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Autore: giambo    07/05/2016    3 recensioni
“Concentrati.”
“Sì, Maestro.”
Mosse una zampa, cercando di eliminare qualsiasi emozione dalla sua mente. Chiuse gli occhi, permettendo così ai restanti quattro di amplificarsi: l'aria densa che le si appiccicava alla pelliccia, il legno ruvido che le graffiava le zampe, il respiro calmo del maestro al suo fianco, l'odore di sudore che le pizzicava le narici. Cercò di catalizzare tutte quelle percezioni in un'unica immagine, tentando di isolare il proprio istinto, la propria natura. Di diventare un flusso armonioso con il mondo attorno a lei.
“Concentrati!”
“Sì, Maestro!”
...
“Dimmi Maestra Tigre,” proseguì lui, appellandola con il suo recente titolo. “Che cosa vi sconvolge così tanto?”
“Maestro, con tutto il rispetto, siete in errore. Io non sono sconvolta.” replicò subito, sulla difensiva, lei.
“Dunque tu hai paura di avere paura.” concluse Oogway.
...
Tigre osservò per qualche istante il dolcetto che teneva tra le bacchette, pensando a tutte le volte che aveva lottato, negli ultimi tempi, per difendere le proprie porzioni di cibo dal famelico panda che, da un paio d'anni, era entrato nella sua vita come un uragano.
...
Perché non sempre si trova la felicità da soli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Oogway, Po, Tigre
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Without you i'm just a sad song
 

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Concentrati.”

Sì, Maestro.”

Mosse una zampa, cercando di eliminare qualsiasi emozione dalla sua mente. Chiuse gli occhi, permettendo così ai restanti quattro di amplificarsi: l'aria densa che le si appiccicava alla pelliccia, il legno ruvido che le graffiava le zampe, il respiro calmo del maestro al suo fianco, l'odore di sudore che le pizzicava le narici. Cercò di catalizzare tutte quelle percezioni in un'unica immagine, tentando di isolare il proprio istinto, la propria natura. Di diventare un flusso armonioso con il mondo attorno a lei.

Concentrati!”

Sì, Maestro!”

E' inutile che mi dici di sì, se poi fallisci in questo modo!”

Maestro...”

Tu sei come Lui, è inutile. Anche tu sei solo una belva selvaggia, una creatura incontrollabile.”

No, Maestro! Io... posso cambiare! Posso diventare come voi, devo!”

Aprì gli occhi, disperata dal tono deluso di lui, il suo mentore, la sua guida, l'unica luce della sua esistenza. Ciò che vide fu il buio, un'orribile oscurità che la risucchiava, portandola lontana da lui, dai suoi occhi chiari che la fissavano gelidi e privi di compassione.

Mi dispiace, Tigre. Hai fallito.”

No! No! Datemi un'altra possibilità, Maestro! Vi scongiuro!”

Qui non c'è posto per i mostri.”

No! Non sono un mostro! Non sono un mostro!”

Addio.”

MAESTRO!”

 

 

Aprì di scatto gli occhi, sollevandosi di colpo, tutti i sensi all'erta, come se si aspettasse un attacco da un momento all'altro. L'oscurità della sua stanza, rotta solo dalla luce argentea della luna, accolse benevolmente la sua figura, con tutta la sua meravigliosa normalità. Scosse la testa, ancora intontita dal brusco risveglio, ma il suo corpo non si rilassò, come sempre del resto.

Era solo uno stupido sogno. Una cosa priva di alcun senso.

Mentiva. Sapeva di farlo, ma la cosa le andava bene. Non voleva percepire dentro di sé qualcosa. Lei era un'arma, e le armi non provavano sentimenti.

Eppure, per quanto tentasse di ripetersi quelle parole, il turbamento che percepiva dentro di lei non accennava a diminuire ma, anzi, aumentava.

Digrignò i denti, mentre stringeva le zampe con così tanta forza da poter sbriciolare la pietra. Alla fine, irritata oltre ogni misura per non riuscire a placare il proprio flusso di emozioni, uscì silenziosamente dalla sua stanza, dirigendosi verso il luogo che amava di più in tutto il Palazzo di Giada: la sala degli allenamenti.

