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Autore: adelhait13    07/05/2016    0 recensioni
Il passato, anche se cerchi in tutti i modi di dimenticarlo, esso torna sempre sull'uscio della tua vita.
Un essere senza pace tornerà a tormentarti.
Questo avverrà alla povera Rin. Come anche il conoscere colui che fece cadere colei che divenne spirito...
Seguito di una mia vecchia fanfiction postata tempo fa con il mio vecchio nick. Troverete il link nel primo capitolo
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Oblivion





Gridavo.
Urlavo il mio dolore, mentre una risata orrenda e beffarda mi circondava.
Mi aveva annientato.
Sentivo il cuore battere veloce. La testa scoppiarmi.
Chiusi gli occhi, intanto un orrendo oblio mi abbracciava. Mi stringeva a sé. Tra le sue fredde e grandi braccia, intanto piagnucolavo un.
“La mia bambina…restituiscimi…la mia piccola…”.
Sentivo un gran vuoto nell’anima. Un pezzo di me era stato strappato via con violenza. Il mio corpo era un involucro vuoto, intanto sentivo le mie tempie pulsare frenetiche.
Un dolore insostenibile.
Il mio corpo ondeggiava tra due forte tenaglia. Sentivo in lontananza una voce che mi chiamava.
“Rin! Svegliati!”.
Una voce ovattata che mi destò da questo orrendo incubo.
Aprii gli occhi, pieni di lacrime, e mi misi seduta. Ansimavo, mentre farfugliavo parole senza senso.
D’un tratto sentii due braccia che mi stringevano a sé. Era Sesshoumaru.
“Rin!?”.
Lo guardai in viso e con gli occhi pieni di lacrime farfugliai.
“La bambina…lei…lei…l’ha presa…l’ha presa…non c’è più…l’ha presa…ah!”.
Strinsi gli occhi. Sentivo la testa scoppiare. Il ventre pulsare. Mi strinsi di più a Sesshoumaru, mentre cercavo di respirare.
Il dolore era insostenibile.
D’un tratto Sesshoumaru mi adagiò sul letto.
“Calmati”.
Mi disse, ma io non riuscivo a calmarmi. Continuavo a ripetere parole senza alcun senso. Senza alcuna logica.
Ero sconvolta. Annichilita da quell’orrendo incubo.
Kagura mi aveva tolto il frutto del mio ventre.
“Calmati lei, sta arrivando”.
No, non ci riuscivo. Continuavo a piangere e parlare senza senso. Intanto il dolore aumentava. La testa stava per esplodere.
Misi le mani sulle tempie cercando un po’ di sollievo, ma non ci riuscivo. D’un tratto sentii qualcosa di fresco bagnarmi la fronte, aprii gli occhi e vidi una persona. Una donna.
“Izayoi”.
Dissi con voce roca, mentre lei mi bagnava il viso.
“Su, su è tutto a posto. Calmati bambina”.
Mi fermai sentendo la sua voce, così dolce e materna.
“La…la…mia…bamb…”.
Bloccò le mie labbra con un dito e dolcemente mi disse.
“Lei sta bene, ma se non ti calmi, nascerà prima e allora sì, che sarà un problema. Ora calmati”.
Io rimasi imbambolata, mentre mi parlava. La mia piccola era viva ed era dentro di me. Veloce feci scivolare lo sguardo sul mio ventre.
Era gonfio e pieno di vita. Sorrisi tra le lacrime.
“Sta bene”.
Dissi, mentre socchiudevo gli occhi e abbracciavo il mio ventre. Era stato tutto un incubo. Un tremendo e angoscioso incubo.
Mi sentii debole, priva di forze. Caddi in un profondo sonno senza sogni. Inghiottita dall’oblio del dolore e della stanchezza. Non so per quanto tempo rimasi in quelle tenebre.
Ricordo che  mi destai lentamente. Avvertivo il mio corpo intorpidito. Pesante. Arricciai il naso, sentivo un forte odore di disinfettante.
Aprii gli occhi, ma fui costretta a chiuderli. La luce era troppo forte. Feci fatica, ma ci riuscii.
“Do…dove mi trovo?”.
Biascicai, mentre mettevo a fuoco il luogo dove mi trovavo. Era tutto bianco, asettico.
“Sei in ospedale”.
Una voce a me vicina mi fece voltare il capo verso destra.
“Izayoi”.
Sussurrai, mentre la vedevo armeggiare con un aggeggio strano che emetteva un suono simile al battito cardiaco. La guardai curiosa, quando lei mi disse, sempre con il viso rivolto a quella macchina.
“È un monitor cardiotocografico, controlla le pulsazioni del cuore della piccola e delle contrazioni uterine”.
Io la guardai stranita. Non comprendevo cosa dicesse. La vidi voltarsi verso me, e con dolcezza mi spiegò che controllava se tutto andasse bene.
