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Autore: Maiden Of The Moon    03/04/2009    3 recensioni
Tutti abbiamo degli scheletri nel nostro armadio... e Edward e Alexander Elric stanno per scoprire quelli del loro nonno. [Elricest x 2!] Traduzione di nacchan <3
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Nuovo personaggio
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: io coi diritti di FMA... che pensiero spaventoso. X3 (Ma possiedo i miei piccoli OC! *Li abbraccia*)

Note dell'autore: Sono ancora senza parole, GRAZIE a tutti per il vostro supporto! Vi amo ragazzi – e vi sono così grata!

Spero che vi piaccia questo capitolo... sono abbastanza sicura che lo apprezzerete.

(Ps. RAY sta per Rainbow Alliance of Youth. È un gruppo che combatte per l'uguaglianza e cerca di mettere fine ai pregiudizi basati su razza, religione, orientamento sessuale, etc. *è una fiera membra XD*)

XXX

X

X

X

Il braccio mi faceva male da morire, la mattina dopo. Ad essere sinceri, non riuscivo neanche a muoverlo – non per il resto della giornata.
Ma ne era valsa la pena... per un piccolo sprazzo di speranza.

X

X

X

XXX

Skeletons

XXX

Cosa ne pensi?”

Rosalie sollevò improvvisamente il viso dal mazzo che stava mischiando, sollevando un sopracciglio alla domanda di suo fratello. Come un segnale, un fascio di luce illuminò la stanza. Era mercoledì, c'era un temporale, e Alex in quel momento era seduto di fianco a lei, che poltriva sul pavimento della sua camera da letto, riposando il mento sui palmi delle mani. Era strano per Rosie essere in casa un giorno della settimana (dato che partecipava a molti club scolastici), e i due avevano deciso di approfittare dell'occasione che il RAY le aveva dato annullando l'incontro: l'opportunità di prendere il loro mazzo di carte – l'unica piacevole colpa che entrambi condividevano. Tra di loro, una scodella piena di popcorn al formaggio e un sacco di poker chips, entrambe in attesa di essere vinte.

Alexander guardò la sua espressione piatta, stringendosi di più a sé il piumino, tossendo una volta. Poi lei sbatté le palpebre.

... dovresti essere un po' più specifico di così,” sbuffò infine Rosalie, distribuendo le carte, ridacchiando mentre i suoi bracciali tintinnavano, “altrimenti staremo qua tutta la notte.” Ghignando per la sua battuta, prese le sue carte e le organizzò. Lo stesso fece Alex. “Cosa penso riguardo cosa?”

...” Il moro non rispose per un attimo, scegliendo invece di toccare il suo cinque di cuori. Eccolo... Rosie portò un cartone di succo alle sue labbra, sorseggiandone un po' - “Pensi che io sia gay?”

Prima di strozzarsi prontamente.

Al la guardò, a metà tra il divertito e l'indignato, come Rosalie batté la mano sul suo petto, cercando di respirare di nuovo. “Come SCUSA?” tossì poi, drizzandosi un un'aria di... beh, non riusciva davvero a dire di cosa. Sembrava essere un misto di shock e piacere ed esasperazione. In ogni caso i suoi occhi stavano brillando in quel modo 'familiare' – il 'modo' che tutti temevano. “Mi hai appena chiesto se io penso che tu sia gay?”

Ora suonava semplicemente esultante.

L'espressione di Alex diventò acida, mentre tirava distrattamente un lembo logoro della sua coperta. “Guarda, non devi farne un grande problema,” brontolò, cercando di nascondere la faccia mentre le sue guance si scaldavano. “Non ne sono neanche sicuro, ok? È per questo che te lo sto chied-”

Ma Rosie non stava ascoltando, non prestava più attenzione neanche alle sue carte. (Alexander notò con disappunto che era riuscita ad avere un gran colpo di fortuna con le sue carte.) “Pensi di poter essere gay?” strillò, anche se la sua faccia urlava: Finalmente sei saltato fuori dall'armadio, fratellone? “”Ma è fantastico!”

Fantastico-?' “HO DETTO”, ripeté il moro con una esplosione di impazienza, “che io- io non lo so, Rosie! Per quello te lo sto chiedendo!”

...” il divertimento nel suo viso crebbe, ma per una ragione diversa. “... Quindi decido io?” chiese con uno sbuffo, le sue sopracciglia che si alzavano fino all'attaccatura dei capelli. “Se ti dico che tu sei gay, mi crederai e comincerai a cercare di 'attirare' qualche ragazzo?”

Alexander si colorò più drasticamente che mai, scuotendo la testa in diniego. “Non volevo dire questo...” mormorò, stringendo le sue carte, la faccia china verso il tappeto. Guardava il tessuto cereo sollevarsi e abbassarsi con forzata attenzione. “Io... Ho solo bisogno dell'opinione di qualcun altro. Non so più cosa pensare.”

Rosie mugugnò, poggiandosi sul suo pugno e sventolandosi con le sue carte. La sua maglia larga e col colletto abbottonato si raggrinziva attorno ai suoi polsi. “Beh,” disse poi, suonando pensosa, “iniziamo dall'inizio. Quando è venuto fuori tutto questo? Dico il tuo domandarti.”

