dev’essere un’esperienza interessante! Ho sentito che si è da poco fatto un nuovo allievo, voi lo conoscete?».
I due rimasero interdetti. No, non sapevano affatto che il Professore avesse al suo fianco un nuovo assistente. René lanciò un’occhiata a Julien e s’accorse che la notizia lo aveva lasciato leggermente amareggiato. Il viaggiatore non lo notò, e continuò a dire che era molto curioso di scoprire chi fosse, perché a quanto pareva ultimamente se n’era fatto un gran parlare in giro.
Conversarono ancora qualche minuto. Si venne a sapere che il ragazzo era in viaggio per Luminopoli per sfidare il Capopalestra. René ascoltò il suo discorso con attenzione, facendogli mille domande: adorava sentire le storie dei più grandi, soprattutto se si trattava di allenatori a caccia di medaglie. Ai suoi occhi apparivano come eroi leggendari e impavidi. Chiese persino che gli mostrasse i suoi Pokémon e in particolare rimase incantato dal suo Rhydon, così possente e forte. Si dispiacque un poco quando l’allenatore disse di dover ripartire: aveva bisogno di recarsi alla Torre Prisma entro mezzanotte per potersi iscrivere all’incontro con il Capopalestra, altrimenti avrebbe perso la sua occasione. Contava di riuscire ad arrivare a Luminopoli entro un paio d’ore, se avesse camminato di buon passo. Ringraziò ancora i due ragazzini e prima di andare lasciò qualche soldo a Julien, in modo da sdebitarsi per il pasto che gli avevano offerto.
Il silenzio che calò dopo s’interruppe soltanto nel momento in cui Julien commentò che era da incoscienti mettersi in viaggio di notte, per di più lungo un percorso difficoltoso come quello dove si trovavano. Il giovane fece uscire dalla Poké Ball lo Spewpa che aveva catturato pochi giorni prima. Lasciò che si accomodasse sulle sue gambe e che si ambientasse, poi lentamente provò ad accarezzarlo, ritraendo la mano quando si accorgeva di essergli fastidioso. Dovevano ancora fare amicizia.
René osservava il Pokémon con scetticismo.
«Sei davvero sicuro di volerlo inserire nella tua squadra?» domandò.
«Perché non dovrei?» disse di rimando.
«Beh, hai un Fletchinder, un Seadra e un Sableye. Sono tutti Pokémon aggressivi e loschi».
«Il mio Eevee non è aggressivo, né tantomeno losco».
«Ma un giorno potrebbe trasformarsi in un bellissimo Umbreon».
«René, non è che per caso provi qualche riserva nei confronti di Spewpa?».
Il ragazzino indugiò qualche istante, poi confessò senza peli sulla lingua il suo pensiero: «Secondo me i Pokémon di tipo Coleottero sono tutti inutili».
«Che parole aspre, mio caro!» esclamò l’altro. Quando vide che il Pokémon si era mortificato, gli spuntò un sorriso intenerito, gli diede una carezza per confortarlo: secondo lui non era affatto inutile. La pelliccia che avvolgeva il corpo del piccolo insetto era calda e morbida, non rizzata e dura come in precedenza, quando si era mostrato indisposto. Spewpa si lasciò accarezzare senza porre resistenza, accucciandosi contro il petto del ragazzo. Si addormentò poco dopo.
«Non ho alcun dubbio, il mio Pidgeotto cercherà di mangiarlo» disse all’improvviso René, mentre l’altro richiamava il Pokémon nella sfera.
«Allora dovresti cercare di renderlo più mansueto. Altrimenti, quando diventerà un Pidgeot, non riuscirai più a controllarlo».
«Fosse facile! Ricordi quando era un Pidgey e si appollaiava sempre sopra la mia testa? Sono sicuro che, se non fosse diventato così grande, ci proverebbe ancora».
Julien rise e passò la mano destra in mezzo ai suoi capelli biondi, spettinandoglieli affettuosamente: «Di certo, vedendo i tuoi bei boccoli dorati e alla rinfusa, deve aver scambiato la tua chioma per un nido accogliente!».
René fece una smorfia indispettita e cercò di allontanare le sue dita, per poi finire a ridere anche lui.
Si sdraiarono sul prato a guardare il cielo notturno. Non c’erano nuvole e le stelle risplendevano chiare. Il bosco era immerso in un profondo silenzio, salvo il crepitio del fuocherello. Ogni tanto si udiva un fruscio tra le foglie, o passi di Pokémon selvatici che scattavano in mezzo all’erba alta. Su un albero accanto a loro c’era un Noctowl nascosto nell’ombra. René aveva visto i suoi occhi rossi nel buio e li fissava in silenzio, grandi, rotondi, impassibili. Mentre si pettinava le piume col becco, Il gufo ricambiava il suo sguardo e bubolava sommessamente. Poi volò via.
Julien canticchiava con voce cristallina una canzone dalla melodia malinconica, giocherellando con un fiore che aveva colto accanto a sé e osservandone i bei petali. René ascoltava il suo canto tenendo gli occhi socchiusi.
«È una canzone triste», disse.
«È la storia di un’amicizia. Non credi che l’amicizia sia una delle cose più meravigliose al mondo?».
«Sì, ma poi lui muore e l’altro rimane solo».
«Invece è proprio questo il bello. Perché il loro legame è talmente forte da superare ogni ostacolo. E così, finalmente, dopo tanto soffrire, un giorno si incontreranno di nuovo e saranno amici per sempre, anche fra le braccia della morte».
