Ciao a tutti da TonyCocchi che è tornato
a scrivere come un treno! Una VM18 e, con questa, ben due Swapped nel giro di
pochi giorni! XD Vai così!
Mi sento davvero preso ultimamente, riesco a godermi appieno il piacere della
scrittura, più del solito; e spero anche a voi faccia piacere leggere le mie
ultime produzioni ^__^
Ecco quindi un’altra fic della mia serie “Swapped”, la terza. Anche stavolta
non mi limiterò a una semplice riscrittura, ma delineerò ancora meglio questo
universo alternativo che la mia passione per il Titan Trio mi ha suggerito, e
mostrerò altri cambiamenti che questo scambio ha portato nella storia.
Per esempio, una certa famigerata
scelta, come state per vedere, con un altro personaggio a doverla compiere,
potrà rivelarsi diversa, e diverse le conseguenze.
Detto ciò, buona lettura a tutti!
Nota: Per chi non ha letto la mia prima
Swapped, “Io non mi arrenderò”, in questo mondo il titano di Reiner non ha la
corazza, e pertanto viene definito come “Titano Possente”.
La foresta degli alberi giganti non
aveva mai conosciuto un giorno tanto inquieto.
Dapprima la pace di quel folto
incontaminato era stata interrotta dalla battaglia tra esseri umani e titani, e
adesso, quelle immense colonne verdi vedevano minacciato il loro stesso
secolare, indisturbato ergersi, essendo divenute teatro dello scontro,
violentissimo e inedito, tra due bestie delle più insolite: umane e titani
insieme.
Gli schiocchi dei rami che venivano
spezzati erano come spari, che minacciosi risuonavano nell’aria, nella quale,
come detriti di esplosioni, schegge, trucioli e frammenti di corteccia venivano
scagliati in ogni direzione dalla furia del loro passaggio; ogni loro passo
sollevava terra e fogliame, le loro grida sembravano scuotere anche le fronde
più alte.
Più volte, i membri della Squadra
Operazioni Speciali furono costretti a ripararsi gli occhi dalle folate di
ramoscelli e frantumi di legno che di tanto in tanto li investivano, pur alla
distanza, si supponeva sicura, da cui, in piedi sui rami più grandi, seguivano
quel tremendo scontro.
“Dannazione!” –imprecò Eld, scostando il
braccio dal volto- “Se le danno pesante.”
“Interveniamo!” –gridò la ragazza dai
capelli rossi ai due compagni- “Dobbiamo aiutare Reiner!”
“Fermati, Petra! Niente mosse
avventate!” –la fermò con veemenza Oluo- “Non possiamo intervenire in un
combattimento del genere! Quei due bestioni non badano per niente a ciò che li
circonda!”
“Ma…”
“Oluo ha ragione.” –la trattenne anche il biondo- “Se ora ci mettessimo in
mezzo tra quei due colossi, potremmo finire schiacciati involontariamente dallo
stesso Reiner.”
“Esatto, incredibile a dirsi, ma saremmo
d’intralcio, oltre che rischiare noi stessi di fare una brutta fine.” –concluse
l’altro.
Nel silenzio che scese subito dopo,
ciascuno di essi assaporò l’amaro pensiero del povero Gunther, cadavere
penzolante, a un centinaio di metri alle loro spalle. Non avevano avuto neanche
il tempo di gemere per lui.
Stizzita, Petra si sfogò battendo lo
stivale sul proprio ramo: “Quel grosso tontolone! Avrebbe dovuto lasciar fare a
noi! O perlomeno, non doveva gettarsi così nella mischia senza neanche un
piano!”
“Tant’è” –scrollò le spalle Oluo,
rassegnato al fatto compiuto- “Ormai non ci resta che avere fiducia in lui.”
“Come lui non l’ha avuta in noi…”
–abbassò amareggiata lo sguardo Petra, mentre i rumori assordanti della
battaglia proseguivano incessanti.
Il Titano Femmina, spintonato e messo
alle strette, sbatté la schiena contro uno dei colossali alberi, ma prima che il
Titano Possente potesse esserle addosso col suo gancio destro, lo schivò
abbassandosi, per poi rifilargli un manrovescio alla nuca sgusciando alle sue
spalle. Reiner rispose ruggendo più forte e tornando subito alla carica.
“Ha solo fatto la sua scelta, e di
sicuro l’ha fatta pensando anche a noi.” –fece Eld spezzando una lancia in
favore del ragazzo-titano- “Come ha detto prima il caporale Levi, nessuno può
sapere se è stata giusta o sbagliata, non ancora almeno.”
Quando quel misterioso essere si era
manifestato loro, uccidendo a tradimento il povero Gunther, la Squadra aveva
chiesto a Reiner di fuggire al riparo, e lasciarli onorare il loro compito di
proteggerlo anche a costo della vita, anche contro un nemico tanto infido
quanto potente. All’inizio, sembrava potersi piegare ancora al loro volere,
come già aveva fatto prima, col caporale, durante la manovra di imboscata che
aveva portato alla sua, effimera, cattura. Ma poi era tornato sui suoi passi,
esautorandoli, scacciandoli, reclamando per sé quel confronto: proprio lui,
tanto prezioso per il genere umano da avere loro, i soldati più forti della
Legione Esplorativa, come guardiani, osava costringerli al ruolo di spettatori,
e mettere la propria vita in gioco senza paura.
Del resto, non era stato forse il
soldato più forte dell’umanità in persona, a ricordargli l’importanza di essere
padrone delle proprie scelte?
