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Autore: Kessi    09/05/2016    2 recensioni
Afferri la pila, tenendola alta, di fronte a te.
Sembra che non ci sia nessuno.
Un passo dopo l’altro, sali le scale. L’adrenalina scorre veloce nelle tue vene e tu non puoi fare a meno che lasciarla andare.
Come potresti non essere in ansia? Come potresti essere calmo e razionale sapendo che stai lottando per la tua famiglia?
Sei arrivato in cima, a quella camera che era tua e di Haley, quella camera in cui, tanto tempo prima, vi eravate amati.
La trovi lì, distesa a terra, senza una scarpa. Il corpo ricoperto di sangue, gli occhi spalancati.
Trattieni a stento le lacrime e l’impulso di andarla ad abbracciare, a darle un ultimo saluto, ma non puoi perché lui è ancora lì. Lo odi per quello che ha fatto, per il controllo che sta esercitando, anche ora, su di te.

Pubblico questa os che in realtà ho scritto ben 5 anni fa.
I pensieri di Hotch quando arriva a casa sua, durante l'attacco di Foyet.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aaron Hotchner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: posto questa FIC che avevo scritto 5 anni fa e che avevo pubblicato sul forumcommunity di CM



 

What’s happening to you?

 



 
Freni malamente, rischiando di andare a sbattere contro il parabrezza, ma non importa.
Lasci aperta la portiera dell’auto, porti la mano alla pistola che afferri con la mano sinistra ed apri la porta della tua casa, sbattendola.
Tutto è buio e silenzioso.
Hai il cuore in gola, il respiro affannoso.
Controlli con cura ogni stanza, ma di lui, di Loro non c’è traccia.
Afferri la pila, tenendola alta, di fronte a te. 
Sembra che non ci sia nessuno.
Un passo dopo l’altro, sali le scale. L’adrenalina scorre veloce nelle tue vene e tu non puoi fare a meno che lasciarla andare.
Come potresti non essere in ansia? Come potresti essere calmo e razionale sapendo che stai lottando per la tua famiglia?
Sei arrivato in cima, a quella camera che era tua e di Haley, quella camera in cui, tanto tempo prima, vi eravate amati.
La trovi lì, distesa a terra, senza una scarpa. Il corpo ricoperto di sangue, gli occhi spalancati.
Trattieni a stento le lacrime e l’impulso di andarla ad abbracciare, a darle un ultimo saluto, ma non puoi perché lui è ancora lì. Lo odi per quello che ha fatto, per il controllo che sta esercitando, anche ora, su di te.
Nello specchio vedi il riflesso di due scarpe da uomo.
Senza pensarci due volte, spari uno, due, tre colpi.
La figura dietro la tenda cade a terra.
Ti avvicini cautamente, lanci via la pistola e giri il corpo apparentemente morto di George Foyet, ma ti accorgi che indossa un giubbotto antiproiettile. È troppo tardi, lui è riuscito a sfuggire dalla tua presa.
Prendi la tua seconda pistola, che tieni sempre con te,  e spari, mancandolo di poco.
Non pensandoci troppo, lo rincorri, riuscendo a raggiungerlo e lo tiri giù, insieme a te. Cadete per le scale, tu sbatti la testa contro il muro, ma non ti importa.
Senti le orecchie fischiare, la testa girare … Cerchi di rialzarti più in fretta che puoi, riuscendoci.
Tiri un calcio a quello che per te, non è un essere umano.
Lo afferri, tirandolo su, e lo sbatti contro il muro. Gli tiri un pugno, sentendo le nocche bruciare.
Ma il dolore non lo senti, non in quel momento.
Gli afferri la testa, facendogliela sbattere contro il muro e contro ad un quadro, ma lui riesce a ribellarsi, tirandoti un calcio.
Comincia a scappare, ma tu non gliene dai il tempo. Lo afferri, ma cadete a terra entrambi, rompendo il tavolo della sala da pranzo.
Questa volta, hai riportato più danni rispetto alla caduta precedente ed i tuoi sensi rispondono più lentamente.
Foyet invece, si alza da terra, scagliandoti un calcio ed afferrando un oggetto di vetro che ti dà sulla testa.
La vista ti si annebbia e tutti i rumori circostanti si fanno più forti, rimbombano.