'Terza media', pensò miseramente, ma non aveva il cuore di dirlo. Terza media... fin da Zena, la sua prima (e unica) fidanzata. Zena Palzack, che durò una settimana. Zena Palzack, che aveva invitato ad uscire per colpa di una scommessa. Non che non le fosse mai piaciuta, erano stati buoni amici, al tempo. Entrambi erano appassionati di storia e animali... e non che lei avesse fatto qualcosa di sbagliato: era divertente e dolce e carina, con un sorriso gentile e lunghi codini castani che le cadevano sulle cosce. ma... semplicemente non riusciva a voler fare nulla con lei. Non voleva tenerle la mano, non voleva portarle i libri, e sicuro come era l'inferno, non voleva baciarla.

Piuttosto avrebbe preferito farlo con Alchemy.

Ma quando aveva detto a Edward che si erano lasciati... e aveva visto quell'adorabile ghigno che Ed aveva cercato con tutte le sue forze di nascondere... poi si era sentito felice. Poi si era sentito come se, forse, avrebbe potuto provare piacere nel fare qualcosa... qualcosa per Edward. Così cominciò a fare la tavola, anche quando era il turno di suo fratello, e anche se aveva litigato con Edward per essere un insensibile bastardo per quanto riguardava la storia con Zena.

Alex si batté la fronte col pugno, cercando di cancellare il ricordo. “Non lo so”, grugnì infine – evitando accuratamente lo sguardo penetrante di Rosie. “Un paio di mesi...?”

Lei mugugnò di nuovo, nonostante paresse non credergli, picchiettando la sua guancia con una unghia appena passata sotto la sua manicure. La punta brillava con glitter blu scuro. “C'è qualcuno in particolare per cui senti qualcosa? Perché potresti essere bi se pensi che le ragazze siano comunque attraenti, ma ti sei preso una cotta per qualche ragazzo.” Fece un sorriso a trentadue denti, ammiccando. La catena che portava sui fianchi fece rumore mentre incrociava le sue gambe come un'indiana. “Per quel che ne so, lo sai – pensavo che Todd Multare fosse sexy, ma era con Amy che volevo uscire.”

Il moro lanciò un vago sguardo a sua sorella, prima di sdraiarsi, fissando il soffitto. “Come è successo, comunque?” chiede, un po' più curioso di quel che sperava. “Tu e Amy insieme... vi conoscete da, quanto, quando facevate scout? Quand'è che Amy ti ha detto di essere lesbica?”

Non ha avuto bisogno di dirmelo,” sbottò Rosie, suonando esasperata, (gli occhi di Alex rotearono al suo tono di voce.) “Era ovvio da come si comportava... almeno, ovvio per me. Perché arrossiva sempre quando eravamo insieme. Sai che passavo un sacco di notti a casa sua in seconda media? Ecco, una di quelle volte, ci stavamo mettendo il pigiama e l'ho beccata che mi fissava. Provava a non farlo, ma posso dirti che era affascinata. Le sue mani tremavano. Ho pensato che fosse carina fin dalla prima media, e poi ho notato tutte le cose carine che faceva per me – come cercare pezzi di computer introvabili. E io volevo vedere se le piacevo davvero, come lei piaceva a me... così le ho detto che il mio reggiseno era impigliato e avevo bisogno che mi aiutasse a slacciarlo. Lei non voleva aiutarmi, ovviamente, ma l'ho persuasa... e poi, quando si è avvicinata, l'ho presa e-”

La bionda si fermò improvvisamente, notando lo sguardo terribilmente scioccato nel viso di suo fratello.

Si schiarì la voce.

COMUNQUE,” sorrise Rosie, arrossendo un poco, “diciamo solo che le cose furono molto più chiare dopo,” il suo sorriso scemò un poco, diventando cagnesco. “... Non guardami così. Ci siamo solo baciate. Niente sesso prima del matrimonio, onore di scout.” Unì le mani come la scout che cercava di essere (fallendo miseramente).

Alex si chiese se fosse possibile scacciare la propria immaginazione.

Ma comunque non parlavamo di me,” cinguettò velocemente Rosalie, buttando le sue carte di fianco. “Ma di te. Per chi hai una cotta?” ghignò, pozzi azzurri che brillavano eccitati. “Qualcuno che conosco?”

'Fin troppo', rispose mentalmente – ma non disse niente.

Comportamento classico... Rosie prese il suo silenzio per un 'sì'. Il fatto che lui stesse violentemente arrossendo non ostacolò la sua decisione. “In quel caso”, tubò, chiaramente divertendosi, “la cosa giusta che puoi fare e vedere se quella persona prova la stessa cosa per te. Se è così, allora vai avanti!”

Il suo sproloquio eccitato si calmò rapidamente, comunque, vedendo ancora incertezza nel viso di Alexander. Sospirò.

Alex... se c'è una cosa in cui credo, è che l'amore è amore. Il sesso di una persona non c'entra niente. Odio come la gente tenti di metterci in scatole; come cerchino di etichettarci come 'etero' o 'gay' o ancora 'bi'. E poi cercano di dire che alcune di quelle scatole sono sbagliate... Dio non ci avrebbe dato questi sentimenti se non avesse voluto che noi li avessimo; non tutto riguarda il resistere alla tentazione. Se questo ragazzo ti piace davvero come sembra – e credimi, sembra proprio che ti piaccia un sacco” - ridacchiò, lui guardò lontano, coprendosi il viso con le mani - “allora VAI. Cosa hai da perdere?”