Una volta dentro, il silenzio e l'atmosfera ovattata che regnavano attorno a lei riuscirono a placare, in parte, la sua irrequietezza. Si muoveva con sicurezza nell'ombra, come un vero felino, mentre sentiva di essere finalmente in un luogo sicuro, tranquillo, dove non era considerata un mostro. Non che nel resto del Palazzo ciò avvenisse ma lì... si sentiva in pace con sé stessa.

Si posizionò davanti ai manichini di legno, mettendosi in guardia lentamente. Irrigidì ogni muscolo del corpo per alcuni istanti, rilassandoli successivamente.

Io non sono come Lui...

Doveva svuotare la mente, farla diventare uno specchio limpido, immacolato. Fare in modo che non fuoriuscisse nulla, che non sentisse nulla.

Io sono un'arma, nient'altro.

Sibilò lentamente, rompendo così il silenzio che si era addensato attorno a lei.

Un'arma creata per un solo scopo.

Il pelo nero che le cerchiava elegantemente gli occhi si contrasse impercettibilmente, mentre il suo respiro diventava sempre più leggero, fino ad assomigliare al battito di una farfalla.

Raggiungere la perfezione assoluta del Kung Fu.

Si mosse. Rapida come un lampo, violenta come una tempesta, scattante come una saetta. I palmi delle sue zampe impattavano con violenza terrificante sui manichini di legno, parando ed attaccando implacabili. Ogni volta che il legno si infrangeva su di lei, era come si scontrasse con una pietra, una roccia, qualcosa che non provava niente, che non sentiva nulla, proprio come un'arma.

Io sono un'arma. Non provo nulla, non sento nulla. Esiste solo il Maestro, ed il mezzo per comunicare con lui: il Kung Fu.

Distrusse con estrema facilità il primo dei fantocci, si mosse con elegante irruenza in mezzo alle schegge di legno ed ai pezzi volanti, attaccandone un secondo, un terzo ed un quarto. Ognuno di essi resisteva due, tre colpi massimo, prima di venire spazzato via dalla sua potenza, dalla sua forza, dalla sua ferocia.

Un'arma. Un'arma. Un'arma! Non pensare, non provare nulla. Concentrati.

Qualcosa di strano cominciò a irrompere dentro di lei, qualcosa che era legato in maniera indissolubile al suo essere, alla sua persona. Provò qualcosa di molto simile alla soddisfazione nell'averla vinta con estrema facilità contro i suoi immaginari avversari, un sentimento che era sempre difficile ottenere dal suo Maestro, capace soltanto di farle notare i suoi errori, e mai i pregi.

Concentrati!

Perché sentiva il petto eruttare un violento calore? I denti digrignarsi, come se fossero pronti ad azzannare qualcuno? Perché sentiva di essere così soddisfatta, felice, della distruzione che causava?

CONCENTRATI!

I suoi movimenti divennero frenetici, facendole perdere lucidità. Davanti a lei non c'era più un manichino, ma Lui, i suoi occhi, il suo volto, il suo sguardo ricolmo di disapprovazione nei suoi confronti.

Concentrati Tigre! Tu DEVI farcela! Non sei un mostro, non sei un mostro, NON SEI UN MOSTRO!

Si accorse con qualche istante di ritardo che attorno a lei, ormai, non c'era altro che distruzione. Rimase lì, immobile, il fiato mozzo, chiudendo gli occhi, conficcandosi gli artigli nelle braccia, mentre la frustrazione e la rabbia divampavano con la violenza di un'eruzione dentro di lei.

Perché non ci riesco? PERCHE'?! Cosa diavolo c'è di sbagliato in me?! Perché non posso essere come desidera il mio Maestro?!

Lanciò un urlo rabbioso, tirando un pugno sul pavimento, scheggiandolo. L'ennesima dimostrazione che lei era solo un mostro, e che attorno a lei poteva regnare solo distruzione.

Vi sto deludendo, Maestro. Ma non so cosa fare per evitarlo.

Tigre chiuse gli occhi, sospirando, mentre si chiedeva se, un giorno, sarebbe riuscita ad avere la meglio sulla sua natura. Da quando Shifu l'aveva portata al Palazzo di Giada, molti anni prima, lei non aveva fatto altro che porgersi un obiettivo, un solo, singolo scopo: soddisfare il suo Maestro, fare in modo che fosse orgoglioso di lei. Lui, che era stato l'unico in tutto il mondo a voler vedere qualcosa di più di un mostro nella sua natura, nella sua forza, nel suo aspetto raffinato e selvaggio.

