Non
lontano da Camelot. Un giorno
prima della maledizione.
La
pesante porta della prigione si aprì, accompagnata da un
forte scricchiolio dei
cardini, e l’uomo entrò, reggendo la torcia per
illuminare l’antro buio in cui
avevano rinchiuso il mostro. Gli orli della tunica marrone che
indossava
scivolarono lungo il pavimento ruvido e polveroso.
Udiva
solo lo sgocciolare dell’acqua che pioveva dal soffitto,
cadendo su una roccia.
Nient’altro. L’aria era immobile. Quel silenzio
aveva qualcosa del respiro
trattenuto. Poteva sentire le pulsazioni battere sotto la propria
pelle.
La
luce sfiorò le sbarre della cella. Sbarre incantate da una
magia potente e
molto antica, più antica dell’Oscuro che un tempo
aveva abitato quel castello,
come aveva detto Merlino; una magia proveniente dall’Isola di
Avalon. La
creatura non poteva fare nulla contro di essa.
L’uomo
avanzò fino alle sbarre con il vassoio in mano.
Allungò la torcia per gettare
luce anche negli angoli bui della prigione, ma non vide nessuno.
Inoltre,
sembrava che l’oscurità lì fosse troppo
fitta per essere scalfita.
Infilò
la torcia in uno degli anelli agganciati alle rocce e si
chinò, facendo
scivolare il vassoio con il cibo nell’apposita apertura.
Sbirciò di nuovo
all’interno di essa cercando l’essere che gli
ospiti temevano.
-
Ho portato la cena. – disse l’uomo.
Silenzio.
Solo le ombre.
-
Vieni a prenderla.
Rapida
come un fulmine, una sagoma emerse dal buio e lo afferrò per
il polso. La morsa
glaciale lo lasciò senza fiato e gridò, cercando
di ritrarsi. Ma la presa era
salda.
-
Lasciami andare! Chi sei tu?
La
voce che gli rispose era bassa e frusciante. – Il mio nome
è... Emma.
Allora
l’uomo mise a fuoco il volto del mostro. E vide che non era
affatto come se lo
aspettava. Eppure gli gelava il sangue nelle vene.
Era
una donna giovane, con le vesti nere che le aderivano al corpo, le
labbra rosse
come sangue appena versato, il volto di un pallore inquietante e
solcato da
vaghe sfumature verdognole.
-
Ma dicono che tu sia un mostro... – riuscì solo a
mormorare l’uomo, sconvolto
dall’apparizione.
-
Solo... dentro. – rispose Emma, sorridendo appena.
Avrebbe
potuto gridare ancora, ma il verde dei suoi occhi lo immobilizzava e
sembrava
insinuarsi in lui, riempiendogli la gola per soffocarlo.
Pietà,
avrebbe
voluto dirle.
Emma
affondò una mano nel suo petto, trafiggendolo come una
lancia. Rimase là per
qualche momento, a stringere le dita intorno al suo cuore, mentre lui
la
fissava con gli occhi sgranati, in preda allo shock per il dolore
lacerante.
Poi,
con uno strattone, Emma estrasse l’organo rosso e pulsante.
La sua vittima
cadde all’indietro. L’Oscuro osservò con
vago interesse quel cuore, la bocca
inarcata in un sorriso. Il suo volto rispledette, accarezzato dalla
luce
rossastra.
Non
ebbe bisogno di serrarlo fra le dita. Appena iniziò a
chiudere la mano a pugno,
il cuore si disintegrò in centinaia di frammenti.
Ed
essi divennero polvere, che si lasciò scivolare sul palmo.
***
Storybrooke.
Oggi.
“Un
secondo Oscuro?”, disse
Killian, sgomento.
“Questo
non è possibile. Non ho
fatto una cosa del genere. Emma sta mentendo. L’ha
manipolata”, replicò
Malefica, con gli occhi ardenti fissi sul volto di Regina.
“Non
mente. Ho visto Excalibur.
C’erano entrambi i nomi sulla lama”.
Henry
annuì, meditabondo. Gli
Azzurri si scambiarono un’occhiata, ansiosi.
“Due
Oscuri”, ripeté Killian,
incapace di trovare qualcos’altro da dire. Scosse la testa,
guardando prima
Malefica e poi la propria mano, gli anelli che brillavano nella
penombra che
avvolgeva il salone. “Emma ha fatto questo? Voi avete fatto
questo?”
“Non
abbiamo idea di cosa sia
successo”, si affrettò ad aggiungere Regina.
“Forse Lily era in pericolo ed
Emma ha dovuto salvarle la vita”.
“Salvarla?”.
La voce di Killian era
bassa e cupa. Frastornata. Da sotto le ciglia nere il suo sguardo
azzurro
dardeggiava. “Voi questo lo chiamate
‘salvare’?”
Nessuno
disse niente.
“Meglio
morire. Tra la morte e una
vita con quell’oscurità, scelgo la
morte”.
Un
temporale incombeva sulla città.
Da
quando, tre giorni prima, Lily si era presentata a casa di Regina per
recuperare l’acchiappasogni, rivelando di essere il secondo
Oscuro, il cielo
non era più stato sgombro di nubi.
Osservandolo,
Regina provava un forte senso di disagio, come se avesse paura che il
sole se
ne fosse andato per sempre. Storybrooke sembrava sotto assedio,
accerchiata da
quell’ammasso di nuvole nere.
Siamo
sotto assedio, pensò.
Due
Oscuri. Emma e Lily. L’oscurità si era
moltiplicata. E in più sua sorella era
sparita. Forse era una loro prigioniera, intrappolata in quella casa,
circondata dalla barriera creata dal potere Excalibur.
Non
aveva idea di cosa fosse peggio: sua sorella a piede libero o sua
sorella nelle
mani di due Oscuri probabilmente infuriati. Una pazza scellerata e due
persone
in balia di quell’oscurità così
difficile da gestire.
Regina
appoggiò una mano sul vetro e guardò la bambina
di Robin che dormiva
serenamente nella sua culla. Sulla targhetta le infermiere avevano
scritto solo
“Piccola Hood”. Lui non le aveva ancora dato un
nome. Di sicuro Zelena avrebbe
avuto da ridire anche su quello. Se mai fossero riusciti a
recuperarla...
“Non
appena avrò finito con Zelena,
mi ringrazierete. Soprattutto tu, Regina”.