'Un fratello...?' Ma per la terza volta, non diede parola ai suoi pensieri: annuì semplicemente. “Suppongo di sì... Ci penserò.”

Sono non pensarci troppo,” lo avvertì Rosie, prendendo di nuovo in mano le sue carte. “A volte può peggiorare le cose. Le emozioni sono forti... dovresti seguirle, quando puoi. Aiutano.”

Alex non poté far altro che sorridere. “Questo viene dalla ragazza che perde il controllo ogni giorno. Parlando della quale – non sei in punizione domani?”

Sta' zitto e scarta.”



X

Novembre, 1922

Caro Al,

Ti sogno spesso, lo faccio quasi ogni notte. Ma per qualche ragione, i sogni stanno diventando più nitidi – meno ricordi sfocati e più “flash”. “Flash” come fotografie, che mi fanno sapere che stai bene. Innumerevoli foto, maledettamente veloci come se fosse la bobina di un film: tu che ti alleni con la maestra, che giochi coi gatti vagabondi, che aiuti Winry con le faccende domestiche, che cammini in deserti stranieri, che fai crescere i capelli...

Ma in tutte queste foto, stai guardando lontano. Cerchi qualcosa coi tuoi occhi.

È come se stessi cercando di trovarmi, anche nei sogni. E quando lo capisco, anche se incosciente, ti chiamo... e poi mi sveglio.

Lo senti? Quando chiamo il tuo nome... Heiderich lo sente, e di solito viene correndo. È sempre imbarazzante spiegare che stavo solo sognando.

Ma... ne varrebbe la pena se – per anche solo una volta – la mia voce ti raggiungesse, e ti facesse sapere che sono qui.

Ed

X

Alex prendeva lezioni di piano da quando aveva quattro anni. Non aveva mai particolarmente amato lo strumento, e non aveva neanche un talento naturale, ma una volta sua madre lo aveva visto pigiare pesantemente i tasti del pianoforte a mezza coda che nonno Elric aveva (finché non si era spostato in un appartamento, comunque), e lo aveva immediatamente iscritto per delle lezioni.

E non aveva ancora ceduto a lasciarlo smettere.

Ma andava bene. Aveva alcuni privilegi per quel motivo – come i primi tuffi nel deserto nei recital notturni – e in più gli dava qualcosa da fare i giovedì pomeriggio dalle quattro e mezza alle cinque e mezza. E poi doveva ammetterlo... c'era qualcosa di calmante nel suonare, o anche solo nell'armeggiare con il vecchio piano nel salotto. Era calmante: solo lui e le note – l'unica cosa nella sua vita che poteva controllare. Di recente, sentiva il bisogno di quel potere e catarsi molto più frequentemente del solito...

E incolpava il piano per momenti come questo.

Alexander sospirò pesantemente, premendo la sua fronte contro il finestrino, guardando lo scenario scorrere veloce. Alberi e campi e colline lontane... la città non sembrava molto distante, ma era davvero difficile poterlo dire da lì. Era bello, però.

Strizzò gli occhi, muovendoli – fissando il debole riflesso di Edward nel posto di guida. Suo fratello guardava avanti, le labbra increspate, vestito con pantaloni da ginnastica e una maglia sporche di tinta. Il biondo scosse lentamente la testa, scostando un paio di ciocche dai suoi occhi; ciocche che rifiutavano di stare in una coda. Sembrava quasi infastidito, borbottando qualcosa sotto il suo respiro. Alex non poteva biasimarlo – in teoria doveva essere sua madre a portarlo a lezione. Non che portare Alex fosse un grande problema, ma Ed era davvero assorto nel progetto che stava portando avanti. E a lui non piaceva essere interrotto.

O almeno... era questo che Alexander aveva scelto si stare in silenzio. Per non parlare della pesante coltre di tensione tra di loro.

Il moro deglutì silenziosamente, sperando di poter dire qualcosa. Ma da quella notte... in cui si tennero le mani... non ci riusciva. Cosa avrebbe potuto dire? O meglio, cosa si aspettava che dicesse, Edward? C'era sicuramente qualcosa... perché quando i loro sguardi si incrociarono, c'era sicuramente una domanda dietro i suoi occhi dorati. Alex aveva paura di scoprirla. Forse perché la conosceva già... o, almeno, aveva una idea abbastanza chiara.

Le sue dita si strinsero attorno al quaderno di musica. Perché momenti come quello gli facevano sempre venire voglia di vomitare? “Ed...”

Il maggiore dei due si irrigidì un poco, guardando con la coda dell'occhio suo fratello minore. Sembrava sorpreso da quell'improvviso invito a iniziare una conversazione. “Sì?”

Cosa vuoi da me?” chiese piano, poggiando il mento nelle sue mani e fissando fuori dal finestrino. Le sue unghie tamburellavano nervosamente contro la sua carne. “So che c'è qualcosa... sei silenzioso da tanto tempo.”

Notò con un po' stupore il vago rossore che prendeva il collo di Edward e macchiava le sue orecchie; poi si maledì silenziosamente quando realizzò come avesse espresso male la sua domanda. 'Sembravo disperato!' si castigò, sentendo il desiderio di voler sbattere ripetutamente la sua testa contro il parabrezza. Ma forse sarebbe stato troppo eccessivo. E sospettoso.

