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Autore: Hellspirit    05/04/2009    8 recensioni
Ziva si comporta stranamente e non vuole parlare con nessuno. Riuscirà Tony a starle accanto e a farle capire che non è sola? TIVA
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il bar è gremito di gente ma Tony la vede subito, nonostante sia seduta ad un tavolino nell’angolo meno illuminato. A tenerle compagnia c’è solo un’impressionante quantità di bicchieri e bottiglie sparse sulla superficie di legno, quasi tutte vuote.

La raggiunge facendosi largo a fatica tra la tipica folla del sabato sera, sedendosi davanti a lei senza prendersi la briga di chiedere il permesso. “Ciao.” 

Ziva non alza lo sguardo dal bicchiere sul cui orlo gira pigramente il dito, mentre con l’altra mano si sostiene la testa. Sembra sul punto di svenire da un momento all’altro. “… Che coincidenza.”

“Già.” In realtà la stava cercando da quando aveva lasciato la sede dell’NCIS: aveva provato a casa sua, nel solito bar che frequentavano dopo il lavoro, in alcune decine di locali della zona… Era arrivato ad un passo dal far rintracciare il suo cellulare dai pivelli del turno di notte, prima di decidersi a tentare la sorte un’ultima volta. 

“Vuoi continuare a fissarmi come un cretino oppure prendi qualcosa da bere?”

Lui si rende conto che è la prima volta che la vede così triste, così sola, così… vulnerabile. Non sa cosa possa tormentarla fino a quel punto, ma qualunque cosa sia è chiaro che la vuole annegare negli alcolici. “Non credi di aver bevuto troppo per stasera?” 

Finalmente lei distoglie l’attenzione dal bicchiere e lo guarda con rabbia, i profondi occhi castani arrossati dall’alcool. “Se sei venuto per farmi la predica allora vattene. Voglio restare da sola.”

Con un gesto della mano Tony indica le persone che li circondano. “Hai scelto il posto sbagliato, dolcezza.” 

Lei si guarda attorno confusa, rischiando di cadere dalla sedia. “… Sono abbastanza sicura che prima fosse vuoto… Che ore sono?”

“01:35.” Le risponde prima di notare il suo cellulare che giace abbandonato all’angolo del tavolo, nascosto tra una bottiglia di vodka e una di tequila. “Sono ore che cerco di chiamarti!” 

Ziva si limita a roteare gli occhi, per poi pentirsene un secondo dopo quando un dolore lancinante le esplode nella testa, accompagnato da una nuova ondata di nausea. Nonostante la sofferenza cerca in ogni modo di mantenere il proprio contegno, l’ultima cosa che vuole è mostrarsi debole davanti a lui.

Quando è sicura di potersi muovere senza tradire troppo il suo disagio fisico, prende il telefonino e controlla le chiamate perse: dodici sono di Tony, otto di Abby e tre di McGee… Non può evitare di sentirsi tremendamente delusa vedendo che nessuna è dell’unica persona con cui vuole parlare. 

“Hai dimenticato la regola numero tre, quella che dice di essere sempre rintracciabili?”

“E’ per questo che sei qui? Per un ripasso delle regole di Gibbs?”

“No!” Perché non capisce che è preoccupato? “Sono solo… ecco… Insomma, oggi in ufficio ti sei comportata in modo davvero strano: non hai rivolto la parola a nessuno, se qualcuno provava ad avvicinarsi gli lanciavi un’occhiata assassina da far invidia a Gibbs, ad un certo punto sei sparita per ore al poligono e poi te ne sei andata senza degnarci di uno sguardo. Sembrava che un Visitor ti avesse sostituita!”

Prima di avere l’occasione di spiegarle cos’è un Visitor e iniziare uno dei suoi interminabili monologhi sulla televisione americana, viene interrotto dallo squillo del cellulare sul tavolo. Travolgendo qualche bicchiere, Ziva lo afferra con il cuore in gola per l’anticipazione, per poi lasciarlo cadere con un tonfo quando non legge sul display il nome che desidera.

Sempre più confuso dall’insolito comportamento della sua collega, con un rapido gesto le prende il telefonino che squilla ancora a vuoto, aggrottando le sopracciglia non appena vede a chi appartiene il numero.

“Hey Abs, sono io… No, non hai sbagliato numero… Sì… Ho risposto io perché è andata in bagno.” Tony, guardando severamente Ziva, prende la sua mano e la stringe con decisione. Vuole essere guardato negli occhi mentre racconta una bugia per lei. “… Ma no, non ce l’ha con te… Qui è pieno di gente e c’è la musica alta, probabilmente non ha sentito il cellulare… No, non occorre che vieni… Non preoccuparti… Okay, diglielo tu a McGee… Va bene, buonanotte.”