E
se fosse morta?, pensò.
Se Zelena fosse già morta? Se Emma
l’avesse
uccisa?
Un
fulmine piombò giù dal cielo e
illuminò le finestre dell’ospedale. Alcuni
bambini si misero a piangere. Le luci in corridoio traballarono.
Una
nube viola apparve e Regina sobbalzò, colta alla sprovvista.
Malefica emerse da
essa.
-
Sei tu. – disse Regina.
-
Quel mago, Knubbin, dice che questo non è un temporale.
È magia. – esordì lei,
senza troppi preamboli. Si sistemò meglio la giaccia grigia
sulle spalle.
-
Lo immaginavo. – mormorò.
Malefica
non aveva affatto una bella cera. Aveva l’aria stanca,
spossata. Si avvicinò al
vetro, appoggiando una spalla al muro e sbirciando la figlia di Robin.
Malefica
andò verso di lei quasi
barcollando, come una persona appena scesa da una nave alla fine di una
lunghissima traversata. Si fermò ad un passo da Regina,
guardandola dall’alto,
da quella faccia cinerea, i tendini del collo in rilievo e una vena che
pulsava
al centro della fronte. A Regina i suoi occhi non erano mai sembrati
così
grandi. A causa delle ombre della stanza sembravano molto
più scuri, quasi
viola.
“Trasformare
Lily in un Oscuro deve
essere stato... un altro passo verso il baratro. L’ultimo,
forse”, disse David.
“Ha
scelto di salvarle la vita. La
nostra famiglia lo fa sempre. Agiamo così, David.
È ciò che abbiamo fatto anche
noi. Condividiamo un cuore”, gli ricordò Mary
Margaret.
“Condividete
un cuore. Non
l’oscurità”, osservò Killian.
“E
se fossimo stati noi?”, continuò
David. “Se fossimo stati noi a fare del male a
Lily?”
“Perché
avremmo dovuto farlo?”,
chiese Mary Margaret.
“Forse
non l’abbiamo fatto
volontariamente. Forse siamo stati costretti. Forse non abbiamo avuto
altra
scelta”.
“Tutto
questo non cambia il fatto
che Emma e mamma drago l’hanno trasformata in un Oscuro.
Questo non è salvare.
È condannare”, disse Killian, a voce alta.
Regina
osservò lo sguardo di
Malefica accendersi e riempirsi di fuoco. Pensò che avrebbe
mutato forma là in
casa sua, distruggendo ogni cosa.
Sul
tavolo c’era una caraffa
d’acqua. Malefica l’afferrò e,
brandendola, incombette su Capitan Mascara. Un
getto freddo gli lavò il viso. Un cubetto di ghiaccio gli
cadde tra i capelli e
scivolò sulla spalla. Nella mente Regina la vide calargli la
caraffa sul
cranio, vide il pirata annaspare mentre il sangue gli colava a fiumi
sulla
faccia, lo vide con la testa fracassata. David si stava alzando per
impedirle di
farlo...
E
Malefica desiderava farlo. Regina
ne era assolutamente consapevole.
All’ultimo
istante Malefica ruotò
su se stessa e scagliò la caraffa contro il muro, dove si
schiantò. I pezzi si
sparsero ovunque sul pavimento. Killian teneva ancora il braccio
sollevato,
come per proteggersi. David era in piedi, proteso in avanti. Henry
fissava i
cocci di vetro.
Malefica
tornò a guardare Regina e
si ravviò con il dorso della mano i capelli che le erano
ricaduti sulla faccia.
-
Io non l’ho mai vista così. –
mormorò Malefica, più a se stessa che a qualcuno
in particolare. – Non ho mai visto Lily così se
non quando Tremotino me l’ha
mostrata... usando il sonaglio.
Regina
non disse niente.
-
Non l’ho mai vista così e non l’ho mai
presa in braccio da piccola. – continuò
Malefica. – E l’unica cosa che ho saputo fare
quando l’ho ritrovata... è stato
trasformarla in un... Oscuro.
-
Di certo l’hai fatto perché non hai avuto altra
scelta. – si affrettò a dire
Regina, appoggiandole una mano sul braccio.
-
Io vorrei soltanto che venisse da me. Vorrei... che parlasse con me.
Ed
io vorrei che Emma parlasse con
me. Con noi, pensò
Regina.
Un
altro tuono. Poi l’ennesimo fulmine calò dal
cielo.
Le
luci in corridoio si spensero di botto, precipitandole nel buio.
Qualcuno lanciò
un gridolino.
Un
lieve ronzio e quelle di emergenza si accesero, spargendo una luce
diafana e
sinistra.
-
Non potete tenermi rinchiusa qui per sempre. Prima o poi dovrete
lasciarmi
andare. O dovrai usare quella spada su di me. – disse Zelena,
con un tono
annoiato.
Lily
si rigirò Excalibur tra le mani.
-
Che cosa sta facendo l’altro Oscuro in cantina? Cerca una
soluzione
alternativa, vero? La soluzione alternativa la posso suggerire io
stessa. È
molto semplice.
Un
fulmine illuminò di nuovo il cielo, riflettendosi sulle
finestre. Un colpo di
artiglieria in un campo di battaglia apocalittico.
-
Emma troverà una scappatoia. Non è necessario
ucciderti.
-
Ma che pensiero gentile, Oscuro! – Zelena roteò
gli occhi. – Sono molto
colpita.
Lily
sollevò lo sguardo solo per vedere Nimue in piedi accanto
alla porta d’ingresso
della casa di Emma. La scorgeva solo di profilo e aveva il cappuccio
della
tunica in testa, ma sapeva che stava sorridendo.
-
Ma potrei cambiare idea io se non chiudi quella bocca. –
aggiunse Lily,
voltandosi verso Zelena. Alzò la spada e gliela
puntò alla gola.
-
Non lo farai.
-
Non darlo per scontato.
-
Invece lo faccio, cara. Hai chiesto ad Emma di non uccidermi e lei ti
ha dato
retta. Ti ha restituito i tuoi bellissimi ricordi, così ora
sai tutto. –
Sorrise, un sorriso largo e smagliante. Leggermente folle e perfido, ma
anche
sfacciato, impavido. Si era tolta il cappello da strega ed ora la folta
chioma
rossa era libera, le ricadeva tutta su una spalla come una colata di
lava. - Immagino
che tu sia molto più arrabbiata con mia sorella che con me.