Non
riusciva a smettere di guardarsi indietro.
<< Loro possono farcela. Anche se sono rimasti in tre, sono sempre la
Squadra Operazioni Speciali, possono battere quel Titano Femmina. >>
Gli
passarono in mente le truci scene dei soldati che avevano cercato di ostacolare
quel mostro mentre galoppavano nella foresta. Tutti i loro volti. Il momento
esatto in cui vi si dipingeva sopra lo strazio e la paura della morte che
giungeva.
<<
E se invece non ce la facessero? >>
Tutti
sacrifici per un bene superiore, quindi giustificati. Giusto?
<<
L’umanità dovrà perdere i suoi soldati più forti perché io possa continuare a
scamparmela indisturbato? >>
Se
quella dannata era riapparsa, lì davanti a loro, voleva dire che la necessità
di quei sacrifici, di quelle vite spezzate, anche in suo nome, si era rivelata
pari solo alla loro futilità. Tutto ciò era insopportabile. Quei ragazzi
perduti per sempre dovevano pur essere valsi a qualcosa! O forse il prezzo era
ancora troppo basso? Forse, la vittoria quel giorno avrebbe richiesto dunque in
tributo anche il sangue di quelle persone, così buone e straordinarie, che lo
avevano accettato e si erano votate a proteggerlo?
<< Io ho a mia disposizione un potere… un potere straordinario! Non ho
idea di come l’ho ottenuto, ma so con certezza come devo impiegarlo! Se ce
l’ho, allora devo usarlo: se posso salvare delle vite, se posso impedire del
dolore, perché dovrei starci a pensare? >>
Se
Oluo, Petra, Eld, fossero morti a causa sua dinanzi i suoi occhi, senza aver
fatto tutto quel che poteva per fare in modo così non fosse, non se lo sarebbe
mai perdonato. No. Non sarebbe convissuto con un simile rimpianto.
<< È questa l’unica scelta da fare! È questo il mio dovere! >>
Un
morso alla mano, e in un lampo infuocato fu lì a compierlo.
Il Titano Possente di Reiner era più
robusto e più forte fisicamente, ma il Titano Femmina era invece veloce e
scaltra. Dopo l’iniziale euforia guerriera, si rese conto che con la forza
bruta non avrebbe vinto, si sarebbe solo stancato. Prima che ciò accadesse,
doveva usare il cervello: c’era qualcos’altro che lui aveva, oltre alla
potenza, e lei invece no.
Un’amica esperta di arti marziali. Che
più di una volta, al prezzo di qualche livido e botte di sedere a terra, le
aveva dato qualche dritta.
Si lanciò contro l’avversaria fingendo
un altro, becero, attacco frontale, aspettando la sua reazione: schivò il pugno
scansando a lato, le afferrò il polso con una mano, e avvolse l’altro braccio
intorno al suo che aveva agguantato.
<< Annie, te la prendo in prestito! >>
Dopodiché, tirando il braccio, facendo
forza sull’anca, e ruotando su sé stesso, la sollevò sulla propria schiena, per
proiettarla infine a terra con forza brutale: lo schianto di un corpo alto
tredici metri sul terreno produsse un frastuono spaventoso, in grado di far sobbalzare
di paura persino le più antiche e robuste radici.
“Guardate!” –strabuzzò gli occhi Oluo:
quel pivello aveva delle buone carte nella manica, chi l’avrebbe mai detto.
“Vai, Reiner!” –iniziò a fare il tifo
Petra.
Il Titano Femmina si liberò il braccio,
e, scalciando, cercò di impedirgli di avvicinarsi, salvo poi commettere il
grossolano errore di voltarsi e poggiare le mani a terra, in modo da tirarsi
all’in piedi. In quel momento, il Titano Possente le si gettò addosso,
agganciandole le gambe con le proprie per impedirle di scalciare ancora, e
tenendola ben bloccata a terra, pancia in sotto, facendo forza con le enormi mani
sulla sua anca e sulla sua testa dalla chioma nero pece.
“Il suo collo è scoperto!” –esultò Eld,
emozionatosi a sua volta.
“Può farcela!”
Era lì, a portata di bocca, quel suo aggraziato
collo privo di pelle, che a guardarla dava come l’impressione indossasse una
sciarpa rossa. Rosso come il sangue che aveva versato. Rosso come il sangue per
cui ora lui, le avrebbe chiesto conto.
<< Adesso ti toglierò dalla faccia quel tuo maledetto sguardo
impassibile, bastarda assassina! >>
In un moto di rabbia, le premette più
forte la testa a terra, a farle grattare il suolo della foresta col suo volto.
Con un ennesimo, trionfante ruggito, il Titano Possente si avventò con le sue
fauci sul punto debole, deciso a chiudere con un morso quella brutta giornata
prima che vi fossero altre vittime.
“È fatta!” –pensava a voce alta Oluo.
Lo pensava anche Reiner.
Lo pensavano tutti.
Invece quando il titano dai capelli
biondi staccò la bocca dal suo pasto, questa testimoniava con eloquenza quanto
fosse stato indigesto.
Era distrutta: i denti erano in frantumi
come porcellana, molti caduti, rivoli di sangue fuoriuscivano dagli angoli
delle labbra. La mandibola, fratturata, penzolava vistosa insieme alla lingua.
Il ruggito del Titano Possente si fece rauco, soffocato dal dolore e
frustrazione.
“Che diavolo…”
“Che cos’è… quella?”
