Questo
capitolo è dedicato a tutti quelli che hanno avuto la pazienza e la forza di
continuare ad aspettarlo.
“E ora sto per dirti una cosa, nel caso non la sapessi
già: l’amore, quello vero, è sempre letale.
Mi spiego meglio: il suo scopo non è la felicità, l’idillio fino a che morte
non ci separi, le romantiche passeggiate mano nella mano, sotto i tigli in
fiore, attraverso i quali s’intravede la fioca luce del lampione che illumina
il portico, finché appare la casa che ti accoglie avvolgendoti con i suoi freschi
effluvi… Questa è la vita, non è l’amore. L’amore è una fiamma più sinistra,
più tragica. Un giorno si accende il desiderio di conoscere questa passione
devastante. […] molti non conosceranno mai un simile sentimento… sono i
prudenti: non li invidio”
Sandor
Marai, La donna giusta
Una volta a scuola, forse in prima o seconda media,
avevano portato la loro classe in gita al planetario di Shibuya. Stavano
studiando le stelle e quindi la loro maestra era partita spiegando loro quella
più vicina: il Sole.
Sora ricordava l’eccitazione di quel giorno, perché per
la prima volta avrebbe osservato attraverso un telescopio. L’addetto che gli
accolse, spiegò loro una cosa che Sora non dimenticò, paradossalmente fu la
cosa che la colpì di più: non dovevano mai osservare il Sole senza adeguta
protezione.
-Perché, anche se lontanissimo da noi, potrebbe quasi
bruciarvi gli occhi! Infatti anche quando alziamo gli occhi al cielo ci viene
spontaneo riparaci la vista con la mano-.
Sora lo stava ascoltando rapita. E poi Taichi l’aveva
tirata per un braccio, mostrandole che la loro maestra aveva beccato di nuovo
un loro compagno di classe intento a mangiare cioccolata. Avevano ridacchiato
insieme.
Erano passati tanti anni da quel giorno, eppure la
questione “Sole” Sora l’aveva scolpita nella mente.
Non riusciva a guardarlo, ecco tutto. Si sentiva in
pericolo, voleva una protezione per il suo sguardo, per quello che stava avvenendo
dentro di lei
Poteva avvertirlo. Era un po’ come sentire il calore del
Sole sulla pelle: sapevi da dove proveniva ma non lo osservavi direttamente.
Adesso capiva lo zigomo gonfio di Yamato, lo sguardo preoccupato di Mimi e le
sue affermazioni.
-Posso andarmene-.
Un tremito, nella sua voce. Aveva imparato a
riconoscerne ogni sfumatura, ogni inflessione.
-Non pensavo che saresti venuto-, ammise.
Sentì un sospiro ironico. –Diciamoche sono stato
invitato in maniera abbastanza convincente-.
Solo allora Sora alzò lo sguardo. E fu come guardare il
Sole senza nessuna protezione.
Taichi stava guardando lei e lei soltanto e gli occhi
profondi e caldi la fissavano dritta in faccia. Erano molto più freddi.
Ha senso?
Possono gli occhi sembrare più caldi o freddi realmente? Non lo sapeva con certezza, ma
ciò che vide Sora Takenouchi negli occhi di Taichi Yagami, occhi che da
tanto-troppo- tempo non vedeva in modo così diretto, era qualcosa che con il suo Tai c’entrava ben poco.
-Hai incontrato Yamato, vedo- mormorò Sorae davvero non
voleva che la sua voce risultasse così bassa. Da quanto tempo non parlavano
loro due soli?
Tai esibì un breve sorriso ironico e poi abbassò gli
occhi. Frugò brevemente nelle tasche e ne tirò fuori una sigaretta. –Posso?-
domandò retoricamente, quando se la ficcò tra le labbra.
Sora sospirò, aggrottando le sopracciglia. Taichi alzò
le spalle e l’accese. Indossava una maglia a maniche corte di un bianco
sbiadito e un paio di jeans che avevano sicuramente visto giorni migliori.
Ed incredibilmente era Sora a sentirsi a disagio con
lui, nel suo vestito blu scuro che metteva in risalto quel poco di colore che
aveva preso andando in piscina e i sandali con tacco alto.
Taichi continuava a fumare in silenzio fissando quasi
con ostinazione la porta dietro di lei, da dove proveniva il vociare degli
altri invitati.
-Dovresti rientrare-
-Ti va di venire di là?-
Si guardarono. Avevano parlato contemporaneamente e
Sora, malgrado tutto, si ritrovò a sorridere. Vide Tai deglutire e per la prima
volta da quando era entrata in quella stanza, sentì il suo sguardo percorrerla
interamente. Si mosse sul posto un po’ imbarazzata.
