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Autore: carachiel    16/04/2016    3 recensioni
La mia prima, assoluta, Vendettashipping.
Se nelle altre fanfic avete intuito, subodorato questa ship, beh eccovene una ufficiale.
E... Beh, lascio a voi tutti i coomenti su questo racconto di quasi milllesettecento parole, frutto di una sera vuota e di un po' d'ispirazione.
“Non avevo idea che tu baciassi così bene, Raperonzolo…” e senza darti il tempo di reagire ti intrappola le labbra in un altro bacio, molto meno casto, che stravolge i tuoi sensi come vino, mentre ricambi con intensità quell’inaspettata intrusione tra le tue labbra.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Christopher Arclight/ Five, Thomas Arclight/ Four
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Te amo

Flesh and Blood

Sono passate appena due ore dall’ ultima volta che gli hai parlato, la solita discussione burrascosa finita con insulti, infinite ripicche e poco altro, eppure, da quel momento Four è scomparso alla tua vista, infuriato come poche volte l’hai visto, lanciandoti uno sguardo colmo d’odio,  stravolto.

E, sebbene vorresti rilassarti, qualcosa te lo impedisce, come se una parte di te urlasse di voler sapere come sta, un istinto che credevi aver taciuto anni addietro.

Nonostante abbiate avuto numerose liti, nel corso degli anni divenute quasi quotidiane, ti domandi perché questa ti abbia scosso fin nel profondo, come se qualcuno ti abbia preso per le spalle e scosso fino a lasciarti completamente esausto.

Aspetti per un altro po’, senza che quella morsa che ti morde l’anima come un cane rabbioso accenni ad alleggerirsi, poi alla fine decidi di alzarti per vedere come sta.

Vorresti negarlo, ma nel profondo di te provi qualcosa di stranamente simile alla preoccupazione, dopo aver guardato dritto nei suoi occhi, ed esserti quasi spaventato di ciò che vi hai visto scritto dentro. L’intera gamma delle emozioni umane racchiusa in un solo sguardo. Odio, rabbia, confusione e puro smarrimento.

E per un istante, uno soltanto, hai dubitato dell’effettiva validità di quelle parole che gli hai urlato in faccia. E ciò rende la situazione ancora più strana, dato che raramente dubiti della verità che sostieni.

Sali le scale e, passo dopo passo, arrivi davanti alla sua camera, trovandoti davanti la porta ostinatamente chiusa.

Ti domandi se sia stata una buona idea, mentre tendi l’orecchio, per cogliere un segno qualunque.
Senti solo dei fruscii, e un singhiozzo subito soffocato.
Vorresti entrare, magari parlargli, ma sai che, con ogni probabilità, finiresti solo col peggiorare una situazione già rovinosa di per sé.
Aspetti ancora, per poi lasciarti scivolare a terra, la schiena appoggiata al mogano della porta.

Vorresti fingere di ignorare i rumori che senti, ma le tue orecchie, abituate a cogliere anche il sospiro più flebile, sentirebbero comunque ciò che il tuo cuore preferirebbe ignorare.
E ad ogni singhiozzo subito spento che senti, un nodo si avviluppa attorno al tuo stomaco, sempre più serrato, fino a renderti difficoltoso anche respirare.
“Sta bene.” pensi, quando sai che in realtà è tutto il contrario.

E rimani così, sentendoti ogni minuto di più in colpa per le accuse che gli hai urlato, sentendole ingiuste, false, sbagliate, parole dettate unicamente dalla rabbia e dalla frustrazione, dall’invidia.
Già, invidia.

Invidia per la sua capacità di tenere duro al progressivo sfasciarsi della sua famiglia.

Ti fa strano che una situazione del genere riesca a turbare te, che hai sempre murato i tuoi sentimenti dietro un muro di amianto, pura apatia.
E tutto d'un tratto ti senti come se fossi caduto al di là di quel velo di Maya che ti era sceso sugli occhi, come se tutto d’un tratto, vedessi.
Tutti i danni, i silenzi gravidi di parole mai pronunciate, le apparenze artificiose dietro verità troppo scomode per essere raccontate…
All’improvviso ti appare tutto, tanto chiaro e cristallino che non sembra far altro che acuire i tuoi sensi di colpa per ciò che è successo ed è troppo tardi per riparare.

