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Autore: Mana Sputachu    15/04/2016    3 recensioni
Ero convinta della bontà delle nostre leggi, che sposare l’uomo che mi avrebbe battuta fosse la cosa migliore, senza accorgermi di come il nostro modo di vivere funzionasse finché limitato a quelle montagne.
Ero libera come un uccello in gabbia, ma per rendermene conto avevo, ironicamente, dovuto attendere il momento in cui mi avrebbero davvero dato quella libertà.
Non perché la meritassi, ma perché era la mia punizione.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cologne (Obaba), Mousse, Shan-pu
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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5. Never gonna give you up

 

We are young, we are strong

We're not looking for where we belong.

We're not cool, we are free

And we're running with blood on our knees.


 

26 Marzo 1990

 

Nonostante non mi fossi ancora ripresa da quei giorni turbolenti, non ebbi il tempo nemmeno il tempo di provarci: la realtà mi richiamava a gran voce, soprattutto quelle grane che in genere si trovano sotto la voce età adulta.

Io, che adulta non lo ero per niente ma dovevo costringermi a diventarlo nel minor tempo possibile, perché il ristorante di certo non si sarebbe gestito da solo.
E nelle due settimane che seguirono il nostro rientro a Nerima scoprii quanto io, di gestione di un ristorante (o della rabbia, o di qualunque cosa), non ne sapessi un bel niente.

 

***


«Báichī ! Zhòu nǐ zǔzōng shíbā dài, zǐsūn sānshíbā dài!»*

«Con chi ce l’hai…?»
Shan-Pu si volta verso Mousse, furibonda, non prima di aver quasi distrutto la cornetta del telefono: «Col fornitore del pesce!.»

«E perché, di grazia?»
«Mi ha presa in giro! Mi ha detto che non capisce niente di quello che dico, e di richiamare quando avrò imparato a parlare da persona normale! Ma ti pare?!» ringhia lei lanciando via la cornetta, per fortuna ancorata al muro grazie al filo.

«Puoi forse dargli torto?» azzarda lui, rimettendo misericordiosamente il ricevitore al suo posto. «Il tuo giapponese è onestamente imbarazzante.»
«Cos’è, avete tutti voglia di morire oggi?»

Mousse inspira e alza gli occhi al cielo, cercando di rimanere zen: «Facciamo così: mi occuperò io di parlare con fornitori e quant’altro» propone, e Shan-Pu sta per saltare di gioia quando l’entusiasmo scema di colpo: «...ma tu studierai giapponese. Ci stai?»

Shan-Pu osserva il ragazzo inorridita: «E perché dovrei? Hai appena detto che sarai tu a parlare con i fornitori, no?»
«Assolutamente sì. Ma prima o poi capiterà un giorno in cui verrà qualcuno a cercare uno dei titolari, e io sarò fuori a fare la spesa o per le consegne. E troverà te, che probabilmente comunicherai a gesti nella speranza di farti capire
Shan-Pu lo guarda torva, ma non sa come replicare: poco tempo prima la sua risposta a tanta sfrontatezza sarebbe stata una secchiata d’acqua fredda e una risata, ma le cose adesso sono diverse. Possono contare solo su loro stessi, e ha ormai capito che lavorare sul suo caratteraccio è  fondamentale.
Inoltre, un po’ le duole ammetterlo, Mousse si è rivelato il più maturo e pragmatico tra i due.

«Allora?» incalza il ragazzo, e lei non può che acconsentire: «E va bene, va bene!»
«Ottimo» sorride Mousse «cominceremo le nostre lezioni da domani sera… e in generale in qualunque momento libero della giornata.» Shan-Pu sbuffa, un po’ contrariata, ma non ha tempo di lamentarsi perché lui cambia argomento, tornando serio: «Parlando d’altro, ho dato un’occhiata a queste bollette. Facendo qualche calcolo direi che, con quello che ci è rimasto in cassa, dovremmo poterle pagare tutte… ma significa che dobbiamo riaprire il locale al più presto e sperare di rimetterci almeno in pari entro breve, se non vogliamo avere problemi. Due settimane di chiusura sono state anche troppe.»
Shan-Pu si morde il labbro, preoccupata: «E come facciamo? Col mio giapponese zoppicante, e tutto il resto…» ma lui sorride di nuovo cercando di tranquillizzarla: «Per ora mi occuperò io della burocrazia, come ti avevo detto. Sarà dura in due, ma se ce l’avete fatta prima che io arrivassi a Nerima possiamo farcela anche da soli.»
La ragazza annuisce, e non le sfugge il modo in cui Mousse ha girato attorno all’argomento bisnonna, forse nel timore di toccare un tasto ancora troppo dolente.