Ma grazie al cielo, Ed continuò senza considerare l'orribile scelta di parole di Al. “Non voglio niente da te,” lo rassicurò, riuscendo con successo a camuffare il suo imbarazzo (E anche Alex desiderava essere così bravo.) “Mi chiedevo solo se hai pensato a qualcosa riguardo le tue sensazioni per... lo sai. Quello di cui abbiamo parlato qualche notte fa.”

In qualche modo, Alexander era divertito dal fatto che Edward sembrasse incapace di dire le parole 'gay' e 'Al' nella stessa frase. Ma allo stesso tempo, quasi lo infastidiva. Come se Ed non credesse veramente che lui potesse esserlo.

'Perché voglio dimostrarglielo?'

Stava davvero andando fuori di testa.

Edward buttò di nuovo lo sguardo su di lui; la macchina venne colpita da una luce giallastra. Alex sospirò, chiudendo gli occhi, stringendo il suo quaderno al petto mentre la fronte incontrava di nuovo il finestrino. E poi, prima che potesse realizzare di star parlando, sentì se stesso dire:

... Ci ho pensato. E ho realizzato che non mi è mai piaciuta nessuna ragazza.”

Il biondo riportò rapidamente lo sguardo sul suo posto, poi sbuffò e sorrise dolcemente. “Non vuol dire niente.” assicurò, svoltando a destra con facilità. Alex desiderò per l'ennesima volta di avere la patente, piuttosto che solo i suoi lavoretti saltuari. Almeno non avrebbe dovuto avere conversazioni imbarazzanti con suo fratello in macchina... “Forse non hai trovato ancora la ragazza giusta, semplicemente. Non devi preoccuparti.”

Ma il più giovane scosse la testa – e mentre lo faceva, anche il resto del corpo cominciò a tremare. “No,” mormorò, deglutendo rumorosamente. I suoi nervi era una carcassa di elettricità nervosa... “No, penso davvero... sono abbastanza sicuro di essere gay, probabilmente.”

Edward non rispose. Le sue labbra si erano increspate in un leggero cipiglio: non arrabbiato, ma neanche felice. Più preoccupato che altro. Poi sospirò, portando la sua coda dietro la spalla – prima di permettere a quella mano di poggiarsi soffice sopra quella di Alexander. Il tremore rallentò, ma il cuore di Alexander accelerò di colpo. “... Posso chiederti una cosa, Al?”

Alex annuì, non volendo parlare. Se lo avesse fatto, avrebbe potuto dire qualcosa di cui si sarebbe poi pentito...

Perché ti spaventa così tanto?” chiede delicatamente Ed, tenendo gli occhi sulla strada e la sua mano su quella di Al. “Dico, essere gay. Rosie ed io non siamo etero come delle stecche, ma non ti ha mai disturbato. Perché hai paura della possibilità di essere gay anche tu?”

Ed eccola. LA domanda. Sapeva che prima o poi sarebbe arrivata, ma ora che era lì... Al lasciò che le parole scivolassero nel silenzio, sperando che si sbiadissero. Deglutì, bagnando le sue labbra per tre volte in poco tempo, ma non importava quanto l'avesse tenuto in stallo, il silenzio assordante che gli martellava sopra, con crudeltà.

Decise che tutto sarebbe stato meglio che stare semplicemente seduto li ad agitarsi.

Non è...” iniziò esitante Alexander, cercando di ignorare il calore piacevole e formicolante che si irradiava dalle dita di Ed. “Non è essere gay che mi fa paura... è quello che dovrei ammettere, se lo fossi.”

Le sopracciglia di Edward si inarcarono, chiaramente confuso. “Che vuoi dire?”

Che vuoi dire... Bella domanda. Alex strizzò gli occhi, terrorizzato – ma non aveva da dire altro che la verità. O almeno, una parte. “Se fossi gay,” precisò, spostandosi un poco verso lo sportello, “vorrebbe dire che... questi sentimenti che provo per- per questo ragazzo che conosco... vorrebbe dire che non sono così... mh, beh, platonici come ho cercato di fare finta che lo fossero. E che potrebbero rovinare le cose con lui, perché non c'è nessuna possibilità che lui provi per me lo stesso, viste le... circostanze. E quindi ho paura che, se fossi gay... dovrei finalmente ammettere a me stesso che lo amo.”

Ed non disse niente – ma i suoi occhi si erano stranamente induriti, e la sua presa nel volante si era fatta più forte. Alex poteva sentire la gomma scricchiolare sotto la mano forte di Edward. 'Ho detto di nuovo qualcosa di sbagliato? O... o ha capito -!' Ma la voce del biondo, quando parlò, era tranquilla. Pericolosamente tranquilla. “Dunque...

Chi è?”

Alexander non rispose.

Al?” ripeté il più grande, con un tono di calma forzata. Alexander non aveva mai voluto rimettere tanto come in quel momento... “Puoi dirmi chi è? Magari posso aiutarti.”

Grazie al cielo, la macchina si fermò di fronte alla casa della sua insegnante di piano in quel momento – e poteva vedere la signorina Carter aspettarlo dal finestrino, guardandolo torvo, occhi neri che brillavano mentre batteva il dito sull'orologio. Si voltò, i dreadlocks che seguivano i suoi movimenti.

Non aveva bisogno di nessuna scusa per svignarsela.

Al!”

Alex corse via senza guardarsi indietro.



