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Autore: Stephanie86    01/05/2016    3 recensioni
Tutti vogliono salvare Emma.
Tutti vogliono trovare un modo per liberarla dall'oscurità prima che la divori.
Ben presto, però, Regina - e gli altri - si rende conto che per raggiungerla e aiutarla avrà bisogno di aiuto. E non di un aiuto qualsiasi.
Lily è sempre stata legata ad Emma, fin dal principio. Ha sempre dovuto lottare contro il potenziale oscuro che gli Azzurri e l'Apprendista hanno trasferito in lei. Cosa accadrà quando la sua oscurità incontrerà quella della nuova Emma? Dove la condurrà il filo rosso che la unisce al nuovo Signore Oscuro?
Regina diventerà davvero la Salvatrice?
[Spoiler! per chi non segue la messa in onda americana | Pairing: principalmente Swan Queen e Swan Star]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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16

 

 

 

 
Non lontano da Camelot. Un giorno prima della maledizione.

 

La pesante porta della prigione si aprì, accompagnata da un forte scricchiolio dei cardini, e l’uomo entrò, reggendo la torcia per illuminare l’antro buio in cui avevano rinchiuso il mostro. Gli orli della tunica marrone che indossava scivolarono lungo il pavimento ruvido e polveroso.

Udiva solo lo sgocciolare dell’acqua che pioveva dal soffitto, cadendo su una roccia. Nient’altro. L’aria era immobile. Quel silenzio aveva qualcosa del respiro trattenuto. Poteva sentire le pulsazioni battere sotto la propria pelle.

La luce sfiorò le sbarre della cella. Sbarre incantate da una magia potente e molto antica, più antica dell’Oscuro che un tempo aveva abitato quel castello, come aveva detto Merlino; una magia proveniente dall’Isola di Avalon. La creatura non poteva fare nulla contro di essa.

L’uomo avanzò fino alle sbarre con il vassoio in mano. Allungò la torcia per gettare luce anche negli angoli bui della prigione, ma non vide nessuno. Inoltre, sembrava che l’oscurità lì fosse troppo fitta per essere scalfita.

Infilò la torcia in uno degli anelli agganciati alle rocce e si chinò, facendo scivolare il vassoio con il cibo nell’apposita apertura. Sbirciò di nuovo all’interno di essa cercando l’essere che gli ospiti temevano.

- Ho portato la cena. – disse l’uomo.

Silenzio. Solo le ombre.

- Vieni a prenderla.

Rapida come un fulmine, una sagoma emerse dal buio e lo afferrò per il polso. La morsa glaciale lo lasciò senza fiato e gridò, cercando di ritrarsi. Ma la presa era salda.

- Lasciami andare! Chi sei tu?

La voce che gli rispose era bassa e frusciante. – Il mio nome è... Emma.

Allora l’uomo mise a fuoco il volto del mostro. E vide che non era affatto come se lo aspettava. Eppure gli gelava il sangue nelle vene.

Era una donna giovane, con le vesti nere che le aderivano al corpo, le labbra rosse come sangue appena versato, il volto di un pallore inquietante e solcato da vaghe sfumature verdognole.

- Ma dicono che tu sia un mostro... – riuscì solo a mormorare l’uomo, sconvolto dall’apparizione.

- Solo... dentro. – rispose Emma, sorridendo appena.

Avrebbe potuto gridare ancora, ma il verde dei suoi occhi lo immobilizzava e sembrava insinuarsi in lui, riempiendogli la gola per soffocarlo.

Pietà, avrebbe voluto dirle.

Emma affondò una mano nel suo petto, trafiggendolo come una lancia. Rimase là per qualche momento, a stringere le dita intorno al suo cuore, mentre lui la fissava con gli occhi sgranati, in preda allo shock per il dolore lacerante.

Poi, con uno strattone, Emma estrasse l’organo rosso e pulsante. La sua vittima cadde all’indietro. L’Oscuro osservò con vago interesse quel cuore, la bocca inarcata in un sorriso. Il suo volto rispledette, accarezzato dalla luce rossastra.

Non ebbe bisogno di serrarlo fra le dita. Appena iniziò a chiudere la mano a pugno, il cuore si disintegrò in centinaia di frammenti.

Ed essi divennero polvere, che si lasciò scivolare sul palmo.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

“Un secondo Oscuro?”, disse Killian, sgomento.

“Questo non è possibile. Non ho fatto una cosa del genere. Emma sta mentendo. L’ha manipolata”, replicò Malefica, con gli occhi ardenti fissi sul volto di Regina.

“Non mente. Ho visto Excalibur. C’erano entrambi i nomi sulla lama”.

Henry annuì, meditabondo. Gli Azzurri si scambiarono un’occhiata, ansiosi.

“Due Oscuri”, ripeté Killian, incapace di trovare qualcos’altro da dire. Scosse la testa, guardando prima Malefica e poi la propria mano, gli anelli che brillavano nella penombra che avvolgeva il salone. “Emma ha fatto questo? Voi avete fatto questo?”

“Non abbiamo idea di cosa sia successo”, si affrettò ad aggiungere Regina. “Forse Lily era in pericolo ed Emma ha dovuto salvarle la vita”.

“Salvarla?”. La voce di Killian era bassa e cupa. Frastornata. Da sotto le ciglia nere il suo sguardo azzurro dardeggiava. “Voi questo lo chiamate ‘salvare’?”

Nessuno disse niente.

“Meglio morire. Tra la morte e una vita con quell’oscurità, scelgo la morte”.

 

 
Un temporale incombeva sulla città.

Da quando, tre giorni prima, Lily si era presentata a casa di Regina per recuperare l’acchiappasogni, rivelando di essere il secondo Oscuro, il cielo non era più stato sgombro di nubi.

Osservandolo, Regina provava un forte senso di disagio, come se avesse paura che il sole se ne fosse andato per sempre. Storybrooke sembrava sotto assedio, accerchiata da quell’ammasso di nuvole nere.

Siamo sotto assedio, pensò.

Due Oscuri. Emma e Lily. L’oscurità si era moltiplicata. E in più sua sorella era sparita. Forse era una loro prigioniera, intrappolata in quella casa, circondata dalla barriera creata dal potere Excalibur.