Vorresti uccidere
prima lei... o forse vengono prima gli adorabili genitori
dell’Oscuro? Che
cos’è che ti fa più rabbia? Essere
stata maledetta alla nascita o che gli altri
abbiano tradito l’unica persona a cui tieni?
Lily
sollevò una mano e Zelena si sentì soffocare.
Annaspò, artigliandosi la gola. -
Posso farti più male di così.
La
lasciò andare e lei tossì.
-
So che cosa vuoi, Zelena. – disse Lily.
-
Oh, ma davvero?
-
Vuoi tua figlia.
Zelena
strinse le labbra. – Di certo non intendo lasciarla con mia
sorella.
-
Vedo che la Strega dell’Ovest ha finalmente una debolezza.
Che cosa strana. –
Lily ripensava a se stessa da neonata. Strappata a sua madre da due
idioti che
pensavano unicamente ad avere una figlia perfetta. Per quanto Zelena
fosse
perfida, la infastidiva l’idea che le portassero via la
bambina. La infastidiva
l’idea che Regina le impedisse di vederla. Regina non
meritava quella bambina.
Soprattutto dopo quello che aveva fatto a Camelot. - E
cos’altro?
-
Mi stai proponendo un accordo? Emma ci ha già provato.
– domandò Zelena,
sollevando un sopracciglio.
-
Forse.
-
Calarti nella parte dell’Oscuro per te non è
difficile, a quanto pare.
L’oscurità che hai sempre avuto in te ti ha
preparata.
-
Non hai ancora risposto, strega.
-
Voglio tornarmene a casa mia. Ad Oz. E voglio tornarci con mia figlia.
Ho
bisogno della bacchetta dell’Apprendista.
-
Queste sono tre cose.
-
Oh, beh... – Zelena fece spallucce. – Avrei anche
bisogno che qualcuno
l’attivasse per me. Non intendo rischiare, visto che
avrò anche mia figlia con
me.
Nimue
non le suggerì niente. Si girò, mostrando il suo
viso verde e squamoso. Lily la
fissò per qualche momento. Zelena guardò nella
medesima direzione, ma
ovviamente non vide nulla.
“Farò
ciò che è necessario, Lily.
La ucciderò usando Excalibur”.
“Emma,
stai per andare ben oltre il
limite. Uccidere Zelena non è forse oltrepassare il
limite?”
-
Ricorda qual è la cosa più importante, Lilith. La
tua vendetta. – disse Nimue,
alla fine. – Il nostro piano.
“Farò
ciò che è necessario, Lily.
La ucciderò usando Excalibur”.
“Io
desidero quel potere. Tra non
molto... non potrò più resistere. E
diventerò l’Oscuro più potente che sia
mai
esistito”.
-
Dovrai occuparti di tua figlia da sola. – disse Lily.
– Io posso procurarti la
bacchetta. E attivarla per te.
-
Che generosità! Non pensavo che sarebbe stato
così semplice! Questo vuol dire
che mi lascerai agire indisturbata? – Zelena era estasiata.
Ma continuava a
scrutarla, a caccia delle menzogne, a caccia dei tranelli, quei
tranelli che
lei sapeva fabbricare così bene. Aveva già avuto
a che fare con un Oscuro.
Tremotino era stato il suo insegnante, lei l’aveva tenuto
prigioniero e aveva
stretto tra le mani il pugnale che ora aveva ritrovato la sua dolce
metà
mancante.
-
In realtà... perché non dovrebbe essere semplice?
Tu avrai tua figlia e
tornerai da dove sei venuta. Molti la considereranno un vera
liberazione. Ma
qualcuno potrebbe seguirti.
-
Che ci provino pure. Se tu terrai al sicuro la bacchetta, non avranno
modo di
aprire altri portali. Non ci sono fagioli magici e non lanceranno di
certo una
maledizione, sacrificando qualcuno. Direi che di maledizioni ne abbiamo
avute
abbastanza. - La strega accavallò le gambe, mettendosi
più comoda sul divano. –
Come faccio a sapere che rispetterai gli accordi? Tu non sei Tremotino.
So che
sei molto brava a mentire.
-
Non hai molta scelta. Se vuoi uscire da qui, è necessario
che io usi Excalibur
per aprire una breccia nella barriera.
-
Sai che questo non piacerà all’Oscuro, vero?
-
Se Emma decidesse di ucciderti... non so se riuscirò a
fermarla ancora. E tua
figlia rimarrebbe orfana. Io so cosa significa crescere senza una
madre.
-
Siamo in molte a saperlo.
-
E poi quello che ha fatto Regina a Camelot è imperdonabile.
Anche Emma ne è
convinta. Vuole combattere l’oscurità... ma
probabilmente ce l’avrà con lei per
molto tempo. Non avrà tua figlia...
Zelena
ridacchiò, divertita. – Mi piace.
Perché non mi spieghi il piano nei dettagli,
Lilith? Non vedo l’ora di sentirlo.
***
Vicino
a Camelot. Un giorno prima
della maledizione.
Avvenne
all’improvviso e fu un momento esaltante.
Emma
sentì la mente di Lily accostarsi alla sua, tastando incerta
il terreno e
tendendosi verso di lei come un nuotatore inesperto. Le menti si
unirono come
due binari che avevano percorso una lunga strada correndo paralleli, ma
che
adesso avevano trovato il modo di ricongiungersi.
Lily?,
le
disse Emma. Riesci a sentirmi?
Cosa...
Pensavo
ci avresti messo più tempo.
Le
sbarre della sua prigione scomparvero ed Emma riuscì a
mettere a fuoco il mondo
che circondava Lily. Era su un’altura, ai margini di un
bosco. Da lì vedeva il
castello di Camelot, con i fuochi che ardevano sui camminamenti e gli
stendardi
che fluttuavano nel vento. Vedeva anche il profilo delle montagne, il
cielo
pieno di nuvole minacciose... e Nimue. A pochi metri da Lily. Aveva
gettato il
cappuccio sulle spalle e rimirava la dimora di Artù. Un vago
sorriso le
increspava le labbra.
Possiamo
parlarci?, domandò
Lily, esterrefatta.
Naturalmente.