Eppure, in tutti quegli anni, Shifu non le aveva mai dato un segno tangibile, neanche il più piccolo, di essere soddisfatto di lei. Per quanto si sforzasse, per quanto tentasse, ogni sforzo per lui non era mai abbastanza. Con il tempo, Tigre aveva cominciato a pensare che in lei il maestro rivedesse il suo più grande fallimento. Che la sua forza potesse diventare come quella di Lui, quella di un mostro, di un qualcosa di cui bisognava avere solo paura.

Riaprì gli occhi, colmi di tristezza, osservando la desolazione che aveva appena creato. Era quella la sua natura, dunque? Quella che Shifu temeva e tentava di arginare? Sapeva che aveva sbagliato ad andare in quel posto, che il giorno dopo il suo maestro l'avrebbe punita per quell'atto. Eppure, prima era riuscita a sentirsi così felice, così... realizzata. E la cosa la terrorizzava.

Non sono un mostro. Questo benessere è illusorio, una trappola. Io devo annullare la mia essenza, diventare solo un'arma, un'arma al servizio del mio Maestro e dei miei compagni.

Uscì di scatto, incapace di rimanere in quel luogo un istante di più. L'aria della notte era frizzante mentre si dirigeva rapidamente verso un'aspra rupe, dove svettava un imponente albero.

Desiderava ardentemente un luogo che la portasse via dal suo corpo.

 

 

Una volta arrivata, Tigre ebbe la sensazione di poter toccare la volta stellata con un dito. L'aria era fresca, mentre un vento freddo soffiava dolcemente da nord, agitando i rosati petali dell'imponente pesco al suo fianco. Sotto di lei, la Valle della Pace si nascondeva nel buio della notte, coprendo alla sua vista le case, i fiumiciattoli ed i campi coltivati. Solo la luce lunare rompeva quel manto, ma l'astro celeste in fase calante non era in grado di poter risplendere con tutta la sua forza in quel piccolo angolo pacifico nel cuore della Cina.

La bella felina, prendendo un profondo respiro, cercò di calmare il battito del proprio cuore, accogliendo con gioia il silenzio e la quiete di quel luogo ascetico. Rimase lunghi minuti lì, immobile, le braccia molli lungo i fianchi, mentre cercava disperatamente di purificarsi di tutti i dubbi e le paure che l'assillavano da troppi anni.

Maestro, mi avete presa con voi, istruita, addestrata, allenata. Perché? Cosa avete visto in me di differente da Thai Lung? Io provo... le stesse sensazioni di lui, la stessa rabbia, lo stesso desiderio di distruggere! Cosa avete visto, Maestro... cosa?

Era sempre stato quello il dubbio che le aveva corroso la mente negli ultimi anni. La domanda fatidica a cui non riusciva a trovare una risposta. Shifu cosa vedeva in lei? Era davvero sicuro non sarebbe caduta negli stessi errori del figlio adottivo? E lei cosa voleva? Cosa desiderava? Erano anni che Tigre non si poneva delle domande, ma negli ultimi tempi queste ultime si erano fatte avanti, contro la sua volontà, mettendola di fronte a turbamenti e ricordi che avrebbe preferito dimenticare per sempre.

“Vedo che anche tu hai approfittato di questa notte magnifica.”

Con uno scatto, l'allieva di Shifu si girò, trovandosi di fronte il sorridente Oogway, il leggendario maestro che aveva dato vita al Kung Fu in Cina. Rimase impassibile per un secondo di troppo, prima di ricordarsi di salutare con un profondo inchino l'anziana tartaruga.

“Maestro Oogway, vi chiedo di perdonarmi.” dichiarò con tono impeccabile, mentre eseguiva un rigido saluto con relativo inchino.

“Perdonarti riguardo cosa?” domandò il maestro. Aveva nella mano destra un bastone a forcella, mentre nella sinistra teneva una luminosa lanterna, ma la cosa che colpiva di più di lui erano gli occhi: saggi, profondi, antichi, custodi di una vita avventurosa e leggendaria. Eppure, in essi, si poteva anche notare una scintilla di umorismo, come se per lui la vita fosse soprattutto un gioco.

“Non vi avevo riconosciuto.” spiegò con fare impeccabile Tigre, le mani dietro la schiena, lo sguardo fisso davanti a sé. Era stata molto rapida a nascondere il proprio turbamento, ma Oogway era troppo smaliziato per non accorgersi dei suoi sentimenti.

