Serie TV > Teen Wolf
Ricorda la storia  |      
Autore: EdSheeran    11/05/2016    26 recensioni
Dal testo:
-Magari un giorno qualcuno ti amerà così tanto da riuscire a farti cambiare idea.- mormorò alzandosi dalla sedia.-Ciao, Derek, è stato bello rivederti.- gli disse stringendogli dolcemente una mano sulla spalla prima di andarsene velocemente dal bar.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Avvertimenti: Questa è la mia prima OS triste (e spero sarà anche l’ultima). Non muore nessuno ed ha un lieto fine (anche se forse alcuni di voi potrebbero pensarla diversamente). Spero vi piaccia nonostante non sia nel mio stile di solito comico e demenziale. Ringrazio chiunque la leggerà <3.

 
 

TIMELESS LOVE- AMORE SENZA TEMPO.
 

"Ti amo.
Tre secondi per dirlo.
Tre ore per spiegarlo.
E una vita intera per provarlo."
 
 
 
 
 Quella mattina Derek si era svegliato incredibilmente di malumore. Erano appena le cinque del mattino, o almeno così diceva l'orologio analogico a forma di lupo posto sul comodino di fianco al letto, ed aveva fatto il sogno più strano della sua vita: Aveva sognato che qualcuno lo avesse abbracciato da dietro e tenuto stretto a sé per tutta la notte, ed aveva addirittura avvertito più volte la leggera pressione di due labbra contro la nuca e lungo l'intero contorno della spalla, e a seguire i suoni di quei delicati schiocchi c'erano stati solo i respiri spezzati di chiunque si trovasse dietro di lui, che-Derek poté quasi giurarlo- stava piangendo silenziosamente.
 
Era quasi sicuro che si fosse trattato solo di un sogno, anche perché al suo risveglio non c'era nessuno ad occupare l'altro lato del letto, e a giudicare dal silenzio presente in quella casa, non doveva esserci nessuno nemmeno nelle altre stanze. Sbuffò scocciato e confuso e decise di alzarsi da quel letto per mettersi a cercare i suoi vestiti...visto che era nudo. Avrebbe seriamente dovuto smetterla di ubriacarsi nei pub e di andare a letto con degli sconosciuti, o almeno avrebbe dovuto ricordarsi di portarli a casa sua cosicché al mattino seguente non avrebbe dovuto essere lui quello che si svegliava in un letto non suo e che doveva mettersi a gironzolare per l'intera casa alla ricerca dei propri vestiti.
 
Vestiti che sembravano completamente spariti nel nulla, dannazione!!
 
Aveva cercato dappertutto, persino sotto il letto, ma niente, non c'era alcuna traccia dei suoi indumenti, nemmeno dei suoi boxer!
Oh, ma sai cosa? Avrebbe preso i vestiti di chiunque avesse passato la notte con lui. Tanto non è che lo avrebbe riconosciuto o rivisto, quindi...
 
Si avvicinò al grande armadio che occupava l'intera parete di fronte al letto matrimoniale, e ghignò soddisfatto quando beccò subito il cassetto dei i boxer e subito dopo quello dei calzini. Gli armadi moderni erano davvero facilissimi da comprendere!
Quando aprì le ante di lato, però, rimase leggermente spiazzato da un odore familiare...un odore che aveva già sentito prima ma che per qualche strano motivo non riusciva a ricordare chi o cosa gli ricordasse. Forse aveva sentito quell'odore proprio la notte precedente mentre faceva sesso con (a giudicare dai vestiti maschili) quell'uomo.
 
Si, molto probabilmente era così.
 
Si corrucciò quando notò la strana moda dello sconosciuto che da una parte dell'armadio aveva solo camicie di flanella e t-shirt dalle scritte squallide, e dall'altra parte invece aveva maglie attillate dallo scollo a V, canotte e giacche di pelle. Forse soffriva di bipolarismo o aveva più identità, ma qualunque fosse il motivo di quell'assurda moda, Derek non ne voleva sapere niente.
 
Alla fine (ovviamente) optò per i vestiti della parte di destra, quelli più normali e meno da nerd verginello, e sorrise soddisfatto davanti allo specchio mentre si aggiustava la giacca di pelle e si stupiva di quanto quegli abiti gli calzassero a pennello.
Aprì la prima porta nella parete di sinistra con l'intento di andare in bagno, e ridacchiò vittorioso quando effettivamente raggiunse proprio la camera desiderata; si svuotò la vescica, si spruzzò un po’ di deodorante e poi si voltò verso la scarpiera bianca, pregando mentalmente affinché lo sconosciuto bipolare portasse il suo stesso numero.
 
Aveva davvero tantissime scarpe per essere solo una persona, e anche qui Derek notò una differenza di stile pazzesca: negli scaffali più in basso c'erano solo converse e scarpe da tennis, mentre in quelli più alti vi erano mocassini e altre scarpe più sobrie.
 
Ed ovviamente la sua scopata bipolare portava il suo stesso numero. La giornata stava incredibilmente prendendo un'ottima piega!
Indossò i mocassini neri in fretta e furia, preoccupato che lo sconosciuto sarebbe potuto tornare da un momento all'altro, e poi si precipitò verso quella che-era sicuro- fosse la porta della cucina.
 
Bingo anche stavolta.
 
Derek afferrò una mela dalla cesta di frutta posta giusto al centro del piccolo tavolino a quattro posti, e la morse sovrappensiero mentre si guardava intorno in cerca di qualche foto e di qualsiasi indizio che potesse dare un volto al proprietario della casa.
 
Non c'era nemmeno una fotografia. Niente di niente. La cosa era strana quanto raccapricciante. L'unico indizio che trovò furono dei post-it colorati attaccati disordinatamente sul frigo, dov'erano segnati degli orari seguiti dai nomi delle strade o di alcuni locali. Vi era persino una piccola mappa della città attaccata con una calamita, in cui alcune strade erano state sottolineate con un evidenziatore blu, ed alcuni posti erano stati cerchiati aggressivamente con una penna rossa. Poteva solo essere un comune percorso che magari l'uomo che abitava in quella casa faceva forse per fare jogging, ma Derek la trovò comunque una cosa raccapricciante e spaventosa. Dopotutto chi è che ha una mappa sottolineata e cerchiata della città in cui vive??
 
Doveva andarsene di lì, e doveva farlo subito.
 
Uscì da quel loft praticamente correndo, e si fermò per riprendere fiato solo quando l'edificio fu abbastanza lontano da lui. Si guardò intorno per orientarsi e si rilassò immediatamente quando capì dove si trovasse, aveva sempre desiderato vivere in quella parte della città perché era abbastanza vicina al bosco e poi a pochi isolati di distanza c'era una pasticceria che produceva i migliori muffin del mondo.
 
Beh, visto che si trovava nei paraggi, perché non farci un salto??
 
Arrivò a destinazione alcuni minuti più tardi, e si stupì quando notò che avessero cambiato l'arredamento. Ora le pareti non erano più rosa antico, ma di un tenue color pesca, e la predisposizione dei tavoli era diversa, persino le tovaglie avevano cambiato colore...
 