Agli occhi dei tre soldati era apparso
qualcosa di mai visto, di tanto bello e terrificante: il collo del Titano
Femmina, il punto debole di ogni gigante, l’appiglio cui ogni umano coraggioso
sa di dover tendere la propria spada, era intatto, rivestito come da una placca
scintillante di vetro smerigliato. La luce dorata, che filtrava dalle distanti
fronde, si abbatteva su quella specie di guscio apparso all’improvviso,
rimandando ai loro occhi riflessi di vari colori, proprio come fanno le gemme
preziose.
“Non ho mai visto nulla di simile…”
–balbettò Petra.
Il Titano Femminile, mentre il suo
avversario si mostrava, ridicolo, intento a cercare di riaggiustarsi e tener su
al suo posto la mandibola in pezzi, si rialzò, e gli rivolse, quasi a scherno,
proprio quel suo piatto, spento, sguardo indifferente, senz’anima, che l’altro
aveva tanto desiderato cancellare. Non un briciolo di terrore al pensiero di
quel che aveva scampato per un pelo, non un accenno di timore nei confronti
dell’avversario ancora lì davanti a lei. Nulla.
Il Possente, di nuovo fuori di sé,
lasciò la sua mandibola fare come volesse, e caricò un destro che pareva capace
di abbattere da solo una delle sequoie che li circondavano.
Lei non fece altro che alzare una mano,
intercettando il pugno a palmo aperto.
Un altro rumore, simile a un esplosione,
fece sussultare alberi e persone, ma ad essere andata in pezzi, stavolta, era
la mano del Titano Possente, ridotta a un moncherino con frammenti d’ossa
scossi da movimenti convulsi.
L’entusiasmo dei tre della squadra
speciale si era spento, zittito dal loro sgomento: stavano guardando un titano
di quindi metri con gli stessi occhi con cui si guarda un compagno che un
gigante sta già portando alla bocca.
“È capace di indurire il proprio corpo!
Pazzesco!”
Oluo rivolse uno sguardo alla propria
spada, mai parsagli meno minacciosa e meno rassicurante. La mano gli tremava.
“Se… Se avessimo combattuto contro
quella cosa… chissà cosa avrebbe potuto succederci.”
In un grottesco capovolgimento di
fronte, il Titano Femminile fece volar via il Titano Possente con un calcio
allo stomaco. Questi, riscossosi, si lanciò di nuovo all’attacco con la mano
rimastagli, ma ogni suo colpo veniva schivato senza difficoltà. Ormai aveva il
fiatone, ad ogni respiro pesante la lingua penzoloni vibrava, mentre la sua
bocca devastata emetteva un verso fioco e gracchiante, tanto diverso dalle
grida che fino a poco prima avevano fatto tremare la natura lì attorno.
<< Non è ancora finita… >>
Mentre così pensava Reiner, la vide
assumere una posizione umana, una guardia, pur diversa da quella che usavano
lui o Annie.
Dunque si era sbagliato, delle nozioni di
combattimento le aveva. Era lui, a non avere alcunché in più rispetto a lei.
Fu mentre cercava di tirar su la schiena
ingobbita dalla fatica, che tutto si spense nel buio, mentre la testa del suo
titano, staccata di netto da un calcio di tibia, volava via ad incastrarsi tra
dei rami a decine di metri di distanza.
“Reiner!”
“No, Petra, ferma! L’hai vista anche tu
quella capacità!”
Oluo, che aveva reagito non appena
l’aveva vista estrarre le spade, riuscì a raggiungerla e trattenerla appena in
tempo.
Si girò di nuovo ad osservare la
tremenda scena: il Titano Possente, decapitato, era riverso al suolo, stavolta
era la gigante a sovrastare il suo collo.
Morse.
Nello stesso momento, udirono il
familiare rumore di ancore che si fissavano, e dei fili d’acciaio che
scorrevano lesti nel meccanismo della manovra di movimento tridimensionale.
“Che ci fai tu qui?”
La sopraggiunta Annie, con involontaria
scortesia, non rispose, incapace di staccare gli occhi dalla vista del corpo di
Reiner fare capolino per un attimo, privo di sensi, dalla carne strappata di
una muscolosa carcassa di quindici metri. Il Titano Femmina morse ancora, e in
un baleno, vide il suo amico sparire in quella ingorda bocca.
Terminato il pasto, e sazia anche di
altri scontri, la gigantessa dai capelli corvini si alzò e scattò via, a grandi
falcate.
Facile a dirsi, in certi casi, che non è
il momento per azioni impulsive.
Nemmeno una come lei, che di impulsivo
non aveva nulla, poté resistere al desiderio di gridare vedendosi strappare
dinanzi un pezzo di sé.
“REINER!”
“Annie, no!”
“Fermati!”
La nuova arrivata della Legione,
ignorando senza rimorso i superiori, si era subito lanciata all’inseguimento,
senza che né Oluo né nessun altro stavolta fosse riuscito a fermarla in tempo:
non restò loro che dare gas e correrle dietro.
Annie andava dietro il rimbombare dei
suoi passi come un’incauta falena vola verso le alte fiamme di un incendio: i
cavi della manovra guizzavano fulminei da un appiglio all’altro, rincorrendo
come mani tese la sua schiena, e lo svolazzare dei suoi capelli scuri, le spade
già pronte nelle mani madide di sudore freddo.
