Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |      
Autore: Shirangel    06/04/2009    5 recensioni
«Morirò.», aveva detto Bill.
Solo questo.
Come se non importasse, come se non gli importasse.
«Morirò.», aveva detto Bill.
E Tom era riuscito a rispondere solo «Allora lo farò anche io.»
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~ Live You For Me

 

«Morirò.», aveva detto Bill.

Solo questo.

Come se non importasse, come se non gli importasse.

«Morirò.», aveva detto Bill.

E Tom era riuscito a rispondere solo «Allora lo farò anche io.»

 

Bill aveva detto che sarebbe morto in un pomeriggio di aprile.

Il sole splendeva, come piccolo assaggio delle calde giornate estive che sarebbe presto arrivate, e la morte era l’ultimo dei pensieri di Tom, prima che il fratello gli comunicasse che gli restava una settimana di vita. Prima pensò che fosse uno scherzo, e gli rispose che sarebbe morto anche lui.

Poi pensò che forse era vero, ma dopo averci riflettuto giusto un attimo non aggiunse altro.

Avrebbe seguito il gemello sul serio.

 

Non ne avevano più parlato fino alla sera. Erano seduti sul loro divano e fissavano la televisione, senza prestare davvero attenzione al programma che trasmetteva.

«Come fai a dirlo così?» chiese Tom, continuando a guardare la tv.

Bill non ebbe bisogno di domandargli a cosa si stesse riferendo. «Non lo so.»

«Ti sei rassegnato?»

Il ragazzo alzò le spalle. «Immagino di sì.»

Tom finalmente distolse lo sguardo dallo schermo e lo portò sul profilo del gemello, che però si rifiutò di guardarlo. «Pensi che io ci riuscirò mai? A rassegnarmi, intendo.»

«Dovrai farlo per forza.» sospirò Bill, chiudendo gli occhi. Non aveva forza nemmeno per fingere che stesse andando tutto bene.

Tom rimase un attimo in silenzio. «Non se vengo con te.» sussurrò poi, piano.

Ma Bill sorrise dolcemente e scosse la testa. «Non puoi venire. Non questa volta.»

 

Tom non voleva saperne di stare zitto. Non sapeva quanto dolore gli arrecava, e continuava a non darsi pace, a insistere, a continuare a parlarne.

«Sei davvero rassegnato?»

Bill appoggiò la testa alla sua spalla, stanco. «Che io lo sia o no, non cambia nulla. Morirò e basta.»

Tom strinse le labbra. «Ma non è giusto.»

«Perché no, Tomi?» gli chiese Bill. «Tutti moriamo, prima o poi.»

«Tu non puoi morire.» bisbigliò il fratello. «Non è... giusto. Hai diciotto anni, merda. Perché tu?»

«Perché ho il cancro.» spiegò Bill con dolcezza. «E così deve andare.»

«Perché non io? Siamo gemelli. Perché tu e non io?»

Il ragazzo si sollevò di scatto e lo guardò dritto negli occhi. «Quando l’ho saputo, ho pianto. Il secondo giorno ero incazzato con tutti, perché era toccato a me e non a qualcuno che magari se lo meritava di più. Il terzo giorno ero frustrato perché non potevo fare nulla per cambiare la situazione.» la sua voce era diventata sempre più stridula a mano a mano che continuava. Tom sapeva che presto avrebbe pianto. «Lo sai cosa ho provato il quarto giorno?» gli sollevò il  mento con due dita per poter incatenare lo sguardo al suo. «Il quarto giorno ero felice, Tomi.» sussurrò. «Ero felice perché non era successo a te. Perché tu avresti continuato a vivere e saresti stato felice. Ero felice perché tu avresti avuto la vita che mi è stata negata.» si abbandonò contro il suo petto e lasciò finalmente andare le lacrime che aveva provato a trattenere. «Questo è il quinto giorno, e sono ancora felice. E lo sarò finché avrò la certezza che non mi seguirai.»

«Non posso promettertelo.»

«E invece lo farai. Non vuoi che io sia triste, vero Tomi? Non vuoi distruggere la mia felicità solo per l’egoistico bisogno di non voler soffrire, vero?»

«No, certo che no. Ma...»

«Non ci sono ma.» bisbigliò Bill. «Promettimi che vivrai, e farai di me il ragazzo più felice dell’intero universo. Anche solo per i prossimi sette giorni.»

Tom non glielo promise quella sera, ma il ragazzo non disperò. Aveva ancora un’settimana per convincerlo, ed era certo che sarebbe bastata ampiamente.

Vivi tu per me, Tom.

 

Il giorno dopo, Tom aveva insistito per parlare con lui.

Non per chiacchierare, scambiarsi opinioni o dialogare civilmente.

Lui voleva proprio parlare.

Lo aveva fatto accomodare su una sedia e poi si era seduto davanti a lui. Gli aveva preso le mani tra le sue e aveva cominciato, dopo un sospiro e un breve silenzio.

«Mi dispiace di averti dato quello schiaffo, quando avevamo otto anni.» mormorò. «Non lo dimenticherò mai. Hai pianto tantissimo e mi sono sentito un verme.»