Julien sospirò: «A volte le creature più belle sono quelle più tristi», mormorò ancora. René non capì. Solo col tempo avrebbe potuto.
Il ragazzino si alzò, sparecchiò ciò che era rimasto sulla tovaglia e si mise a pulire i piatti. Ripensando alla storia dei due amici separati, all’improvviso il suo sguardo si rabbuiò.
«Allora partirai per il Kanto?».
«Sì. Ho deciso. Credevo di avere a disposizione un posto sicuro vicino al Professor Platan, ma stasera ho scoperto che non è così. Ho bisogno di trovare il mio ruolo e di scoprire chi sono, e per farlo devo conoscere le origini mie e dei miei genitori».
«Studierai presso il Professor Oak?».
«Non lo so. A dire il vero non sono neanche sicuro di voler diventare un Professor Pokémon».
«E che ne sarà di noi?».
Gli occhi a mandorla di Julien incontrarono quelli grandi di René, tutti lucidi e infelici. Il più grande si tirò a sedere, allungò un braccio in avanti invitando l’altro ad avvicinarsi per poterlo consolare.
Ad un tratto, il cielo esplose in un lampo. I due alzarono lo sguardo alle stelle e videro una scia luminosa da cui nascevano innumerevoli faville colorate d’azzurro, di giallo e di bianco.
«Una cometa!» esclamò René.
Subito abbandonò le stoviglie e cominciò a correre nella direzione in cui essa stava precipitando. La stella cadde nelle loro vicinanze e per un attimo l’intero bosco venne pervaso da una luce fatata.
«René, aspetta!» gridava Julien, in pensiero. Gli andò dietro e nel momento in cui lo raggiunse lo prese per mano. Insieme si addentrarono tra i cespugli e i rovi, si aiutarono a vicenda nell’oltrepassare un tratto scosceso. Si arrampicarono sopra un’enorme radice, e quando giunsero in cima videro un bagliore al centro di un prato. Aguzzarono la vista e, guardando meglio, scoprirono qualcosa di incredibile.
«È un Pokémon?» disse René, sorpreso. Immediatamente si mosse in avanti per raggiungere la creatura, ma Julien lo fermò e lo esortò ad andare assieme, perché poteva essere pericoloso.
Si avvicinarono cautamente, cercando di non fare rumore. Mano a mano che camminavano la luce diveniva sempre più brillante. Quando giunsero di fronte al Pokémon, il bagliore cessò. L’essere aprì lentamente gli occhi e rivolse il proprio sguardo ai due giovani, che lo osservavano stupefatti. Non c’erano parole per descrivere il suo splendore.
«È un Pokémon delle leggende... L’ho visto raffigurato in alcuni libri del Professore», spiegò Julien.
«Qual è il suo nome?» chiese René.
«Il mio nome è Jirachi», rispose il Pokémon, e la sua voce era sottile e dolcissima «Il canto del tuo amico mi ha risvegliato dal mio sonno millenario. Ho sentito la tua preghiera nel vento, mi hai fatto tanta tenerezza, ed ora sono qui per realizzare il tuo desiderio».
René rimase incantato. Lanciò uno sguardo al compagno e poi si rivolse alla creatura: «Puoi davvero farlo? Se ti confesserò il mio sogno, diventerà realtà?».
Jirachi annuì e sorrise: «Tuttavia, rifletti con attenzione. Esaudirò un solo tuo desiderio. Per sette giorni e sette notti rimarrò sveglio, poi mi chiuderò nel mio sonno per altri mille anni, poiché avrò esaurito il mio potere. Se non sei sicuro, tornerò da te quando il sole tramonterà per la settima volta e ascolterò le tue parole».
Ma René non aveva bisogno di tempo per pensare: già sapeva quale fosse il suo unico desiderio. Si girò verso Julien e lo guardò intensamente negli occhi scuri. Prese le sue mani e le strinse forte forte.
«Julien, vuoi essere mio amico per sempre?».
«Davvero vuoi utilizzare il tuo unico desiderio per me?».
René annuì animatamente, dicendo che non ci sarebbe stato altro sogno più bello da realizzare. Julien gli sorrise commosso, stringendo le sue dita.
«Come vorrei anch’io che il nostro legame durasse in eterno!» esclamò.
«Se questo è il vostro desiderio, allora lo esaudirò», disse Jirachi «Ma prima di procedere, devo farvi una domanda: siete davvero certi? Badate, un sogno realizzato non si può disfare».
Julien e René ripeterono la loro risposta tante e tante volte, senza mai essere presi dal dubbio: sì, ne erano certi e nulla avrebbe fatto cambiar loro idea. Quando la creatura comprese che le loro parole erano sincere e che non provavano alcun timore né esitazione, si levò in aria e alzò le braccia al cielo. Sul suo busto si aprì un terzo occhio dal quale si generarono due piccole sfere di luce. Esse si librarono in alto e si posarono sulle dita del Pokémon, scoppiando come bolle di sapone, rivelando ognuna una stella luminosa nel suo interno. Le stelle cominciarono a volteggiare e girare, si fusero tra loro formando un unico grande astro. Intorno era tutto un arcobaleno di luci e colori e gli stessi Julien e René ne erano invasi. La stella crebbe fino a frantumarsi e i suoi cocci andarono a posarsi sui cuori dei due giovani ragazzi.
«Che Julien e René siano amici per sempre!».