X

Marzo, 1923

Caro Al,

Chissà quanto è lontano il cielo? Sembrano miglia... pensi che un razzo possa davvero riuscire a toccarlo?

In quale altro modo potrei riuscire a trovarti, se per qualche ragione non potesse?

Ed

X

Ovviamente, senza bisogno di dirlo, il ritorno a casa quel pomeriggio fu decisamente teso. Nessuno di loro aveva proferito parola: Edward che aspettava la risposta di Alex; Alex che sperava che Edward si dimenticasse di tutto. Era stato così vicino a dire qualcosa che non avrebbe dovuto...! Non voleva dirgli una bugia. Dunque il silenzio rimase. Non sono in macchina, ma anche a casa – prolungandosi fino al resto della sera, procedendo fino al mattino dopo, continuando durante la scuola, e continuando così fino a venerdì notte.

Era l'inferno.

Alex stava seduto tristemente al tavolo della cucina, guardando l'orologio digitale scandire le ore. 23:34... 00:06... 01:57... le ore si trascinavano velocemente. Ma comunque non si mosse da dove s'era seduto alle 19 per fare i compiti, quella notte. Diavolo, non si era mosso neanche per fare quei compiti – i suoi occhi fissi sull'orologio e il mento nel suo palmo destro, la mano sinistra stringeva una micromina come un pugnale, poggiata su un libro aperto e un quaderno. Sì, aveva dimenticato i suoi compiti da secoli.

'E ora cosa faccio?' pensò disperatamente, e non per la prima volta quella sera, 'Ed già mi odia, e non gli ho neanche detto che lo – argh, no, smettila Alexander! Anche se SEI gay, non puoi amare tuo fratello. È tuo FRATELLO!'

Le unghie affondarono nel suo mento; si morse il labbro inferiore.

La porta sul retro scricchiolò leggermente, mentre veniva aperta.

E se Alexander ovviamente non era sorpreso della cosa, Rosalie lo era – quasi saltò un miglio quando vide il suo fratello maggiore seduto al tavolo, guardando i suoi tentativi di scivolare dentro casa con occhi ristretti. “Che d-!” sibilò, stringendo la sua maglia dove doveva esserci il cuore, cercando di riprendersi con un respiro profondo. “Dio, Alex!” guaì Rosie in un sospiro, cercando di ricomporsi “Cercavi di farmi venire un infarto?”

No,” sbottò Alex, senza muoversi ancora di un millimetro. “Ma se tu fossi tornata a casa in tempo...”

Io ero a casa in orario,” ribatté fredda la ragazza. “Ero in veranda con Amy. Puoi chiederglielo.”

Il moro guardò sua sorella con uno sguardo secco. “... Nella veranda. Fino alle undici?”

Rosalie ghignò largamente, pulendo una traccia di rossetto dalla sua guancia. “Abbiamo parlato un sacco.”

Ne sono certo.”

Hey, abbiamo parlato,” protestò – nonostante continuasse a sorridere birichina, prendendo una sedia e mettendocisi a cavalcioni, riposando le braccia nello schienale. “La comunicazione è la chiave di una relazione, lo sai. Ma... abbiamo passato anche un po' di tempo a baciarci.” Ammiccò in un modo che Alex non avrebbe voluto vedere mai più. La sua faccia cadde contro il libro aperto di Calcoli.

La ragazza strabuzzò gli occhi attonita, al brontolio del fratello tra le pagine. “Che c'è?”

Alex non rispose.

Alex...” disse Rosie piano, le sopracciglia che si aggrottavano mentre iniziava a giocare coi suoi guanti senza dita. Il tintinnare degli anelli decorativi che sbattevano tra di loro fecero sorgere sul viso di Alex un ghigno nascosto. 'Ed una volta gli aveva chiamati guanti-campanacci... e aveva detto a Rosie che sembrava una mucca in avvicinamento.'

Ma il suo divertimento mutò rapidamente in un altro lamento angosciato. 'Dannazione!' ringhiò mentalmente, colpendo le sue tempie coi pugni. 'Edward, esci fuori dalla mia testa!'

Wooooah!” Rosalie saltò, sembrando scioccata, e prese i polsi di suo fratello. Lui la fissò arrabbiato, disturbato dalla sua interferenza, ma lei rifiutò di mollare la presa – anche quando lui diede uno strattone. “Ma che diavolo, Alex?” disse, spalancando la bocca, gli occhi enormi pieni di rimmel. “Che diavolo hai?”

È quello che io vorrei sapere!” disse secco, quasi urlando con furia quando sentì gli angoli degli occhi cominciare a pizzicare. 'NO! No, dannazione, NON devo piangere!'

Ma ovviamente, le lacrime cominciarono comunque a scendere. Sua sorella lo fissò a bocca aperta.

Alex…?”

Che cosa diavolo mi passa per la testa?” si sentì soffocare, frustrato e furioso tutto insieme. Non più in lotta contro la stretta di Rosie, lasciò che le sue dita si rilassassero, gli occhi puntati sul suo problema di matematica, che si muoveva in modo strano.

DEVE esserci qualcosa-! Ho quasi... ho quasi detto ad Edward...!” Il moro tirò su col naso, chiaramente terrorizzato.

Rosalie, combattuta tra la preoccupazione e la curiosità, lasciò la presa da suo fratello, portando invece la mano al mento. “Detto a Ed cosa?” chiese con voce tranquilla, il vero ritratto della preoccupazione. “Che cosa hai quasi detto a Ed? Che sei gay...?”