“Capisco. Quindi tu ti alleni quando sei sconvolta.” osservò la tartaruga.

“Perdonatemi, ma non capisco a cosa vi riferite, Maestro.” replicò, irrigidendosi impercettibilmente, Tigre.

Per qualche istante sulla rupe l'unico rumore fu quello del vento che frusciava tra le foglie. Oogway fissò benevolmente la giovane maestra di Kung Fu, rivedendo in lei i turbamenti di molti altri giovani maestri, ormai divenuti anziani. La vita era un ciclo continuo, che portava il destino sugli stessi passi.

“Tu non sei una persona che parla molto.” osservò lui, avvicinandosi allo strapiombo per osservare la quiete che regnava sotto di loro. “Sotto alcuni aspetti è un bene sapere dosare la parola, ma quest'ultima è anche un dono prezioso. Non usarlo può portarci spesso ad una visione distorta del mondo.”

Tigre non rispose subito, rimanendo perplessa da quelle parole. Si voltò, notando come il vecchio maestro la stesse fissando intensamente, sorridendo.

“Dimmi Maestra Tigre,” proseguì lui, appellandola con il suo recente titolo. “Che cosa vi sconvolge così tanto?”

“Maestro, con tutto il rispetto, siete in errore. Io non sono sconvolta.” replicò subito, sulla difensiva, lei.

“Dunque tu hai paura di avere paura.” concluse Oogway.

“Io non ho paura, Maestro.” ricalcò l'ultima parola con più forza, quasi a voler mostrare come, dal suo punto di vista, la questione fosse chiusa.

“Non c'è bisogno di vergognarsi di avere paura.”

Gli occhi di Tigre si strinsero fino a diventare due fessure dorate.

“La paura è per i deboli.” sibilò, quasi dimentica di chi aveva di fronte.

“La paura è per i saggi.” la corresse l'anziana tartaruga.

La giovane felina rimase spiazzata da quella risposta. Vedendo lo stupore sull'aggraziato volto di lei, Oogway sorrise dolcemente.

“Immagina di essere in cima ad una montagna, circondata dalla nebbia. Non conosci da quale parte si trovi il sentiero e dove invece è situato il dirupo. Puoi solo affidarti al tuo istinto, e sperare che il fato non ti sia avverso.” spiegò pazientemente il vecchio maestro. “In una situazione simile non provare paura significa gettarsi nel dirupo.”

“Maestro, io non posso provare paura.” provò a replicare la giovane. “Io... io ho una forte responsabilità, nei confronti di molte persone. Non posso cedere a sensazioni come il dubbio o la paura.”

“Oh, è vero. Le responsabilità necessitano di individui forti. Ma, vedi, mia giovane maestra, a volte è meglio affidarsi ad una canna che si piega al passare del vento, piuttosto che ad una roccia che può consumarsi al suo passaggio.” dichiarò la tartaruga, fissandola con dolcezza.

Sulla rupe ritornò il silenzio. Tigre si guardò le zampe, confusa dalle parole dell'anziano maestro. Ci leggeva del giusto in esse, ma sentiva che abbandonarsi a ciò che provava sarebbe stato un errore terribile, pari al cadere nel precipizio dipinto da Oogway.

“Sei giovane, Maestra Tigre. Non angosciarti con domande a cui solo il tempo può trovare risposta. Il presente è un dono, e dovresti goderne il più possibile.” sorridendo, il vecchio maestro si incamminò verso il palazzo, lasciando però la lanterna alla giovane.

“Penso proprio che tornerò dentro per bermi un infuso ai fiori di arancio. Quest'aria frizzante non fa più per me.” e strizzando l'occhio, prima che Tigre potesse anche solo emettere un suono o muovere una zampa, Oogway sparì alla sua vista, silenzioso come era arrivato, lasciandola sola con i suoi dubbi.

Io... scosse la testa, non sapendo neanche più lei cosa desiderava. Un tempo compiacere Shifu e renderlo orgoglioso sarebbe stato l'unico suo obiettivo, ma da quando era stata nominata maestra del Palazzo di Giada, e capo dei Cinque, le cose erano cambiate: aveva tante responsabilità ora, troppe. E il timore di fallire come Thai Lung era veramente alto.

