Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: Eowyn_SEE    27/03/2016    0 recensioni
Mi chiamo Amelia Stefani, e questa è la mia storia. Non vi voglio convincere a leggerla. Dopotutto, forse voi state cercando una storia romantica. Beh, vi anticipo subito che questa non lo è: io non sono una persona romantica, mai stata. E lui lo sapeva. Non per cinismo o qualche altra fesseria del genere, solo che non sono capace, mi scappa da ridere. Quindi no, niente romanticismo.
Questa è soltanto la storia di un'inaspettata amicizia. Inaspettata perché mi prese alla sprovvista. Non ebbi neanche il tempo di vederla arrivare che già mi era impossibile separarmene, se non molto dolorosamente. Non è una storia romantica, è una storia di vita, che a volte è felice, e poi non lo è più. E ci può essere passione, ma anche quella non dura per sempre. Ma la vita è l'unica cosa che conosco, e l'unica che posso raccontare.
"Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate." (Una citazione di Dante ci sta sempre)
Tom HiddlestonX Nuovo Personaggio
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chapter One

 

Ero a Londra da quattro giorni. A parte il fatto che non avevo un letto tutto mio (beh, non uno che si possa chiamare tale) e non avevo un lavoro, mi sembrava di essere tornata a tre anni prima. In casa alcune persone erano cambiate, ma gli antichi pilastri erano ancora lì: Nicola e Gaia, a Londra e in quella casa da ormai otto anni, ancora litigavano in molisano tutte le volte (poche) che erano svegli nello stesso momento; Gabriel, che nonostante avesse più volte annunciato la sua intenzione di tornarsene in Portogallo ancora si fumava il cervello tutte le sere e tutti i weekend nel capanno degli attrezzi, a cui era rimasto quell'unico scopo; Francisco, che gli faceva compagnia suonando la chitarra; Asia e Martina, che dopo essere tornate in Italia pochi mesi dopo di me e aver completato i loro studi in Storia si erano ributtate su Londra giusto l'anno prima, un po' per disperazione un po' perchè Londra ha una forza gravitazionale tutta sua, e una volta che ti cattura sei finito. Questa volta però, con tanto di laurea magistrale e tre lingue nel loro bagaglio culturale erano riuscite a trovarsi dei lavori decenti nell'insegnamento. Addio Caffe Nero e Patisserie Valerie! E poi c'era Rossana, che era stata vicina a lasciare sia la casa che Londra: se l'era vista brutta per un periodo, cosa facile quando dividi la casa con altre 15 persone, il coglione più coglione del solito è sempre dietro l'angolo, ma con il ritorno di Asia e Martina e il contratto rinnovato nell'azienda innominabile dove lavorava (18£/ora!!) aveva deciso di rimanere ancora per un po'.

In quel momento a parte i “pilastri” in casa c'erano altre nove persone, meglio identificate come: la fantasma francese del piano di sotto, la cavalla (una finlandese troiona), il fattone nella vecchia camera di Francisco, il fantasma francese del piano di sopra, lo spagnolo, e Cassandra, che era...beh, Cassandra. Ah, sì, dimenticavo, nella mia vecchia tripla...no, aspettate, erano lì le cavalle! La finlandese troiona la chiamavano...credo fosse solo “finlandese troiona”. Non ho mai saputo i loro veri nomi.

Il numero 9 di Sheldon Avenue era di nuovo il mio paradiso, con i miei amici, almeno per un po'. Certo, la cucina era sempre un casino nonostante Rosa, la signora brasiliana delle pulizie, passasse due volte a settimana, e se volevi usare una padella te la trovavi già bella unta, pronta per il soffritto (AIUTO!!), la lavatrice era sempre costantemente piena, anche se magari solo di una camicia solitaria che qualcuno aveva buttato dentro perchè gli serviva per andare a lavoro, e sentivi odore di maria non appena oltrepassavi il cancelletto, ma chi ha mai detto che il paradiso è perfetto?

Villa Villacolle, la chiamava Asia. La adoravo. Sempre piena di attività. La casa che non dorme mai.

Ora probabilmente vi siete belle che rotti di camminare sul mio viale dei ricordi, quindi probabilmente dovrei andare al punto. Beh, il punto è che tutte le mie migliori amiche lavoravano dalla mattina alla sera su settimana, il che lasciava a me moltissimo tempo libero.

In quei primi quattro giorni avevo cercato di fare tutto ciò che, lavorando, non avevo mai avuto il tempo, o la voglia, di fare: mi ero girata per bene tutti i parchi del centro, ero andata a Notting Hill (non chiedetemi perchè non ci fossi mai stata, non ne ho idea), ero finalmente riuscita a visitare tutti i bellissimi Kew Gardens, che la prima volta ero riuscita a vedere solo in parte, ed ero andata per la millesima volta alla National Gallery, il mio museo preferito in assoluto, sia per l'incredibile bellezza delle opere esposte, sia per il senso di calma e pace che riesce sempre a trasmettermi, anche quando è piena di tutti i turisti di agosto. E ovviamente un salto al Forbidden Planet, e chi me lo toglie!

Così quel venerdì mattina decisi che volevo passare a salutare i miei ex colleghi, giù in centro, o almeno quelli che erano rimasti.

Rossana era già uscita, perciò me la presi con calma. Andai in bagno e mi feci una doccia, litigando con la tenda della vasca che non ne voleva sapere di starsene al suo posto, poi ritornai in camera e mi asciugai alla bel e meglio i capelli con l'asciugamano, avevo rinunciato al phon anni prima: essendo così lunghi e delicati il calore non faceva altro che spezzarmeli. Ma sapevo che con il caldo e con il vento sarei arrivata alla fermata della metro con i capelli già asciutti. Mi conoscevo. Indossai il mio vestito bordeaux, i sandali (era un'estate stranamente calda anche a Londra), la sciarpa (mai fidarsi della metro londinese, anche con 40 gradi all'ombra rischi una bronchite con quelle correnti d'aria), infilai un cardigan in borsa (vedi sopra alla voce bronchite) e uscii senza neanche fare colazione. Erano solo le nove e la maggior parte dei negozi avrebbero aperto alle dieci, avrei avuto tutto i tempo del mondo per arrivare in centro trovare un bel bar e mangiare fuori.

Passai in salotto per salutare Francisco che fumava fuori dalla finestra e mi diressi verso la porta, chiudendomela dietro alle spalle i più delicatamente possibile per non disturbare “il fattone nella vecchia camera di Francisco”. Dopodichè inforcai gli occhiali dal sole, misi la borsa a tracolla e inspirai a fondo. Londra, rieccomi.

 

 

 

N.A.: Lo so, lo so, ancora niente Tom, ma volevo inquadrare la situazione, e poi mi sono divertita tantissimo a scrivere questi due capitoli, probabilmente i più personali della storia.

Giusto per chiarire le cose, non esiste una Sheldon Avenue a Londra, non che io sappia per lo meno, però esiste una Sheldon Road, e i fan di The Big Bang Theory potranno andarci e farsi una risata. Non è granchè però, residenziale, nemmeno delle migliori. Fa solo ridere sentire annunciare la fermata sul bus.

Rinnovo la richiesta di recensire e vi prometto che il capitolo tre sarà più interessante. O almeno, farò del mio meglio!!

E_SEE

  
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