Seguì
qualche momento di silenzio. Come se stesse riflettendo su
quell’ultima
scoperta. Dove diavolo sei, Emma? Io...
riesco solo a vedere le sbarre. Cos’è, una
prigione?
Già.
Lo è.
Regina?
Lei ha il pugnale, vero?
Non
mi sta controllando, adesso. Ma
sì, ce l’ha lei.
Avrei
voluto raggiungerti prima,
ma... non è facile.
Non
lo metto in dubbio. Non so dove
mi trovo. Credo siano i sotterranei di un castello. Non posso essere
molto
lontana da Camelot.
Sapevo
che sarebbe finita così! Hai
voluto fidarti di loro... Nimue aveva ragione.
Lascia
perdere Nimue. È
un’allucinazione. Devo pensare a come uscire da qui, adesso.
Avrei voluto
procurarmi un cuore. L’ho preso ad uno degli... eremiti che
vivono in questo
posto, ma era protetto.
Immagino
che anche questa sia
un’idea di Regina, vero?
È
previdente.
È
una bastarda, vorrai dire.
Emma
non fece commenti, ma continuò: Le
sbarre
sono incantate. È una magia molto antica. Non posso fare
niente contro di essa.
Lily
era allibita. Che razza di magia
può
essere più antica dell’Oscuro?
Emma
si portò una mano alla testa, colpita da una fitta
lancinante. Non c’è
bisogno di urlare.
Scusa.
Avalon.
Cosa?
Avalon.
La magia di Avalon, secondo
Merlino, è molto antica. Credo che queste sbarre... ne siano
impregnate. Le
strinse con entrambe le mani. Sul dorso e tra le dita notò
le sfumature verdi.
Avalon
è irraggiungibile, Emma.
Aprì
la bocca per risponderle e dovette richiuderla subito. Udì
dei passi in
corridoio. Abbassò la voce più che
poté: Va
via.
Perché?
Che succede?
Vattene.
La
scala che conduceva nelle prigioni sotterranee del castello spariva
dopo pochi
gradini in un abisso senza fondo. Un luogo adatto ai condannati a
morte.
Nell’aria ristagnava l’odore di putredine e
l’unico rumore che Regina sentiva
era lo sgocciolio dell’acqua piovana.
Il
castello di Rothbart. Merlino aveva detto che quello era un luogo
sicuro. Era
un luogo remoto, ai piedi delle montagne e non ci viveva nessuno,
eccetto un
gruppetto di eremiti che ospitavano cavalieri e viaggiatori di
passaggio in
caso di necessità. Quando Merlino si era presentato, quegli
uomini l’avevano
fissato con gli occhi fuori dalle orbite e non avevano esitato a
condurre lui e
i suoi ospiti all’interno del castello. Di Emma sapevano solo
che era una
prigioniera. Non l’avevano vista bene in viso,
poiché quando erano giunti a
destinazione giaceva riversa su un cavallo e coperta da una mantella.
Merlino
aveva fatto in modo che Emma venisse rinchiusa nelle prigioni
sotterranee. La
magia antica di Avalon aveva forgiato le sbarre di quelle celle. Erano
inespugnabili anche per un Oscuro. E in ogni caso Regina si era
assicurata il
pugnale.
Mentre
arrivava in fondo e iniziava a percorrere lo stretto corridoio che
l’avrebbe
condotta alla cella di Emma, si portò una mano alla cintura
e toccò l’elsa del
pugnale.
“Quindi
preferisci tradirmi?”
“Sto
provando a salvarti, Emma”.
“Non
avrei mai dovuto darti quel
pugnale. Ho commesso un errore. Tu non sei affatto una
Salvatrice”.
-
Voglio venire con te. – aveva detto Henry, quando Regina
aveva annunciato che
sarebbe scesa nelle prigioni per parlare con Emma. Avevano appena
trovato il
cadavere dell’uomo che le aveva portato il cibo.
L’Oscuro aveva polverizzato il
suo cuore.
-
No, Henry.
-
Emma è mia madre. Voglio parlarle. Tu hai il pugnale, quindi
non può farmi del
male. E non me ne farebbe comunque.
-
Emma in questo momento è molto instabile. – Gli
aveva messo una mano sulla
spalla. La verità era che non sopportava l’idea
che Henry vedesse l’altra madre
dietro le sbarre, nel buio, rinchiusa e sola. Non sopportava che
vedesse i
segni della corruzione, che si fissasse sul suo nuovo aspetto.
– Lei... è
cambiata.
-
So che Emma è ancora là da qualche parte.
-
Ragazzo, per favore, fai ciò che ti chiede tua madre.
– era intervenuto
Killian. – Regina, vengo io con voi.
-
No, Capitan Mascara. Nessuno viene con me. Questo è una cosa
tra me ed Emma.
L’idea è stata mia.
-
E noi vi abbiamo appoggiata, tesorino. – aveva detto Knubbin.
– Io vi ho anche
dato una mano. Perché mi piacete. Anche questa è
una novità. Ho gusti molto
difficili, sapete?
Henry
l’aveva fissata, ferito. Poi le aveva voltato le spalle ed
era uscito dalla
stanza. Quello sguardo le aveva ricordato quello del bambino che la
chiamava Regina Cattiva. Il
bambino che fuggiva
per stare con la madre biologica.
Regina
non aveva comunque voluto che qualcuno andasse con lei.
Inspirò ed espirò più
volte davanti alla pesante porta di legno. Dopodiché
tirò i due chiavistelli ed
entrò. Con la magia accese una delle torce appese alla
parete di roccia.
-
Ti sei decisa a venire, finalmente. – sussurrò
Emma.
Non
riusciva a vederla. Il buio che regnava là sotto era
difficile da vincere.
-
Perché l’hai fatto, Emma? – chiese,
avanzando lentamente. – Perché hai ucciso
quell’uomo?
-
Sei stata molto scortese. Mi rinchiudi e non so dove mi trovo.
– Emma sbucò
dalle tenebre della sua prigione e si approssimò alle
sbarre, afferrandole con
entrambe le mani. – Avresti dovuto immaginare, poi, che
l’avrei ucciso.
Infatti... hai incantato il suo cuore. Per proteggerlo.
-
Speravo non arrivassi a tanto.
-
Anch’io lo speravo. Speravo che la mia famiglia mi aiutasse.
Che aiutasse me e
anche Lily. Invece sono in una cella.
-
Sai bene perché sei qui.