Non posso cedere. All'improvviso, proprio mentre sentiva di non potere reggere tutti quei dubbi, quelle domande, quel peso, sentì dentro di sé qualcosa di nuovo. Una sensazione nuova, potente. Una forza di volontà dura come l'acciaio che le ingiungeva di non arrendersi, di non cedere.

Non deluderò Shifu. Io non commetterò gli stessi errori di lui. Io SONO diversa!

C'è l'avrebbe fatta. Sarebbe diventata la migliore, in assoluto, mettendo la propria perfezione al servizio del volere del suo maestro. Sarebbe diventata il guerriero più potente che l'intera Cina avesse mai visto. Avrebbe ottenuto il potere assoluto, e l'avrebbe usato per onorare i doveri che il suo ruolo le portava.

Sarebbe diventata il Guerriero Dragone.

È questo il mio scopo. Il motivo per cui mi avete addestrata, Maestro.

E non fallirò. LO GIURO!

 

 

Cinque anni dopo.

 

 

Il sole entrò lentamente nella stanza, illuminando con i propri raggi luminosi il sobrio ambiente interno.

Seduta a gambe incrociate sul letto, con la schiena perfettamente dritta e gli occhi chiusi, Tigre si stava dedicando ai propri esercizi mentali, indispensabili per concentrarsi sugli allenamenti delle ore successive. Inspirò lentamente, immergendosi nel silenzio che la circondava, prima che questo venisse rotto da un paio di risatine, seguite da brevi frasi spezzate.

“Dai... dai... zitti!”

Scuotendo i baffi, leggermente irritata per essere stata disturbata durante la meditazione, la felina si rasserenò per qualche secondo, fino a quando riudì gli stessi rumori provenire dal corridoio.

Ma che sta succedendo?

Quando sentì, per la terza volta, quelle risate soffocate a fatica la curiosità fu troppo forte. Soffiando, Tigre uscì di prepotenza nel corridoio, trovandosi Mantide, Vipera e Gru che ridacchiavano tra loro, davanti alla stanza di Po, dicendosi a vicenda di calmarsi.

“Si può...” prima che potesse terminare la frase, i tre le fecero un cenno frenetico di abbassare la voce. “Posso sapere cosa state combinando davanti alla stanza di Po?!” concluse bisbigliando.

“Scimmia sta ordendo lo scherzo migliore del secolo.” bisbigliò Mantide, tenendosi l'addome per lo sforzo di trattenere le risate. “Coraggio, vieni a guardare!”

Sollevando gli occhi al cielo, irritata per essere stata interrotta a causa di una simile sciocchezza, Tigre si avvicinò alla porta del Guerriero Dragone con espressione estremamente scettica.

“Oh, figurati... sarà il solito scherzo del... oh, porca!” esclamò, spalancando gli occhi, una volta visto ciò che il dispettoso compagno stava architettando ai danni dell'enorme panda.

Profondamente immerso nel sonno, con un sorriso stupido sulla faccia, il Guerriero Dragone riposava placidamente, ignaro del fatto di avere il letto sospeso a tre metri dal suolo, con sotto di esso ad attenderlo una ciotola ricolma di fango. Dietro di lui, appeso al soffitto per la coda, c'era Scimmia, che sembrava fare fatica a trattenere le risate.

“Ehi, Po... svegliati! Sei in ritardo per l'allenamento!” urlò nelle orecchie del panda quest'ultimo.

“Cosa?! Oh no! Allenamento! Colazione! Shifu! Kung Fu! Ravioli! Spaghetti!” con uno strillo degno di una gallina, Po si alzò di scatto, cadendo nel vuoto, centrando con la faccia la ciotola ricolma di fango, mentre un ululato di risate si alzava dalla soglia.

“Ah ha... molto divertente.” osservò sarcasticamente il Guerriero Dragone, pulendosi dalla mota con una zampa. “Sei veramente infantile, Scimmia. Per tua fortuna io non sono assolutamente una persona vendica... VIENI QUI MALEDETTO PRIMATE CHE TI STACCO LA CODA A MORSI!”

Tigre ci mise qualche istante ad accorgersi di avere la pancia che le doleva a causa delle risate. Vedere Po che inseguiva per tutto il Palazzo di Giada Scimmia, ululando minacce a caso, era il miglior risveglio che potesse immaginare. Si accorse soltanto in un secondo momento, mentre si accingeva a fare colazione, che un tempo immaginare di vivere simili giornate per lei sarebbe stata semplice utopia.