La guarda a lungo dopo aver finito la telefonata, in parte sorpreso che non ha ancora tentato di sfuggire alla sua presa. “Capisco ignorare me o il pivello, ma Abby… Credevo fossimo tuoi amici, Ziva.”

Lei distoglie gli occhi, incapace di sostenere ancora a lungo il suo sguardo deluso e ferito. “Non sono una bambina di due anni e non ho bisogno che tu menta per coprirmi. Voglio solo essere lasciata in pace, è così difficile da capire?”

“E’ chiaro come il sole che c’è qualcosa che ti preoccupa e vorrei solo che ti confidassi con me. Forse non potrò fare molto per aiutarti ma almeno…”

“Confidarmi con te?!” Lo interrompe con una risata ironica, senza allegria. “Tra tutte le persone al mondo saresti di sicuro l’ultimo a cui mi rivolgerei!”

Senza più dire una parola lui si alza e si allontana dal tavolo. Ziva non può far altro che guardare mentre se ne va, sentendo già la mancanza della sua mano calda sulla sua. Non voleva dirgli quelle cose. A parlare sono stati i litri di tequila, vodka e bourbon che ormai le scorrono nelle vene. Si copre gli occhi con le mani, chiedendosi perché ogni volta non riescano mai ad evitare di ferirsi a vicenda.

Quando li riapre dopo qualche minuto vede che, a differenza di quanto credeva, Tony è ancora nel locale, seduto su uno degli sgabelli davanti al bancone. Guardando meglio si accorge che sta parlando con una cameriera, un’attraente cameriera, e sembra molto impegnato ad affascinarla con uno dei suoi soliti sorrisi. Ridendo a quella che doveva essere una sua battuta, la ragazza scrive velocemente qualcosa sul suo bloc-notes, probabilmente il numero di cellulare. Oppure il suo indirizzo.

Distogliendo lo sguardo per evitare di assistere ad altro, Ziva sente una familiare fitta allo stomaco che non ha nulla a che fare con la nausea. Senza pensarci due volte afferra il bicchiere che ha davanti e beve tutto d’un fiato la… non ha la minima idea di cosa contenga.

Quando lo vede avvicinarsi al suo tavolo e sedersi nuovamente di fronte a lei, è convinta che si tratti di un’allucinazione. “Almeno uno di noi due stanotte avrà un po’ di divertimento.” Commenta più acidamente di quanto ha intenzione, ormai troppo ubriaca per preoccuparsene.

“Di cosa stai… Ah, la cameriera! Hai visto come assomiglia a Piper Perabo in Le ragazze del Coyote Ugly? Le ho chiesto di prepararti un rimedio per la sbronza: gli ingredienti sono un po’ strani, ma il mio amico Danny mi ha assicurato che è miracoloso.”

Ziva si rende conto di non aver di fronte un’allucinazione solo quando lui sostituisce il bicchiere vuoto che tiene ancora tra le mani con quello che ha portato dal bancone del bar, sfiorandole le dita inavvertitamente. “Oddio, Tony, mi dispiace tanto. Non pensavo veramente quello che ti ho detto prima…”

Lui le sorride e alza le spalle per minimizzare la situazione. “Non serve che ti scusi con me, Zee-vah. Di solito sono io l’esperto di sbronze e so benissimo come ci si sente dopo aver svuotato qualche bottiglia.”

“Mi dispiace anche per essermi comportata da stronza in ufficio. Credi che gli altri potranno perdonarmi?”

“Beh, sei fortunata che il capo sia rimasto bloccato in riunione tutto il giorno e non si sia accorto di niente. Con il pivello basteranno qualche carezza e un po’ di merendine, mentre per Abby sarà più difficile… L’ideale sarebbe un distributore personale di Caf Pow, ma una tortina della sua pasticceria preferita dovrebbe essere sufficiente!”

Tony si sente fiero di sé per essere riuscito a strapparle un sorriso. L’espressione sul volto di lei, però, diventa una smorfia di puro disgusto non appena assaggia il rimedio anti-sbronza che le ha portato.

“Sarei dovuta andare sul sicuro e prendere il tè al gelsomino e lime… Sei certo che questa roba funzioni?”

“Dubito molto che in questo posto ci sia del tè al gelsomino. Se vuoi ti posso svelare la ricetta segreta dell’insuperabile Defibrillatore DiNozzo, ma funziona solo la mattina dopo.”

