Sappiate che qui il carattere di qualche personaggio secondario sicuramente cambierà un po'.
PS: "una settimana prima" sta a significare una settimana prima del prologo
Capitolo uno: PARTENZA INASPETTATA
Una settimana prima
Era una mattina di marzo, apparentemente normale.
Kagome si alzò non appena le 6.00 scoccarono e la sua sveglia suonò.
Oramai era abituata a quell'orario straziante, perchè da quando aveva dieci anni aveva dovuto rispettarlo.
Doveva alzarsi prima degli altri per preparare la colazione e pulire la cucina, e terminare qualche faccenda.
Uscì dalla sua stanza minuscola, che aveva solo una finestrella, e di cui l'arredamento era composto da un lettino, una cassettiera
per i suoi vestiti, una scrivania - che somigliava a un pezzo di legno rettangolare tenuto da tre rozze zampe sempre di legno,
che stava in piedi per miracolo - con una lampada, e un baule per i suoi pochi oggetti personali.
Era davvero una stanza piccola... Questo perchè in realtà era una soffitta, trasformata per far dormire Kagome quando era arrivata,
sette anni prima, dopo che perse la madre, quando lei aveva tre anni, a causa di un tumore, e poi all'età di otto anni suo padre ebbe un
incidente d'auto, nella quale ci fu un'esplosione, e del suo corpo non era rimasto nulla... solo cenere...
Era dovuta andare a vivere dai suoi unici parenti rimasti, i suoi zii...
Che non le offrirono nulla di più se non un tetto e del cibo. Non aveva mai ricevuto amore da loro.
Uscì dalla sua camera, ritrovandosi in un corridoio color crema, con quattro porte: una del bagno, e le altre appartenenti ai suoi cugini.
I suoi odiosissimi, irritanti, prepotenti cugini.
La porta situata quasi di fronte alla sua stanza era quella di Sota,
a differenza degli altri due,
A dire il vero, lui non le parlava.
O, per meglio dire, lui non parlava mai con nessuno. Solo lo stretto necessario.
Ma lei preferiva così. Un problema di meno, no?
Sota era un ragazzo un po’ strano, non solo per il fatto che fosse un punk fino al midollo delle ossa e perché non parlava mai,
o dato che ogni tanto provenivano strani e inquietanti rumori dalla sua camera, che nessuno sapeva identificare e dei quali
nessuno voleva scoprirne la natura. Difatti mai un altro membro della famiglia era entrato in quella stanza.
Sota era strano già a sei anni, da quando si sapeva che il suo cervello era sviluppatissimo, pieno di idee ingegnose.
Risucchiava ogni informazione e la
Le maestre della scuola elementare ne erano rimaste sbalordite e avevano cercato -
che lo avrebbe
così intelligente, infatti non cercarono mai di aiutarlo a sviluppare la sua mente;
forse fu per questo motivo che iniziò a chiudersi in se stesso e che, ancora oggi,
non spiccica parola e resta indifferente in ogni situazione.
Bè, una cosa positiva ce l’ha: a scuola è lo studente migliore.
La
porta accanto a quella di Sota è quella
della stanza di Bankotsu, il primo genito
- che a ventun’anni vive ancora con
i genitori solo perché da solo non sa mantenersi –
.
Bankotsu ha sempre reso la sua vita ancor più complicata,
non fa altro che
tormentarla. Ma mai quanto sua cugina Kikyo.
Ed ecco, appunto,
l’ultima e più odiata
stanza. Sulla porta vi è attaccato un foglio
“ Trendy K. “, il suo adorabile
soprannome.
A tredici anni era una
smorfiosa coi fiocchi, viziata più di ogni altro dei figli
dei suoi zii.
Otteneva sempre quello che voleva e il suo hobby, oltre allo shopping,
Era molto spesso per colpa
sua se veniva picchiata da Ryuichi, che non chiamava più
“ zio” da quando aveva nove
anni, dopo un anno di convivenza con loro e aveva capito che non le
volevano
bene,
l’avevano accolta sotto lo stesso tetto solo per non perdere
tempo a
trovare un orfanotrofio e perché era uno dei voleri
di suo padre nel
testamento, che aveva già scritto a soli quarantatre anni,
cosa alquanto sospettosa.