“Voi dite che la smetteranno in fretta?” domandò Vipera, una volta seduta a tavola, mentre da fuori si udivano le classiche urla stridule da battaglia del Guerriero Dragone, subito dopo seguite da l'immancabile rumore di qualche oggetto che andava in frantumi.

“Perché sperare in simili disgrazie?” replicò Mantide. “Più tardi smettono, meno possibilità ci sono che Po mangi tutto il cibo.”

Tigre osservò per qualche istante il dolcetto che teneva tra le bacchette, pensando a tutte le volte che aveva lottato, negli ultimi tempi, per difendere le proprie porzioni di cibo dal famelico panda che, da un paio d'anni, era entrato nella sua vita come un uragano.

Chi avrebbe mai detto che Maestro Oogway potesse vedere più lontano di tutti noi... anche di Maestro Shifu.

Era vero. Nessuno, all'inizio, aveva compreso perché il leggendario istruttore di Kung Fu avesse scelto quell'imbranato, pigro, grasso panda come Guerriero Dragone. Di sicuro, lo stupore misto a disprezzo che avevano provato gli altri era stato nulla in confronto all'odio che lei aveva sentito nei confronti di quel soggetto, che rappresentava tutto ciò che aveva sempre trovato grottesco ed insulso. Anni di sforzi, di sacrifici, di lotte interiori, di dolori indicibili erano stati resi vani dal volo pirotecnico di quel lardoso buffone, che era stato premiato del titolo che le spettava di diritto.

Era stata dura, molto dura, all'inizio. Denigrandolo ed umiliandolo continuamente, indipendentemente da ciò che lui tentava di fare. Fu solo con il senno di poi, che Tigre comprese di essere stata ciò che proprio per anni aveva tentato di non essere. Era caduta nella stessa trappola del superbo Thai Lung, considerando suo di diritto un titolo per cui, invece, non era affatto portata.

Vedere come Po avesse lottato per guadagnarsi quanto meno il rispetto di tutti loro l'aveva colpita profondamente. Quel panda aveva avuto una vita molto più dura di quanto uno potesse pensare a prima vista: essere visto da tutti come uno scherzo della natura, uno sgorbio ridicolo, senza la possibilità di avere, un giorno, la speranza di conquistare il rispetto di qualcuno che non fosse il padre adottivo. Un simile atteggiamento avrebbe fatto nascere un profondo risentimento in chiunque, ma non in Po: era sempre pronto ad un sorriso, ad emozionarsi come un bambino di fronte ad una tecnica di Kung Fu, ad aiutare chiunque senza problemi. Aveva lottato e creduto nel suo sogno, nella speranza di un futuro migliore per lui, alla possibilità di avere degli amici sinceri su cui contare, e ci era riuscito, contro tutto e tutti. Probabilmente, Oogway non avrebbe potuto scegliere persona migliore.

“Ah ha!” con un movimento fulmineo, Po rubò il dolcetto dalle bacchette di Tigre, ficcandoselo con fare famelico in bocca.

“Ehi!” esclamò furibonda la felina. “Quello è mio!”

“Vuoi dire che era tuo.” esclamò il panda, sedendosi pesantemente al suo fianco, iniziando ad ingozzarsi di tutto quello che riusciva a afferrare. “Dopotutto, con i miei fulminei riflessi da Guerriero Dragone, è ovvio che tu non abbia speranze!”

Tigre si accorse solo dopo qualche istante di aver stretto le proprie bacchette con così tanta forza da averle frantumate. Era il terzo paio in una settimana che rompeva, ma era più forte di lei: avere affianco Po, mentre mangiava, poteva risultare estremamente irritante.

“Lo uccidiamo?” gli propose Mantide, mentre Po gli rubava il cibo dal piatto per la terza volta in meno di un minuto.

“Non ancora.” ringhiò la felina, mentre le zampe le prudevano dal desiderio di 'suonare' il panda.

“Panda!” con tono autoritario, Maestro Shifu, il capo spirituale della Valle della Pace, entrò nella piccola cucina, squadrando severamente il grosso panda con i suoi occhi chiari. “Puoi spiegarmi perché il cortile davanti alla palestra è ridotto come se fosse passato un tornado?”

“Maestro Shifu! Oh... beh, ecco... diciamo che potrei aver usato troppo del mio immenso potere kungfuico e quindi...” di fronte allo sguardo gelido del proprio insegnante Po cercò di farsi più piccolo possibile, con scarsissimi risultati.