Derek si ritrovò smarrito in un posto che gli era sempre sembrato famigliare.
 
-Posso aiutarla?- gli sorrise la cameriera che non era affatto la stessa ragazza che lo accoglieva ogni volta che si presentava lì.
 
-Un tavolo per uno, grazie.- si schiarì la gola, Derek.
 
-Da questa parte.- sorrise lei, guidandolo verso un tavolino per due posto proprio accanto alla finestra.
 
La sua postazione preferita. Quella doveva essere proprio la sua giornata!
 
-Cosa le porto?- gli domandò la cameriera non appena si fu accomodato.
 
-Un muffin ed un caffè, grazie.-
 
La ragazza annuì senza nemmeno segnarsi l'ordine e si diresse verso il bancone, Derek sperò vivamente che non sbagliasse la propria ordinazione.
Sospirò ostentando pazienza ed aprì il giornale arrotolato sul davanzale della sedia, lesse la notizia di un uomo che si era suicidato buttandosi giù da un ponte e si chiese mentalmente quanta disperazione ci volesse per arrivare a compiere un gesto simile. Ci voleva coraggio per togliersi la vita, e a quanto pareva gli uomini più coraggiosi erano anche quelli più capaci di compiere un atto di codardia invece di provare a desistere.
 
-Hey, uhm...ciao!- esclamò una voce fin troppo vicina a lui.-È occupato questo posto?-
 
Derek non si prese nemmeno il disturbo di staccare gli occhi dal giornale quando gli rispose.-No.-
 
-Ok, quindi posso sedermi?-
 
-No.-
 
-....mi siedo lo stesso.- borbottò il ragazzo, prendendo posto giusto di fronte a lui.
 
-Mi sembrava di averti risposto di no.- disse Derek, voltando la pagina del giornale con fare stizzito.
 
-Beh, scusami, amico, ma se non l'hai notato il locale è pieno e questo è l'unico posto libero rimasto.- ribatté l'altro ragazzo.
 
-Non vedo come questo sia un mio problema.-
 
Derek sospirò ostentando pazienza quando sentì l'altro ragazzo scimmiottarlo a bassa voce, e decise di abbassare il giornale per potergli regalare uno dei suoi sguardi giudicanti. Tuttavia non riuscì a mettere in atto il proprio piano visto che si ritrovò a guardare quel ragazzo con curiosità più che con astio; lo aveva sicuramente visto da qualche altra parte vista l'ondata di familiarità che lo aveva assalito non appena aveva posato gli occhi sul viso del ragazzo.
 
I suoi occhi erano di una strana sfumatura castana, ed erano così chiari da sembrare controluce, eccetto che erano così naturalmente; aveva il naso piccolo e con le narici leggermente più larghe del dovuto, la punta che svettava verso l'alto. "Maialino" fu il nomignolo che gli venne stranamente in mente, ma ovviamente non lo espresse ad alta voce, anche se aveva la strana sensazione che l'altro non se la sarebbe presa, ma che anzi avrebbe riso ed avrebbe provato ad imitare il verso del maiale.
 
Che pensiero assurdo.
 
Mai assurdo quanto il sorriso affettuoso che l’altro stava cercando in tutti i modi di nascondere dietro il dorso della mano. Il modo in cui i suoi occhi color ambra lo stavano guardando era davvero troppo pieno di complicità e meraviglia per dedicarlo a qualcuno che si era appena conosciuto; tuttavia Derek non disse niente, anche perché stranamente non gli dispiaceva essere guardato così da quel ragazzo.
 
-Sono Stiles, comunque.- allungò una mano, il ragazzo.-Nel caso tu ti stia chiedendo il nome del carino rompiscatole che ha occupato il tuo tavolo.-
 
-Derek.- mormorò afferrandogli la mano.-E chi ti dice che ti trovo carino?- inarcò un sopracciglio, strusciando inconsciamente il pollice contro le nocche della sua mano.
 
Stiles seguì quel gesto e parve esalare un sospiro tremante, ma si riprese subito dopo ghignando risaputo in sua direzione.-Diciamo che ne sono abbastanza sicuro.-
 
Derek inarcò anche l’altro sopracciglio ed aprì la bocca per rispondere, venendo però interrotto dall’arrivo della cameriera che gli portò la propria ordinazione. Derek la ringraziò con un gesto del capo e la pagò lasciandole una mancia abbondante.
 
-Come mai un solo muffin?- gli domandò Stiles prima di sobbalzare impercettibilmente e ridacchiare tra sé.-Voglio dire, con il fisico che hai potresti permetterti tranquillamente più di un dolce.-
 
-In effetti di solito ne prendo due.- disse Derek prima di prendere un morso del delizioso muffin.-Ma prima di venire qui ho mangiato una mela, quindi non ho molta fame.-
 
Non sapeva esattamente perché stesse raccontando tutto quello a quel ragazzo, di solito lui rispondeva solo con grugniti o addirittura non parlava proprio, la loquacità non faceva per lui, ecco. Però c’era qualcosa nell’altro che gli infondeva sicurezza, quasi come se fossero due vecchi amici che si rivedevano dopo tanto tempo. L’altro annuì alle sue parole e gli regalò di nuovo quel sorriso intenerito, poggiando la guancia sul pugno di una mano per poterlo osservare meglio.
 
-Non ordini niente?- indagò Derek.
 
In fondo era strano che qualcuno prendesse posto in un bar senza ordinare nulla.
 
Il ragazzo sbatté velocemente le palpebre come se si fosse disincantato, e sobbalzò nuovamente contro la sedia, arrossendo visibilmente.-Oh! Certo, io…ordino dopo. Non voglio disturbarti occupando maggiormente il tuo tavolo.-
 
Derek gli regalò uno sguardo vacuo, facendogli capire quanto lo stesse giudicando e trovando strano, ma l’altro non sembrò darci peso, anzi, iniziò a tamburellare distrattamente sul tavolo le dita della mano con cui non stava sorreggendo la sua testa.
Fu allora che Derek si accorse del piccolo cerchietto d’oro posto sull’anulare.
 
-Sei sposato?- gli domandò, stupidamente.
 
-Mh??- gli domandò Stiles, sbattendo nuovamente le palpebre. Si era incantato a fissarlo un’altra volta.
 
Derek trattenne a stento un sorriso divertito e ripeté.-Sei sposato??-
 
-Oh! Sì!- annuì nascondendo però la mano sotto al tavolo.-Da circa un anno.-
 
-Congratulazioni.- gli sorrise Derek.
 
-…grazie.- sussurrò Stiles, nonostante il suo sorriso non sprizzasse molta felicità.
 
-Come si chiama?-
 
-Chi?-
 
-Tua moglie.- roteò gli occhi, Derek.
 
 
Quel ragazzo aveva una concentrazione pari ad un lama ad un corso di cinese.
 