Imbarazzata
davanti a Tai, non essere sciocca, si ripeté mentalmente. Eppure
si sentiva, sciocca. Voleva dirgli tante cose, ma le parole sembravano sparite
da qualche parte e non riusciva a trovarle più.
-Lo sai che non posso-, le rispose Taichi. Finì la
sigaretta e la pigiò nel posacenere lì vicino.
Aprì la bocca per ribattere, forse non sapeva nemmeno
lei bene cosa, quando sentirono bussare cautamente alla porta.- Sora?-
Era Mimi. Sora si chiese quanto tempo fosse passato. A
lei parevano ore.
-Va tutto bene, arrivo-, alzò un po’ la voce per farsi
sentire e poi udì il rumore dei tacchi dell’amica allontanarsi. Non era entrata
e per questo si ripromise di ringraziarla. Sicuramente le era costato molto,
non aprire quella porta.
-Ti lascio tornare dagli altri, - disse infine il
ragazzo.
Sora inspirò. Era come paralizzata, eppure aveva vissuto
quel momento nella sua testa così tante volte… non riusciva a fare niente, ogni
fibra del suo corpo voleva afferrare Taichi per le spalle e farlo tornare
quello di sempre. Farlo tornare da lei. E da loro.
Ma quando vuoi una cosa per così tanto tempo, alla fine
quel desiderio è talmente radicato in te che hai paura di muovere un solo passo
per realizzarlo davvero.
Taichi le diede le spalle e prima di poggiare la mano
sulla maniglia e andarsene lasciò sul tavolo un piccolo pacchetto. Si girò un
solo attimo, un solo piccolo sorriso che però non arrivava agli occhi. –Buon compleanno,
Sora-.
Aveva appena chiuso la porta che dava sul retro. Solo
allora, una volta poggiato al muro di mattoni della piccola villetta a schiera
di Sora, Taichi si permise di chiudere gli occhi e liberare il battito
accelerato del suo cuore.
Perché
cazzo vederla faceva così male?
L’hai
voluto tu, suggerì una voce dentro di lui. Era vero. Era
dannatamente vero. Ma era anche giusto.
-Se stai pensando di fumarti una delle tue orribili
sigarette, potresti offrirmene una-.
Taichi sobbalzò. Guardò alla sua sinistra e assottigliò
gli occhi per vedere la sagoma di Yamato seduta nell’ombra con un bicchiere in
mano.
Sbuffò, mentre lo vedeva avvicinarsi in silenzio. Si
poggiò al muro accanto a lui, senza dire altro. Il castano gli allungò il
pacchetto e Ishida ne prese una, avvicinando il volto alla fiamma che Tai gli
porgeva, mentre a sua volta ne accendeva un’altra.
-Non mi abituerò mai a vederti fumare, Yagami- gli
disse, mentre tirava il primo tiro storcendo la bocca. No, non gli piaceva
proprio quella roba.
-Se è per quello, non fa proprio per te Ishida- ribatté
l’altro.
-Hai dannatamente ragione. E mi fa anche schifo-.
-E allora perché me l’hai chiesta?- insisté Tai,
guardando fisso davanti a sé.
Era strano, stare lì con quello che era stato il suo
migliore amico per tutta la sua vita –ed infondo, molto infondo Tai sospettava
che lo fosse ancora-. Era strano sì, ma strano in un modo giusto.
-Perché- cominciò Yamato- perché a volte si fanno
stronzate, ma si può decidere di smettere.-
Taichi ridacchiò.- Sempre con queste frasi a metà, tu-.
A quel punto il biondo si voltò a guardarlo dritto in faccia.
Lo zigomo viola lo fece quasi sorridere, déjà-vu.
-E tu sempre sordo da non riuscire ad ascoltarle?-
Il ghigno sul viso dell’altro si disperse immediatamente.
Finirono in silenzio di fumare, i grilli cantavano placidi e le risate dentro
proseguivano indisturbate.
-Come sta?- mormorò Tai.
-Potresti riferirti a più di una persona. Sii più
specifico, - rispose Yamato lasciando andare la testa all’indietro. Sembrava un
gesto così stanco.
Tai strinse le labbra in una linea sottile.- Lei l’ho appena vista. Lo sai a chi mi
riferisco-.
Yamato gettò la sigaretta e si voltò a guardarlo per un’ultima
volta prima d’imboccare il viale verso la porta. –Tua sorella sta meglio
fisicamente. Ma sai che a volte questo non basta-.
-Non ho bisogno di un’altra lezione di morale da te,-
rispose duro Taichi.
-Oh,- ridacchiò ironico l’altro. – Lo credo anche io. So
che hai bisogno di tutti noi, so che hai bisogno di loro due. Quando deciderai
di esserti punito abbastanza però potrebbe essere troppo tardi-.