“Four…” sussurri a mezza voce a quella porta.

Non ti aspetti certo che ti apra, tuttavia aspetti ancora, cercando di cogliere ogni minimo fruscìo.

E quando oramai ti sembra che non ti aprirà, la porta si spalanca e tu ti ritrovi steso per terra con Four in piedi sopra di te che ti fissa con un’ espressione tra lo sconcertato e il divertito, per poi scoppiare in una risata che per una volta non è di scherno come ti aspetteresti, ma di sincero divertimento.

Per un attimo rimani perplesso, ma quella risata ti riscalda per un attimo il cuore, quanto tempo era che non la sentivi?

Lui, finito di ridere, ti fissa di rimando.

“Beh, Raperonzolo, vuoi stare lì a pulirmi il pavimento o vuoi entrare?”

Tu ti rialzi, spolverandoti velocemente i pantaloni e ti accomodi su una sedia. Dentro di te esulti, dato che finalmente sei riuscito ad entrare in camera sua. 
Le uniche differenze rispetto alla tua stanza è che i muri sono color oro, e il baldacchino e le coperte sono di un bel bianco panna. E’ disordinata, e chissà perché la cosa non ti stupisce, è così diversa dalla tua stanza, talmente pulita e ordinata da sembrare la stanza di un monaco.

Lo guardi con attenzione e, notando i suoi occhi arrossati, il nodo che ti serra lo stomaco si fa più stretto. Rimanete ancora a fissarvi in silenzio per alcuni minuti, mentre il tuo cervello pensa a come agire.

Vorresti scusarti per il tuo comportamento, tuttavia non vorresti, involontariamente, riportare alla luce vecchie questioni mai chiuse, perciò aspetti; aspetti che sia lui a fare la prima mossa, a decidere dove portare quella conversazione.
Ti guarda, senti i suoi occhi che ti fissano con insistenza, eppure non parla, continua a mordersi il labbro inferiore, come a voler soffocare le parole.

“Four… io-“
Ti interrompe bruscamente, guardandoti dritto in viso.

“Non parlare, non dire una parola, sono stanco delle tue bugie…!” esclama d’un tratto
“Ma se tu non sai nemmeno quello che ho da dirti…!”
“Come se non lo sapessi. Probabilmente vorrai scusarti, dirmi che ti dispiace, quando so benissimo che sono solo bugie. E poi sarei io quello che mente…” risponde brusco
“Non è come pensi.” replichi seccamente
“Ah, e com’è? Tu in questi anni non hai fatto che riempirmi di bugie, solo belle parole e poco altro! Dicevi che papà sarebbe tornato e guarda con cosa ci siamo trovati! Alla fine tutte le tue promesse si sono rivelate solide quanto può essere la nebbia…”

Sulle ultime parole il tono della sua voce si fa pericolosamente acuto, e tu sai cosa significa.
“Non è così come credi. E’ vero, vi ho mentito, ma anche io sono stato ingannato.”

Vedi la sua espressione cambiare, dalla rabbia passare rapidamente allo smarrimento “Che cosa significa…?”

“Vedi, Faker mi aveva dato dei dati su cui lavorare, dicendo che sarebbero stati utili per ritrovare papà, e così ho fatto, ci ho lavorato, perdendoci anche ore di sonno. Ma alla fine ho scoperto che quei dati erano falsi, manomessi dallo stesso Faker. E’ per quello che me ne sono andato, non sopportavo più di aver lavorato assieme a quel verme.” – ecco dopo cinque anni, cinque maledettissimi anni, l’hai raccontato.
Finalmente ti sei svuotato da quell’ultimo segreto che ti tenevi dentro.

“…Era per quello che eri tanto infuriato con Kite.” dice, ammorbidendo appena il tono.
“Il motivo della mia rabbia è più scioccamente umano di quando possa sembrarti. Separarti da una persona a cui hai voluto bene non è sempre facile.”
“E’ stato un brutto periodo, quello.” assentisce lui. 
E tu non puoi fare a meno di ripensare agli ultimi momenti in cui aveva visto loro padre, mentre gli raccomandava di badare ai suoi fratelli, quando lui avrebbe gridato volentieri: “Io bado a loro, ma chi pensa a me, se tu non ci sei?”
Alla fine ti eri dovuto arrangiare da solo, maturare troppo in fretta per un ragazzo di appena quindici anni.