-
Perché tu mi hai voltato le spalle.
-
Io non ti ho mai voltato le spalle, Emma. – Era abbastanza
vicina da poter
notare come appariva il suo viso. Il biancore della pelle era solcato
da
sfumature verdeoro. Il male si manifestava anche all’esterno,
ora. – Se ti ho
portata qui e ho preso il pugnale, l’ho fatto anche per
salvarti. E non credere
che mi sia piaciuto!
-
Oh, io credo di sì, invece. Perché
c’è ancora oscurità dentro di te.
–
Sorrideva. Sembrava molto divertita. Era furiosa, ma al tempo stesso si
prendeva gioco di lei. – E in ogni caso... tu non sei in
grado di salvare proprio
nessuno.
-
Perché non sono la Salvatrice.
-
Vedo che l’hai capito anche tu.
Regina
aveva una gran voglia di acchiapparla per il collo, di colpirla
ripetutamente
fino a cancellarle quell’espressione dura e arrogante.
– So benissimo come ti
fa sentire tutto questo... ma io devo assicurarmi che tu non commetta
azioni folli.
Come usare la magia contro i tuoi genitori, per esempio. O fare del
male a tua
madre.
-
Mia madre avrebbe lasciato morire Lily.
-
Tua madre non aveva tempo di pensare, Emma! Eravamo tutti in pericolo e
lei ha
fatto ciò che avremmo fatto tutti. Ha salvato ciò
che più conta per lei.
-
Anch’io ho salvato ciò che conta per me! Lily
sarebbe morta se non fossi
intervenuta! – gridò Emma. Più che un
urlo fu quasi un ringhio. Il ringhio di
una belva pronta a saltare al collo della sua preda e squarciarglielo.
Gli
occhi scuri erano dilatati e fiammeggiavano. Regina non aveva mai visto
tanto
risentimento negli occhi di Emma. Nemmeno quando aveva scoperto che la
maledizione di cui parlava Henry era reale. Nemmeno quando pensava che
lei
avesse ucciso Archie.
-
Allora aiutala di nuovo. So che puoi vedere tutto ciò che
vede lei. Aiutala e
dille di venire qui.
-
Così intrappolerete anche lei? No. E anche se lo facessi non
verrebbe mai.
Immagina che mi hai tolto il pugnale. Penserà che mi stai
controllando.
-
Convincila che non è così, allora. Non intendo
controllarti. Sono sicura che ti
ascolterà. Capirebbe se menti, no?
Emma
tacque. La fissò, le labbra strette e le mani ancora
agganciate alle sbarre.
-
Non lo farai comunque, vero?
-
Non se non posso fidarmi di nessuno.
-
Emma, ascoltami... – Regina si concentrò su di
lei. Doveva avere tutta la sua
attenzione. Era ormai vicinissima e l’Oscuro avrebbe potuto
allungare una mano
e strapparle il cuore dal petto. – Io ti conosco. La tua
parte buona... è
ancora in te.
Emma
le rise in faccia. – Oh, Regina... io sono convinta di una
cosa, invece: la
Regina Cattiva è sicuramente ancora dentro di te. Se tua
madre fosse qui, la
renderesti fiera.
Poi
staccò una mano dalle sbarre e il suo dito indice percorse
il profilo della sua
mascella. Infine le sfiorò la cicatrice sul labbro
superiore. Regina deglutì a
vuoto, la gola arida, le tempie che pulsavano per la collera, il sangue
che le
si rimescolava nelle vene. La voce di Emma aveva persino cambiato
inflessione,
diventando terribilmente
simile a quella
di Cora. Le sue iridi erano molto più grandi, nascondevano
quasi il bianco
della sclera e le pupille erano ridotte a capocchie di spillo.
La
mano che l’aveva toccata le arpionò la gola.
Regina gemette e annaspò. Afferrò
il braccio di Emma, ma la presa dell’altra era troppo salda.
Non stringeva così
tanto da soffocarla, ma le faceva comunque male. Le conficcò
le unghie nel
collo.
Allora
una mano di Regina corse al fianco destro, dove teneva il pugnale,
strinse
l’elsa e lo sollevò.
Emma
la lasciò andare.
-
Stai indietro! – ordinò Regina, brandendolo.
Lei
indietreggiò di un paio di passi, fissando la lama ondulata
del pugnale. Il suo
nome inciso su di essa.
“Ti
ho vista, in cima a quella
scalinata. La Regina Cattiva che recita la parte della Salvatrice e si
gode il
momento di gloria! Era quello che volevi. Che tutti ti vedessero come
una
Salvatrice. Che ti vedessero come vedevano Emma”.
-
Regina! – gridò una voce.
Si
allontanò dalle sbarre, il cuore che batteva talmente forte
da risuonarle in
testa. Mise a posto il pugnale e si diresse, incespicando, fuori dalla
prigione.
Trovò
David ad attenderla a metà della scalinata che conduceva nei
sotterranei.
-
Che diavolo succede? – disse Regina, ancora scossa.
-
Camelot. – David le appariva paonazzo e agitato. –
Sta bruciando.
***
Storybrooke.
Oggi.
Zelena
spalancò le porte del reparto maternità e fece la
sua entrata teatrale.
-
Tu! – esclamò l’infermiera che si era
occupata di servirle quegli assurdi
pranzi a base di verdure che le aveva ricordato il colore della sua
pelle nella
Foresta Incantata. Aggirò alla svelta il bancone e le si
parò dinanzi. – Il
sindaco mi ha ordinato di non farti passare.
-
Beh, allora stai facendo il tuo lavoro. – osservò
Zelena, continuando a
camminare imperterrita. Agitò una mano e la donna cadde a
terra, priva di
sensi. – Male, ma lo stai facendo. Complimenti.
-
Non così in fretta, sorellina.
Zelena
trovò Regina davanti alla stanza in cui tenevano tutti i
bambini, con la
schiena appoggiata alla parete e le braccia conserte, quasi non avesse
fatto
altro che aspettare il suo arrivo.
“Regina
probabilmente sarà là ad
aspettarti. L’avranno messa di guardia. Beh, di sicuro non ci
metterebbero mai
Robin, di guardia. È un ladro, ma è facile
rubargli le cose”, le
aveva detto Lily.
-
Sorella cara... grazie per esserti presa cura della mia bambina mentre
ero in
ostaggio. Ma ora se non ti dispiace me la riprendo.