Non aveva idea di cosa fosse peggio: sua sorella a piede libero o sua sorella nelle mani di due Oscuri probabilmente infuriati. Una pazza scellerata e due persone in balia di quell’oscurità così difficile da gestire.

Regina appoggiò una mano sul vetro e guardò la bambina di Robin che dormiva serenamente nella sua culla. Sulla targhetta le infermiere avevano scritto solo “Piccola Hood”. Lui non le aveva ancora dato un nome. Di sicuro Zelena avrebbe avuto da ridire anche su quello. Se mai fossero riusciti a recuperarla...

“Non appena avrò finito con Zelena, mi ringrazierete. Soprattutto tu, Regina”.

E se fosse morta?, pensò. Se Zelena fosse già morta? Se Emma l’avesse uccisa?

Un fulmine piombò giù dal cielo e illuminò le finestre dell’ospedale. Alcuni bambini si misero a piangere. Le luci in corridoio traballarono.

Una nube viola apparve e Regina sobbalzò, colta alla sprovvista. Malefica emerse da essa.

- Sei tu. – disse Regina.

- Quel mago, Knubbin, dice che questo non è un temporale. È magia. – esordì lei, senza troppi preamboli. Si sistemò meglio la giaccia grigia sulle spalle.

- Lo immaginavo. – mormorò.

Malefica non aveva affatto una bella cera. Aveva l’aria stanca, spossata. Si avvicinò al vetro, appoggiando una spalla al muro e sbirciando la figlia di Robin.

 

Malefica andò verso di lei quasi barcollando, come una persona appena scesa da una nave alla fine di una lunghissima traversata. Si fermò ad un passo da Regina, guardandola dall’alto, da quella faccia cinerea, i tendini del collo in rilievo e una vena che pulsava al centro della fronte. A Regina i suoi occhi non erano mai sembrati così grandi. A causa delle ombre della stanza sembravano molto più scuri, quasi viola.

“Trasformare Lily in un Oscuro deve essere stato... un altro passo verso il baratro. L’ultimo, forse”, disse David.

“Ha scelto di salvarle la vita. La nostra famiglia lo fa sempre. Agiamo così, David. È ciò che abbiamo fatto anche noi. Condividiamo un cuore”, gli ricordò Mary Margaret.

“Condividete un cuore. Non l’oscurità”, osservò Killian.

“E se fossimo stati noi?”, continuò David. “Se fossimo stati noi a fare del male a Lily?”

“Perché avremmo dovuto farlo?”, chiese Mary Margaret.

“Forse non l’abbiamo fatto volontariamente. Forse siamo stati costretti. Forse non abbiamo avuto altra scelta”.

“Tutto questo non cambia il fatto che Emma e mamma drago l’hanno trasformata in un Oscuro. Questo non è salvare. È condannare”, disse Killian, a voce alta.

Regina osservò lo sguardo di Malefica accendersi e riempirsi di fuoco. Pensò che avrebbe mutato forma là in casa sua, distruggendo ogni cosa.

Sul tavolo c’era una caraffa d’acqua. Malefica l’afferrò e, brandendola, incombette su Capitan Mascara. Un getto freddo gli lavò il viso. Un cubetto di ghiaccio gli cadde tra i capelli e scivolò sulla spalla. Nella mente Regina la vide calargli la caraffa sul cranio, vide il pirata annaspare mentre il sangue gli colava a fiumi sulla faccia, lo vide con la testa fracassata. David si stava alzando per impedirle di farlo...

E Malefica desiderava farlo. Regina ne era assolutamente consapevole.

All’ultimo istante Malefica ruotò su se stessa e scagliò la caraffa contro il muro, dove si schiantò. I pezzi si sparsero ovunque sul pavimento. Killian teneva ancora il braccio sollevato, come per proteggersi. David era in piedi, proteso in avanti. Henry fissava i cocci di vetro.

Malefica tornò a guardare Regina e si ravviò con il dorso della mano i capelli che le erano ricaduti sulla faccia.

 

- Io non l’ho mai vista così. – mormorò Malefica, più a se stessa che a qualcuno in particolare. – Non ho mai visto Lily così se non quando Tremotino me l’ha mostrata... usando il sonaglio.

Regina non disse niente.

- Non l’ho mai vista così e non l’ho mai presa in braccio da piccola. – continuò Malefica. – E l’unica cosa che ho saputo fare quando l’ho ritrovata... è stato trasformarla in un... Oscuro.

- Di certo l’hai fatto perché non hai avuto altra scelta. – si affrettò a dire Regina, appoggiandole una mano sul braccio.

- Io vorrei soltanto che venisse da me. Vorrei... che parlasse con me.

Ed io vorrei che Emma parlasse con me. Con noi, pensò Regina.

Un altro tuono. Poi l’ennesimo fulmine calò dal cielo.

Le luci in corridoio si spensero di botto, precipitandole nel buio. Qualcuno lanciò un gridolino.

Un lieve ronzio e quelle di emergenza si accesero, spargendo una luce diafana e sinistra.

 

 
- Non potete tenermi rinchiusa qui per sempre. Prima o poi dovrete lasciarmi andare. O dovrai usare quella spada su di me. – disse Zelena, con un tono annoiato.

Lily si rigirò Excalibur tra le mani.

- Che cosa sta facendo l’altro Oscuro in cantina? Cerca una soluzione alternativa, vero? La soluzione alternativa la posso suggerire io stessa. È molto semplice.

Un fulmine illuminò di nuovo il cielo, riflettendosi sulle finestre. Un colpo di artiglieria in un campo di battaglia apocalittico.

- Emma troverà una scappatoia. Non è necessario ucciderti.

- Ma che pensiero gentile, Oscuro! – Zelena roteò gli occhi. – Sono molto colpita.

Lily sollevò lo sguardo solo per vedere Nimue in piedi accanto alla porta d’ingresso della casa di Emma. La scorgeva solo di profilo e aveva il cappuccio della tunica in testa, ma sapeva che stava sorridendo.