Probabilmente non glielo dirà mai, e fingerà di non averlo mai ammesso neanche a se stessa, ma in fondo quelle premure le piacciono. Più di quei mazzi di fiori un po’ sghembi tirati fuori dalle maniche della tunica, o le plateali dichiarazioni d’amore fatte a un palo per via degli occhiali rotti. Sono gesti quasi invisibili se non sai che ci sono, ma più sentiti e significativi. Ed è proprio ciò di cui Shan-Pu ha bisogno adesso, più che di smielato romanticismo.
 

***

Avevo bisogno di un supporto, e a posteriori posso affermare che Mu-Si è stato fondamentale per mandare avanti il ristorante, e più in generale la mia vita.

Perché ammettiamolo, la mia risolutezza non sarebbe bastata per ricominciare daccapo: sola, con una padronanza della lingua giapponese decisamente elementare, come avrei potuto risollevare la mia situazione? Ad esclusione di lavori più… umilianti, per così dire, non avrei avuto altra scelta se non quella di ingoiare il rospo e tornare a Joketsuzoku implorando perdono.

Mu-Si invece si è rivelato un aiuto prezioso: si è sbarazzato di quell’aria goffa che l’aveva sempre contraddistinto, rimboccandosi le maniche e sobbarcandosi la parte amministrativa della gestione del locale.

Niente sentimentalismi inutili, o dichiarazioni d’amore o quant’altro: gli sono grata per essermi rimasto accanto ed avermi aiutata in una situazione disastrata qual era la mia.

Forse il mio (nostro?) cambiamento può risultare repentino… ma non mi (ci) è stata data altra scelta se non quella di crescere di colpo per sopravvivere nella giungla della vita adulta.

Sicuramente uno dei due è maturato prima, ma non si può avere tutto. Sto ancora lavorando sui miei problemi caratteriali, apprezziamo almeno il pensiero.

E comunque quando hai un ristorante da riaprire le divergenze le metti da parte per forza, se non vuoi affondare del tutto.
Per nostra fortuna sembrava che la fama del Neko Hanten non fosse diminuita neanche un po’ durante la nostra chiusura forzata.

 

***

 

Questo ramen è fantastico!
Si era sentita la mancanza dei tuoi manicaretti!”
Shan-Pu sorride e porta via i piatti vuoti.
I clienti abituali del Neko Hanten non solo non si erano dimenticati di loro, ma anzi si erano dimostrati entusiasti quando il locale aveva riaperto; inoltre gestirlo in due, pur essendo faticoso, si era rivelato fattibile: Mousse si era preso carico della parte amministrativa e insieme si dividevano tra sala e cucina. Qualcuno ovviamente aveva trovato strana l’assenza di Obaba: secondo la “versione ufficiale” era rimasta in Cina ad occuparsi di questioni familiari.
«Va bene così» si dice, portando le ordinazioni in sala, «la scusa è più che credibile per chi non conosce la bisnonna.»
Chi invece potrebbe sospettare qualcosa non si farà vivo al ristorante in tempi brevi.
«Andrà tutto bene» continua a ripetersi, e si è quasi convinta che forse le cose andranno davvero per il verso giusto quando la porta del locale si apre e le speranze vacillano di nuovo.

 

“Ma dove siete stati in queste settimane?”
“Credevamo foste andati via da Nerima a causa del… beh, del fallito matrimonio di Ranma e Akane.”
Shan-Pu inspira cercando di mantenere la calma. Non aveva tenuto conto di Hiroshi e Daisuke, i due compagni di classe del codinato che ora sono lì davanti a lei a fare domande a raffica con il tatto di un elefante.
“Motivi… familiari” balbetta lei, sperando che i due la smettano di ficcanasare, ma invece insistono: “Che strano, come mai Ranma non c’è?” chiede Hiroshi, e Daisuke gli fa eco: “È vero, di solito è qui a scroccare pranzi, quel disgraziato!”
La pazienza non è sicuramente la più spiccata virtù della cinesina, e mai come in questo momento vorrebbe prendere a schiaffi i due studenti impiccioni.