-
Buona fortuna.
Zelena
appoggiò le mani sul vetro che la separava dalle culle,
preparandosi ad
infrangerlo con la magia.
Poi
si accorse che la culla di sua figlia era vuota.
Furibonda,
si voltò di scatto verso Regina. –
Dov’è mia figlia?!
- Credevi davvero che non
avremmo protetto
quella bambina da te dopo tutto quello che hai fatto? – le
fece notare Regina.
-
È mia figlia!
-
È anche di Robin. Non puoi portarla via a suo padre.
A
Zelena non piaceva affatto il suo tono. Le parlava così come
avrebbe potuto
parlare ad una persona dura di comprendonio. – Non riesci
proprio a sopportare
l’idea che sia io per una volta ad ottenere qualcosa di buono
nella vita!
-
Il motivo per cui hai quella bambina... – scandì
Regina, guardandola con quel
sorrisetto che le imponeva quasi di strapparle il cuore e farglielo
ingoiare. –
È perché hai ucciso Marian,
ingannando Robin nel modo più ignobile che si possa
immaginare.
Zelena
si lasciò sfuggire una risata. – Era un
complimento?
Regina
smise di sorridere. - Dove sono Lily ed Emma?
-
Suppongo che siano dove le ho lasciate. A casa loro. A progettare
qualche piano
da Oscuri.
-
Quindi ti hanno liberata così?
-
Non capisci, vero? A loro non serve la mia bambina.
-
Infatti, servivi tu.
Roteò
gli occhi e fece una smorfia. - Lily ha convinto Emma a non uccidermi.
Molto
nobile da parte sua, non credi?
“Cerca
di stare al gioco. Regina
non deve capire niente. Se capirà, diventerà
più difficile”.
“Se
anche capisse, mia sorella non
ha speranze contro di me”.
“Fatti
consegnare la bambina.
Basterebbero pochi secondi da sola con lei. Sai essere convincente. E
se Regina
è davvero cambiata come tutti sostengono, non ti
impedirà di tenerla in
braccio. Te la toglierà il prima possibile, ma...”
-
Si influenzano a vicenda. Non è di me che dovresti
preoccuparti, ma di quello
che loro stanno combinando. Adesso dimmi dov’è mia
figlia, se non vuoi che...
-
Cosa? Cosa intendi fare?
Zelena
non disse niente. La fissò, con gli occhi azzurri in
procinto di scagliare
lampi.
-
Questa follia deve terminare. – osservò Regina.
-
Sì. Ma non lo ritengo possibile.
-
Oh, io invece penso di sì.
Poco
dopo entrambe salivano le scale che portavano
all’appartamento di Robin.
“Penso
io alla bacchetta. So dove
la tiene Emma”.
-
Prima di entrare, permettimi di ricordarti che potrai anche aver
recuperato i
tuoi poteri, ma anche io ho i miei.
Zelena
aveva una gran voglia di riderle in faccia, ma si trattenne.
– Che cosa ci
facciamo qui? Evitiamo i soliti discorsi su speranza, lealtà
e redenzione, ti
prego. Li ho già sentiti. Arriva al dunque.
Regina
non arrivò subito al dunque, ma aprì la porta e
la fece entrare. Robin era lì,
con la bambina in braccio.
-
Zelena... – fu il suo unico commento.
-
Sembra che Emma e Lily l’abbiano lasciata andare. Sembra. – disse Regina, prima
che lui le facesse delle domande.
-
Robbie, caro... ti sono mancata? Te l’avevo detto.
– Zelena sorrise, divertita.
– Regina Perfida batte Regina Cattiva.
Sua
sorella si voltò di scatto e sollevò una mano,
pronta a darle la lezione che
pensava si meritasse. Afferrò il suo stesso polso, prima che
la magia potesse
prendere il sopravvento e scagliarsi contro Zelena.
-
Regina, ferma. – disse Robin. – Ne abbiamo
già parlato.
-
Oh! Terapia di coppia? Penso proprio che ne abbiate bisogno. Sai, ci
sono così
tante cose che non sai su mia sorella. Ha dei gusti... sorprendenti.
Rimarresti
a bocca aperta.
-
Lascia che ti ricordi un particolare. – disse Regina,
avvicinandosi di un
passo. – Puoi anche essere perfida, ma non ti avvicini
nemmeno lontanamente al
mio livello.
Osservandola,
Zelena vide qualcosa passare dietro ai suoi occhi, come una gigantesca
ombra
nera, un barbaglio dei bei vecchi tempi durante i quali aveva regnato
incontrastata, seminando il panico e distruggendo vite. Ne era certa:
in quel
momento Regina l’avrebbe uccisa volentieri, ma la presenza
della sua bambina
legava le mani del suo astio e forse lo rendeva ancora più
grande.
-
Ho passato così tanto tempo a fare cose terribili... cose
davvero terribili...
che non puoi neppure immaginare. – L’ombra
passò e scomparve. – Ma sai che cosa
mi ha fatta cambiare? Henry. L’amore di un figlio...
quell’amore incondizionato
mi ha trasformata in una donna migliore.
Zelena
emise un suono che era un accenno di risata, ma Regina
percepì che, in qualche
modo, rifletteva su ciò che le stava dicendo, anche se
cercava di nasconderlo
dietro una maschera di sufficienza.
-
Ed ora spero che quell’amore abbia lo stesso effetto su di
te. – concluse
Regina.
Zelena
non rispose.
Robin
si fece avanti con la bambina. – Che sia chiaro, Zelena. Non
saremo mai una
famiglia, noi tre.
Come
se avessi bisogno che tu me lo
dicessi, pensò
lei, quasi sconvolta dall’assurdità della sua
dichiarazione.
-
Ma io e Regina siamo d’accordo. Tu sei sua madre. –
continuò Robin. – E nonostante
quello che ci raccomanda l’istinto... riponiamo ancora delle
speranze in te.
Quindi... puoi venire a trovare tua figlia a patto che uno di noi due
sia
presente.
Quando
finirà questa paternale?
Alla
fine Robin si decise a chiudere il becco e Zelena tese le braccia. Lui
le passò
la piccola, avvolta in una soffice copertina rosa.
“Sai
che cosa mi ha fatta cambiare?