“No, grazie, ha l’aria di essere ancora più disgustoso… Almeno questa cosa mi ha fatto passare la voglia di bere, anche se è il peggior bicchiere della steppa che abbia mai avuto.”

“Bicchiere della staffa, Ziva.”

Dopo qualche minuto di confortevole silenzio, lei si sente pronta a confidargli il motivo del suo comportamento. “Oggi è il compleanno di Tali.” Dice semplicemente, evitando il contatto visivo con lui.

“… Oh. Mi dispiace.” Tony si prende mentalmente a calci per non aver detto nulla di più profondo. Anni fa Ziva gli aveva parlato della sorella minore e di come era morta ma, visto che si conoscevano solo da qualche ora, aveva pensato che l’avesse fatto perché era convinta di non rivederlo mai più. Adesso però non può evitare di sentirsi speciale ogni volta che lei condivide qualcosa di personale con lui.

“Questa collana era la sua preferita. Non se la toglieva mai, nemmeno quando dormiva.” Sorride tristemente al ricordo, sfiorando delicatamente la Stella di David che porta al collo. “Per lei era molto importate, perché è stato l’ultimo regalo che le fece nostra madre prima di morire.”

Tony le stringe nuovamente la mano, sperando di riuscire a trasmettere il messaggio sono qui, non sei sola, che non riuscirebbe mai a dire verbalmente.

“Da quando è morta ogni anno, nel giorno del suo compleanno, mio padre mi chiama. Spesso la telefonata dura solo cinque minuti, ma è l’unico momento in cui non parliamo di lavoro…” Continua, confortata dal contatto fisico. “Quest’anno però non si è fatto sentire.”

“Hai provato a chiamarlo?”

Ziva lancia un’ultima occhiata delusa al suo cellulare. “E’ tutto il giorno che ci provo, ma la sua segretaria continua a dirmi che è in riunione e non vuole essere disturbato. So che mette sempre il lavoro prima della famiglia, ma speravo che almeno oggi…”

Lui cerca qualcosa da dire per farla sentire meglio ma, a parte i soliti cliché da film di serie C, non gli viene in mente nulla: non è esattamente un esperto quando si tratta di rapporti padre-figlio. Si limita perciò a stringerle più forte la mano.

Mentre parla, lei si accorge che il rimedio sta facendo lentamente effetto: si sente ancora tremendamente ubriaca, ma la nausea è scomparsa e non vede più due Tony davanti a sé. Sta considerando l’idea di chiamare un taxi, prima di capire che non vuole assolutamente passare la notte da sola. “… Puoi portarmi a casa?”

“Certo.” Grato di non dover litigare per convincerla, lui l’accompagna fuori dal locale cingendole la vita con un braccio per evitare che cada. Dopo qualche debole tentativo di divincolarsi, lei si lascia guidare docilmente verso la sua Mustang.

Ziva guarda fuori dal finestrino per tutto il viaggio, cercando di capire se è la strada a muoversi oppure la macchina. “Come fai a sapere dove abito adesso?”

“Uh… Non è molto lontano dal tuo vecchio appartamento.” Tony, preso alla sprovvista dalla domanda, usa la prima scusa che gli viene in mente. Preferisce non pensare a tutte le volte che era venuto lì da quando era tornata da Israele, di solito dopo aver alzato un po’ troppo il gomito, parcheggiando per ore l’auto sotto casa sua e cercando il coraggio di salire da lei. “Siamo arrivati.”

Non ricevendo risposta si volta e la trova assopita con la testa contro il finestrino, che russa debolmente. E’ di fronte ad un dilemma: lasciarla dormire oppure no? Una Ziva addormentata è una Ziva felice. Cercare di svegliarla invece… L’ultima volta gli aveva puntato una pistola alla testa e non era nemmeno ubriaca.

Per fortuna si sveglia da sola non appena parcheggia davanti al suo condominio, evitandogli una scelta difficile. Visto che rischia ancora di inciampare ad ogni passo, Tony la sorregge e la guida verso l’ascensore.

“Qual è il tuo appartamento?”

“608… credo.”

Arrivati di fronte alla porta giusta, Ziva si rovista inutilmente nelle tasche alla ricerca delle chiavi, ridacchiando senza motivo. “… Le ho lasciate nella mia macchina.”

Dopo averla appoggiata contro la parete lui estrae il suo kit da scassinatore. E’ sempre felice di mostrare il suo talento, anche se in quel momento lei è troppo ubriaca per poterlo apprezzare in tutto il suo splendore.