«Non mi aveva fatto poi così male.» replicò debolmente Bill. «Volevo solo farmi coccolare.»

«E non parlavo sul serio, quando ti ho urlato che ti odiavo quando mi hai detto di aver baciato la mia ragazza. Non lo pensavo neanche un po’.»

Bill sorrise con dolcezza. «Lo so, Tomi.»

«E poi, quando avevamo tredici anni ed ero incazzato perché non ci avevano invitato alla festa di Hallowen. Io insistevo col dire che era colpa tua, ma non era vero. E non mi vergognavo di essere tuo fratello.»

Bill chinò il capo e lasciò che i capelli corvini scendessero a coprirgli il volto. «Lo so.» ripeté. «L’ho sempre saputo. Ogni volta che mi hai mentito, per ferirmi o per evitare di farlo, io l’ho sempre capito. Come tu hai sempre capito me.»

«Ma io devo dirtelo.» lo supplicò Tom. «Devo dirti che mi dispiace per ogni volta che ti ho insultato, o risposto male, o offeso, devo chiederti scusa per tutte le volte che non sono stato il fratello di cui avevi bisogno.»

«Perché devi farlo? Per farmi pesare ancora di più la mia condizione?» Tom abbassò lo sguardo, mortificato, e il tono di Bill si addolcì. «Tu non te ne accorgi, ma fa male pensare a tutte le cose che mi perderò, e mi fa ancora più male vedere che tu stai male. Vorrei trascorrere questi sette giorni tranquillamente, senza pensare che sarà la mia ultima settimana. Senza questi patetici svuotamenti di coscienza e senza quelle penose liste di quello che non ho potuto fare durante la mia vita.» sospirò. «Mettiti il cuore in pace, Tom, perché non hai nulla da rimproverarti. Io morirò felice, e tu mi guarderai morire senza rimpianti. Non ti chiederò di non piangere, perché temo sia impossibile, ma mi raccomando di superare questo inconveniente il più in fretta possibile.»

Gli batté le dita sulla mano, confortandolo, e si alzò per avviarsi verso la porta.

Poi, appena prima di mettere piede fuori dalla stanza, si fermò.

«Tom?» disse, esitante. «A proposito, quando abbiamo litigato per quella ragazza... non era vero che non ti volevo bene. Ne ho sempre voluto più a te che a lei. Lei non era niente, in confronto a te.»

Tom lo fissò, sorpreso. Poi sorrise. «Lo so. L’ho sempre saputo.»

 

Il giorno dopo ancora Tom avrebbe voluto riguardare l’album fotografico della famiglia Kaulitz con il fratello, ma Bill non aveva voluto. Affermava che ricordare i tempi ormai svaniti rientrasse nella categoria di cose troppo tristi per farle pochi giorni prima di morire.

Lui non era triste, e non aveva intenzione di diventarlo.

«Mi mancherai.» mormorò Tom. «Tanto. Troppo.»

Bill si sforzò di sorridere, ma in realtà avrebbe voluto piangere per il dolore dipinto negli occhi del gemello. «Mettila così. Non troverai più il bagno occupato quando ti servirà.»

«Sì.» fece lui. «Ma credo che soffrirò nel trovare sempre il posto davanti allo specchio vuoto. E il posto accanto a me sul divano libero. E la tua sedia abbandonata.»

«Devi solo abituarti.»

Tom scosse la testa, piano, e sorrise amareggiato. «Non credo che ce la farò. Non posso abituarmi a vivere senza una parte di me stesso.»

Bill gli accarezzò una guancia. «Purtroppo è andata così, Tomi. Devi accettarlo.»

«E mamma? Mamma lo sa?»

Il ragazzo fece cenno di no. «Verrebbe qui e io non sopporterei di vederla piangere in continuazione. E poi voglio passare il più tempo possibile con te.» lo abbracciò stretto. «Non voglio che questo sia il più bel periodo della mia vita o cavolate simili, voglio solo che sia un bel periodo. E soprattutto non voglio vederti piangere, capito? Non a causa mia. Devi sorridere.»

«E fingere che vada tutto bene?»

«Sì. E fingere che vada tutto bene. Perché sarà così non appena me ne sarò andato.»

 

Il terzo giorno Tom pensò una cosa.

«Cavolo.» esclamò. «Come farò senza le tue piastre in giro, le caramelle gommose che lasci dappertutto, e i braccialetti borchiati e gli anelli d’argento che indossi sempre?»

«Conosci la risposta, Tom.» replicò Bill, inflessibile. «Deve sparire tutto.»

«Ma sono parte di te. E tu di me.» obiettò il gemello.

Bill sorrise. «Conosci anche questa risposta.» disse allegramente. «Devo sparire anche io. Dovrai fare a meno di questa parte di te stesso.»

«Non penso di averne voglia.» mormorò Tom, ma fece attenzione a non farsi sentire dal fratello.

 

Il quarto giorno telefonò David.

Rispose Bill, e alla domanda del manager sul perché loro due non si fossero fatti vivi agli studi di registrazione, rispose tranquillamente: «Perché sto morendo.» poi aveva riattaccato.