Henry. L’amore di un figlio... quell’amore
incondizionato mi ha trasformata in
una donna migliore”.
-
Ciao, piccola fagiolina mia.
“Vedo
che la Strega dell’Ovest ha
finalmente una debolezza. Che cosa strana”.
-
Sono la tua mamma.
La
bambina sollevò una delle sue minuscole manine, come se
volesse afferrarla. Zelena
era sicura di non aver mai visto niente di più bello. Doveva
darle un nome. Un
nome che fosse perfetto per lei. Che fosse forte e la rispecchiasse.
Robin
sarebbe stato capace di chiamarla in qualche modo assurdo.
-
Va tutto bene. D’ora in avanti, andrà tutto
benissimo. La mamma... ha una
sorpresa per te.
Robin
si sporse per vedere meglio.
“Sai
che cosa mi ha fatta cambiare?
Henry. L’amore di un figlio...”
Zelena
si chinò per baciare sua figlia sulla fronte. –
Vorresti vedere Oz?
La
bambina emise un vivace gorgoglio.
-
Non ci provare nemmeno... – iniziò Regina,
muovendosi verso di lei.
Si
mosse troppo lentamente e Zelena si voltò si scatto,
spazzando via sia la
sorella che Robin. Il ladro finì contro la parete della
cucina e Regina addosso
al bancone.
-
Cosa ti avevo detto quando mi hai fatta entrare? Regina Perfida batte
Regina
Cattiva. E ladro incapace. Buona fortuna contro gli Oscuri. –
Rise come una
folle prima di svanire in una densa nuvola verde.
***
Camelot.
Un giorno prima della
maledizione.
Incredula,
Regina guardò nello specchio incantato da Knubbin e vide le
fiamme levarsi
verso il cielo. La torre di Merlino, in balia del fuoco, si
accartocciò
miseramente su se stessa e infine crollò. Le guardie del re
precipitavano dai
camminamenti, trasformati in spaventapasseri ardenti. Uno stendardo
rosso si
staccò dall’asta a cui era agganciato e
bruciò, volteggiando nell’aria. Il
fuoco sbucava da un gran numero di finestre esplose.
-
È stata lei.
Regina
non aveva idea se quella di Malefica fosse una domanda o solo una
constatazione. Sapeva solo che stava andando tutto a rotoli e lei non
aveva
idea di come risolvere quella situazione. L’incontro con Emma
l’aveva
destabilizzata. Aveva ancora la sensazione di sentire la mano che le
artigliava
la gola, quel dito che percorreva la sua cicatrice. Aveva
l’impressione che gli
occhi dell’Oscura la seguissero ovunque andasse. E
c’era qualcos’altro. Sul
collo recava i segni delle unghie di Emma; se ripensava al momento in
cui le
aveva sentite penetrare nella carne, poteva anche ricordare quello che
aveva
provato. Paura, sorpresa, rabbia. E le era passato per la mente che se
lo
meritasse. Che quello che stava facendo Emma era ciò che
meritava per non
averle dato fiducia, per averla imprigionata come tempo prima aveva
fatto anche
Zelena con Tremotino.
-
Scusatemi. – Un giovane eremita avvolto nella sua tunica
marrone entrò nella
grande e gelida sala in cui si trovavano tutti. Aveva un’aria
corrucciata sotto
il cappuccio. – Sta arrivando qualcuno. Un uomo a cavallo.
-
Lancillotto. – disse Merlino. Il mago aveva lo sguardo
cerchiato da ombre scure
e iniettato di sangue.
L’ultima
volta che avevano visto il cavaliere era stato qualche giorno prima,
davanti
all’ingresso della cripta dell’Oscuro. Neve aveva
chiesto a Lancillotto se sua
madre, la Dama del Lago, potesse aiutarli in qualche modo.
“Forse”,
aveva
risposto il cavaliere.
Temeva
che non sarebbe riuscito a tornare in tempo. Ma quando lo scorsero da
una delle
finestre, lo videro arrivare in sella al suo destriero lanciato al
galoppo
nella notte. Si guardava continuamente alle spalle, come se temesse di
essere
inseguito.
Quando
arrivò nei pressi del castello di Rothbart, tirò
le redini, innervosendo
l’animale, e scese da cavallo con un balzo. Regina tolse
l’incantesimo di
protezione dall’entrata.
-
Lancillotto. – Neve gli andò incontro e lo
abbracciò.
-
È successa una cosa terribile. Camelot... –
iniziò il cavaliere. Aveva la
fronte imperlata di sudore e il respiro affannoso.
-
Lo sappiamo. – disse David, contrito.
-
Un drago... è sceso dal cielo come una sciagura...
-
L’hai... l’hai vista? – chiese Malefica.
Voleva imporre alla sua voce di non
tremare, ma fallì.
Lancillotto
annuì.
Nessuno
disse niente.
-
Devo sapere se Ginevra sta bene...
-
Sono sicura di sì. – gli disse Neve, per
rassicurarlo.
Merlino
si fece avanti sul ponte levatoio con le braccia allargate per
accogliere
Lancillotto. Sorrideva, felice di scoprire che stava bene. Ma un
istante dopo
il sorriso gli morì sulle labbra. – No...
-
Merlino, cosa...? – iniziò Neve.
Lo
stregone non ebbe modo di rispondere. Una folata di vento aveva
sollevato il
mantello color porpora di Lancillotto. E Regina scorse uno scintillio
sanguigno. Un occhio rosso che sembrava scrutarli tutti.
La
gemma incastonata nel pomolo di Excalibur.
Capì
di essere stata ingannata un’altra volta e mentre Neve ancora
fissava l’amico
sbalordita, Lancillotto la spinse in là e poi
sferrò un cazzotto che spedì
Merlino nel fossato melmoso che circondava il castello. Knubbin
cercò di
spingere le porte per chiudergliele in faccia, ma lui rise e
infilò un piede
fra il battente e lo stipite. Sorpreso dalla forza dell’uomo,
Knubbin cadde
all’indietro.
Lancillotto
mutò aspetto, rivelandosi.
-
Lily... – mormorò Malefica.
-
Che bello rivedervi. – disse lei. Con un gesto della mano
stese Knubbin,
Killian e gli Azzurri, che si accasciarono uno sopra l’altro.
– Volevate
chiudermi fuori? Non è molto gentile da parte vostra.
***
Storybrooke.
Oggi.