<< Non te lo permetterò! >>
Prima Berthold messo sotto la custodia
del corpo di Gendarmeria come garanzia, poi Reiner divorato sotto i suoi occhi:
non poteva perdere anche lui, non poteva venire separata ancora una volta dai
suoi migliori amici, le due persone per lei più importanti al mondo. Quando li
aveva creduti morti, e aveva meditato di rinunciare alla vita, era stato il
loro pensiero a farle giurare di non arrendersi mai più, e avrebbe tenuto fede
a quella promessa, anche a costo di perdere proprio quella stessa preziosa
vita, pur di salvarlo.
“RIDAMMI REINER, MALEDETTA!” –fece
echeggiare fino alle sue orecchie.
La vide girare appena la testa: si era
accorta di lei. Non per questo però si degnò di rallentare la sua corsa.
Mormorando a denti stretti altri
improperi, Annie si preparò a dare ancora più gas.
Un ombra verde le tagliò di colpo la
strada, tanto vicina da temere una collisione.
Le sue dita contratte finalmente si
dischiusero dal grilletto dell’erogatore, ed Annie, come ridestatasi, si posò,
con qualche incertezza, sul primo ramo abbastanza grande.
“Oi…”
Si voltò alla sua sinistra, e vide che
ad averle sbarrato la strada era stato proprio il verde della Legione, in cui
era ammantato un altro che come lei aveva fatto della calma, almeno prima che
la rinnegasse qualche secondo prima, il suo marchio di fabbrica.
“Allora, Leonhardt? Questo non è proprio
da te.” -la rimbeccò con voce posata il caporal maggiore Levi.
“Io…”
“Caporale Levi!”
La sua Squadra li raggiunse: Levi notò
subito un’assenza, e il suo primo pensiero si rivelò corretto nello scambiare
una sola, silenziosa occhiata con gli altri tre. Chiuse solo le palpebre, e una
volta riaperte, era già pronto ad andare avanti.
“Forza.” –indicò con un cenno il Titano
Femmina che si allontanava- “Andiamole dietro, mi spiegherete tutto mentre ci
muoviamo. Anche tu, Leonhardt.”
Annie fu subito rincuorata da quelle
parole, tanto da passar sopra all’imbarazzo del richiamo ricevuto un attimo
prima: sperava di non averlo dato troppo a vedere…
Lo conosceva pochissimo, quel piccolo soldato
dalla fama d’invincibilità, e per quel pochissimo non le stava affatto
simpatico, specie dopo l’episodio del processo. Tuttavia, a quanto pareva, lui
sembrava fare un certo affidamento su di lei e su quella razionalità che aveva
dimostrato in altri frangenti: si era smarrita per un attimo, ma ora era di
nuovo la Annie Leonhardt che conosceva, ed era pronta a ricambiare la sua
fiducia lasciandogli la guida di quell’inseguimento.
Levi venne messo al corrente, nella
maniera più rapida ed esaustiva, di tutta la situazione: dell’ingloriosa fine
di Gunther, della scelta di Reiner di combattere, della misteriosa abilità del
nemico da cui era stato sopraffatto.
“Non sappiamo per certo se sia ancora
vivo insomma.”
“Lo è.” –intervenne Annie- “E anche se
la mia sensazione fosse errata, non lo scopriremo se non tenteremo, né possiamo
lasciare una simile minaccia a piede libero.”
Levi ci rifletté su. Il sentimento che
lo legava a Reiner offuscava ancora un po’ il suo giudizio, ma era d’accordo
con lei: se c’era questa possibilità, anche piccola, che il ragazzo-titano
affidato al loro corpo fosse ancora vivo, non potevano permettersi di perderlo,
viste anche le serie possibilità che quei perfetti idioti della Gendarmeria
facessero fuori l’altro. Leonhardt inoltre era molto abile, e sapeva che
sarebbe stata un valido rimpiazzo per il vuoto apertosi nelle fila della sua
squadra: i cinque lì presenti avevano le carte in regola per tentare l’impresa
di salvataggio.
“Vi chiedo scusa per prima.” –si contrì
la ragazza dal naso aquilino.
Petra le rivolse un sorriso comprensivo:
“Sei molto legata a Reiner, era normale reagissi così.”
“No, non ho scusanti. Mi sono lasciata
trascinare dalle mie emozioni come una sciocca, avrei solo finito col mettere
in pericolo me stessa e voi.”
Anche lei, una volta sentito del potere
dell’indurimento aveva provato la sensazione di essersela scampata un soffio.
“Vi assicurò non accadrà più.” –promise
con gran fermezza.
“Davvero? È un problema allora.”
–intervenne Levi dalla testa del gruppetto.
“Come, signore?”
“Perché per il piano che ho in mente,
Leonhardt, ho giusto bisogno che tu dia di matto un’altra volta, se non peggio
di prima.”
Annie guardò confusa, e non senza
imbarazzo, gli altri tre. Non sapeva perché, ma ebbe anche la sensazione che,
non visto, il caporale stesse ridacchiando sottecchi.
Il Titano Femmina scostò con una mano un
ramo che le sbarrava la strada, spezzandolo come una bacchetta quando sarebbero
servite parecchie asce e parecchio lavoro per staccarlo dal fusto del suo albero.
La stanchezza iniziava a farsi sentire, ma a quanto pareva dovevano aver
rinunciato ad inseguirla, ritenendo con tutta probabilità morto il suo prezioso
boccone, al sicuro tra le guance.
“FERMATI!”
Di nuovo quella voce, ma neanche
stavolta si degnò di girarsi, per quanto la sentisse farsi via via più vicina e
minacciosa.