David non richiamò. Non chiamarono neppure Gustav e Georg, che evidentemente erano stati avvertiti dal manager: infatti si presentarono alla loro porta il giorno stesso.

«Ho il cancro, ragazzi.» li accolse gentilmente, informandoli della sua malattia come se stesse parlando di qualcun altro, come se non fosse qualcosa che lo riguardasse da così vicino.

«Mi dispiace.» disse Gustav, ed era vero.

«Anche a me.» ammise Bill. «Ma almeno Tom è vivo. Non è fantastico? Lui vivrà.»

I due amici si scambiarono una rapida occhiata, poi annuirono velocemente.

Quella sera i gemelli si erano seduti l’uno di fronte all’altro. Non c’era bisogno di parole.

Bill allungò una mano e la posò sul petto del fratello, mentre l’altra la appoggiò sul proprio cuore.

«Il tuo cuore batte così forte, Tomi.» bisbigliò eccitato. «Oh, è così bello. Tu tum. Tu tum. Tu Tum. Ora è diventato un po’ più veloce. Sei emozionato, Tomi?»

Tom strinse convulsamente le labbra e non rispose. Sentì un doloroso groppo formarsi nella sua gola.

«No, Tomi, non devi piangere.» esclamò accorato il fratello. «Ti ho detto che non devi farlo. Perché piangi? Non senti come è bella la vita? Non vedi quanto poco basta per fare la vita? Un cuore che batte è sufficiente. E basta ancora meno per distruggerla. Basta fermare un cuore.» gli sorrise. «È quello che succederà a me. Il mio cuore si fermerà. Niente di più, niente di meno.»

Tom nascose il viso tra la massa dei suoi capelli scuri. «Non lasciarmi.»

«Non lo farò. Sai che ci sarò sempre. Il tuo cuore continuerà a battere anche per me. Ogni volta che sarai felice, pensa a me. Sarò felice anche io.»

«Non sarò felice, non senza di te.»

Bill gli prese una mano e se la poggiò sul petto. «Senti, Tomi? Lo senti il mio cuore? Non è come il tuo. È debole e non ce la fa più a battere. Presto si stancherà del tutto e io dovrò salutarti. Però una parte di me sarà sempre in te, e il mio cuore continuerà a battere nel tuo, e io vivrò con te. Non potrò abbracciarti né baciarti, ma io ti sentirò e tu sentirai me come una piccola presenza.»

Tom scossa la testa. «Ho bisogno di te, qui, veramente.»

«No che non hai bisogno di me. Io lo so che sei forte, e dovrai capirlo anche tu. Da domani dovrai andare avanti da solo.»

Tom sussultò. «Da... domani?»

Bill fece un sorriso imbarazzato. «Ti ho mentito. I medici non hanno detto proprio una settimana. Un po’ meno. Ma io so che sarei riuscito a tirare avanti anche un po’ di più, se ce ne fosse stato bisogno.»

«Non... non capisco.»

Il ragazzo lo abbracciò stretto. «Adesso so che riuscirai a non seguirmi. È arrivato il momento per me di smettere di lottare.» sussurrò. «Domattina non mi sveglierò.»

Tom cominciò ad agitarsi. «Non può essere così presto... io devo dirti ancora tante cose, non puoi lasciarmi adesso, non puoi!» esclamò, concitato. «Bill, ti prego, no...»

«Ti voglio tanto bene, Tomi.»

La mano di Tom era ancora posata sul petto del fratello. Sentì i battiti del suo cuore diminuire sempre di più, finché non diventarono lenti e flebili, quasi impercettibili. Restò immobile, quella notte, senza pensare a nulla. Solo fissando il volto sorridente del gemello che dormiva. Solo finché non sentì più nulla sotto la sua mano. Solo finché non seppe di essere definitivamente solo.

E solo in quel momento si lasciò andare ad un urlo di dolore.

E urlò, urlò, urlò.

Urlò per se stesso.

Urlò per Bill.

Urlò per l’esistenza che avrebbero condotto da quel momento in poi.
Divisi nel corpo, insieme nel cuore.

Vivrò per te, Bill.

 

 

Note sconclusionate di una sconclusionata autrice:

 

Ho. Ucciso. Bill.

Mi sento un mostro ç___ç 

Si, be’, questo dimostra quanto sia nocivo andare alla messa ù__ù ieri sera sono andata in chiesa, alle sette son tornata a casa, alle nove ho aperto word e ho cominciato a scrivere questa cosa. e ho finito tre ore dopo. Come mi capita sempre quando scrivo mentre ho sonno, stamattina non avevo la più pallida idea di cosa avevo scritto XD l’ho riletta e ho pensato: “WTF?! °_° ma sta roba l’ho scritta io?”

Io quando scrivo di notte disconnetto il cervello e le mani vanno avanti da sole sulla tastiera xD

Comunque. La mia prima death-fic. E l’ultima, perché io quando leggo qualcosa dove qualcuno muore piagnucolo inesorabilmente ç___ç non son capace a scrivere cose tristi ç___ç

Vabbè, ho scritto abbastanza cavolate ù__ù vado a fare i compiti v.v (seh, come no X’’’D)

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Shirangel