Kagome
scese le scale che portavano al
piano di sotto della grande casa dei suoi zii, dove c’erano
una sala enorme,
con mobili pregiati, un tavolo al centro della stanza, rotondo, per il
pranzo e
la cena, un grande e comodo divano beige,
e una libreria piena di classici.
Davanti al divano spiccava un tappeto porpora con decorazioni astratte.
Era un tappeto orribile, ma
poiché valeva due occhi della testa, era li, a fare bella
mostra di se.
Sulle
pareti vi erano diversi quadri rappresentanti nature morte, di qualche
artista
conosciuto, mentre sui mobili spiccavano foto della famiglia Higurashi.
In nessuna di queste
compariva Kagome.
Su un altro dei mobili di
legno pregiato, vi era una televisione al plasma, da fare invidia quasi
a
quella del cinema.
Era davvero enorme, e stava in contrasto con i quadri
rappresentanti la natura.
Insomma, un tipico salotto
da ricchi.
Accanto alla televisione,
posta di fronte al
divano, c’era un corridoio che conduceva alla camera di Akiko
e Ryuichi e
al loro bagno,
lussuoso come la sala da pranzo. E poi la cucina, che la stava
aspettando per essere pulita alla perfezione e per iniziare a preparare
la
colazione.
Iniziò a pulire
cercando di
sbrigarsi, perché alle 6.35, puntuale, Akiko sarebbe venuta
come ogni
mattina, a controllare che si fosse alzata e messa al lavoro.
Alle 6.20 aveva, per fortuna, terminato, e iniziò
a tirare fuori dal frigo gli ingredienti per la colazione,
fra cui latte, uova e il succo di kiwi
- del quale lei non sospettava neanche l'esistenza fino al momento in
cui era andata a vivere da loro -
per Bankotsu, che lo adorava.
Alle 6.35 aveva finito e, puntuale, si presentò Akiko nella sua succinta camicia da notte verde smeraldo, per controllare il suo lavoro.
<< Buon giorno, Orfana >> le disse con la sua voce falsamente dolce, quasi infantile, che celava però solo veleno, per Kagome.
Orfana. Era così che Akiko la chiamava. Sempre e solo così. Ma ormai era abituata. Inutile rimuginarci.
<< Senti,
ricordi che fra tre giorni è il compleanno di Bankotsu?
>> chiese la donna sistemandosi una ciocca di capelli
biondi dietro l'orecchio,
dopo aver appurato che tutto era pronto in tavola e che la cucina era
pulita.
Kagome si irrigidì. Era vero! Quel deficente avrebbe compiuto ventidue anni! E lei non aveva nulla da regalargli...
<< Sei per caso diventata sorda?! >> la aggredì Akiko per la mancata risposta di Kagome.
La ragazza digrignò i denti e rispose con un << Si, mi ricordo >> strascicato.<< Io e Ryu >> Così Akiko chiamava il marito << Abbiamo deciso di portare tutti nella nostra casa in montagna, visto
che Bankotsu adora quel posto. Passeremo un paio di settimane lì. Ho già informato la scuola che partiamo da un parente malato
e che salterete la scuola per quel periodo. Si, anche tu verrai con noi >> aggiunse vedendo la faccia stralunata di Kagome.
<< A.. Anche... Io? >> chiese incredula.
Di solito la lasciavano marcire in casa o da qualche vicina, se la famiglia partiva.
<< Certo, anche tu. Questo piccolo viaggio serve perchè la famiglia sia unita e faccia attività insieme. Io non avrò di certo il tempo
di occuparmi della casa e dei pasti. Ci penserai tu. >> disse con un piccolo ghigno.
<< Ah, certo >> borbottò Kagome, rabbuiandosi. << Non c'è problema. Ho sempre desiderato farvi da serva mentre ve la spassate. >>
<< Modera il tono, ragazzina >> sputò con quella sua vocina agitando i capelli biondo pallido Akiko.
<< Potrei >> afferrò una ciocca nera di Kagome << fartela pagare >> tirò violentemente la ciocca, strappando alla ragazza un gemito.
<< Spero sia stata chiara! >> trillò Akiko con un sorriso radioso a trentadue denti.
<< Umpfh >> fu la risposta di Kagome, ma Akiko non ci badò molto, e Kagome notò la scintilla che balenò nei suoi occhi azzuri pochi istanti.