- Ma potrei cambiare idea io se non chiudi quella bocca. – aggiunse Lily, voltandosi verso Zelena. Alzò la spada e gliela puntò alla gola.

- Non lo farai.

- Non darlo per scontato.

- Invece lo faccio, cara. Hai chiesto ad Emma di non uccidermi e lei ti ha dato retta. Ti ha restituito i tuoi bellissimi ricordi, così ora sai tutto. – Sorrise, un sorriso largo e smagliante. Leggermente folle e perfido, ma anche sfacciato, impavido. Si era tolta il cappello da strega ed ora la folta chioma rossa era libera, le ricadeva tutta su una spalla come una colata di lava. - Immagino che tu sia molto più arrabbiata con mia sorella che con me. Vorresti uccidere prima lei... o forse vengono prima gli adorabili genitori dell’Oscuro? Che cos’è che ti fa più rabbia? Essere stata maledetta alla nascita o che gli altri abbiano tradito l’unica persona a cui tieni?

Lily sollevò una mano e Zelena si sentì soffocare. Annaspò, artigliandosi la gola. - Posso farti più male di così.

La lasciò andare e lei tossì.

- So che cosa vuoi, Zelena. – disse Lily.

- Oh, ma davvero?

- Vuoi tua figlia.

Zelena strinse le labbra. – Di certo non intendo lasciarla con mia sorella.

- Vedo che la Strega dell’Ovest ha finalmente una debolezza. Che cosa strana. – Lily ripensava a se stessa da neonata. Strappata a sua madre da due idioti che pensavano unicamente ad avere una figlia perfetta. Per quanto Zelena fosse perfida, la infastidiva l’idea che le portassero via la bambina. La infastidiva l’idea che Regina le impedisse di vederla. Regina non meritava quella bambina. Soprattutto dopo quello che aveva fatto a Camelot. - E cos’altro?

- Mi stai proponendo un accordo? Emma ci ha già provato. – domandò Zelena, sollevando un sopracciglio.

- Forse.

- Calarti nella parte dell’Oscuro per te non è difficile, a quanto pare. L’oscurità che hai sempre avuto in te ti ha preparata.

- Non hai ancora risposto, strega.

- Voglio tornarmene a casa mia. Ad Oz. E voglio tornarci con mia figlia. Ho bisogno della bacchetta dell’Apprendista.

- Queste sono tre cose.

- Oh, beh... – Zelena fece spallucce. – Avrei anche bisogno che qualcuno l’attivasse per me. Non intendo rischiare, visto che avrò anche mia figlia con me.

Nimue non le suggerì niente. Si girò, mostrando il suo viso verde e squamoso. Lily la fissò per qualche momento. Zelena guardò nella medesima direzione, ma ovviamente non vide nulla.

“Farò ciò che è necessario, Lily. La ucciderò usando Excalibur”.

“Emma, stai per andare ben oltre il limite. Uccidere Zelena non è forse oltrepassare il limite?”

- Ricorda qual è la cosa più importante, Lilith. La tua vendetta. – disse Nimue, alla fine. – Il nostro piano.

“Farò ciò che è necessario, Lily. La ucciderò usando Excalibur”.

“Io desidero quel potere. Tra non molto... non potrò più resistere. E diventerò l’Oscuro più potente che sia mai esistito”.

- Dovrai occuparti di tua figlia da sola. – disse Lily. – Io posso procurarti la bacchetta. E attivarla per te.

- Che generosità! Non pensavo che sarebbe stato così semplice! Questo vuol dire che mi lascerai agire indisturbata? – Zelena era estasiata. Ma continuava a scrutarla, a caccia delle menzogne, a caccia dei tranelli, quei tranelli che lei sapeva fabbricare così bene. Aveva già avuto a che fare con un Oscuro. Tremotino era stato il suo insegnante, lei l’aveva tenuto prigioniero e aveva stretto tra le mani il pugnale che ora aveva ritrovato la sua dolce metà mancante.

- In realtà... perché non dovrebbe essere semplice? Tu avrai tua figlia e tornerai da dove sei venuta. Molti la considereranno un vera liberazione. Ma qualcuno potrebbe seguirti.

- Che ci provino pure. Se tu terrai al sicuro la bacchetta, non avranno modo di aprire altri portali. Non ci sono fagioli magici e non lanceranno di certo una maledizione, sacrificando qualcuno. Direi che di maledizioni ne abbiamo avute abbastanza. - La strega accavallò le gambe, mettendosi più comoda sul divano. – Come faccio a sapere che rispetterai gli accordi? Tu non sei Tremotino. So che sei molto brava a mentire.

- Non hai molta scelta. Se vuoi uscire da qui, è necessario che io usi Excalibur per aprire una breccia nella barriera.

- Sai che questo non piacerà all’Oscuro, vero?

- Se Emma decidesse di ucciderti... non so se riuscirò a fermarla ancora. E tua figlia rimarrebbe orfana. Io so cosa significa crescere senza una madre.

- Siamo in molte a saperlo.

- E poi quello che ha fatto Regina a Camelot è imperdonabile. Anche Emma ne è convinta. Vuole combattere l’oscurità... ma probabilmente ce l’avrà con lei per molto tempo. Non avrà tua figlia...

Zelena ridacchiò, divertita. – Mi piace. Perché non mi spieghi il piano nei dettagli, Lilith? Non vedo l’ora di sentirlo.

 

***

 

Vicino a Camelot. Un giorno prima della maledizione.

 

Avvenne all’improvviso e fu un momento esaltante.

Emma sentì la mente di Lily accostarsi alla sua, tastando incerta il terreno e tendendosi verso di lei come un nuotatore inesperto. Le menti si unirono come due binari che avevano percorso una lunga strada correndo paralleli, ma che adesso avevano trovato il modo di ricongiungersi.

Lily?, le disse Emma. Riesci a sentirmi?

Cosa...

Pensavo ci avresti messo più tempo.