-In realtà…ho un marito.-arrossì Stiles.-E si chiama Sam.-
 
-Oh, scusa.- ridacchiò Derek mentre sorseggiava il proprio caffè.-Non ho pensato che ci potesse essere anche un’altra opzione.-
 
-Tranquillo, di solito nessuno ci pensa.- ridacchiò Stiles, prima di prendere un respiro profondo e regalargli nuovamente quel sorriso affettuoso.-Allora, Derek, parlami un po’ di te. Sei sposato? Fidanzato? Single?-
 
-Sono single.- rispose, Derek, osservando il veloce e quasi impercettibile scatto che compì il sopracciglio del ragazzo.-Ho ventitré anni, e vivo da solo in un appartamento vicino alla riserva, così posso stare vicino alla mia famiglia. Sai, loro abitano in una villa giusto al centro del bosco.-
 
Era strano, ma più Derek raccontava di sé e più il ragazzo davanti a lui aveva delle strane reazioni. A volte le sue sopracciglia si corrucciavano per pochi secondi per poi tornare normali, e le nocche del pugno che gli sorreggeva la testa diventavano bianchissime a tratti, come se l’altro ne stesse aumentando la presa, e poi c’era stato un momento in cui le sue labbra sembrarono tremare appena prima che lo nascondesse nell’ennesimo dolce sorriso.
 
-Sembra…bello.- rispose Stiles.-Ma dovresti seriamente trovare qualcuno con cui stare, amico, sei troppo bello per essere single.-
 
-Uhm, grazie ma passo.- storse la bocca, Derek.-Non credo nell’amore.-
 
Il ragazzo deglutì alle sue parole e distolse velocemente lo sguardo dal suo, sembrava quasi stesse per mettersi a piangere da un momento all’altro, ma durò pochi secondi prima che gli regalasse nuovamente quel sorriso.
 
-Magari un giorno qualcuno ti amerà così tanto da riuscire a farti cambiare idea.- mormorò alzandosi dalla sedia.-Ciao, Derek, è stato bello rivederti.- gli disse stringendogli dolcemente una mano sulla spalla prima di andarsene velocemente dal bar.
 
 
Derek rimase spiazzato da quello strano ed improvviso cambiamento, e si corrucciò quando si rese conto che il ragazzo avesse detto “rivederti” invece di “conoscerti”, quasi come se fossero stati davvero due vecchi amici che si erano rincontrati dopo tanto tempo. In effetti gli era sembrato di conoscerlo non appena aveva posato gli occhi su di lui, e si era davvero sentito a proprio agio nel parlargli e raccontargli di sé, solo…solo che non riusciva proprio a ricordare dove lo avesse conosciuto.
 
Sbuffò quando percepì l’inizio di una forte emicrania, e si alzò svogliatamente dal proprio posto per potersene tornare a casa. Anzi, ripensandoci, sarebbe andato a trovare la sua famiglia alla riserva; stare con loro lo avrebbe sicuramente aiutato a stare meglio.
Uscito dal bar, venne praticamente assalito da un ragazzo dalla carnagione olivastra e la mascella storta che gli passò un volantino come se ne valesse della propria vita, così Derek lo accettò e si avviò verso la riserva leggendo il foglietto sul quale c’erano scritte varie date di alcune serate in un pub dove si sarebbe esibito un abbastanza famoso pianista.
Aveva sempre amato la melodia del pianoforte, da lui considerato come lo strumento più eccelso rispetto agli altri, e poi era anche un assiduo frequentatore di pub, visto che erano i posti giusti per bere buona birra ed abbordare bei ragazzi. Per questo sorrise e si infilò il volantino nella tasca della giacca per potersene ricordare in futuro.
 
 
 

**********************
 
 
 
Quella mattina Derek si era svegliato incredibilmente di malumore, e anche molto confuso. Non aveva idea del perché si trovasse nella villa della sua famiglia, e più precisamente nel letto dei suoi genitori. Forse la sera precedente si era ubriacato così tanto da tornare nella villa dei suoi genitori invece di tornarsene nel suo appartamento; sperò vivamente di non aver portato lì nessuno sconosciuto per poterci scopare, o questa volta sua madre gliene avrebbe suonate di santa ragione! Dio…avrebbe seriamente dovuto smetterla di ubriacarsi nei pub e di andare a letto con degli sconosciuti, o almeno avrebbe dovuto ricordarsi di portarli a casa sua cosicché al mattino seguente non avrebbe dovuto essere lui quello che si svegliava nel letto dei suoi genitori e che doveva subirsi la sfuriata di sua madre e le prese in giro di sua sorella.



No, aspetta…era vestito! Questo significava che non aveva fatto sesso con nessuno!!
 


Derek sospirò sollevato e si alzò dal letto, rimettendosi velocemente le scarpe per poter raggiungere la propria famiglia al piano di sotto. Eccetto che non c’era nessuno in casa, e Derek si avviò perplesso verso la cucina dove trovò un post-it attaccato al frigorifero.
Era da parte di sua madre che lo rassicurava dicendogli che erano andati in campeggio e che gli aveva lasciato quel post-it perché sicuramente (e infatti era proprio così) se ne sarebbe dimenticato. Gli diceva anche di non preoccuparsi se non rispondevano ai messaggi o alle chiamate perché ovviamente in montagna c’era poco campo, ed infine gli diceva di stare attento e di volergli bene. La calligrafia non sembrava affatto quella di sua madre, questa era molto più disordinata e tremolante, ma forse sua madre aveva scritto quel messaggio frettolosamente qualche secondo prima di lasciare casa.


Oh beh, avrebbe provato a chiamarli più tardi. Ora aveva una cosa importantissima da fare: colazione.
 

E ovviamente decise di farla in un bar al posto di prepararsela da solo. La ricchezza causava sempre molta pigrizia.
 


Andò nella pasticceria che produceva i migliori muffin del mondo, e rimase un po’ spiazzato quando vide il nuovo arredamento. Davvero non capiva come mai quasi tutti i locali avessero deciso di cambiare improvvisamente il proprio interno, a Derek piacevano anche com’erano prima. Ma pazienza.
 
Chiese alla nuova cameriera di condurlo ad un tavolo per uno, ed ordinò due muffin ed un caffè. Lesse il giornale piegato sul davanzale della finestra accanto al proprio tavolo e sospirò pensieroso… a quanto pareva gli uomini più coraggiosi erano anche quelli più capaci di compiere un atto di codardia invece di provare a desistere.
 
-Scusami, è occupato questo posto?- gli domandò una voce familiare ed incredibilmente vicina.
 
-No.- rispose senza nemmeno alzare gli occhi dal giornale.
 
-Quindi posso sedermi?-
 
-No.-
 
-…ok, mi siederò comunque.-
 
 
Ahhh i ragazzi d’oggi! Non avevano nemmeno un po’ di rispetto!
 
 
 
 

************

Derek era andato al solito supermercato per rifornire il suo frigorifero ormai agli sgoccioli, ma si era praticamente perso tra le corsie che erano state (ne era più che certo!) cambiate. Ringhiò mentre cercava disperatamente la sezione della verdura, e sbuffò quando capitò nuovamente nella corsia dei cereali e di altre merendine.
Ne approfittò per mettere nel proprio carello alcune confezioni di cereali, prendendo anche quelli ricchi di calorie e al cioccolato perché…aspetta…perché stava prendendo i cereali al cioccolato? A lui nemmeno piacevano!