“Questo non è certo l’unico locale in cui Ranma pranza a scrocco. E comunque, ecco le vostre ordinazioni.”
La provvidenza ha ancora una volta le fattezze di Mousse, e Shan-Pu approfitta del suo arrivo per sgattaiolare in cucina.
«Dovevamo immaginare che quei due si sarebbero fatti vivi» commenta dopo averla raggiunta. «Ficcanaso.»
La ragazza inspira cercando di riacquistare la calma, poi si volta verso di lui: «La scusa dovrebbe reggere comunque
Mousse inarca un sopracciglio: «Sei sicura? Non credi andranno a raccontare tutto a Ranma?»
«Probabilmente lo faranno» replica, «ma lui non verrà qui a chiedere spiegazioni.»
L’espressione di Mousse è neutra, ma Shan-Pu lo conosce abbastanza da immaginare i dubbi del ragazzo riguardo la loro idea: in effetti non può essere assolutamente certa che il codinato non verrà al locale, ma la situazione tra loro è talmente delicata che spera almeno la lasci in pace per un po’, magari per quello che lui ritiene il tempo necessario per farla sbollire. Basta e avanza per ora, si dice. Poi si vedrà.
Mousse sospira, poi si accinge a tornare in sala: «Ti do il cambio per un po’, così ti calmi. Se continuano a impicciarsi li rimetto a posto io.»
Shan-Pu annuisce, poi comincia a controllare le comande.
La lista di favori che è convinta di dovere a Mousse è sempre più lunga.

 

***
 

Il cambio di ruoli fu provvidenziale: cucinare mi aiutava a distrarmi, e nessuno aveva più avuto il coraggio di fare domande indiscrete sull’assenza della bisnonna; avevo sentito dei lamenti e delle scuse provenire dal tavolo di Hiroshi e Daisuke, e mi dissi che probabilmente avevano fatto uscire Mu-Si fuori dalla grazia dei Kami. Peggio per loro.
La giornata proseguì tutto sommato tranquilla fino al tardo pomeriggio, poco prima dell’apertura serale.
Apparentemente le visite non erano ancora finite, e quella fu di certo la più inaspettata di tutte.

***

“È permesso?”
“Mi spiace, siamo ancora chiu-”
“Ah, Shan-Pu! Cercavo proprio te!”

Sull’uscio della porta, Kasumi Tendo le sorride serena come ha sempre fatto da quando la conosce; la cinesina la osserva impietrita: cosa diamine ci fa la sorella di Akane lì, nel suo locale? Per quel che sa di lei, dubita sia lì per una qualche forma di vendetta e di certo non vuole ricattarla. Quello è il modus operandi di Nabiki.
E allora cosa vuole?
“Spiacenti, siamo ancora chiusi… oh, Kasumi.”
“Ciao Mousse, sono contenta di vederti!” sorride lei, “Scusate se piombo qui senza preavviso, so che non è ancora orario d’apertura, ma vorrei solo parlare con Shan-Pu. Prometto che non ci vorrà molto.”
Shan-Pu e Mousse si scambiano un’occhiata perplessa, poi quest’ultimo invita Kasumi a sedersi: “Prego, siediti pure. Posso portarti qualcosa da bere? Avevo fatto del tè poco prima che arrivassi.”
“Beh se non ti è di disturbo” lo ringrazia lei, accomodandosi “ne prendo volentieri una tazza.”
“Nessun disturbo” annuisce il cinese, per poi defilarsi in cucina. Shan-Pu rimane in piedi ad osservare la maggiore delle Tendo, che non ha mai smesso di osservarla e sorridere; la ragazza allunga una mano verso una delle sedie e fa cenno alla cinesina di sedersi accanto a lei.

“Mi scuso per questa visita improvvisa, ma avevo davvero necessità di parlarti. Oh, prima che mi dimentichi! Ho portato questi” e tira fuori dalla sporta un vassoio avvolto in un panno, che apre con cura: biscotti fatti a mano, ancora caldi. “So che è un po’ stupido portare del cibo in un ristorante, ma mi sembrava scortese presentarmi a mani vuote.”
Shan-Pu è sempre più incredula: Kasumi Tendo le ha portato dei biscotti. Biscotti fatti in casa. A lei, che non ha mai mostrato cortesia o gentilezza nei confronti della sua famiglia, in particolar modo verso sua sorella minore.