Le sbarre della sua prigione scomparvero ed Emma riuscì a mettere a fuoco il mondo che circondava Lily. Era su un’altura, ai margini di un bosco. Da lì vedeva il castello di Camelot, con i fuochi che ardevano sui camminamenti e gli stendardi che fluttuavano nel vento. Vedeva anche il profilo delle montagne, il cielo pieno di nuvole minacciose... e Nimue. A pochi metri da Lily. Aveva gettato il cappuccio sulle spalle e rimirava la dimora di Artù. Un vago sorriso le increspava le labbra.

Possiamo parlarci?, domandò Lily, esterrefatta.

Naturalmente.

Seguì qualche momento di silenzio. Come se stesse riflettendo su quell’ultima scoperta. Dove diavolo sei, Emma? Io... riesco solo a vedere le sbarre. Cos’è, una prigione?

Già. Lo è.

Regina? Lei ha il pugnale, vero?

Non mi sta controllando, adesso. Ma sì, ce l’ha lei.

Avrei voluto raggiungerti prima, ma... non è facile.  

Non lo metto in dubbio. Non so dove mi trovo. Credo siano i sotterranei di un castello. Non posso essere molto lontana da Camelot.

Sapevo che sarebbe finita così! Hai voluto fidarti di loro... Nimue aveva ragione.

Lascia perdere Nimue. È un’allucinazione. Devo pensare a come uscire da qui, adesso. Avrei voluto procurarmi un cuore. L’ho preso ad uno degli... eremiti che vivono in questo posto, ma era protetto.

Immagino che anche questa sia un’idea di Regina, vero?

È previdente.

È una bastarda, vorrai dire.

Emma non fece commenti, ma continuò: Le sbarre sono incantate. È una magia molto antica. Non posso fare niente contro di essa.

Lily era allibita. Che razza di magia può essere più antica dell’Oscuro?

Emma si portò una mano alla testa, colpita da una fitta lancinante. Non c’è bisogno di urlare.

Scusa.

Avalon.

Cosa?

Avalon. La magia di Avalon, secondo Merlino, è molto antica. Credo che queste sbarre... ne siano impregnate. Le strinse con entrambe le mani. Sul dorso e tra le dita notò le sfumature verdi.

Avalon è irraggiungibile, Emma.

Aprì la bocca per risponderle e dovette richiuderla subito. Udì dei passi in corridoio. Abbassò la voce più che poté: Va via.

Perché? Che succede?

Vattene.

 

La scala che conduceva nelle prigioni sotterranee del castello spariva dopo pochi gradini in un abisso senza fondo. Un luogo adatto ai condannati a morte. Nell’aria ristagnava l’odore di putredine e l’unico rumore che Regina sentiva era lo sgocciolio dell’acqua piovana.

Il castello di Rothbart. Merlino aveva detto che quello era un luogo sicuro. Era un luogo remoto, ai piedi delle montagne e non ci viveva nessuno, eccetto un gruppetto di eremiti che ospitavano cavalieri e viaggiatori di passaggio in caso di necessità. Quando Merlino si era presentato, quegli uomini l’avevano fissato con gli occhi fuori dalle orbite e non avevano esitato a condurre lui e i suoi ospiti all’interno del castello. Di Emma sapevano solo che era una prigioniera. Non l’avevano vista bene in viso, poiché quando erano giunti a destinazione giaceva riversa su un cavallo e coperta da una mantella.

Merlino aveva fatto in modo che Emma venisse rinchiusa nelle prigioni sotterranee. La magia antica di Avalon aveva forgiato le sbarre di quelle celle. Erano inespugnabili anche per un Oscuro. E in ogni caso Regina si era assicurata il pugnale.

Mentre arrivava in fondo e iniziava a percorrere lo stretto corridoio che l’avrebbe condotta alla cella di Emma, si portò una mano alla cintura e toccò l’elsa del pugnale.

“Quindi preferisci tradirmi?”

“Sto provando a salvarti, Emma”.

“Non avrei mai dovuto darti quel pugnale. Ho commesso un errore. Tu non sei affatto una Salvatrice”.

- Voglio venire con te. – aveva detto Henry, quando Regina aveva annunciato che sarebbe scesa nelle prigioni per parlare con Emma. Avevano appena trovato il cadavere dell’uomo che le aveva portato il cibo. L’Oscuro aveva polverizzato il suo cuore.

- No, Henry.

- Emma è mia madre. Voglio parlarle. Tu hai il pugnale, quindi non può farmi del male. E non me ne farebbe comunque.

- Emma in questo momento è molto instabile. – Gli aveva messo una mano sulla spalla. La verità era che non sopportava l’idea che Henry vedesse l’altra madre dietro le sbarre, nel buio, rinchiusa e sola. Non sopportava che vedesse i segni della corruzione, che si fissasse sul suo nuovo aspetto. – Lei... è cambiata.

- So che Emma è ancora là da qualche parte.

- Ragazzo, per favore, fai ciò che ti chiede tua madre. – era intervenuto Killian. – Regina, vengo io con voi.

- No, Capitan Mascara. Nessuno viene con me. Questo è una cosa tra me ed Emma. L’idea è stata mia.

- E noi vi abbiamo appoggiata, tesorino. – aveva detto Knubbin. – Io vi ho anche dato una mano. Perché mi piacete. Anche questa è una novità. Ho gusti molto difficili, sapete?

Henry l’aveva fissata, ferito. Poi le aveva voltato le spalle ed era uscito dalla stanza. Quello sguardo le aveva ricordato quello del bambino che la chiamava Regina Cattiva. Il bambino che fuggiva per stare con la madre biologica.

Regina non aveva comunque voluto che qualcuno andasse con lei. Inspirò ed espirò più volte davanti alla pesante porta di legno. Dopodiché tirò i due chiavistelli ed entrò. Con la magia accese una delle torce appese alla parete di roccia.

- Ti sei decisa a venire, finalmente. – sussurrò Emma.

Non riusciva a vederla. Il buio che regnava là sotto era difficile da vincere.

- Perché l’hai fatto, Emma? – chiese, avanzando lentamente. – Perché hai ucciso quell’uomo?

- Sei stata molto scortese. Mi rinchiudi e non so dove mi trovo. – Emma sbucò dalle tenebre della sua prigione e si approssimò alle sbarre, afferrandole con entrambe le mani. – Avresti dovuto immaginare, poi, che l’avrei ucciso. Infatti... hai incantato il suo cuore. Per proteggerlo.