-Scusi, signore..- un bimbo di all’incirca tre anni gli tirò i lembi del jeans per attirare la sua attenzione.
 
Derek abbassò lo sguardo ed inarcò interrogativamente un sopracciglio in direzione del marmocchio dai grandi occhi color ambra ed il nasino all’insù.
 
-P-potrebbe darmi i cereali? Io non ci arrivo.- balbettò il bimbo, indicandogli la confezione di cereali che aveva in mano.
 
Derek guardò prima la confezione che aveva in mano e poi il bambino prima di accovacciarsi e passargliela. Il bimbo se la strinse al petto e gli sorrise raggiante, facendogli contorcere le budella in una strana sensazione di malinconia.-Grazie!-
 
-Figurati.- gli sorrise Derek.-Come ti chiami?-
 
Il bambino aprì la bocca per rispondere, ma venne bloccato da una voce allarmata alle proprie spalle.
 
-Derek!! Oh mio Dio, eccoti qui!-
 
Sia Derek che il bambino si voltarono verso quella voce, e le sue sopracciglia smisero di essere corrucciate quando capì che il ragazzo non avesse chiamato lui ma il bambino.
Il ragazzo prese in braccio il marmocchio e lo abbracciò con forza, mormorandogli con voce ansiosa di non scappare più da lui e che doveva finirla di farlo morire di paura.
 
-Sono andato a prendere i tuoi cereali preferiti!- esclamò il bimbo, mostrandogli la scatola.
 
-Ho capito, amore, ma i cereali potevamo andare a prenderli insieme senza che mi facessi venire un infarto.- rispose il ragazzo, carezzandogli la testolina.
 
-Lui mi ha aiutato a prendere la scatola!- sorrise il bimbo, indicando proprio lui.
 
Il ragazzo si girò verso la sua direzione e sobbalzò all’indietro, sbiancando visibilmente. Derek si corrucciò davanti a quello strambo comportamento e si voltò per vedere se dietro di sé ci fosse un fantasma o un mostro che avesse spaventato l’altro…non c’era nessuno.
 
-Uhm, grazie per aver aiutato mio figlio.- gli sorrise il ragazzo prima di porgergli goffamente una mano, cercando di tenere il bambino poggiato contro un fianco.-Sono Stiles.-
 
-Derek.- gli sorrise, lui, stringendogli delicatamente la mano e carezzandogli distrattamente le nocche con il pollice.-A quanto pare tra omonimi ci si aiuta.- ironizzò strappandogli una risata divertita e forse un tantino nervosa.
 
-Stiles, lo hai trovato??- un uomo corse verso di loro, ansimando e poggiandosi contro gli scaffali una volta che li ebbe raggiunti.
 
-Sì, voleva prendermi i cereali.- rispose Stiles, passandogli il bambino.
 
-Ometto guastafeste!- ridacchiò l’uomo, strofinando il naso contro quello del bambino prima di sobbalzare alla sua vista.
 
Ma per caso aveva qualcosa in faccia?? Gli era spuntata una seconda testa?? Perché tutti sobbalzavano quando lo guardavano??
 
-Uhm, Sam..lui è Derek, ha aiutato nostro figlio a prendere i cereali.-disse Stiles, anche se Derek non capì perché gli stesse spiegando tutto l’accaduto.
 
-OH!- esclamò quelli prima di allungare una mano in sua direzione e sorridergli grato.-Grazie mille, Derek.-
 
-Si figuri.- gli sorrise lui, stringendogli la mano.-Arrivederci.- li salutò, poi, dandogli le spalle per proseguire con le proprie commissioni.
 
Quando si voltò prima di cambiare corsia, vide che mentre Sam ed il bambino erano intenti a scegliere quali merendine prendere, Stiles era ancora girato verso di lui e lo stava guardando con uno sguardo struggente e con gli occhi leggermente lucidi.
 
 
 


***************


Quel pomeriggio Derek si era svegliato incredibilmente di malumore. Erano appena le sei del pomeriggio, o almeno così diceva l'orologio analogico a forma di lupo posto sul comodino di fianco al letto. Si era ritrovato in una casa non sua e da solo, visto che non c'era nessuno ad occupare l'altro lato del letto, e a giudicare dal silenzio presente in quella casa, non doveva esserci nessuno nemmeno nelle altre stanze. Sbuffò scocciato e confuso e decise di alzarsi da quel letto per potersene tornare a casa sua. Avrebbe seriamente dovuto smetterla di ubriacarsi nei pub e di andare a letto con degli sconosciuti, o almeno avrebbe dovuto ricordarsi di portarli a casa sua cosicché al mattino seguente non avrebbe dovuto essere lui quello che si svegliava in un letto non suo e in una casa non sua!

Si diresse verso quella che-era sicuro- fosse la porta della cucina, e infatti si ritrovò proprio in quella stanza,  afferrò una mela dalla cesta di frutta posta giusto al centro del piccolo tavolino a quattro posti, e la morse sovrappensiero mentre si guardava intorno in cerca di qualche foto e di qualsiasi indizio che potesse dare un volto al proprietario della casa.
Non c'era nemmeno una fotografia. Niente di niente. La cosa era strana quanto raccapricciante. L'unico indizio che trovò furono dei post-it colorati attaccati disordinatamente sul frigo, dov'erano segnati degli orari seguiti dai nomi delle strade o di alcuni locali. Vi era persino una piccola mappa della città attaccata con una calamita.
 


Oh mio Dio, doveva andarsene immediatamente!
 
 
 
Fu quando si ritrovò a camminare a zonzo per la strada, che decise di recarsi nel locale del volantino che aveva misteriosamente trovato nella tasca della propria giacca. Aveva proprio voglia di trascorrere una bella serata in un pub a bere birra e a sentire buona musica.
Raggiunse il locale quasi subito, fortunatamente non era molto lontano dal loft dello sconosciuto nel quale si era risvegliato, e si stupì quando lo trovò stracolmo di gente. Forse non era stata una buona idea, non avrebbe mai trovato un posto libero con tutta quella folla.


-Buonasera.- gli disse il caposala, sorridendogli cordialmente. Aveva i capelli biondi e ricci, gli occhi azzurri ed un sorriso amichevole e familiare.
 
-Buonasera.- ricambiò Derek.-Un posto per uno, grazie.-
 
-Ha prenotato?- gli domandò il ragazzo.
 
-No, io…no.- sussurrò Derek.
 
-Oh, beh, il locale è quasi pieno. Ma, mi segua, forse riusciamo a trovarle un posto.- gli sorrise il biondo, facendogli cenno di seguirlo.
 
Derek sorrise grato e lo seguì, sperando vivamente che quella fosse la sua serata fortunata. Il pub era più pieno che mai; non era molto grande ma era accogliente e ben disposto, le cameriere lì erano molto carine: una rossa, un’altra mora ed infine una riccia bionda, sembravano uscite da una rivista di moda e gli riservarono un sorriso affettuoso che lui ricambiò senza nemmeno pensarci.