Una
saetta luccicante piombò dal cielo e per un momento
sembrò che l’aria fosse
incredibilmente elettrica, spessa quanto l’olio. Le nuvole
nere sopra
Storybrooke parvero addensarsi ancora di più, farsi
più minacciose.
Zelena
comparve in mezzo alla strada con la bambina in braccio e non senza
sorpresa si
rese conto che Lily aveva già attivato la bacchetta
dell’Apprendista. Il tornado
vorticava, screziato dai lampi e procedendo spedito verso la
città. Aveva usato
lo stesso ciondolo che Zelena aveva portato al collo quando ancora
recitava la
parte di Marian per dirigere la tromba d’aria verso Oz.
-
Potevi aspettarmi! – esclamò Zelena. La piccola
adesso piangeva, agitandosi
nella copertina rosa. Lei la strinse di più contro di
sé, mentre il vento le
spazzava i capelli.
-
Ti ho aspettata anche troppo. Adesso vai, strega.
Vi
fu una specie di schiocco e poi un secondo fulmine colpì
l’antenna parabolica
di una casa vicina. Zelena si protesse gli occhi con il braccio libero.
Lily
non sembrava per niente turbata. Lanciò un rapido sguardo al
cielo. Infine le
diede il suo ciondolo.
-
Mi auguro che il tornado mi porti ad Oz. Se dovessi ritrovarmi da
qualche altra
parte...
-
Cosa farai?
-
Te la farò pagare. Non è facile sbarazzarsi di
me. Troverei un modo per tornare
indietro. – Le ronzavano le orecchie, era quasi sorda e
sentiva a stento la sua
stessa voce.
-
Mi spiace doverti dire che non hai scelta, strega.
Il
tornado invase la via principale di Storybrooke, gettandosi verso di
loro.
-
Tieniti forte.
La
bambina non si limitava più a piangere, ormai, ma strillava,
la faccia rossa e
le gambe che scalciavano. Zelena la protesse anche con la sua mantella,
ma per
un attimo, vedendo sopraggiungere il tornado, ebbe paura. Paura di
farle del
male. Paura che la forza della magia gliela strappasse dalle braccia.
Anche se
non poteva ricordarlo, le sembrò di rivedere se stessa
trasportata ad Oz dal
tornado che aveva creato con i suoi poteri. Una bambina con grandi
occhi
azzurri lasciata in un bosco, in pasto ai lupi, dentro ad una cesta.
Una
bambina che era stata capace di salvarsi da sola. Per poi ritrovarsi
nelle mani
di un uomo che la disprezzava e la picchiava.
Ma
nell’istante in cui il tornado l’avvolse
trascinandola via con sé, Zelena stava
sorridendo.
Ti
ho fregata, sorellina. Questa volta
tocca a me vincere!
Emma
comparve, giusto in tempo per vedere il tornado che si assottigliava
per poi
indietreggiare e dissolversi.
-
Che cosa diavolo hai fatto?! – gridò a Lily, per
farsi udire sopra il frastuono
del vento.
-
Quello che era giusto fare! Di certo non l’ho uccisa!
Il
tuono rimbombò talmente forte e vicino da scuotere i vetri
delle finestre.
-
Uccidere Zelena poteva essere l’unico modo per liberarsi
dell’oscurità! Lo capisci
che forse non c’è un’altra via
d’uscita a meno che qualcuno non ci fermi?!
-
Beh, che differenza fa? Ho portato l’oscurità con
me per tutta la vita!
-
Questo non è il mio potenziale oscuro, Lily! – La
prese per le spalle,
scuotendola. – Questa oscurità è
diversa! Pensavo l’avessi capito!
-
Ed io pensavo che tu avessi capito che non potevi uccidere Zelena! E
sua
figlia?
La
voce del vento diventò un grido e un lampo
disegnò una striscia a zigzag nel
cielo. Il mondo venne scosso dal boato del tuono.
-
E suo padre? Non ha solo una madre, ma anche un padre! – le
ricordò Emma.
Continuava a trattenerla per le spalle.
-
Suo padre è un buono a nulla! Regina voleva portargliela
via, non le avrebbe
mai permesso di essere una madre. Avrebbe fatto ciò che
hanno fatto i tuoi
genitori!
-
I miei genitori ti hanno maledetta!
Un
nuovo fulmine si abbatté sulla foresta che circondava
Storybrooke, preceduto da
uno schiocco secco.
-
E rapita. E hanno tradito te a Camelot! Avrei dovuto ucciderli quando
ne avevo
la possibilità! – Gli occhi di Lily cambiarono
colore, passando dal marrone al
giallo oro. – Oppure avresti dovuto uccidere me. Non hai
avuto il coraggio
nemmeno di mettere fine alla mia vita! Forse sei solo una codarda come
il
precedente Oscuro!
Emma
sferrò un cazzotto e Lily quasi perse
l’equilibrio. Le restituì il pugno,
colpendola sul mento ed Emma le strinse i rivolti della giacca,
strattonandola.
Barcollarono in una specie di danza impacciata.
Il
vento tornò impetuoso con la velocità di un
uragano e nella frazione di secondo
che precedette il fulmine vi fu uno schiocco secco, simile ad un colpo
di
pistola. Poi una saetta infuocata precipitò giù
dalle nuvole, colpendo l’asfalto
e aprendo in esso una lunga crepa. Entrambe rimasero accecate
dall’esplosione
di luce. I fari di un’auto si ruppero.
Emma
batté le palpebre per mettere a fuoco Lily, ma si prese un
calcio nello
stomaco, che la spedì gambe all’aria. Si
ritrovò sdraiata sulla schiena con
Lily che le puntava contro Excalibur. La lama era a pochi centimetri
dalla sua
gola.
-
Fallo. – la sfidò Emma.
Lily
la fissava così come lei l’aveva fissata mentre la
minacciava con la pistola. Furente,
schiacciata dal desiderio di affondare la spada nel suo petto e al
tempo stesso
trattenuta da ciò che le univa. Aveva gli occhi orlati di
rosso, le labbra strette.
Non
c’era nessuno lì che potesse convincere Lily a non
ucciderla. C’erano solo loro
due e il temporale.
La
pioggia scrosciò, accompagnata dal picchiettare della
grandine.
-
Fallo, ora.
____________________
Angolo
autrice:
Hello,
it’s me!