- Speravo non arrivassi a tanto.

- Anch’io lo speravo. Speravo che la mia famiglia mi aiutasse. Che aiutasse me e anche Lily. Invece sono in una cella.

- Sai bene perché sei qui.

- Perché tu mi hai voltato le spalle.

- Io non ti ho mai voltato le spalle, Emma. – Era abbastanza vicina da poter notare come appariva il suo viso. Il biancore della pelle era solcato da sfumature verdeoro. Il male si manifestava anche all’esterno, ora. – Se ti ho portata qui e ho preso il pugnale, l’ho fatto anche per salvarti. E non credere che mi sia piaciuto!

- Oh, io credo di sì, invece. Perché c’è ancora oscurità dentro di te. – Sorrideva. Sembrava molto divertita. Era furiosa, ma al tempo stesso si prendeva gioco di lei. – E in ogni caso... tu non sei in grado di salvare proprio nessuno.

- Perché non sono la Salvatrice.

- Vedo che l’hai capito anche tu.

Regina aveva una gran voglia di acchiapparla per il collo, di colpirla ripetutamente fino a cancellarle quell’espressione dura e arrogante. – So benissimo come ti fa sentire tutto questo... ma io devo assicurarmi che tu non commetta azioni folli. Come usare la magia contro i tuoi genitori, per esempio. O fare del male a tua madre.

- Mia madre avrebbe lasciato morire Lily.

- Tua madre non aveva tempo di pensare, Emma! Eravamo tutti in pericolo e lei ha fatto ciò che avremmo fatto tutti. Ha salvato ciò che più conta per lei.

- Anch’io ho salvato ciò che conta per me! Lily sarebbe morta se non fossi intervenuta! – gridò Emma. Più che un urlo fu quasi un ringhio. Il ringhio di una belva pronta a saltare al collo della sua preda e squarciarglielo. Gli occhi scuri erano dilatati e fiammeggiavano. Regina non aveva mai visto tanto risentimento negli occhi di Emma. Nemmeno quando aveva scoperto che la maledizione di cui parlava Henry era reale. Nemmeno quando pensava che lei avesse ucciso Archie.

- Allora aiutala di nuovo. So che puoi vedere tutto ciò che vede lei. Aiutala e dille di venire qui.

- Così intrappolerete anche lei? No. E anche se lo facessi non verrebbe mai. Immagina che mi hai tolto il pugnale. Penserà che mi stai controllando.

- Convincila che non è così, allora. Non intendo controllarti. Sono sicura che ti ascolterà. Capirebbe se menti, no?

Emma tacque. La fissò, le labbra strette e le mani ancora agganciate alle sbarre.

- Non lo farai comunque, vero?

- Non se non posso fidarmi di nessuno.

- Emma, ascoltami... – Regina si concentrò su di lei. Doveva avere tutta la sua attenzione. Era ormai vicinissima e l’Oscuro avrebbe potuto allungare una mano e strapparle il cuore dal petto. – Io ti conosco. La tua parte buona... è ancora in te.

Emma le rise in faccia. – Oh, Regina... io sono convinta di una cosa, invece: la Regina Cattiva è sicuramente ancora dentro di te. Se tua madre fosse qui, la renderesti fiera.

Poi staccò una mano dalle sbarre e il suo dito indice percorse il profilo della sua mascella. Infine le sfiorò la cicatrice sul labbro superiore. Regina deglutì a vuoto, la gola arida, le tempie che pulsavano per la collera, il sangue che le si rimescolava nelle vene. La voce di Emma aveva persino cambiato inflessione, diventando  terribilmente simile a quella di Cora. Le sue iridi erano molto più grandi, nascondevano quasi il bianco della sclera e le pupille erano ridotte a capocchie di spillo.

La mano che l’aveva toccata le arpionò la gola. Regina gemette e annaspò. Afferrò il braccio di Emma, ma la presa dell’altra era troppo salda. Non stringeva così tanto da soffocarla, ma le faceva comunque male. Le conficcò le unghie nel collo.

Allora una mano di Regina corse al fianco destro, dove teneva il pugnale, strinse l’elsa e lo sollevò.

Emma la lasciò andare.

- Stai indietro! – ordinò Regina, brandendolo.

Lei indietreggiò di un paio di passi, fissando la lama ondulata del pugnale. Il suo nome inciso su di essa.

“Ti ho vista, in cima a quella scalinata. La Regina Cattiva che recita la parte della Salvatrice e si gode il momento di gloria! Era quello che volevi. Che tutti ti vedessero come una Salvatrice. Che ti vedessero come vedevano Emma”.

- Regina! – gridò una voce.

Si allontanò dalle sbarre, il cuore che batteva talmente forte da risuonarle in testa. Mise a posto il pugnale e si diresse, incespicando, fuori dalla prigione.

Trovò David ad attenderla a metà della scalinata che conduceva nei sotterranei.

- Che diavolo succede? – disse Regina, ancora scossa.

- Camelot. – David le appariva paonazzo e agitato. – Sta bruciando.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

Zelena spalancò le porte del reparto maternità e fece la sua entrata teatrale.

- Tu! – esclamò l’infermiera che si era occupata di servirle quegli assurdi pranzi a base di verdure che le aveva ricordato il colore della sua pelle nella Foresta Incantata. Aggirò alla svelta il bancone e le si parò dinanzi. – Il sindaco mi ha ordinato di non farti passare.

- Beh, allora stai facendo il tuo lavoro. – osservò Zelena, continuando a camminare imperterrita. Agitò una mano e la donna cadde a terra, priva di sensi. – Male, ma lo stai facendo. Complimenti.

- Non così in fretta, sorellina.

Zelena trovò Regina davanti alla stanza in cui tenevano tutti i bambini, con la schiena appoggiata alla parete e le braccia conserte, quasi non avesse fatto altro che aspettare il suo arrivo.

“Regina probabilmente sarà là ad aspettarti. L’avranno messa di guardia. Beh, di sicuro non ci metterebbero mai Robin, di guardia. È un ladro, ma è facile rubargli le cose”, le aveva detto Lily.