-Oh, sembra che ci sia un posto libero proprio qui vicino al pianoforte. A quanto pare assisterà allo spettacolo proprio in prima fila!- esclamò il riccio, facendolo accomodare.
 
-Bene, ne sono contento.- sorrise Derek.-E’ bravo il pianista?- gli domandò.
 
-Oh, il più bravo! Vedrai!- ammiccò lui.-Buona serata.-
 
-Grazie mille.- sorrise Derek, osservandolo andare via.
 


Pochi minuti più tardi lo raggiunse la cameriera dai capelli rossi, sorridendogli nuovamente con affetto.-Ciao, cosa ti porto?- gli domandò gentilmente.
 


-Un panino con carne di maiale e una birra, grazie.-
 
-Arriva subito.- gli sorrise lei, scrivendo così velocemente che Derek pensò lo avesse fatto per finta e poi se ne andò.
 
Più tardi, con il piatto vuoto e lo stomaco più pieno, Derek iniziò a sentire una strana sensazione all’altezza del petto. Era euforico, emozionato, su di giri…e molto nervoso! Riusciva ad avvertire l’aria intorno a sé farsi più frizzante e satura di aspettativa, un po’ come quando aspetti che sopraggiunga la mezzanotte per l’anno nuovo.
Fu proprio in quel momento che si spensero improvvisamente tutte le luci, ed un proiettore fissato sul soffitto illuminò il punto accanto a lui dove vi era il pianoforte. Derek applaudì insieme al resto dei clienti del pub quando un ragazzo salì sul piccolo palco e prese posto sullo sgabello nero, sorridendo nervosamente e schioccandosi ripetutamente le lunghe dita.


-Buonasera.- disse al microfono, spostandolo più volte fin quando non trovò la posizione adeguata.-Vedo che oggi siamo più pieni del solito!- fischiò ammirato.-Vorrà dire che dovrò impegnarmi per non cadere dal palco, stavolta.- ironizzò strappando una risata generale.
 
Derek rimase spiazzato davanti alla bellezza eterea di quel ragazzo, e dal modo in cui in cui la sua pelle sembrasse ancora più bianca sotto la luce del riflettore. Per non parlare della costellazione di nei che erano ancora più evidenziati sulle sue guance, e che gli portarono alla mente le immagini vivide di lui che ne leccava ognuno, strappandogli una risata ansimante.
 
Oh mio Dio, ma perché stava immaginando ciò!?? Lui nemmeno lo conosceva!!
 
-Oggi è la mia serata fortunata, gente.- continuò a parlare, il pianista.-E come in ogni mia serata fortunata, sono ancora più emozionato del solito.- disse con voce tremante, deglutendo piano.-Quindi è meglio iniziare subito, prima che l’ansia mi fotta completamente.- annuì a se stesso prima di leccarsi nervosamente le labbra e poggiare i polpastrelli sui tasti, venendo riempito di acclamazioni e fischi di incoraggiamento.-Ok, questa canzone è per te, amore mio.- sussurrò al microfono, sollevando lo sguardo dai tasti e guardando…lui.
 
Il ragazzo aveva preso a suonare tenendo gli occhi completamente incollati ai suoi, e Derek non ebbe alcun dubbio che stesse guardando lui perché quando si voltò per verificare se ci fosse qualcuno dietro di lui, non ci trovò nessuno. E sembrava quasi che tutti in sala sapessero che il pianista stesse cantando a lui, perché a volte gli mandavano delle occhiate veloci o sorridevano in sua direzione.
Derek era più confuso che mai, ma tutta la sua perplessità e tutta la sua confusione sparirono non appena sentì la voce del ragazzo che iniziò a cantare una canzone che lui aveva già sentito. Lui aveva già vissuto una serata simile…forse anche più di una….
Dio, quella voce, quegli occhi, quella canzone….era tutto impresso in un angolo remoto della sua mente e lui stava lottando così tanto per poter portare tutto alla luce.



 
 When I look into your eyes (Quando guardo dentro i tuoi occhi)
It’s like watching the night sky(E’ come vedere il cielo di notte)
Or a beautiful sunrise (O una bellissima alba)
There’s so much they hold(C’è così tanto in loro possesso)
And just like them old stars( E proprio come le vecchie stelle)
I see that you’ve come so far (Vedo che ne hai fatta tanta di strada)
To be right where you are(Per essere qui esattamente dove sei)
How old is your soul?(Quanti anni ha la tua anima?)
 


Le parole di quella canzone in un modo che lui ritenne quasi magico ed impossibile, lo aiutarono pian piano a riportare a galla frammenti del suo passato, piccoli pezzi della propria vita che lui aveva completamente rimosso. Era assurdo, ma ad ogni strofa di quella canzone, Derek avrebbe acquisito un flashback che gli avrebbe fatto girare la testa, e che lo avrebbe spaventato e al tempo stesso riportato in vita.
 


I won’t give up on us (Non voglio rinunciare a noi)
Even if the skies get rough (Anche se i cieli si fanno difficili)
I’m giving you all my love (Ti sto dando tutto il mio amore)
I’m still looking up (Che sto continuando a cercare)



 
La bellissima voce del ragazzo tremò appena mentre calde lacrime gli sfuggivano dagli occhi mentre continuava a cantargli e a dedicargli quella canzone, il suo sguardo era speranzoso e supplicante al tempo stesso, e Derek ricordò il loro primo incontro tanti anni fa, ricordò la loro amicizia che non era mai stata davvero un’amicizia a tutti gli effetti perché entrambi erano da sempre stati innamorati l’uno dell’altro. Ricordò la sua esasperazione al loro primo incontro quando l’altro gli si era seduto davanti nonostante lui avesse detto che non poteva sedersi, e lì iniziò a piangere anche lui. Ora tutto era spaventosamente chiaro….
 


And when you’re needing your space (E quando hai bisogno del tuo spazio)
To do some navigating (Per fare qualche navigata)
I’ll be here patiently waiting (Sarò qui in paziente attesa)
To see what you find (Per vedere cosa trovi)
 
 
‘Cause even the stars they burn (Perché anche le stelle bruciano)
Some even fall to the earth (Alcune cadono addirittura sulla Terra)
We’ve got a lot to learn (Abbiamo molto da imparare)
God knows we’re worth it (Dio sa che ne vale la pena)
No, I won’t give up (No, non mi arrenderò)
 
I don’t wanna be someone who walks away so easily (Non voglio essere qualcuno che scappa via così facilmente)
I’m here to stay and make the difference that I can make (Sono qui per rimanere e fare la differenza che posso fare)
 
 


Il ragazzo, il suo primo amore e anche l’unico, si bloccò per lasciar andare un forte singhiozzo e per asciugarsi frettolosamente gli occhi, ma lo fece solo per poterlo guardare nuovamente e finire di cantargli la loro canzone.



 
no I’m not giving up (No, non mi sto arrendendo)
I am tough, I am loved (Sono forte, sono amato)
we’re alive, we are loved (Siamo vivi, siamo amati)
and we’re worth it (E noi ne valiamo la pena)
 
I won’t give up on us (Non rinuncerò a noi)
Even if the skies get rough (Anche se i cieli si fanno difficili)
I’m giving you all my love (Ti sto dando tutto il mio amore)
I’m still looking up(Che sto continuando a cercare).
 