“FERMATI HO DETTO, DANNATA!” –gridava a
squarciagola una Annie il cui viso, dalla tela bianca che era di solito, si era
trasformato in un dipinto di collera vendicativa; i suoi occhi chiarissimi, da
placidi laghi ghiacciati, erano diventati una bufera di grandine e neve
impaziente di spazzarla via- “AFFRONTAMI!”.
Tanta stupidità non era da lei, ma se
era questo che voleva, quella falena, l’avrebbe accontentata.
“RESTITUISCIMI REINER!”
Ormai erano vicine. Annie riusciva a
vedere bene il suo collo dai muscoli vermigli fare capolino sotto la sua chioma
scura ogni volta questa saltava durante la falcata: era a portata di spada.
Ma cosa più importante, era lei alla
portata del suo braccio.
Mentre continuava a sbraitare come una
folle suicida, Annie non si distraeva un attimo dalle sue spalle: la pratica
nella lotta le aveva insegnato che, qualsiasi movimento compisse il suo
avversario, le spalle sarebbero state la prima parte del suo corpo a muoversi.
Solo così avrebbe potuto reagire in tempo.
Alla sua ennesima vuota minaccia, il
Titano Femmina rallentò strusciando i piedi, e si girò di colpo, allungando la
mano destra su di lei: una morsa capace di inghiottirla intera, nella quale
l’avrebbe schiacciata come nulla più che un molesto insetto.
<< Ora! >>
Puntò i grilletti della manovra dietro
le sue spalle, in modo da rallentare la sua forsennata corsa di esca. In questo
modo si sottrasse, quel tanto che bastava, alla sua presa, e, mentre lei veniva
tirata bruscamente indietro, nello stesso istante si facevano avanti, contro la
gigantesca mano, Levi ed Eld.
Guizzando svelte, le loro lame recisero
muscoli e tendini: da piano, se anche Annie non fosse stata abbastanza rapida
da sfuggirle, loro le avrebbero comunque impedito di stritolarla. Solo una
persona come lei, dai nervi freddi come acciaio, avrebbe potuto accettare quel
ruolo tanto rischioso e svolgerlo alla perfezione.
Mentre Eld raggiunse il polso, Levi,
prendendo a roteare su sé stesso, impugnando le spade alle sua personale
maniera, trasformò il suo intero corpo in una sega circolare, squarciando le
carni del titano nel percorrergli il braccio, fin quasi alla spalla.
Sapevano per certo che il suo potere
d’indurimento dovesse avere dei limiti: tanto Petra, Oluo ed Eld prima, quanto
Reiner, dopo essersi gettato nella mischia al posto loro, erano riusciti a
procurarle delle ferite. La cosa più ragionevole era concludere che la bastarda
dovesse in qualche modo concentrarsi sul punto da indurire, o che il processo
richiedesse un certo tempo.
Ecco perché dovevano sottrarglielo.
Prenderlo tutto per sé, essere tanto
veloci da non darle modo di reagire, e tagliare, tagliare, tagliare, tagliare.
Così, mentre la sua mente era ancora
rivolta alla sua mano e al suo braccio che venivano maciullati, Petra ed Oluo
si erano già lanciati contro le sue gambe.
Senza un grido, senza un verso, veloci
ed efficienti, i due le recisero il tendine del calcagno e, di ritorno, i
muscoli del polpaccio.
Annie, seguite le istruzioni e messasi
da parte su un ramo molto in alto, restò incantata dalla loro capacità di
coordinare gli attacchi: erano un concentrato letale di affiatamento e abilità
sopraffina, piacevolissimi da guardare. Il Titano Femmina non sapeva da che
parte guardare, dove concentrarsi, mentre i quattro, fendevano come frecce
l’aria attorno a lei, e lì dove udiva il loro sibilo, un altro taglio si apriva
sul suo corpo.
Poi non poté guardare e basta: in un
altro vincente passaggio, Levi ed Eld le cavarono ciascuno un occhio.
“Eccola che viene giù.” –fece Levi,
descrivendo nell’aria un ampio arco per tornare ad agganciare l’obiettivo.
Le gambe della gigantessa, martoriate
dall’incessante, certosino lavoro di Petra e Oluo, crollarono come un castello
di carte, e lei, cieca, e costretta a tenere una mano dietro il collo per
riparare il punto debole, inciampò goffamente sul sedere, strisciando poi
veloce all’indietro fino a riparare la schiena contro un albero.
“Ora il braccio sinistro.” –ordinò Levi.
L’altro era già stato conciato per le
feste, e con questo avrebbero avuto gioco ancora più facile: in quella
posizione, con l’ascella sollevata, offriva in bella vista tutti i muscoli e i
legamenti che consentivano di tenerlo sollevato dal corpo. Erano lì, che
pregavano di essere recisi.
“Sono… grandiosi.” –balbettò Annie,
stupendosi di una simile concentrazione di attacchi tanto mirati in così poco
tempo. Sarebbe stato davvero interessante riuscire ad imparare qualcosa da
loro: i migliori. Avvertì un calore, come trasmessole dal manto verde che
recava sulle spalle, come le Ali della Libertà sulla sua schiena si fossero
dispiegate, orgogliose, in pieno sole.
Levi, Eld, Petra, Oluo, si alternarono
uno dopo l’altro, come colpi d’ascia su un tronco che infine cedette: la mano
con cui riparava il punto debole crollò a terra.