- Sorella cara... grazie per esserti presa cura della mia bambina mentre ero in ostaggio. Ma ora se non ti dispiace me la riprendo.

- Buona fortuna.

Zelena appoggiò le mani sul vetro che la separava dalle culle, preparandosi ad infrangerlo con la magia.

Poi si accorse che la culla di sua figlia era vuota.

Furibonda, si voltò di scatto verso Regina. – Dov’è mia figlia?!

-  Credevi davvero che non avremmo protetto quella bambina da te dopo tutto quello che hai fatto? – le fece notare Regina.

- È mia figlia!

- È anche di Robin. Non puoi portarla via a suo padre.

A Zelena non piaceva affatto il suo tono. Le parlava così come avrebbe potuto parlare ad una persona dura di comprendonio. – Non riesci proprio a sopportare l’idea che sia io per una volta ad ottenere qualcosa di buono nella vita!

- Il motivo per cui hai quella bambina... – scandì Regina, guardandola con quel sorrisetto che le imponeva quasi di strapparle il cuore e farglielo ingoiare.  – È perché hai ucciso Marian, ingannando Robin nel modo più ignobile che si possa immaginare.

Zelena si lasciò sfuggire una risata. – Era un complimento?

Regina smise di sorridere. - Dove sono Lily ed Emma?

- Suppongo che siano dove le ho lasciate. A casa loro. A progettare qualche piano da Oscuri.

- Quindi ti hanno liberata così?

- Non capisci, vero? A loro non serve la mia bambina.

- Infatti, servivi tu.

Roteò gli occhi e fece una smorfia. - Lily ha convinto Emma a non uccidermi. Molto nobile da parte sua, non credi?

“Cerca di stare al gioco. Regina non deve capire niente. Se capirà, diventerà più difficile”.

“Se anche capisse, mia sorella non ha speranze contro di me”.

“Fatti consegnare la bambina. Basterebbero pochi secondi da sola con lei. Sai essere convincente. E se Regina è davvero cambiata come tutti sostengono, non ti impedirà di tenerla in braccio. Te la toglierà il prima possibile, ma...”

- Si influenzano a vicenda. Non è di me che dovresti preoccuparti, ma di quello che loro stanno combinando. Adesso dimmi dov’è mia figlia, se non vuoi che...

- Cosa? Cosa intendi fare?

Zelena non disse niente. La fissò, con gli occhi azzurri in procinto di scagliare lampi.

- Questa follia deve terminare. – osservò Regina.

- Sì. Ma non lo ritengo possibile.

- Oh, io invece penso di sì.

 

 
Poco dopo entrambe salivano le scale che portavano all’appartamento di Robin.

“Penso io alla bacchetta. So dove la tiene Emma”.

- Prima di entrare, permettimi di ricordarti che potrai anche aver recuperato i tuoi poteri, ma anche io ho i miei.

Zelena aveva una gran voglia di riderle in faccia, ma si trattenne. – Che cosa ci facciamo qui? Evitiamo i soliti discorsi su speranza, lealtà e redenzione, ti prego. Li ho già sentiti. Arriva al dunque.

Regina non arrivò subito al dunque, ma aprì la porta e la fece entrare. Robin era lì, con la bambina in braccio.

- Zelena... – fu il suo unico commento.

- Sembra che Emma e Lily l’abbiano lasciata andare. Sembra. – disse Regina, prima che lui le facesse delle domande.

- Robbie, caro... ti sono mancata? Te l’avevo detto. – Zelena sorrise, divertita. – Regina Perfida batte Regina Cattiva.

Sua sorella si voltò di scatto e sollevò una mano, pronta a darle la lezione che pensava si meritasse. Afferrò il suo stesso polso, prima che la magia potesse prendere il sopravvento e scagliarsi contro Zelena.

- Regina, ferma. – disse Robin. – Ne abbiamo già parlato.

- Oh! Terapia di coppia? Penso proprio che ne abbiate bisogno. Sai, ci sono così tante cose che non sai su mia sorella. Ha dei gusti... sorprendenti. Rimarresti a bocca aperta.

- Lascia che ti ricordi un particolare. – disse Regina, avvicinandosi di un passo. – Puoi anche essere perfida, ma non ti avvicini nemmeno lontanamente al mio livello.

Osservandola, Zelena vide qualcosa passare dietro ai suoi occhi, come una gigantesca ombra nera, un barbaglio dei bei vecchi tempi durante i quali aveva regnato incontrastata, seminando il panico e distruggendo vite. Ne era certa: in quel momento Regina l’avrebbe uccisa volentieri, ma la presenza della sua bambina legava le mani del suo astio e forse lo rendeva ancora più grande.

- Ho passato così tanto tempo a fare cose terribili... cose davvero terribili... che non puoi neppure immaginare. – L’ombra passò e scomparve. – Ma sai che cosa mi ha fatta cambiare? Henry. L’amore di un figlio... quell’amore incondizionato mi ha trasformata in una donna migliore.

Zelena emise un suono che era un accenno di risata, ma Regina percepì che, in qualche modo, rifletteva su ciò che le stava dicendo, anche se cercava di nasconderlo dietro una maschera di sufficienza.

- Ed ora spero che quell’amore abbia lo stesso effetto su di te. – concluse Regina.

Zelena non rispose.

Robin si fece avanti con la bambina. – Che sia chiaro, Zelena. Non saremo mai una famiglia, noi tre.

Come se avessi bisogno che tu me lo dicessi, pensò lei, quasi sconvolta dall’assurdità della sua dichiarazione.

- Ma io e Regina siamo d’accordo. Tu sei sua madre. – continuò Robin. – E nonostante quello che ci raccomanda l’istinto... riponiamo ancora delle speranze in te. Quindi... puoi venire a trovare tua figlia a patto che uno di noi due sia presente.

Quando finirà questa paternale?

Alla fine Robin si decise a chiudere il becco e Zelena tese le braccia. Lui le passò la piccola, avvolta in una soffice copertina rosa.