 



Non appena terminò la canzone, il pubblico scoppiò in un applauso pieno di emozioni e di incitamenti, e Derek avrebbe voluto unirsi a loro, ma non ci riuscì. Si sentiva smarrito, strano, come se fosse stato catapultato improvvisamente nel proprio corpo dopo anni in cui non ne aveva avuto il pieno controllo.
 

-Stiles..- sussurrò con la vista appannata, fissando incredulamente il ragazzo davanti a sé.
 
Stiles lesse il suo labiale e strabuzzò gli occhi, lasciandosi sfuggire un altro singhiozzo.
 
-Stiles.- ripeté Derek, alzandosi dal proprio posto.
 
-DEREK!- urlò Stiles, alzandosi così prepotentemente da rovesciare lo sgabello all’indietro, e correndo verso di lui.
 
Derek spalancò le braccia e lo afferrò al volo quando Stiles gli saltò addosso, stringendolo fortemente a sé e piangendogli contro il collo. Tutto il pub ora taceva, troppo emozionato per quel rarissimo avvenimento. Sentì distintamente Isaac chiedere cortesemente alle persone di lasciare il locale, e Derek si stupì quando vide che tutti obbedirono senza contestare, lasciandoli da soli per quel poco tempo che gli rimaneva.
Prima che i suoi amici se ne andassero, Derek gli regalò un sorriso grato e pieno di affetto che loro ricambiarono immediatamente; avrebbe voluto parlare anche con loro ma sapeva di non avere molto tempo a propria disposizione, e preferiva trascorrere ciò che gli rimaneva con Stiles.
 
-Sei tornato.- sussurrò Stiles ancora stretto a lui una volta che furono completamente da soli.-Sei tornato da me.-
 
-Sono qui.- gli sussurrò Derek, carezzandogli il retro della testa prima di scostarsi per poterlo guardare meglio.-Ti sono cresciuti davvero tanto.- sorrise continuando a far passare le dita sui suoi capelli.
 
Stiles tirò su col naso e gli regalò quei sorrisi che dedicava solo a lui, quelli pieni di affetto, amore e tenerezza.-Mio figlio mi ha proibito di rasarli di nuovo. Dice che poi la mia testa sembra un kiwi.-
 
-Cosa??- scoppiò a ridere, Derek, beandosi del suono della risata di Stiles.
 
-Beh, dai, non ha tutti i torti.- ridacchiò Stiles, carezzandogli dolcemente una guancia barbuta.
 
-Come sta? E Sam?- gli domandò Derek, odiando la sensazione di non sapere nulla.
 
-Stanno bene. Erano qui prima.- lo rassicurò, Stiles.-Ora mi staranno aspettando fuori.-
 
Derek chiuse gli occhi e deglutì piano, cercando di sciogliere il nodo doloroso che gli si era formato alla gola.-Ancora non capisco come faccia tuo marito ad accettare tutto questo.-
 
-Perché mi ama.- rispose Stiles.-E sa che io amo lui…ma che amo anche te.-
 
-Hai continuato a farlo, vero?- gli domandò Derek, sbattendo velocemente le palpebre nel vano tentativo di trattenere le lacrime.-Hai continuato a prenderti cura di me.-
 
Stiles abbassò lo sguardo, avendo almeno la decenza di sembrare dispiaciuto.-Sì.- sussurrò piano.
 
-Stiles.- gemette dolorante, Derek.-Mi avevi promesso che mi avresti lasciato andare.-
 
Stiles singhiozzò e poggiò anche l’altra mano sul suo viso, circondandogli le guance con le sue lunghe dita e guardandolo con occhi pieni di dolore.-Come posso lasciarti andare quando so che sono tutto ciò che ti rimane??- gli domandò con voce spezzata dal pianto.-Non posso vivere sapendo che tu sei da solo chissà dove, senza sapere chi sei e cosa stai facendo.-
 
-Tu hai un marito ed un figlio a cui pensare.- gli ricordò Derek.-Io starò bene. Tanto non è come se mi ricordassi di te, di noi, quindi non soffrirò di solitudine.-
 
Stiles scosse violentemente la testa e poggiò la fronte contro la sua.-Tu ti ricordi di noi. Solo che non te ne rendi conto.-
 
-Cosa??- gli domandò Derek, più confuso che mai.
 
Stiles tirò su col naso ed annuì prima di spiegarsi.-Passi la maggior parte delle tue giornate nel bar dove ci siamo incontrati per la prima volta, e quando ti chiedo se posso sedermi, tu mi rispondi di no.- gli sorrise, Stiles.-E alcuni giorni torni nel nostro vecchio loft e dormi lì, però al tuo risveglio non ricordi più niente e pensi di essere andato a letto con uno sconosciuto.-
 
Più Stiles parlava e più Derek stentava a credere alle proprie orecchie. Era una cosa spaventosa sapere tutte quelle cose di se stesso senza che lui se ne ricordasse, era come se per tutto quel tempo ci fosse stato qualcun altro dentro al suo corpo.
 
-Quindi davvero non hai smesso nonostante me lo avessi promesso.- borbottò Derek.-Hai continuato a seguirmi e a tenermi d’occhio per tutto questo tempo.-
 
-Ogni singolo giorno.- annuì Stiles.
 
-Voglio sapere tutto.-disse con risolutezza, Derek, afferrandogli le mani.-Voglio sapere quanto tempo è passato dall’ultima volta che sono tornato in me, e voglio sapere tutto ciò che hai fatto.-
 
Stiles prese un profondo respiro ed annuì riluttante. Derek sapeva che non volesse raccontargli niente perché sapere quanto tempo era passato dall’ultima volta che si erano parlati per davvero, gli avrebbe solo confermato quanto fosse vicino al capolinea, al non tornare più indietro. Ma Derek aveva bisogno di sapere che cos’avesse fatto per tutto quel tempo, perché in quel momento gli sembrava di aver vissuto solo per un giorno.
 
-Sei tornato da me esattamente sei anni fa.- sussurrò Stiles.-Ti ho raggiunto al nostro bar come ogni mattina, e quando ti ho chiesto se potessi sedermi, tu…hai detto il mio nome.- sorrise Stiles.-Abbiamo parlato e pianto tanto, e tu hai voluto rivedere il nostro appartamento. All’inizio sei rimasto confuso dal fatto che non ci fosse più nessuna nostra foto, ma poi hai capito che le avessi tolte per evitare che tu impazzissi nel rivederle quando…quando non eri in te.-
 
Derek abbassò lo sguardo e ricordò vagamente qualche scena, anche se riportare alla mente ricordi così lontani gli faceva solo venire un gran mal di testa.-Abbiamo fatto l’amore.- la sua sarebbe dovuta essere una domanda, ma non aveva dubbi al riguardo.
 