Alexander scosse la testa, tremando furiosamente. “No...” stridette, giocando con la matita. La sua voce diventò fioca, diventando sempre più debole... “No, io... gli ho quasi detto che... che penso di...

Che penso di essermi innamorato di lui.”

“…” Rosie lo fissò intontita.

Ma non posso amarlo!” urlò Alex, dimenticando momentaneamente di tenere bassa la voce. Scosse la sua testa avanti e indietro in un tentativo infruttuoso di trattenersi dal soffocare con la sua stessa bile. “Non posso! È... è mio fratello...

Alex…”

Che diavolo mi passa per la testa?” ripeté il ragazzo, senza alcun dubbio turbato. Le dita si intrecciarono tra i suoi lunghi capelli sciolti, strattonandoli esasperato. “Non posso amare mio fratello maggiore, è semplicemente...!”

Alex—!”

Voglio dire, è incesto! E – e io...”

Alex!” abbaiò Rosalie, sbattendo un pugno contro il tavolo. Alexander saltò al suono rumoroso come un tuono, guardando sorpreso sua sorella irritata-

Poco prima di incontrare la sua bocca.

!”

Lo stava baciando. Lo stava baciando! E non un innocente bacio tra fratelli: lo stava baciando allo stesso modo con cui avrebbe baciato Amy. Lungo, intenso, passionale... Poteva sentirla premere di più, muovendo la punta della lingua contro il suo labbro inferiore, cercando di farsi strada dentro-

Alex si allontanò con un urlo soffocato, barcollante sui suoi piedi con le mani che si agitavano. La sua faccia era bianca come un foglio. “Rosalie-!” urlò, aggrappandosi al banco della cucina per tenersi pronto. “Che cazzo s-?”

Rosie lo fissò vagamente, non turbata da...beh, tutto. “Come ti ha fatto sentire?”

'Violato?' “Disgustato!” Alex fece tutto tranne che singhiozzare, le mani che prudevano per schiaffeggiare sua sorella in un modo che non faceva da quando aveva sei anni. “Perché mi hai -?”

Ma Rosalie si limitò a sorridere. Sembrava quasi fuori luogo, in qualche modo. “Beh, ora lo vedi? Non c'è niente di sbagliato in te!”

...” Il moretto la fissò. Non riusciva davvero a fare altro. Era appena stato baciato con la lingua dalla sua sorellina... e lei ora si stava quasi atteggiando. 'Ha appena... cantilenato la sua replica?'

Notando l'assenza di una risposta intelligente – o, diavolo, di una qualunque risposta – Rosie scosse le spalle. “Questo vuol dire che devo ripeterti di nuovo come stanno le cose?” scherzò con voce monotona, tornando a sedersi nella sedia. “Accidenti, Alex... va bene. Siamo parenti, giusto?” Lui annuì. “E anche tu e Ed siete imparentati, sì?” Annuì di nuovo. “Ma anche se vuoi la sua mano nei tuoi pantaloni, tu non vuoi avere niente a che fare con me, giusto?” Questa volta Alex non fece niente, troppo distratto dall'idea delle mani di Ed nei suoi pantaloni. Ma Rosalie continuò comunque. “Dunque, tu non stai desiderando l'incesto. E non hai niente di sbagliato. Comunque, per essere sinceri, io non ho mai pensato che tu fossi sbagliato... hai sentito degli antichi Egizi, no?”

Alexander fece nota mentale di smettere di lasciar bazzicare Edward e Rosalie nel seminterrato. Era ovvio, paragonavano le loro frasi, o qualcosa del genere.

Ma Rosie,” protestò debolmente, tornando a dondolarsi sulla sedia, “tu sei una ragazza. E io sono ga...”

Il suo pugnò incontrò di nuovo il tavolo. Lui sobbalzò anche stavolta. “Cristo, Alex!” disse secca, guardando gelidamente il fratello. “Non è questo il punto! Ti sei mai fermato a pensare che forse – MA PROPRIO FORSE – Edward ti piace per quello che è? Ti ha mai attraversato la mente l'idea che sei innamorato di lui NON perché è tuo fratello, ma perché è una persona buona, dolce, intelligente e premurosa? Smetterai MAI di pensare ai tuoi problemi per riuscire a vedere che lui è PREOCCUPATO per te? Per l'anima di Dio, Alexander! Tira fuori i coglioni e vai a dirgli quello che provi!”

Ma Rosie-!” sospirò impaurito, le guance di un vago bordeaux. “Io-!”

Indicò minacciosa la porta della cucina.

VAI.

E andò, sgattaiolando via in uno strano stato di paura e gratitudine. Nonostante non aveva ancora intenzio di dire nulla a Edward... Le parole di Rosie continuavano a rimbalzare nella sua testa. 'Posso... davvero amarlo? Andrebbe davvero bene?' Nessuno gli rispose, ovviamente. Ma non ne aveva bisogno.

Nella cucina, Rosie lo fissò allontanarsi – evidentemente esasperata. “Che problemi hanno gli uomini?” sospirò, passandosi la mano sui capelli. “Blegh.”

E con quello, si alzò per andare a lavarsi la bocca col Listerine. Molte, molte volte.