Ma non avrebbero puntato al collo: Levi
si aspettava che avrebbe usato il suo potere per salvarsi la vita e mandare i
frantumi le loro lame, dandosi il tempo di riprendersi. Conoscendo bene lui e i
suoi compagni d’arme i tempi di rigenerazione dei titani, sapevano di avere in
ogni caso il tempo necessario per puntare dritti al loro obiettivo principale.
“La bocca!” –gridò Levi.
“Si!” –rispose Oluo.
L’uno calò da destra, l’altro da
sinistra: recisero le guance e poi i muscoli masseterini dell’angolo della
mandibola, quelli cioè che permettono di chiudere la bocca.
Questa, come la cesta del tesoro, si
spalancò davanti i loro occhi.
Un brivido d’adrenalina scosse Annie:
“Reiner!”
Appena vide la sua sagoma, appoggiata
sulla sua lingua, racchiusa in un bozzo di densa saliva di gigante, saltò dal
suo ramo e calò a tutta velocità tra quelle zanne. Lo caricò su una spalla e
scagliò di nuovo l’ancora su un albero distante.
“Ce l’ho!”
Ed era vivo.
Levi si allontanò dalla gigantessa,
richiamando a sé i suoi uomini: “Perfetto. Andiamo.”
“Umpf! Lo hai capito ora con chi hai a
che fare?” –la sbeffeggiò Oluo, prima di saltar giù dalla sua spalla e riattivare
la manovra tridimensionale.
Il cuore di Annie batteva all’impazzata.
Era così forte da sollevargli gli angoli
delle labbra.
Ce l’avevano fatta! Avevano salvato
Reiner!
Degli schiocchi. Come qualcosa che va in
pezzi.
Ossa.
In una stretta mortale.
Si girò a quell’urlo agghiacciante, come
tutti gli altri.
Le gambe di Oluo, agguantato a mezz’aria,
erano sparite nel pugno sinistro chiuso del titano, mentre le sue spade, brillando
alla luce un’ultima volta, cadevano sul freddo suolo ombroso.
Un “Come…” fievolissimo passò sulle
labbra di Petra.
I loro tempi erano stati perfetti, come
sempre.
Lo sberleffo di Oluo non poteva avere un
prezzo simile.
Perché il suo braccio si era mosso?
Perché era riuscita a prenderlo?
Lo udì gridare ancora mentre altre sue
ossa di veterano andavano in pezzi come biscotti.
Davanti gli occhi dell’immobile Petra
passò un ombra indistinta. Un fantasma impossibile da seguire con gli occhi, uno
spettro inarrestabile, lanciatosi in soccorso del suo subordinato.
Con gli occhi iniettati, Levi si abbatté
su quel pugno, riempiendolo di squarci fino a fargli mollare la presa.
“Oluo!”
Petra raggiunse al volo il corpo del
compagno che precipitava, allontanandosi subito.
Eld, incerto sul da farsi, restò ancora
a guardare, ma il suo intervento non fu necessario visto quanto il caporale
faceva sul serio.
La micidiale ruota di lame riapparve,
dilaniando come burro l’avambraccio, il gomito, il bicipite, la spalla, il lato
del collo, la mandibola cadente.
Per poi fermarsi, al cospetto del suo
occhio sinistro.
Era aperto.
Era capace di indurirsi e anche di
accelerare la rigenerazione di alcune parti del corpo rispetto ad altre, come
capiva dall’occhio destro, ancora sanguinante.
Il milite più forte dell’umanità, per un
lungo secondo, si specchiò in quel lago buio che era la pupilla che lo stava
fissando: meglio non sfidare la sorte più del dovuto, pensò, conscio di aver
comunque ottenuto ciò che voleva, e di aver già perso più di quanto volesse
permettersi.
“Andiamo.”
La Squadra Operazioni Speciali batté
quindi in ritirata, con Reiner caricato sulle spalle di Annie ed Oluo su quelle
di Petra.
Annie si girò verso il nemico sconfitto.
Aveva le traveggole, o quella assassina
a sangue freddo stava piangendo?
Quanto c’era di umano in lei? Che tipo
di lacrime erano quelle? Chi era in realtà?
Quando iniziò a rinvenire, le sue
palpebre faticarono a dischiudersi alla luce calda del tramonto. Aveva un
dolore terribile alla testa, come gliel’avessero spaccata.
Ai suoi occhi confusi apparve una sagoma
in ombra e, spaventato, tese i muscoli. Fu però molto contento quando si rivelò
essere il calmo viso inespressivo della sua migliore amica.
“Annie…”
“Come ti senti, Reiner?”
A pezzi, evitò di dire. Provò a fare
mente locale, e riavvolse il filo dei suoi ricordi fino al dolore lancinante
alla bocca e alla mano, e al calcio che gli era stato fatale.
Sbigottì e cercò di rialzarsi, ma era
senza forze; si guardò intorno e si rese conto di essere disteso su uno dei
carri di supporto della Legione. Regnava una stanca quiete, lì sotto il cielo
arancione: i soldati che avevano partecipato, ed erano sopravvissuti, alla
cinquantasettesima spedizione fuori le mura si trascinavano nei preparativi per
il ritorno a casa. Le loro teste erano già davanti il focolare delle amate
case, ma per le loro membra provate c’era ancora molto da fare: caricare le
scorte, foraggiare i cavalli per il viaggio di rientro, avvolgere i cadaveri
nei teli e caricarli sui loro carriaggi…
“Il Titano Femmina… Che ne è stato del
Titano Femmina?”