Stiles singhiozzò e si portò una mano davanti alla bocca.-Sì.- sussurrò.-Abbiamo fatto l’amore ed io ti ho tenuto stretto a me per tutta la notte. Ma alle quattro del mattino sono andato via perché non potevo rischiare che ti svegliassi accanto a qualcuno di cui non ti ricordassi. Ti ho aspettato al nostro bar, ho pregato così tanto che ti ricordassi ancora di me, ma quando ti ho chiesto se mi potessi sedere, tu…-
 
-Ho risposto di no. Non ti ho riconosciuto.- continuò per lui, Derek.
 
Stiles annuì in assenso e gli carezzò il dorso delle mani con i pollici.-Da allora non sei tornato più da me.- sussurrò.-Una volta mi hai persino detto di avere ventitré anni, di essere single, e mi hai parlato della tua famiglia…ancora viva.-
 
Derek sospirò afflitto, odiando se stesso e la sua malattia per il dolore che provocava soprattutto agli altri.-Quanti anni ho adesso?- gli domandò perché non poteva esserne sicuro.
 
-Trentatré.- gli rispose Sitles.-Il tuo compleanno è stato la settimana scorsa. Ho chiesto alla cameriera del bar di offrirti tre muffin ed un caffè.-
 
-Stiles.- sospirò Derek.-Devi smetterla di struggerti così per me.- lo supplicò.-Non puoi continuare a seguirmi per il resto della tua vita.-
 
-Si che posso.- ribatté Stiles.-Sono diventato anche bravo in questo, sai? All’inizio è stato difficile starti dietro e capire le tue mosse, una volta ho anche provato a parlarti di noi ma ti ho solo fatto avere un attacco di panico.- mugugnò tristemente.-Ma quando ho capito che facevi sempre la stessa strada, ho evidenziato il tuo percorso su una mappa della città. Ormai non mi serve più, so sempre dove trovarti.- gli sorrise dolcemente.-Anche se ci sono delle volte in cui cambi il tuo percorso, e torni nella villa della tua famiglia.-
 
-Ma è stata venduta tempo fa.- si corrucciò, Derek.
 
-Lo so…l’ho comprata io.- ammise Stiles.-Ho anche scritto un post-it in cui mi fingo tua madre, ed alcune volte vado lì per pulirla e per rifornire il frigorifero.-
 
Derek scosse la testa e guardò Stiles come se fosse del tutto ammattito.-Davvero tuo marito ti permette di fare tutto questo??-
 
Stiles annuì senza alcuna ombra di dubbio.-A volte quando vari il tuo percorso ed io vado fuori di testa perché non riesco a trovarti, lui percorre l’intera città in macchina, e quando ti avvista mi manda un messaggio per informarmi di dove sei.-
 
-Assurdo.- sussurrò Derek.-Non è giusto che viviate così. Stiles, devi lasciami andare, ti prego.-
 
-No.- rispose Stiles con un tono che lo fece somigliare ad un bambino.
 
-Ti prego.- lo supplicò Derek, posandogli le mani ai lati del viso.-Arriverà un giorno in cui non tornerò più in me, e dovrai rinchiudermi in una clinica. Cosa farai quando non ci sarà più alcuna possibilità che io ti riconosca??-
 
-Verrò da te e mi fingerò maestro di musica.- la risposta di Stiles fu così immediata che gli fece capire quanto avesse pianificato la sua intera vita pur di continuare a stargli accanto.-Ti suonerò la nostra canzone ogni giorno.-
 
-No, Stiles.- scosse la testa, Derek.-Devi vivere per conto tuo e lasciarmi andare.-ripeté per la millesima volta.
 
-No.- ribatté Stiles, avvicinando il viso al suo.-Io non ti lascio.-
 
-Ti prego…-pianse Derek.
 
-No.- sussurrò Stiles, avvicinandosi maggiormente a lui.
 
-Stiles, ti prego…-
 
-Ti amo.- gli sussurrò Stiles, dandogli un dolce bacio sulle labbra.-E non c’è niente che tu possa fare per convincermi a lasciarti andare.-
 
Derek aprì la bocca per ribattere, perché non poteva proprio accettare che Stiles mettesse a repentaglio la propria vita per lui, per via della sua bruttissima malattia che aveva distrutto ogni cosa, ogni speranza di poter stare insieme fino alla fine e di poter invecchiare insieme. Non gli avrebbe mai permesso di….
 
Ma cosa ci faceva lui lì? Cos’era quel posto??
 
Derek si staccò bruscamente da quel ragazzo che gli stava fin troppo vicino per i suoi gusti, e lo scrutò attentamente.-Chi sei tu??- gli domandò impaurito e super confuso.
 
Il ragazzo davanti a lui spalancò gli occhi e lo guardò con così tanto dolore che Derek avvertì il proprio cuore spezzarsi a metà, ma fortunatamente durò solo per un attimo perché il ragazzo gli sorrise subito dopo e gli porse una mano.
 
-Piacere, sono Stiles.-
 
 
 
 
 

********* 
 
Quella mattina Derek si era svegliato incredibilmente di malumore; era stufo di quella camera troppo bianca, di quelle mura spoglie e di quel lettino sempre così freddo. Odiava stare lì, qualunque fosse il posto in cui si trovava, ed odiava tutte quelle persone in camice bianco con quei visi sconosciuti che gli sorridevano gentilmente e gli facevano ingerire pasticche che lui non voleva prendere, o gli facevano analisi che lo spaventavano a morte. Lui voleva solo stare solo.
 
Voleva stare solo con se stesso e sprofondare pian piano nell’oblio.
 
-Buongiorno signor Derek.-
 
Ma ovviamente l’infermiera che era appena entrata nella sua stanza e che gli stava sorridendo come se la vita fosse bella non la pensava nella stessa maniera.
 
-Sono già le nove. Vogliamo alzarci e fare colazione??- gli domandò gentilmente, aiutandolo ad alzarsi dal lettino.
 
Derek si impegnò per regalarle uno degli sguardi più arrabbiati del suo repertorio, ma a giudicare dalla risata intenerita dell’infermiera, dovette aver fallito. 
 
-Suvvia brontolone, ci sono dei muffin che la aspettano!- esclamò lei, sistemandogli una coperta sulle spalle per poterlo tenere al caldo.-Le piacciono i muffin, vero??- gli domandò con un sorriso risaputo.
 
Derek ci pensò su, non ricordandoselo, ma alla fine annuì ed il sorriso dell’infermiera aumentò di spessore.-Ma certo che le piacciono! Ne è ghiotto! Dai, andiamo.-
 
 
 
 
Nuovamente solo nella sua camera, Derek si sedette sul bordo del letto e fissò il suo riflesso nello specchio dinnanzi a lui. Aveva i capelli bianchi un po’ scompigliati per via del cuscino, le sopracciglia-dello stesso colore dei suoi capelli-erano corrucciate come sempre, ed i suoi occhi sembravano aver perso la propria lucentezza, come due gemme impolverate ed abbandonate a se stesse. Si sentiva come un rottame arrugginito che continuava a decomporsi con il passare lento del tempo, e si sentiva incredibilmente solo…non riusciva a ricordare nessun volto familiare, nessuna voce rassicurante, nessun tocco già sperimentato..
Non c’era nessuno a prendersi cura di lui, se si escludevano gli infermieri.