La serratura però è talmente semplice che cede in pochi secondi e per qualche istante Tony si chiede come sia possibile che abbia un sistema di sicurezza così scarso. Poi si ricorda di essere di fronte alla casa di Ziva, la più letale super ninja assassina del Mossad: probabilmente lascia accomodare gli intrusi, contenta di avere dei nuovi compagni di gioco.

Ridendo tra sé al pensiero, recupera la collega che nel frattempo è scivolata fino a terra e la porta all’interno dell’abitazione immersa nell’oscurità, cercando a tentoni l’interruttore. Una volta in soggiorno la fa sedere il più gentilmente possibile sul divano, crollando poi nel posto accanto a lei. Non si era reso conto di essere così esausto.

“Puoi dormire qui, se vuoi.” Ziva suggerisce dopo qualche istante di imbarazzato silenzio. “Sul divano.” Precisa non appena lo vede spalancare gli occhi.

“Uh, okay… Sicura che non ti do fastidio?”

“Per niente.” Lei mormora appoggiando la testa sulla sua spalla, respirando il piacevole profumo della sua colonia. Strano come l’olfatto sia il solo senso a non essere ottenebrato dall’alcool. Improvvisamente il suo unico pensiero razionale è come riuscire a mantenere intatta la propria dignità fino al mattino.

All’inizio crede di essersi semplicemente addormentato, ma dopo un po’ Tony realizza che le labbra che dal collo si stanno spostando sulla sua mascella, alternativamente baciando e mordendo delicatamente, sono molto reali. “Ziva…?”

“Andiamo a letto.” Mormora premendo di più il proprio corpo contro il suo, cancellando dalla mente ogni pensiero precedente.

“… Sei ubriaca.”

“Non è un problema.”

Lui cerca di pensare ad altro, a qualsiasi cosa, pur di non prendere in considerazione la sua proposta, come è tentato di fare: McGee, iguane, vecchiette della Florida, … Non potrebbe mai approfittare di lei in quel modo, non quando è emotivamente e fisicamente a pezzi. L’unica cosa di cui ha bisogno in quel momento è un amico.

Prima di perdere quel poco di autocontrollo di cui è dotato, Tony la prende per le spalle e la allontana a distanza di braccia. Due notti prima si era ritrovato in una situazione simile: aveva abbordato una ragazza in un bar, si erano ubriacati, l’aveva portata a casa sua e la mattina dopo non si ricordava né l’aspetto né il nome. Lei non merita di essere trattata così. “Non posso farlo.”

“Con me?” Furiosa, Ziva si libera dalla sua presa e si allontana dal divano con passo malfermo. La sensazione di essere rifiutata è insopportabile. “Perché?”

“Perché non sei in te.” Lui si alza a sua volta e le si avvicina, cercando il modo di farle capire che è lì per aiutarla e non per dello squallido sesso. “Ziva… Questa notte hai bisogno solo di qualcuno o hai bisogno di me?”

Finalmente lei sente che la nebbia alcolica che le avvolge la testa sta iniziando a diradarsi. Ovviamente lui ha ragione: è lei la prima a non voler rovinare la loro amicizia, o qualsiasi tipo di rapporto potrebbero avere in futuro, in quel modo. Ma ha anche bisogno della sua presenza, di sentirlo vicino… Come può fargli capire un sentimento così contraddittorio, che nemmeno lei sa spiegarsi?

Lasciandosi guidare dall’istinto, le sue braccia gli cingono la vita e immerge il proprio viso nell’accogliente angolo tra il suo collo e la spalla. Ziva lo sente irrigidirsi a quel gesto inaspettato, per poi rilassarsi qualche secondo dopo e ricambiare l’abbraccio, accarezzandole con una mano i capelli castani che ha insolitamente lasciato sciolti tutto il giorno.

“Potremmo… restare così… anche a letto?”

“Uh… intendi abbracciati?” Tony le chiede e la sente annuire sulla sua spalla. “… Tutta la notte?” Lei annuisce. “… Vestiti?” Annuisce ancora.

Per poco non scoppia a ridere: in quale universo parallelo lui, Anthony DiNozzo, potrebbe dividere il letto con una donna così sensuale e bellissima senza fare niente? Le ragioni per dire di no sono talmente numerose che non riesce nemmeno a calcolarle…

“Va bene.” Dice alla fine, lasciandosi guidare da una sorridente Ziva fino alla sua stanza.

  
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