“Ecco qua il tè e… vedo che ci sono già i biscotti” commenta Mousse, posando un vassoio con due tazze e una teiera fumante.
“Li ho portati per voi, prendine pure!” trilla Kasumi, e il ragazzo non se lo fa ripetere: “Ti ringrazio, sono squisiti. Ora vi lascio parlare, io ho faccende da sbrigare in cucina” conclude, lasciando sole le due ragazze.
Per qualche minuto nessuna delle due apre bocca, poi Shan-Pu decide di rompere quel silenzio: “Kasumi.”
“Hm?”
“Pe… perché sei qui?”
“Avevo bisogno di parlarti, come ti ho detto.”
“Parlare di cosa?”
Kasumi le sorride: “Volevo sapere come stai.”

Shan-Pu sgrana gli occhi.
“Ranma e Akane mi hanno raccontato cos’è successo.”

Si morde un labbro, distogliendo lo sguardo. Doveva immaginare che fosse quello il motivo della visita; certo, non si aspettava che sarebbe venuta a parlarle di persona.
“In casa nostra i segreti non durano molto” si scusa Kasumi, un po’ imbarazzata. “So che può sembrarti strano, ma sono entrambi molto preoccupati per te” prosegue “soprattutto Ranma… si sente davvero in colpa per tutto questo, e so che non lo giustifica ma sono sicura che non volesse darti un calcio di proposito. Ci sta veramente male, soprattutto dopo che ha saputo dei… danni che hai riportato.”

Shan-Pu abbassa la testa non sapendo come rispondere: in fondo è contenta di sapere che Ranma si senta in colpa per quell’incidente. Anche se sa che la causa non è del tutto sua, e che se lei non si fosse lanciata su Akane come una furia tutto questo non sarebbe successo.

“Io… non voglio vederlo” ammette con un sussurro appena udibile, e Kasumi annuisce: “Tranquilla, non verrà. Aveva avuto l’idea ma io e Akane gliel’abbiamo bocciata sul nascere” la rassicura. “Dopo qualche spiegazione ha capito.”
La cinesina si limita ad annuire, ancora confusa su cosa sta accadendo. “Perché sei qui?” balbetta verso Kasumi, “S-se tu non sei qui per costringere me a perdonare Ranma” incespica maledicendo quel suo giapponese imbarazzante, “allora qual è motivo? Non capisco.”
“Te l’ho detto, volevo sapere come stavi” replica Kasumi, sfoderando un sorriso a cui è difficile resistere. “Non voglio convincerti a perdonare Ranma o parlare con lui e Akane, questa è una tua decisione e non è mia intenzione interferire. Ma ero sinceramente preoccupata per te. So che può sembrarti strano ma è così” sorride ancora, e lei proprio non riesce a rimanere sulla difensiva.
“Comunque sono contenta di vedere che avete riaperto il locale. Ma… dov’è la nobile Obaba?” chiede Kasumi, ma subito si copre la bocca con la mano, forse temendo di aver fatto una domanda indelicata. La mia faccia vale più di mille parole, pensa Shan-Pu.
“Bisnonna è a Joketsuzoku” risponde, “sai, non c’è posto lì per amazzoni che non possono avere bambini” inspira. “Ho dato troppo disonore a lei e villaggio… quindi ha preferito rimanere in Cina. Solo io e Mu-Si siamo tornati a Nerima.”
“Oh, è terribile” sussurra Kasumi, “mi dispiace così tanto!”
“Va… va tutto bene” mente, “io e Mu-Si ce la caviamo. Sto bene” cerca di ricacciare indietro le lacrime. Per un po’ nessuna delle due parla: Kasumi sorseggia in silenzio il suo tè, Shan-Pu invece lascia la sua tazza a raffreddarsi. Poi la maggiore delle Tendo prende di nuovo parola: “Sai, forse… forse lei è rimasta in Cina per il tuo bene.”
La cinesina si volta verso di lei.
“Non fraintendermi, non conosco quasi per nulla la nobile Obaba, e lungi da me cercare di psicanalizzare cose di cui so poco e nulla” si affretta a spiegare, “ma magari l’ha vista come un’opportunità di una vita migliore per te, lontana dalle vostre leggi… un’occasione per essere libera.”
Le parole di Kasumi fanno scattare qualcosa in lei, come se tutto avesse finalmente una spiegazione, una logica che prima le sfuggiva.
“Chiaramente è solo una mia supposizione” prosegue, “ma mi piace pensarla così.”
Quel sorriso ha la strana capacità di rassicurare Shan-Pu, e per un po’ la sensazione di amarezza scompare, lasciando posto alla speranza.