E forse la peggior cosa del sentirsi soli, è quella di realizzare di esserlo per davvero.
 
-Signor Hale?-il leggero bussare dell’infermiera lo fece sobbalzare sul posto.-Ha visite.- gli sorrise facendosi da parte per lasciar passare un vecchietto dagli occhi vispi ed un sorriso affettuoso sul viso.
 
-Ciao, Derek.- gli sorrise lo sconosciuto, poggiando il peso del proprio corpo al bastone della vecchiaia.-Ti trovo bene.-
 
Derek lo squadrò dalla testa ai piedi, ma non riuscì a non sentirsi stranamente felice per aver ricevuto una visita proprio nel momento in cui si stava definendo una persona sola, e poi c’era qualcosa in quel vecchietto… i suoi occhi erano di una strana sfumatura castana, ed erano così chiari da sembrare controluce, eccetto che erano così naturalmente; aveva il naso piccolo e con le narici leggermente più larghe del dovuto, la punta che svettava verso l'alto. "Maialino" fu il nomignolo che gli venne stranamente in mente.
 
-Chi sei?- gli domandò con circospetto.
 
-Come, non ti ricordi di me?- ridacchiò il vecchietto, avvicinandoglisi cautamente.-Sono il maestro di pianoforte, vengo qui quasi ogni giorno.-
 
-Abbiamo un pianoforte qui??- si entusiasmò Derek, fissando l’infermiera con stupore.
 
-Certo!- esclamò lei, sembrando quasi commossa.-E’ proprio nella stanza accanto. Può andarci se vuole.-
 
-Vuoi, Derek?- gli domandò…uhm…
 
-Non so ancora chi sei.- borbottò burberamente, alzandosi però dal letto.
 
-Oh, scusami! Sai, la vecchiaia!- ridacchiò l’altro, porgendogli la mano rugosa.-Sono Stiles.-
 
Derek gliela afferrò e gli percorse sovrappensiero le nocche con il pollice.-Derek.-
 
-Lo so.- gli sorrise l’altro.-Allora, Derek, andiamo?- gli domandò porgendogli il gomito che Derek afferrò lentamente, prendendolo sottobraccio.
 
Camminarono lentamente per i corridoi della clinica (o almeno Derek pensò si trattasse di una clinica), e Derek continuò a fissare il profilo familiare dell’uomo al suo fianco mentre questi gli chiedeva come stava e cosa avesse mangiato di buono quel giorno. Derek lo conosceva…ne era sicuro.
 
-Sei sposato?- gli domandò quando, osservando la mano che teneva il manico del bastone, notò la piccola fede all’anulare.
 
-Vedovo.- rispose l’altro.
 
-Mi dispiace.- sussurrò rattristendosi.
 
-Eh, prima o poi tocca a tutti.- sospirò l’altro.-Ho anche un figlio che si chiama proprio come te, sai? Ha una moglie e tre figli bellissimi.-
 
Derek sorrise a quella notizia ed abbassò lo sguardo sul pavimento bianco del corridoio.-Mi sarebbe piaciuto avere una famiglia.- ammise sottovoce, ricordando qualcosa di se stesso.-Invece sono sempre stato solo io..-
 
La presa della mano di Stiles sul suo braccio aumentò leggermente, e lo guardò dritto negli occhi quando gli disse.-Non sei mai stato solo, Derek.-
 
 
Derek annuì anche se non capì il vero senso della frase, e si lasciò aiutare dall’infermiera a sedersi sulla poltrona bianca (giusto per cambiare colore) della sala in cui al centro vi era un grande e bellissimo pianoforte. L’infermiera aiutò anche Stiles a posare il bastone e a sedersi sullo sgabello, dopodiché gli regalò un sorriso e li lasciò soli.
 
-Allora, Derek, vuoi che ti suoni qualche canzone in particolare?- gli domandò Stiles, sorridendogli teneramente.
 
Derek scosse la testa e fece spallucce.-Non conosco nessuna canzone.-
 
-Conosci molte canzoni, invece, solo che non le ricordi.-lo corresse Stiles prima di sorridere e poggiare i polpastrelli sui tasti.-Sono sicuro che questa qui la conosci.-
 
Derek si corrucciò e si sporse inconsciamente in avanti per poter sentire meglio; il momento in cui Stiles iniziò a suonare le prime note fu lo stesso momento in cui il cuore di Derek prese a battere più veloce. Sorrise senza nemmeno saperne il motivo, sapeva solo che conosceva quella canzone e che era una delle poche cose che riusciva a renderlo felice.
 
Forse qualcuno gliel’aveva dedicata…non ne era sicuro.
 
-Questa è la mia canzone.- mormorò mentre Stiles continuava a suonarla e a cantarla.-Mia e di qualcun altro.- aggiunse poi.
 
-Davvero?- gli domandò Stiles, il sorriso più raggiante che mai.-Dev’essere stato qualcuno di importante se te ne ricordi ancora.-
 
-Sì, credo di si.- sussurrò Derek, guardando Stiles come se lo stesse vedendo per la prima volta.
 
-E’ una canzone d’amore. Forse si tratta di qualcuno che hai amato e che ti ha amato tanto.-
 
-Forse..-
 
-Forse questo qualcuno ti ama tutt’ora, chi lo sa.- sospirò Stiles, sorridendo in sua direzione.
 
-Forse lo amo ancora anch’io.- sussurrò Derek senza riuscire a trattenersi.
 
Se quella canzone riusciva a farlo sentire in quel modo, sicuramente era perché Derek provava ancora qualcosa per chiunque gliel’avesse scritta e dedicata.
 
Il sorriso di Stiles tremolò ed una lacrima sfuggì al suo controllo, sembrò disperato e titubante quando gli chiese con voce instabile.-Tu credi nell’amore, Derek?-
 
Il primo istinto di Derek fu quello di dire di no, ma quando guardò quegli occhi ambra pieni di amore, affetto, malinconia e speranza, non ebbe alcun dubbio sulla propria risposta.-Sì, ci credo.-
 
 
Ed il sorriso che gli regalò Stiles fu quasi paragonabile al paradiso e alla totale pace dei sensi.
 
 
 
 

Il cuore batte veloce
Colori e promesse
Com’essere coraggiosi
Come posso amare quando ho paura di cadere
Ma mentre ti guardo li da solo
Tutti i miei dubbi improvvisamente si allontanano in qualche modo
Un passo in avanti
 
Sono morto ogni giorno aspettando te
Tesoro non aver paura ti ho amato
Per mille anni
Ti amerò per altri mille

[THOUSAND YEARS- CHRISTINA PERRI]
 
 




A te, nonna, che nonostante la tua bruttissima malattia che ti porta spesso a non riconoscere nessuno, ogni volta che qualcuno ti mostra una foto di nonno scoppi a piangere e la baci. Grazie per dimostrarmi ogni giorno che il vero amore esiste ancora, che va oltre il tempo, e che non conosce ostacoli. Tua, Giulia.
 
P.s. La canzone che Stiles dedica a Derek è : “I won’t give up” di Jason Mraz.
 

 
 
 
 
  
Leggi le 26 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: EdSheeran