X

Luglio, 1923

Caro Al,

Alla fiera di Heiderich mancano solo due mesi – è così eccitato, è divertente da vedere. Stamattina, per esempio, mentre mi parlava di un nuovo motore che volevano provare sul razzo per l'esibizione, ha versato per sbaglio il caffè nella tazza della frutta. Poi è arrossito come una fragola e ha cercato di nascondere tutto con la carta. Non credo di aver riso così tanto in secoli. Ma poi gli ho dato un altro po' di frutta per farmi perdonare.

È strano, ma anche sono emozionato per la fiera. Sarà divertente viaggiare un po', di nuovo, e ho una strana sensazione... come se qualcosa stesse per accadere presto. Forse alla fiera? Forse il razzo sarà un successo, e Heiderich e io potremmo iniziare a costruirne uno che potrà farci riunire, Al?

Lo spero.

In ogni caso, devo andare a lavoro. E anche in macelleria. (Ho già avvisato Heiderich che io non toccherò mai nessun tipo di latte. Era un po' arrabbiato quando ho rifiutato di comprarlo, l'altra volta. Così ora lui va a comprare il latte quando esce, e io compro il resto.)

Scriverò di più dopo, ok?

Ed

X

Quando Alex arrivò in camera, c'era silenzio. Silenzio e buio – anche le stelle erano sparite, coperte da un ammazzo di nuvole lente. Chiuse la porta alle sue spalle con uno scricchiolio muto,

Niente. Nessun brontolio, nessun tirar di naso, nessun sbadiglio, nessun ronzio.

Questo era il primo segno. Edward era sveglio.

Alexander sospirò mentalmente, sentendo la sua espressione diventare un pesante cipiglio. Odiava quel trattamento silenzioso... ed era snervante l'idea che probabilmente sarebbe andato avanti anche dopo la notte. Ma non poteva proprio spiegarsi a suo fratello – avrebbe dovuto ammettere quei sentimenti di cui Rosie era tanto entusiasta all'idea di doverli esprimere. O almeno, nel tentativo...

Sgonfiò le guance e tuffandosi nel letto, si allungò per prendere il diario del nonno e la sua lucina notturna da lettura. Anche se non poteva fare niente per suo fratello, poteva sempre leggere sempre le avventure della relazione incestuosa del nonno e tirarsi un po' su. Forse lo avrebbe fatto sentire meglio. Geloso, forse. Ma sicuramente meglio.

Forse.

Se non altro, lo avrebbe sicuramente distratto.

Ma quando silenziosamente aprì la serratura e trovò il segnalibro, non c'era la calligrafia di suo nonno a riempire la pagina. Era quella di Edward: lettere nere e precise su un foglio del suo quaderno degli schizzi, a confondersi con la rilegatura del diario. Le parole sembravano luccicare sotto la luce giallastra della mini lampada... e Alex, insicuro su cos'altro fare, le lesse silenziosamente, le nocche che sbiancavano sulla copertina del libro.

X

Ottobre, 2015

Caro Al,

Non so perché ti sto scrivendo – davvero, non lo so. Ma era l'unico modo a cui sono riuscito pensare per parlare con te, ora. Attraverso il diarietto del nonno.

Stupido, huh?

Non lo so... penso che sia semplicemente più facile scrivere cose come questa, piuttosto che dirle. So che se provassi a dirle, dopotutto, le parole verrebbero fuori tutte tremolanti e stupide e peggiorerei soltanto le cose. Almeno quando scrivo, posso cercare di scrivere qualcosa di comprensibile.

Quindi, andiamo.

Scusa, Alex. Mi dispiace se tutte le mie domande ti hanno spaventato, o se ti sono sembrato pressante. Non volevo obbligarti a dirmi cose che non sei ancora pronto ad ammettere – sono solo preoccupato. Sembri sempre ansioso e oppresso, da tanto; mi preoccupo per te. Che è imbarazzante da ammettere, voglio dire, l'ultima cosa di cui hai bisogno è di qualcun altro che ti spinga verso direzioni che non vuoi prendere, o che cerchi di abbindolarti per farsi dire i tuoi segreti.

Ma io voglio davvero sapere, Al. Voglio davvero esserci per te.

E quindi, in cambio del tuo segreto – perché sappiamo entrambi che bisogna essere onesti – ti dirò il mio.

Ti amo, Alexander.

E non solo nel modo in cui due fratelli dovrebbero volersi bene. So che è strano, e, ancora, mi dispiace – davvero, davvero. Non so quando è successo, come, o perché... So solo che ti amo. Davvero, davvero.

Ti chiedo scusa, Al, se questo è troppo. Giuro su Dio che non tirerò mai più fuori questa storia, se ti spaventa, e non ti biasimerò se mi odierai. Ma per favore, Al, parlami – voglio aiutarti qualunque cosa tu stia passando, voglio vederti sorridere di nuovo.

Voglio solo che tu sia felice. Puoi fare questo per me?

Per favore?

Ed

X

Il diario scivolò dalle sue mani.

Il diario scivolò dalle sue mani e cadde dal letto, rimbalzando una volta, prima di rovesciarsi sul pavimento – atterrando con un tonfo sordo sul tappeto. Alex guardò il suo percorso con gli occhi spalancati: occhi pieni di lacrime traboccanti... lacrime che cominciarono a scendere per le sue guance come fiumi, lasciando segni roventi nel loro cammino.