Le ultime parole Yamato le pronunciò con un tono di voce
più alto perché a quel punto Tai stava andando via con ampie falcate.
Scosse la testa e il rombo del motore della sua moto
coprì il tonfo della porta che si chiuse con forza alle spalle.
Quando andarono via tutti quella sera, Sora si ritrovò a
fissare il pacchetto che aveva lasciato sul suo comodino col cuore in gola.
Mimi e gli altri l’avevano aiutata a rassettare tutto.
Avevano tentato di tenerle su il morale, per quanto possibile, proprio fino
alla fine. Con la sua migliore amica non aveva ancora parlato. Quando era
rientrata, Mimi le aveva lanciato uno sguardo carico d’apprensione ma lei aveva
annuito, con un piccolo sorriso. Stava bene, -più o meno- poteva resistere
ancora e l’indomani avrebbero parlato.
Sulla porta, l’avevano tutti stretta, e poi era
successo: Matt l’aveva abbracciata. Era stata una cosa così strana che anche
Mimi ne rimase sorpresa. In rare, rarissime occasioni Yamato Ishida si lasciava andare a
manifestazioni d’affetto così plateali davanti ad altre persone. Joe e Izzy si
scambiarono un’occhiata, complici. Un’oretta prima l’avevano uscire fuori in
giardino e l’avevano anche seguito con lo sguardo quando era rientrato tutt’altro
che calmo. La ragione poteva essere una sola, anzi una sola poteva essere la
persona ad avergli scatenato una reazione del genere.
Poco prima di sciogliere l’abbraccio, Yamato le aveva
sussurrato qualcosa all’orecchio. Qualcosa che Sora sapeva costargli molto. –Resisti-,
le aveva detto.
E Sora onorò quel consiglio, quando si fece forza e
finalmente aprì il pacchetto improvvisato che le aveva portato Taichi.
Coraggio.
Tai le aveva regalato il suo digimedaglione e la sua annessa digipietra. Era un
regalo o una resa? La ragazza sperò nella prima ipotesi, ma dentro di lei sapeva
che la vera ragione era la seconda. A Sora tremavano le mani quando lo prese
tra le dita. Non brillava più, così come gli altri. Ma forse a causa della
suggestione o forse perché il suo proprietario era cambiato così tanto, i
colori di quello sembravano ancora più spenti. Chiuse gli occhi, portandoselo
al petto.
Sì, forse Taichi non credeva più nel suo coraggio. Ma di
certo c’erano altre sette persone disposte a farlo per lui.
A qualche chilometro di distanza, il ragazzo castano
ballava sotto le luci stroboscopiche senza guardare realmente nessuno. Aveva
bevuto e finalmente la testa aveva smesso di pulsargli. Una ragazza al bancone,
di spalle a lui, lo fece bloccare un attimo. Ma poi si voltò e lui si
maledisse. Sora probabilmente stava già dormendo. O forse aveva già lanciato
contro il muro il suo fottuto digimedaglione. Si sentì tirare per un braccio ed
una ragazza del suo nuovo gruppo gli
sorrise, maliziosa.
Dopo di che, Taichi Yagami non pensò più a niente.
SPAZIO AUTRICE:
Sedici Settembre 2014 recita l’ultimo aggiornamento di
questa storia e quando qualche giorno fa l’ho letto sono rimasta quasi
shockata. Così tanto tempo? Ma dove sono finiti tutti i giorni in mezzo?Sono
stati anni davvero assurdi, per me. Ma le mie beghe personali dubito v’interessino
perciò passo oltre.
Bentornati a tutti -sempre se qualcuno avrà avuto il
coraggio di arrivare fino alla fine di questo capitolo. Sinceramente, pubblicare
un nuovo tassello di questa fan fiction mi trasmette ansia perché non scrivo di
loro da così tanto tempo ed ho paura
di averli allontanati da me, tutti quanti. Ma non riesco a lasciarli andare,
per fortuna o sfortuna ancora non l’ho capito. Starà a voi giudicare, come
sempre. Come avrete notato, per la prima volta(credo) in una delle mie storie
la vera storia è parte integrante di essa. Non me la sono sentita di escludere
Digiworld, stavolta anche se i riferimenti saranno sempre al passato, come un’esperienza
della loro infanzia chiusa e finita ma che ovviamente li ha segnati
tutti.
Spero di ritrovarvi perché, sarò sincera: mi siete
mancati.
Alla prossima e mi auguro che il quinto capitolo giunga
decisamente più in fretta.
Ps. Il titolo del capitolo, oltre che al chiaro
riferimento dell’inizio con la lezione di astronomia, richiama anche la fine.
Che simbolo c’è sulla digipietra di Taichi?
Pss. Un ringraziamento speciale va a eleCorti. Spero di aver onorato la tua pazienza.
Sabrina