“Rin hai avuto la pressione alta è questo ha provocato delle contrazioni”.
Io voltai il capo e guardai i fili di quell’aggeggio finire sotto la coperta. Ricordo che sentivo intorno al mio ventre una fascia fredda e dura.
“Hai rischiato un parto prematuro”.
Una frustata. Sgranai gli occhi, mentre le mie labbra tremavano.
“No! È troppo presto che tu veda la luce!”.
Pensai, mentre tremavo.
“Calmati Rin, ora è tutto apposto non temere. Ho frenato le doglie, ma devi stare calma e buona per tutta la gravidanza”.
“Okey”.
Sospirai. Sarei stata calma per i tre mesi restanti. Ma non fu così…un barato presto si sarebbe aperto, facendomi cadere nell’oblio delle tenebre dell’inferno.
Socchiusi gli occhi, ripensando alla sera prima e quelle dannate gocce. Loro erano la causa del mio malessere…no, che dico? La colpa era della mia incoscienza.
Di quell’incontro con il passato.
Riaprii gli occhi e guardai dritta negli occhi Izayoi chiedendo di lui. Di Sesshoumaru.
Lei mi accarezzò il capo.
“L’ho mandato a prendersi un caffè, ti è stato accanto tutta la notte. Ne aveva bisogno”.
Arrossii leggermente, mentre abbassavo lo sguardo. Mi sentivo in colpa. Lui si era preoccupato.
“Sono la solita stupida”.
Sussurrai, sposando lo sguardo verso il pavimento.
“Non sarei dovuta uscire. Non avrei dovuto prendere quelle gocce…quelle maledette gocce”.
Ringhiai, mentre stringevo nelle mani l’orlo della coperta. Diedi la colpa a loro, non alla paura di quel maledetto spirito.
D’un tratto sentii Izayoi sospirare avvilita.
“Lo avevo capito. Rin sei sempre la solita incosciente. Ti avevo ammonito su quel medicinale, ti avevo prescritto delle tisane…grazie al cielo tutto si è risolto, ma non farlo mai più”.
Annuii. Aveva ragione. Tremendamente ragione.
“Bene, qui è tutto apposto. Vado avvertire Sesshoumaru e gli altri che ti sei svegliata”.
Continuai ad annuire come un automa. Troppe persone avevo fatto preoccupare. Socchiusi gli occhi e mi lasciai cullare dal rumore del battito di mia figlia. Così vivace. Così vivo.
D’un tratto ritornai a ripensare a quel maledetto incubo. Così reale. Così crudele.
Veloce mi misi le mani sul volto. No! Non dovevo pensare a lei. A Kagura. Dovevo proteggere mia figlia.
Dovevo calmarmi, quando d’un tratto sentii una voce.
“Rin”.
Feci scivolare la mani dal volto e aprii gli occhi.
“Se…Se…Sesshoumaru”.
Balbettai, mentre lo vedevo lì sulla porta della camera. Cominciai a tremare, mentre le lacrime correvano veloci sulle mie guance.
Lui si avvicinò.
“Scu…scu…scusami…ti…prego”.
Lui non disse nulla, mi fulminò con lo sguardo. Era furioso. Lo avevo tradito. Avevo infranto il patto.
Abbassai lo sguardo. No, non riuscivo a reggere quel tagliente sguardo d’ambra.
“Ti prego perdonami. Sono stata una stupi…”.
“È stata lei?”.
Mi bloccò, mentre sgranai gli occhi. Come aveva capito?
“Co…come…hai…”.
Balbettai.
“Gridavi nel sonno”.
Disse con calma, mentre si avvicinava alla finestra.
“Già”.
Sussurrai, storcendo le labbra in sorriso beffardo. In fin dei conti avevo parlato nel sonno, era logico che lui sapesse, anche se quella domanda mi fece tremare. No, non dovevo dirgli che avevo rivisto Kagura. Che ero stata nel vecchio palazzo dove avevo abitato tre anni prima. Mi limitai a dire.
“Sesshoumaru io…vedi…io…ieri…ho incontrato Elisa la nipote di Kaede”.
Finii la frase tutto d’un fiato, mentre alzavo il viso e lo guardavo. Lui si voltò e s’incamminò verso la porta.
“Non farlo mai più, pensa a nostra figlia”.
Disse calmo e piatto, mentre usciva dalla stanza. A modo suo mi aveva perdonata, anche se io avrei voluto un bacio. Un abbraccio.
Mi abbracciai, mentre nuove lacrime caddero. Lo avevo ferito e questo mi lacerava.
Quel giorno rischiai di perdere le due persone più importanti della mia vita. L’uomo che amavo, che amo, e mia figlia…


Continua…



_________________________
Per ora vi lascio così. Ma non temete aggiornerò presto. Un bacio miei cari lettori ;)

   
 
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