Il Mietitore tira fuori il suo coltello. Ti dice qualcosa.
Tu, nel frattempo, cerchi di rialzarti.
Noti che anche lui ha il respiro affannoso. Dal naso gli esce sangue e sembra che zoppichi.
“Quando avrò finito con te, andrò a cercare quel piccolo bastardo di vostro figlio, gli farò vedere tutti e due i genitori morti e gli dirò che è stato tutto per colpa tua e poi …”. Non gli dai il tempo di finire.
Prendi una zampa del tavolo e gliela dai sulla gamba. Lui urla dal dolore.
Sei accecato dalla rabbia. In quell’istante, tutto scorre veloce. Non sei più razionale e calmo.
Lo getti a terra, e gli tiri un pugno, con tutta la forza che ti è rimasta. Gli afferri la testa tra le mani.
“E va bene. Mi arrendo, mi hai preso” dice lui, esausto.
Tu non lo fai finire. Non ti interessa. Continui a picchiarlo.
Vuoi fargliela pagare per tutto il male che ha fatto. Ti vendichi per tutte le sue vittime.
Nella tua mente scorrono le immagini delle persone che ha ucciso, di quando ti aveva accoltellato, di quando, poco fa, hai sentito lo sparo che aveva fatto morire Haley. Vedi il volto di tuo figlio, Jack:
Non ti fermi. Non sai se sia morto o meno.
Vuoi solo sfogarti, vendicarti.
Non ti importa nulla delle regole, anzi, non ti vengono nemmeno in mente … Non stai pensando. Stai agendo, stai cedendo ai tuoi istinti.
“Hotch! Basta! È finita! È morto!” Senti una voce lontana che ti chiama.
Morgan ti tira via e tu, distrutto fisicamente e mentalmente, piangi. Crolli.
Poi, ti viene in mente la tua unica ragione di vita.
Corri al piano di sopra, dove Jack dovrebbe essersi nascosto.
I ricordi, di quando tutto era bello e semplice, riaffiorano prepotenti e ti sconvolgono.
Non puoi aver perso anche tuo figlio!
Timorosi, apri il nascondiglio segreto del tuo bambino. Lui è lì.
“Ho lavorato al caso, papà. come mi avevi detto tu”.
Tu sorridi, e due lacrime ti scendono sulla guancia “Bravo piccolo”, gli dici prendendolo in braccio.
“Che cosa ti sei fatto, papino?”
“Niente piccolo, ma ora devi andare con la signora Jareau”.
Jack è confuso. Si guarda attorno spaesato, non capendo la situazione.
E come potrebbe? Non la capisci nemmeno tu! Lui è solo un bambino.
Ora sei seduto sul divano.
Sono passate 2 settimane da tutta quella faccenda.
Due settimane in cui hai riflettuto mille volte su quello che era successo. Come avevi potuto uccidere qualcuno?
Certo, l’avevi fatto per proteggere tuo figlio Jack … Non avevi riflettuto su quello che stavi facendo. Ma il fine non giustifica i mezzi.
Foyet lo meritava … Ma doveva essere la giustizia ad occuparsi di lui e non tu.
Anche se avevi detto alla Strauss “Non ho bisogno di pensare, se non l’avessi ucciso, avrebbe ucciso me  e anche mio figlio”, tu non lo pensavi davvero. Anche se Foyet era il peggior essere umano mai visto sulla faccia della terra, ti senti comunque in colpa. È il tuo essere che parla.
Tu sei sempre stato una persona giusta, onesta, buona d’animo.
Quante volte hai predicato che la “giustizia fai da te” non serve a nulla? E ora, ci sei caduto tu.
Ti sei trasformato in un assassino, la gente che tu catturi ogni giorno.
Ti sei trasformato in un mostro.
Come potrai guardarti allo specchio ogni mattina?
Come potrai convivere con questo?
Come potrai andare avanti?
Come potrai crescere Jack e dirgli che suo padre ha ucciso un uomo?
Come potrai dirgli che sei un mostro?
Sospiri, chiudendo gli occhi, lasciandoti avvolgere dall’oscurità.
Che cosa ti sta succedendo?


Note Autrice: Beh, oddio … non so cosa dire di questa one shot a dire il vero! XD
Mi è uscita così, senza un perché! L’ispirazione mi è arrivata a scuola, durante l’ora di storia dell’arte XD
Non l’ho ricontrollata, quindi potrebbero esserci errori.
Spero che vi sia piaciuta (almeno un pochino!).
Grazie a tutti per aver letto!
Spero che lascerete un commento *-*
Franci.
 

 

 

  
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