 
~


«Io non credo nei desideri. E neppure nei miracoli. Comunque vadano le cose, alla fine rimani sempre ingannato».
René si coprì gli occhi per nascondere qualche lacrima che ancora scendeva, accovacciato contro l’uomo. Sentiva le sue mani passare teneramente tra i riccioli biondi.
«Neanch’io credo nei desideri. Ed è stato tanto doloroso il momento in cui ho scoperto che i miei sogni non si sarebbero mai avverati. Eppure, guardati intorno: guarda che splendidi giardini, che splendidi palazzi e quanto splendida è la gioia degli uomini che festeggiano insieme!» e dicendo ciò, osservava emozionato oltre la balconata del portico e posava lo sguardo in ogni dove «Dopotutto, non posso fare a meno di serbare ancora un minimo di speranza. Tempo fa qui non era altro che cenere e polveri. Adesso è un mondo quasi meraviglioso. Se vi fossero i Pokémon, sarebbe perfetto».
René alzò la testa e l’altro gli asciugò il pianto con le dita. Gli rivolse un sorriso e allora René lo abbracciò di nuovo, ancora bisognoso di conforto, sentendo il suo corpo duro e freddo come quello di un cadavere premere contro il proprio. Lo sorprendeva sempre quanto la brama di vivere fosse tanto forte in lui, il cui corpo non era altro che effettiva assenza di vita. Levò lo sguardo sulle creste dei cipressi che campeggiavano al di sopra delle mura del cimitero a Sud della città, dove il caro Julien riposava in un sonno perenne.
«Tu non sai nulla, vero? Non ricordi niente...» mormorò sovrappensiero.
L’altro non poteva sapere che per creare quel mondo quasi perfetto era stato versato sangue, terrore e morte, generati dalla tremenda apocalisse. Ma nessuno voleva ricordare quel tempo ed ognuno preferiva nasconderlo a se stesso, perché, che lo si avesse accettato o meno, tutti quanti ne erano colpevoli.
Erano passati cinque lunghi anni.
«Sei tanto innocente» disse poi, facendosi ben sentire.
In mezzo a loro, che erano tutti peccatori, lui era l’unico innocente, l’unico angelo fra i diavoli. Tuttavia, René non avrebbe potuto immaginare che anche lui era colpevole tanto quanto loro altri, e forse, per certi versi, persino più di loro.
«Me lo dicono spesso», rise, e il suo sorriso era come quello di Julien, tanto che René per un attimo credette di trovarsi accanto all’amico, ritrovato per un istante.



 
 

 


Grazie mille per aver letto fin qui! Spero che la storia ti sia piaciuta! ^^ ♥

Ho scritto questo racconto senza troppe pretese, per distrarmi un attimo dalla tensione degli ultimi giorni. Che bello che finalmente siano arrivate le vacanze (come si dice: poche ma buone, anzi, buonissime)!
Julien e René sono due protagonisti di un'altra storia che sto scrivendo,
Fragmenta: l'ultimo pezzo, infatti, ambientato molti anni dopo la prima parte (René ha venticinque anni), si ricollega ad un suo punto ben preciso, che prima o poi scriverò. Per chi si stesse chiedendo di chi si tratta e che per caso stesse anche seguendo la long, purtroppo non posso ancora rivelarvi chi è la persona che consola René, altrimenti vi farei uno spoiler abbastanza importante. Perciò per il momento rimarrà avvolto nell'ombra.
Ragazzi, scusatemi davvero se il disegno non si vede molto bene, ma ho fatto la foto con il cellulare e (come di norma...) non è venuta proprio un granché. Ho provato a schiarire l'immagine in qualche modo, ma il risultato veniva ancora peggio, perciò ho lasciato perdere. Spero comunque che vi piaccia (...tralasciando un po' di errorucci, eh eh :P)!
Buona Pasqua a tutti e buone vacanze!
La vostra Persღ

 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Persej Combe