“Sai che cosa mi ha fatta cambiare? Henry. L’amore di un figlio... quell’amore incondizionato mi ha trasformata in una donna migliore”.

- Ciao, piccola fagiolina mia.

“Vedo che la Strega dell’Ovest ha finalmente una debolezza. Che cosa strana”.

- Sono la tua mamma.

La bambina sollevò una delle sue minuscole manine, come se volesse afferrarla. Zelena era sicura di non aver mai visto niente di più bello. Doveva darle un nome. Un nome che fosse perfetto per lei. Che fosse forte e la rispecchiasse. Robin sarebbe stato capace di chiamarla in qualche modo assurdo.

- Va tutto bene. D’ora in avanti, andrà tutto benissimo. La mamma... ha una sorpresa per te.

Robin si sporse per vedere meglio.

“Sai che cosa mi ha fatta cambiare? Henry. L’amore di un figlio...”

Zelena si chinò per baciare sua figlia sulla fronte. – Vorresti vedere Oz?

La bambina emise un vivace gorgoglio.

- Non ci provare nemmeno... – iniziò Regina, muovendosi verso di lei.

Si mosse troppo lentamente e Zelena si voltò si scatto, spazzando via sia la sorella che Robin. Il ladro finì contro la parete della cucina e Regina addosso al bancone.

- Cosa ti avevo detto quando mi hai fatta entrare? Regina Perfida batte Regina Cattiva. E ladro incapace. Buona fortuna contro gli Oscuri. – Rise come una folle prima di svanire in una densa nuvola verde.

 

***

 

Camelot. Un giorno prima della maledizione.

 

Incredula, Regina guardò nello specchio incantato da Knubbin e vide le fiamme levarsi verso il cielo. La torre di Merlino, in balia del fuoco, si accartocciò miseramente su se stessa e infine crollò. Le guardie del re precipitavano dai camminamenti, trasformati in spaventapasseri ardenti. Uno stendardo rosso si staccò dall’asta a cui era agganciato e bruciò, volteggiando nell’aria. Il fuoco sbucava da un gran numero di finestre esplose.

- È stata lei.

Regina non aveva idea se quella di Malefica fosse una domanda o solo una constatazione. Sapeva solo che stava andando tutto a rotoli e lei non aveva idea di come risolvere quella situazione. L’incontro con Emma l’aveva destabilizzata. Aveva ancora la sensazione di sentire la mano che le artigliava la gola, quel dito che percorreva la sua cicatrice. Aveva l’impressione che gli occhi dell’Oscura la seguissero ovunque andasse. E c’era qualcos’altro. Sul collo recava i segni delle unghie di Emma; se ripensava al momento in cui le aveva sentite penetrare nella carne, poteva anche ricordare quello che aveva provato. Paura, sorpresa, rabbia. E le era passato per la mente che se lo meritasse. Che quello che stava facendo Emma era ciò che meritava per non averle dato fiducia, per averla imprigionata come tempo prima aveva fatto anche Zelena con Tremotino.

- Scusatemi. – Un giovane eremita avvolto nella sua tunica marrone entrò nella grande e gelida sala in cui si trovavano tutti. Aveva un’aria corrucciata sotto il cappuccio. – Sta arrivando qualcuno. Un uomo a cavallo.

- Lancillotto. – disse Merlino. Il mago aveva lo sguardo cerchiato da ombre scure e iniettato di sangue.

L’ultima volta che avevano visto il cavaliere era stato qualche giorno prima, davanti all’ingresso della cripta dell’Oscuro. Neve aveva chiesto a Lancillotto se sua madre, la Dama del Lago, potesse aiutarli in qualche modo.

“Forse”, aveva risposto il cavaliere.

Temeva che non sarebbe riuscito a tornare in tempo. Ma quando lo scorsero da una delle finestre, lo videro arrivare in sella al suo destriero lanciato al galoppo nella notte. Si guardava continuamente alle spalle, come se temesse di essere inseguito.

Quando arrivò nei pressi del castello di Rothbart, tirò le redini, innervosendo l’animale, e scese da cavallo con un balzo. Regina tolse l’incantesimo di protezione dall’entrata.

- Lancillotto. – Neve gli andò incontro e lo abbracciò.

- È successa una cosa terribile. Camelot... – iniziò il cavaliere. Aveva la fronte imperlata di sudore e il respiro affannoso.

- Lo sappiamo. – disse David, contrito.

- Un drago... è sceso dal cielo come una sciagura...

- L’hai... l’hai vista? – chiese Malefica. Voleva imporre alla sua voce di non tremare, ma fallì.

Lancillotto annuì.

Nessuno disse niente.

- Devo sapere se Ginevra sta bene...

- Sono sicura di sì. – gli disse Neve, per rassicurarlo.

Merlino si fece avanti sul ponte levatoio con le braccia allargate per accogliere Lancillotto. Sorrideva, felice di scoprire che stava bene. Ma un istante dopo il sorriso gli morì sulle labbra. – No...

- Merlino, cosa...? – iniziò Neve.

Lo stregone non ebbe modo di rispondere. Una folata di vento aveva sollevato il mantello color porpora di Lancillotto. E Regina scorse uno scintillio sanguigno. Un occhio rosso che sembrava scrutarli tutti.

La gemma incastonata nel pomolo di Excalibur.

Capì di essere stata ingannata un’altra volta e mentre Neve ancora fissava l’amico sbalordita, Lancillotto la spinse in là e poi sferrò un cazzotto che spedì Merlino nel fossato melmoso che circondava il castello. Knubbin cercò di spingere le porte per chiudergliele in faccia, ma lui rise e infilò un piede fra il battente e lo stipite. Sorpreso dalla forza dell’uomo, Knubbin cadde all’indietro.

Lancillotto mutò aspetto, rivelandosi.

- Lily... – mormorò Malefica.

- Che bello rivedervi. – disse lei. Con un gesto della mano stese Knubbin, Killian e gli Azzurri, che si accasciarono uno sopra l’altro. – Volevate chiudermi fuori? Non è molto gentile da parte vostra.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

Una saetta luccicante piombò dal cielo e per un momento sembrò che l’aria fosse incredibilmente elettrica, spessa quanto l’olio. Le nuvole nere sopra Storybrooke parvero addensarsi ancora di più, farsi più minacciose.