***

Fu uno strano pomeriggio, eppure lo ricordo con piacere: Kasumi Tendo rimase a chiacchierare con me ancora un po’, promettendo di tornare a trovarmi poco prima di congedarsi.
E lo fece sul serio, presentandosi di quando in quando al locale con una delle sue leccornie; giusto qualche giorno fa ci ha omaggiati di una deliziosa torta al cioccolato che non avrebbe sfigurato tra i dolci del nostro menù.
Quando andò via mi sentivo meglio, sollevata; cominciavo a credere sul serio che il sorriso di quella ragazza potesse guarire ogni male
Iniziai a sistemare la sala per l’apertura serale con il cuore più leggero, quando mi accorsi che mancava un’altra presenza.

***

Il ristorante è ormai pieno quando Mousse rientra.
«Si può sapere dove sei stato?!» ringhia Shan-Pu intercettandolo per le scale, ma si zittisce quando nota l’occhio nero del ragazzo.
«Non dire niente. Non chiedere» taglia corto lui, chiudendosi in bagno.
Shan-Pu rimane in silenzio a fissare la porta chiusa, con in testa più domande che certezze.

 

***
 

Mu-Si non ne parlò mai, e io non chiesi.
Mi ci volle un po’ ma alla fine capii: quel pomeriggio aveva ascoltato la conversazione tra me e Kasumi, e poi era andato a cercare Ranma per fargliela pagare.

Lo aveva fatto per me, per difendere il mio onore, o quel che ne rimaneva.

Le aveva prese di santa ragione, ma scoprii in seguito che anche Ranma non era messo meglio. E un po’, lo ammetto, ne ero contenta. Solo un po’.
Non ho idea di cosa lo trattenne dal farlo poco dopo il nostro rientro dalla Cina, so solo che quella sera mi limitai a preparargli una borsa del ghiaccio e mi offrii di sostituirlo in sala: ero pronta ad affrontare anche le domande più scomode.
Non avevo più paura.  


 

What do they know about us?

Are they thinking of somebody else?

Are they wondering what we might be?

Are they thinking of you or of me?

 

Soundtrack: Kick ass - Mika






*”Idiota! Maledico i vostri antenati per 18 generazioni e la tua discendenza per altre 38!”



Questo capitolo, insieme al prossimo, è stato forse il più complesso da scrivere: dovevo immaginarmi un dopo, il modo in cui un personaggio come Shan-Pu impara a rimettersi in piedi e affrontare un tipo di vita a cui non è abituata - prima il ristorante era una "facciata" tra un colpo gobbo a Ranma e l'altro, adesso è ciò che le rimane. E vi giuro che scrivere di "normalità" per lei è stato davvero complicato, temendo di andare totalmente OOC e scrivere cavolate... ma penso di essere riuscita a trovare un buon equilibrio, più ci riflettevo più non riuscivo a trovare un'alternativa che non "stonasse". Spero sarete d'accordo con me. :D
Mi spiace per chi sperava in un happy ending per Shan-Pu e Mousse, ma... come avrete capito non era questo lo scopo della storia: piacciono tanto anche a me come coppia, ma inserire il romanticismo in Nobody's wife avrebbe stonato totalmente a mio parere. E poi riuscire a renderli credibili in così pochi capitoli sarebbe stato davvero difficile. :°D Magari un giorno ci tenterò!
Ah, l'insulto in cinese esiste sul serio. XD Ho trovato un elenco di insulti usati in Cina e non ho resistito a volerlo inserire non tradotto... è un "di più" visto che parlano già in cinese tra di loro, ma spero me lo perdonerete. XD
Non ho altro da dirvi, come sempre se avete voglia di fare due chiacchiere potete trovarmi qui e qui.
Ci aggiorniamo la prossima settimana con l'ultimo capitolo, e come sempre grazie a chi ha letto fin qui!

Mana

   
 
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