“Non siamo riusciti a catturarlo, ma
siamo riusciti a salvarti. Sta giù, cerca di riposare.”
Quelle parole di premura gli bruciarono
dentro: non solo era riuscita a sfuggire alla cattura, decretando così il
fallimento dell’intera spedizione, non solo non era riuscito a batterla neanche
trasformandosi in titano, ma aveva dovuto anche farsi salvare dopo averle prese
sonoramente. Neanche fosse una damigella in pericolo! E ora per giunta la sua
amica doveva star lì preoccuparsi che lui, grande e grosso, si riposasse, come
al suo capezzale. Come poteva riposare con l’orgoglio a pezzi che chiedeva a
gran voce rivincita? Aveva rifiutato di lasciarsi difendere da altri sperando
di evitare ulteriori lutti, e invece aveva messo a rischio altre vite, lanciatesi
a recuperarlo dopo la sua magra figura.
Quel pensiero lo attraversò da parte a
parte come una saetta.
“Che ne è della Squadra Operazioni
Speciali?”
“Sono stati loro a salvarti.” –si
eclissò lei con modestia.
“Stanno tutti bene, vero?”
“……”
“Vero?”
Annie gli fece un cenno del capo e
Reiner ruotò il volto verso quella direzione. Disteso da lì, riusciva a vedere
i soldati addetti alla disposizione dei cadaveri lavorare a pieno ritmo, e, più
vicino ancora, il caporale Levi e la sua squadra riuniti intorno ad Oluo
disteso a terra.
Le sue gambe avevano tutte le ossa
spezzate, erano ridotte a carne maciullata, così come in frantumi erano anche
il bacino e le ultime vertebre, non avvertiva più nulla dal petto in giù, e di
certo alcuni dei suoi organi interni erano in condizioni altrettanto pietose.
Non ce l’avrebbe fatta, lo sapeva bene,
e lo sapevano il caporale Levi e gli altri i suoi compagni che lo attorniavano,
e che gli sarebbero rimasti accanto, pazienti, fino all’ultimo respiro: il
giusto onore da rendere a un guerriero del suo calibro, nonché vecchio amico.
Petra era l’unica inginocchiata al suo fianco, intenta a tenergli la mano.
Reiner deglutì, ma la gola gli restò
secca.
“Non capisco perché se la sia presa
tanto.” –ci scherzò su il moribondo, ridendo da solo- “Col senno di poi, potevo
risparmiarmela quella sbruffonata in effetti…” –alzò gli occhi su Levi- “Tu
invece hai resistito alla tentazione, eh?”
Il viso di Levi rimase immobile e
illeggibile.
Quello di Petra era l’esatto opposto,
cambiava colore ogni attimo, la sofferenza lo impallidiva un istante, la rabbia
lo arrossiva l’istante dopo.
Strinse più forte quelle dita fredde:
“Stupido! Tu e la tue manie idiote!”
“Petra!” –provò a redarguirla Eld, ma
lei andò avanti come un fiume in piena, coprendo coi denti stretti le lacrime
che facevano gran sforzo per restare nei suoi occhi dorati.
“Sei uno stupido, Oluo! Ti pavoneggi,
provi a imitare il caporale, e alla fine…”
“Petra, smettila!”
“No, lascia Eld, ha ragione: ho passato troppo tempo ad imitare questo tappo
del nostro caporale e troppo poco a mostrare i miei veri sentimenti. Non posso
dirle proprio nulla se ora è lei a farlo, dico bene?”
Petra sentì come se per un attimo la
vita fosse tornata in quelle dita, avvolte tra le sue, che ricambiarono la sua
stretta, con ancora più calore.
“Scusa Petra, hai ragione, me lo sono
proprio meritato di finire così…”
Che diavolo hai da sorridere, cercò di
dire Petra, scoprendosi afona davanti quell’espressione che gli rivolgeva.
Girò appena il capo verso Levi, e
questi, come chiamato, si avvicinò.
“Ehi… Per favore, Levi…” –disse col
fiato sempre più corto- “Prenditi cura tu di…”
Il suo nome restò incarcerato nel suo
ultimo sospiro, e non venne fuori.
Neanche Levi disse nulla, avendogli già
risposto con lo sguardo.
Si inginocchiò, e gli chiuse gli occhi.
Eld si girò.
“… Oluo…” -la ragazza strinse ancora la
sua mano. Ma stavolta lui non ricambiò. Continuò a stringerla, come potesse
dargli un pochino della sua vita, quanto bastasse a far muovere ancora quelle
dita, ma erano di nuovo fredde, per sempre immobili.
I denti si dischiusero, e le lacrime
vennero lasciate libere.
“Stupido…”
Andarsene così, senza dirle altro, senza
dirglielo chiaramente. Che stupido.
La testa le crollò sul suo petto. Levi,
dopo un attimo di incertezza, la lasciò stare e si allontanò.
Annie fu colta di sorpresa dai suoi
singhiozzi. Si girò e abbassò lo sguardo su di lui, che, scosso dai singulti,
si copriva gli occhi con la mano.
In vita sua non aveva mai visto Reiner
piangere così.
Quando Reiner piangeva, come era
successo quando, da piccoli, i titani avevano distrutto le loro case e le loro
vite infantili, la forza del suo spirito non spariva, si infondeva nelle sue
lacrime, continuava a spronarlo e a spronare gli altri intorno, gli faceva
promettere cose del tipo sterminare tutti i titani dal primo all’ultimo pur
essendo solo un bambino che per la prima volta assaggia la durezza della
realtà.