Zelena comparve in mezzo alla strada con la bambina in braccio e non senza sorpresa si rese conto che Lily aveva già attivato la bacchetta dell’Apprendista. Il tornado vorticava, screziato dai lampi e procedendo spedito verso la città. Aveva usato lo stesso ciondolo che Zelena aveva portato al collo quando ancora recitava la parte di Marian per dirigere la tromba d’aria verso Oz.

- Potevi aspettarmi! – esclamò Zelena. La piccola adesso piangeva, agitandosi nella copertina rosa. Lei la strinse di più contro di sé, mentre il vento le spazzava i capelli.

- Ti ho aspettata anche troppo. Adesso vai, strega.

Vi fu una specie di schiocco e poi un secondo fulmine colpì l’antenna parabolica di una casa vicina. Zelena si protesse gli occhi con il braccio libero.

Lily non sembrava per niente turbata. Lanciò un rapido sguardo al cielo. Infine le diede il suo ciondolo.

- Mi auguro che il tornado mi porti ad Oz. Se dovessi ritrovarmi da qualche altra parte...

- Cosa farai?

- Te la farò pagare. Non è facile sbarazzarsi di me. Troverei un modo per tornare indietro. – Le ronzavano le orecchie, era quasi sorda e sentiva a stento la sua stessa voce.

- Mi spiace doverti dire che non hai scelta, strega.

Il tornado invase la via principale di Storybrooke, gettandosi verso di loro.

- Tieniti forte.

La bambina non si limitava più a piangere, ormai, ma strillava, la faccia rossa e le gambe che scalciavano. Zelena la protesse anche con la sua mantella, ma per un attimo, vedendo sopraggiungere il tornado, ebbe paura. Paura di farle del male. Paura che la forza della magia gliela strappasse dalle braccia. Anche se non poteva ricordarlo, le sembrò di rivedere se stessa trasportata ad Oz dal tornado che aveva creato con i suoi poteri. Una bambina con grandi occhi azzurri lasciata in un bosco, in pasto ai lupi, dentro ad una cesta. Una bambina che era stata capace di salvarsi da sola. Per poi ritrovarsi nelle mani di un uomo che la disprezzava e la picchiava.

Ma nell’istante in cui il tornado l’avvolse trascinandola via con sé, Zelena stava sorridendo.

Ti ho fregata, sorellina. Questa volta tocca a me vincere!

Emma comparve, giusto in tempo per vedere il tornado che si assottigliava per poi indietreggiare e dissolversi.

- Che cosa diavolo hai fatto?! – gridò a Lily, per farsi udire sopra il frastuono del vento.

- Quello che era giusto fare! Di certo non l’ho uccisa!

Il tuono rimbombò talmente forte e vicino da scuotere i vetri delle finestre.

- Uccidere Zelena poteva essere l’unico modo per liberarsi dell’oscurità! Lo capisci che forse non c’è un’altra via d’uscita a meno che qualcuno non ci fermi?!

- Beh, che differenza fa? Ho portato l’oscurità con me per tutta la vita!

- Questo non è il mio potenziale oscuro, Lily! – La prese per le spalle, scuotendola. – Questa oscurità è diversa! Pensavo l’avessi capito!

- Ed io pensavo che tu avessi capito che non potevi uccidere Zelena! E sua figlia?

La voce del vento diventò un grido e un lampo disegnò una striscia a zigzag nel cielo. Il mondo venne scosso dal boato del tuono.

- E suo padre? Non ha solo una madre, ma anche un padre! – le ricordò Emma. Continuava a trattenerla per le spalle.

- Suo padre è un buono a nulla! Regina voleva portargliela via, non le avrebbe mai permesso di essere una madre. Avrebbe fatto ciò che hanno fatto i tuoi genitori!

- I miei genitori ti hanno maledetta!

Un nuovo fulmine si abbatté sulla foresta che circondava Storybrooke, preceduto da uno schiocco secco.

- E rapita. E hanno tradito te a Camelot! Avrei dovuto ucciderli quando ne avevo la possibilità! – Gli occhi di Lily cambiarono colore, passando dal marrone al giallo oro. – Oppure avresti dovuto uccidere me. Non hai avuto il coraggio nemmeno di mettere fine alla mia vita! Forse sei solo una codarda come il precedente Oscuro!

Emma sferrò un cazzotto e Lily quasi perse l’equilibrio. Le restituì il pugno, colpendola sul mento ed Emma le strinse i rivolti della giacca, strattonandola. Barcollarono in una specie di danza impacciata.

Il vento tornò impetuoso con la velocità di un uragano e nella frazione di secondo che precedette il fulmine vi fu uno schiocco secco, simile ad un colpo di pistola. Poi una saetta infuocata precipitò giù dalle nuvole, colpendo l’asfalto e aprendo in esso una lunga crepa. Entrambe rimasero accecate dall’esplosione di luce. I fari di un’auto si ruppero.

Emma batté le palpebre per mettere a fuoco Lily, ma si prese un calcio nello stomaco, che la spedì gambe all’aria. Si ritrovò sdraiata sulla schiena con Lily che le puntava contro Excalibur. La lama era a pochi centimetri dalla sua gola.

- Fallo. – la sfidò Emma.

Lily la fissava così come lei l’aveva fissata mentre la minacciava con la pistola. Furente, schiacciata dal desiderio di affondare la spada nel suo petto e al tempo stesso trattenuta da ciò che le univa. Aveva gli occhi orlati di rosso, le labbra strette.

Non c’era nessuno lì che potesse convincere Lily a non ucciderla. C’erano solo loro due e il temporale.

La pioggia scrosciò, accompagnata dal picchiettare della grandine.  

- Fallo, ora.

 

____________________

 

 

Angolo autrice:

Hello, it’s me!

La prima scena di questo capitolo viene dal promo sulla Dark Swan che avevano rilasciato prima dell’inizio della 5°serie. Quello che ci ha gasati, insomma. E che poi si è rivelato solo quello. Un promo. Che tristezza, lo posso dire?


   
 
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