I tuoi pensieri si interrompono bruscamente quando senti che Four si appoggia con la testa sulla tua spalla. 
Ad un primo impulso vorresti scrollartelo di dosso, sentendo che sta invadendo il tuo spazio vitale, ma poi ti ricordi che è tuo fratello e che, sebbene il contatto umano non ti piaccia, ha il diritto di farlo.

“Five…”
“Dimmi.”

Noti quasi immediatamente come quella parola ti sia uscita dalle labbra non con gentilezza, ma come una forzatura, come una parola pronunciata per pura abitudine, ma lui non sembra avvedersene, o forse non vuole.

“Tu… tu mi odi?”

Non riesci a credere alle tue orecchie. 
Vorresti dirgli ad istinto che no, non l’hai mai odiato, del resto, come potresti odiare tuo fratello? 
Ma, ripensandoci, la sua domanda non è poi così insensata. 
Tu negli ultimi anni non hai fatto altro che ignorarlo, girandoti dall’altra parte per non vedere i suoi sguardi, mute richieste d’aiuto a cui non avresti voluto, o non avresti saputo, dare una risposta.

Persino quando era tornato a casa dopo l’incendio, barcollante, sanguinante, con il cuore spezzato, tu non avevi pensato immediatamente alla sua salute precaria, come avresti dovuto, ma a ciò che avrebbe detto Tron. 
La rabbia e il dolore non avevano fatto altro che renderti cieco alle sofferenze altrui, facendo scendere una cortina rossastra che ti oscurava la vista, escludendo persino a quelle persone che avrebbero dovuto essere al primo posto nella tua mente.

Senza pensare, ti avvicini a lui, un centimetro in più, girandogli delicatamente il viso verso di te, e gli sfiori appena la cicatrice, sentendo la pelle rovinata da quella ferita scorrere sotto le tue dita. Lui sgrana gli occhi, vedendoti vicino, troppo vicino.
Te lo ritrovi tanto vicino che ti basterebbe allungare le labbra e baciarlo.
Baciarlo.

Che assurdità, non puoi baciare tuo fratello. E’ sbagliato, peccaminoso, incestuoso.
Anche se… 
Non riesci a negare a te stesso che hai sempre sentito una forte attrazione verso di lui, fino ad ora scambiata per mero affetto, ma che ora ricomincia ad emergere prepotente, sciogliendo il gelo che alberga nelle tue vene.

Ti avvicini un millimetro di più e aspetti che lui si faccia indietro. 
Non si muove. 
Poi, lentamente, un secondo dopo l’altro e lo guardi in quelle iridi scarlatte, accese di puro fuoco, così diverse dai tuoi occhi di ghiaccio. Lentamente, con delicatezza poggi le tue labbra sulle sue, saldandole in un unico, casto bacio. 
Dopo un paio di secondi Four si stacca, lo sguardo perso “C-che cosa stai facendo?”

Tu sollevi un sopracciglio “Non so, ti sto baciando?”

“Non avevo idea che tu baciassi così bene, Raperonzolo…” e senza darti il tempo di reagire ti intrappola le labbra in un altro bacio, molto meno casto, che stravolge i tuoi sensi come vino, mentre ricambi con intensità quell’inaspettata intrusione tra le tue labbra, unica via di fuga per un amore incontenibile che pian piano germoglia, mettendo radici, avviluppandosi in un nodo sempre più serrato intorno a voi. 
Continuate il bacio fino a che non vi staccate, entrambi senza più fiato, stravolti da quella svolta inaspettata.

Perché in fondo non eravate altro che esseri umani, due forme complementari, carne e sangue.
E la carne non vive se non c’è sangue, così come il sangue non esiste senza il respiro. 
Ed il respiro, voi l’avevate lasciato custodito l’uno nella bocca dell’altro.

 

Angolo di una folle autrice senza più idee
Eccovi il mio ultimo delirio, la mia prima Vendettashipping. 
Lo so, non è venuta bene. Sentitevi liberi di inondarmi di bandierine bianche, arancio, viola… Insomma, ditemi se vi fa schifo, io mi vado a dare malata.

   
 
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