“Panda... la mia era una domanda retorica.” osservò con fare asciutto il panda minore. “Quello che veramente ti domando è perché sei qui a mangiare, invece di sistemare i danni che hai causato.”

Po non disse nulla, fissando con sguardo vacuo, tramite i suoi occhi verde smeraldo, il proprio insegnante.

“L'odore dei dolcetti per la colazione era irresistibile.” sussurrò infine.

“Panda! Il mio era un ordine!” sbottò allora Shifu. “Va subito a sistemare. Ti do il tempo in cui noi termineremo di mangiare.”

“Ma...”

“Niente obiezioni!”

“La...”

“Niente...”

“Colazione...”

“Obiezioni!”

A quel punto Po, con testa bassa, si diresse verso l'uscita della stanza, nel silenzio generale.

“Scimmia ti darà una mano.”

“Cosa? Maestro ma perché...”

“Perché so che l'hai aiutato tu a distruggere tutto. Quindi ora farai la tua parte per rimediare.”

Borbottando, Scimmia uscì assieme al panda dalla stanza, il quale sembrava già più di buon umore all'idea di condividere quella fatica con l'amico. Il tutto sotto lo sguardo di un sorridente Shifu.

Già, sorridente. Un tempo il severo maestro di Kung Fu non avrebbe mai sorriso per eventi come quelli. Tigre rimase sconvolta nell'ammettere che, prima dell'arrivo di Po, non le era mai capitato di vedere Shifu sorridere in quel modo vivo, con gli occhi illuminati da sincero divertimento. Quel grosso ed imbranato panda era riuscito dove lei aveva fallito, e l'aveva fatto in modo così ingenuo, genuino e sincero che non riusciva a provare altro che una grande riconoscenza per lui, il suo amico.

Po... grazie, per tutto.

Era logico, naturale, scontato che sarebbe finita in quel modo. Meno scontato che lei lo trovasse quasi divertente e, soprattutto, indispensabile per la sua felicità.

“Ehi, cosa fai qui?” domandò Po, osservandola aiutarli a sistemare gli attrezzi sparsi per il cortile di terra battuta.

Senza dire nulla, con sguardo impassibile, Tigre sistemò ogni oggetto con grande velocità e precisione, permettendo ai due amici di terminare molto prima del previsto la loro punizione.

“Desideravo allenarmi, se aspettavo voi avrei dovuto attendere la notte.” fu la sua secca spiegazione, mentre si incamminava verso l'ingresso della palestra.

“Tigre... grazie.”

Sentire la sua voce, così allegra e gioviale, rivolgersi a lei le regalò una sensazione bellissima. Dovette ringraziare di essere girata di schiena, altrimenti le sarebbe stato difficile nascondere il proprio sorriso di gioia ai due compagni.

No...

Si portò una zampa davanti agli occhi, le labbra ancora stirate in un dolce sorriso, mentre tentava di afferrare appieno quel calore che le parole del panda le avevano donato.

Grazie a te... amico mio.

Aprire la pesante porta dell'edificio di fronte le permise di abbondare momentaneamente i propri sentimenti. Una volta dentro, il pensiero di passare l'intera giornata in quel luogo, assieme ai suoi amici ed al suo maestro le intensificò il sorriso.

Ora so cos'è la felicità.

“Muovetevi voi due! Dobbiamo iniziare ad allenarci!” ordinò con voce dura a Scimmia e Po, i quali corsero dentro per iniziare assieme a lei la giornata. Il panda in particolare sembrava eccitatissimo, come sempre del resto, all'idea di praticare il Kung Fu. I suoi occhi brillavano come smeraldi.

“Tigre?”

La felina si riscosse subito, chiedendosi perché quella visione l'aveva resa, se possibile, ancora più felice.

“Niente.” dichiarò seccamente, scuotendo la testa. Subito dopo si mise in posizione di guardia. “Cominciamo!”

Sarebbe mai riuscita a vivere senza vedere ogni giorno quegli occhi così limpidi?

Era una domanda che Tigre non voleva porsi, anche perché la risposta avrebbe potuto regalarle sensazioni per cui non era pronta.

“D'accordo! Preparati a vedertela con il mio Super Pugno Pandesco!” replicò il Guerriero Dragone, sorridendole.

Eppure, dentro di lei, sapeva già la risposta.

Mai.

 

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FINE

  
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