Ora era cresciuto, e ne aveva passate
tante altre, rimanendo sempre il sé stesso di allora, sempre votato al dovere,
sempre incapace di perdersi d’animo.
Stavolta non lo riconosceva, semplicemente perché non si era mai mostrato tanto
fragile, nemmeno dinanzi a lei, che pure era la sua migliore amica.
“Reiner…”
“Non è cambiato nulla!” –esplose tra due singhiozzi.
Lei era così minuta, al suo confronto lo
diventava ancora di più; ora quel suo corpo così robusto, scosso dai tremori del
pianto, sembrava rimpicciolirsi davanti i suoi occhi.
“Sono diventato un titano e non è
cambiato niente! Non riesco a proteggere nessuno neanche così!”
Da bambino aveva visto divorare Berik
durante la caduta del Wall Maria, da soldato aveva visto morire a uno a uno
quelli della sua squadra e aveva perduto un braccio nell’inutile tentativo di
tirar fuori Berthold dalla bocca di un titano, da titano aveva dovuto farsi
salvare da dei “normalissimi” umani, che per riscattarlo avevano pagato altro
sangue, quasi come lui valesse in qualche modo più di loro.
“Alla fine resto solo… un grande,
grosso, inutile…”
La mano di Annie si poggiò sulla sua
spalla, fermandolo.
“Non dire così. Niente di ciò che
facciamo in questa vita è inutile: davvero devo essere io a ricordartelo?”
Pazzesco, quante volte, lei così
pragmatica e distaccata, era venuta allo scontro, anche duro, con lui, sempre
così fiducioso di sé e dell’umanità.
Adesso era venuto il momento per lei di
ricambiare.
“Mi dici sempre che dobbiamo sforzarci
con tutti noi stessi, e tu lo hai fatto: dici che è stato inutile, ma se non
avessi combattuto come sarebbe andata? Forse ora lì a terra ci sarebbero anche
Petra, Eld, o addirittura Levi.”
E se l’umanità, che attendeva dalla sua
dorata prigione lì dentro le mura, al loro ritorno si fosse scoperta orfana del
suo eroe, solo il cielo sapeva che giorni bui e disperati sarebbero stati
quelli a venire.
“Sei forte, Reiner, ma non devi
combattere per forza da solo. Ci sono io, c’è Berthold, e ci sono anche loro…”
Guardarono insieme il caporale Levi
scostare il lenzuolo che rivestiva Oluo, per staccare col coltellino la
mostrina con le Ali della Libertà dalla sua divisa, e nasconderla nella tasca
interna dell’uniforme, vicino al cuore.
“Questo potere che hai… è capitato nelle
mani giuste, non potrei esserne più sicura. Se però inizierai a non esserne
sicuro tu stesso, allora sì, che diventerà tutto inutile: sia il tuo potere,
che la morte di Oluo, che di tutti gli altri…”
Reiner tolse la mano dal viso. La
guardò, stagliarsi, bagnata ancora delle sue lacrime, sullo sfondo del cielo
arrossato da tutto il sangue di quel triste giorno, e guardò le proprie vene,
in cui ora scorreva la capacità straordinaria di trasformarsi nel più temibile
nemico dell’umanità per poter essere la sua più grande speranza.
Era suo dovere, si ripeté. Suo preciso
dovere.
Chiuse il pugno, e trattenne altri
singhiozzi.
Annie, di nascosto, sorrise.
Del resto, aveva imparato dal migliore
quanto a sostenere gli altri.
Reiner si sarebbe ripreso, sarebbe
maturato, e avrebbe continuato a combattere più forte di prima.
Ma ora basta combattimenti.
La sua anima, l’anima di Reiner, le
anime di tutti quegli uomini ammantati di verde lì intorno, erano esauste.
Rilassò la schiena sul fianco di legno
del carro, e prese alcuni respiri profondi, con la testa un po’ reclinata, da
poter guardare anche lei il cielo.
Chissà in tutto questo come se la stava
cavando Berthold, nelle mani della Gendarmeria. Volevano rivederlo.
Non vedevano l’ora di essere a casa.
Questa fanfic mi è piaciuto scriverla
dall’inizio alla fine! È così piena di scene stupende, e di ogni genere! Non
potete immaginare la mia soddisfazione ^__^ E spero siate soddisfatti anche voi
che l’avete letta.
Come avete visto, in questo mondo
alternativo, immagino che, essendoci due ragazzi-titano anziché uno, a seguito
del “conflitto di giurisdizione”, il giudice Zackley abbia optato per assegnare
Berthold alla Gendarmeria e Reiner alla Legione, di modo da accontentare
entrambe le parti, e soprattutto essere sicuri che il secondo non faccia
scherzi… La scelta di Reiner, opposta a quella fatta da Eren, ha consentito a
parte della Squadra Levi di salvarsi, anche se non tutti hanno avuto tale
fortuna: ho avuto modo così di dispiegare un po’ anche il mio animo Oluo x Petra
XD
Pareri? Suggerimenti? ^__° Altri episodi
che vorreste vedere in versione “Swapped”?
Alla prossima!
PS: La scena della morte di Oluo l’ho
scritta ascoltando la canzone “If I die young”, scoperta appunto in un amv su
Shingeki no Kyojin: https://www.youtube.com/watch?v=cloNEppg8j4
Vi dico solo che stavo commuovendomi
anch’io… ^__°