Boccheggiò, tirò su col naso; le sue mani sfrecciavano in un vano tentativo di bloccare le lacrime – ma era impossibile. Venivano riversate... e il suo tirar su col naso divenne lentamente più rumoroso, non importava quando tentasse di camuffarne il suono.

E poi, Edward era lì – accovacciandosi accanto al suo letto, decisamente terrorizzato. Alex aveva ragione, era stato sveglio per tutto il tempo... ed era spaventato. Per la prima volta da quando Alexander aveva memoria, suo fratello maggiore era spaventato – mentre cercava di confortare Alex senza toccarlo.

Fratellone...” balbettò il moro, la voce che era appena un sussurro – le dita aggrappate alle guance e alla bocca. Probabilmente stava martoriando la sua stessa faccia... “... è... è vero?”

Ed arrossì, disgustato di se stesso. E ancora così pietrificato... “Mi dispiace, Al,” annaspò, le sopracciglia contratte in preoccupazione mentre alzava timidamente la mano, toccando la guancia di Alex. Ma la ritrasse via rapidamente, sentendosi scottato dalle lacrime “Mi dispiace, mi dispiace tanto... Io non... non volevo...”

Ma invece di urlare, o guardarlo male o spingerlo via, Alex fece qualcosa che lo sorprese – prese quella quella mano, portandola alla sua guancia, e tenendola. Stretta.

Edward spalancò la bocca, stordito... mentre guardava il suo fratellino chiudere gli occhi, seppellire il viso nel calore della sua mano, sospirando parole che Edward era sicuro di non avere mai sentito.

A... Anche io ti amo...”

Nessuno riuscì a respirare. Le ciglia scure di Alexander si sollevavano, ancora pesanti dall'umidità, le labbra increspate e fini mentre il suo corpo tremava terribilmente. I loro occhi si incontrarono, esitanti, entrambi spaventati dal fatto che l'altro potesse star scherzando.

Poi, timorosamente, Ed si mosse: lentamente ma con decisione si sollevò sul materasso di Alex, sedendosi accanto a lui. Allungandosi con la mano libera, avvolse il suo braccio intorno ad Alexander – premendo contro il suo collo. Alex ansimò, rabbrividendo mentre Edward si avvicinava ancora di più. I loro petti si incontrarono, le loro braccia si toccarono, i loro nasi erano lontani solo pochi centimetri...

Non avere paura,” mormorò, occhi dorati che brillavano nel buio. La mano libera si mosse in movimenti circolari, nel tentativo di calmare i tremori del fratello. Ma Alex scosse semplicemente la testa, avvolgendo timidamente il collo di Edward col suo braccio.

È questa la cosa che mi spaventa...” ammise a voce bassa, avvicinandosi di più. Poteva sentire il respiro di Ed da lì, rilasciato a piccole e timide raffiche. “... Non lo sono.”

All'inizio le loro labbra si incontrarono esitanti – un leggero contatto che durò pochi secondi. Ma nessuno dei due si mosse, né protesto. Le dita di Alexander si strinsero con urgenza. E così, incoraggiato, Edward scese di nuovo, accolto da suo fratello: lento, prima, più profondamente, ora – cercando disperatamente di assaggiare e toccare e prendere tutto ciò che potevano...

Rotolarono sul letto...



X

Settembre, 1923

Caro Al,

Sei qui.

Ed

XXX

Evviva! Ora sono tutti insieme!X3 (Visto? Non vi è piaciuto? (Spero di sì...!))

Comunque dovrei spiegare Zena, che, se non lo aveste capito, E' Alter!Nina.

Dunque, il suo nome. Ho alcuni amici che hanno due gemelle identiche, una delle quali è stata battezzata come Nina. L'altra, Zena. Ergo, quando ho pensato a Alter!Nina, ho pensato alla gemella di Nina... il cui nome, come ho detto prima, è Zena. (Sono finlandesi e molto divertenti. XD) Dunqueee... sì. Fortunatamente, Zena tornerà di nuovo per qualche interazione con Alex... Sarà interessante ;)

Comunque, grazie per leggere – e davvero, gente! PER FAVORE controllate l'Elricest LJ – e ora, la vera e propria LJ community di Skeletons! XD

Per favore? (Prega)

Alla prossima :)



Note della traduttrice: Io amo seriamente sto capitolo – soprattutto la parte finale. Cioè non so voi, ma la lettera di Ed jr mi fa venire quasi le lacrime agli occhi. ... Sì, lo so, sono una romanticona. e_e So che tutti amate Rosie, ma è mia, quindi giù le zampe. No non è vero XDDD <3 comunque grazie per avere fiducia in me e in questo piccolo capolavoro che è Skeletons ;_;<3 Grazie anche da parte di Maiden, che vi ama tutti x3 <3
Ah!
Volevo avvisarvi che io il 10 aprile parto dalla mia bambina (*A*), e torno il 26. Quindi, se non riesco ad aggiornare prima, mi sa che dovremmo rivederci direttamente a maggio – esami permettendo. Quindi da ora la traduzione comincerà a rallentare, ma spero di tenere almeno il ritmo di un capitolo a settimana è_é (escludendo aprile, ovvio.è_é) Insomma, voi intanto non dimenticatevi di Skeletons, e diffondete il verbo, ok?*A* <3 Alla prossima, gentaccia bellissima <3

  
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