Quel bagliore non le aveva mai portato nulla di buono.
<< Cosa regalerai a Bankotsu, Orfana? >> chiese con noncuranza, ma dal lieve sorriso che increspava le sue labbra, Kagome
intuì che conosceva già la risposta.
<< Ehmm... Io... >> fece vaga, ma Akiko, con un'espressione a dir poco scandalizzata, strillò:
<< NON GLI HAI COMPRATO NULLA?!?! >>
Kagome si fece piccola piccola.
<< Con... Con quali soldi... avrei... avrei potuto? >> balbettò, notando Ryuichi che si avvicinava insonnolito in maglietta e boxer,
con i capelli ricci e scuri spettinati e un sottile strato di barba mattutina sul mento.
<< Cos'è questo casino? >> domandò con la sua voce un po' rauca e profonda, guardando Kagome con astio, e la moglie con dolcezza.
<< L'Orfana non ha fatto un regalo a Bankotsu e in più dice che non ha abbastanza soldi per comprargliene uno. >> spiegò Akiko << Ma >>
aggiunse, vedendo che il marito aveva rivolto a Kagome un’occhiata assassina e stava per parlare << Ma penso di avere la soluzione >>
terminò con un sorriso radioso, che assieme ai lunghi capelli biondi le davano un aspetto angelico. Falsamente, angelico.
<< E quale
sarebbe?
>> chiese Ryuichi con un tono interessato. Di solito la
moglie lo
lasciava fare, quando stava per urlare contro Kagome.
Doveva essere davvero una
grande soluzione.
Si,
per loro.
Il luccichio negli occhi
di Akiko si fece più intenso.
<< Potrebbe
regalargli
l’orologio di Takeru. Bankotsu l’ha sempre adorato.
Tanto tuo fratello è morto, non
ha bisogno di un orologio, la dove sta ora. >>
A Kagome mancò
un battito.
L’unica cosa di valore che aveva era l’orologio del
padre, al quale era molto
affezionata,
perché era una delle pochissime cose che le erano rimaste
dei suoi
genitori.
<< NO!
>>
Esclamò, forse un po’ troppo forte,
perché vide Ryuichi accennare ad alzarsi.
<< Come,
prego?
>> chiese Akiko, incredula. Mai Kagome aveva contestato
una decisione
dei suoi zii, o se era accaduto,
era stata in un’occasione più unica, che rara.
<< Intendi
anche
opporti? Non hai fatto nessun regalo a Bankotsu, e ora che ti troviamo
la
soluzione, tu la neghi? >> disse la zia, di nuovo acida.
Kagome non sapeva che
fare.
Avrebbe tanto voluto non trovarsi in quella situazione.
Regalare al suo odiato
cugino l’orologio, o prenderle finché non avrebbe
detto che glielo dava?
Cercò di
ricordare se Bankotsu
era mai stato carino con lei, se meritava qualcosa di valore come
l’orologio di
suo padre.
Ricordò solo dispetti, insulti, e prese in giro.
Occasionalmente
pure qualche calcio. Lui non aveva mai dimostrato affetto per
lei,
non le aveva
mai fatto un regalo, mentre lei, negli ultimi quattro anni, quando era
risultata degna di poter maneggiare soldi,
era stata obbligata a fargliene per
ogni occasione.
No,
non avrebbe ceduto a Bankotsu l’orologio.
Avrebbe preferito regalarlo al primo che passava per strada, piuttosto
che a
lui.
<< Non
regalerò
l’orologio di mio padre a quel bastardo. >>
sibilò Kagome, furiosa.
<< Non mi
potete
costringere. >> L’aveva detto.
D’istinto, le erano uscite quelle parole.
Non si può
sempre trattenere
ogni emozione.
Ma avrebbe fatto mille volte
meglio a starsene zitta.
Ryuichi si era alzato di
scatto rovesciando rumorosamente la sedia.
Kagome aveva fatto un
balzo
di due metri almeno all’indietro.
Era troppo tardi. Era
scoppiata la scintilla. Ma perché non era stata zitta?
Perché non
aveva fatto come
sempre, perché non aveva detto che dava l’orologio
a Bankotsu?
Non solo non aveva
obbedito, ma aveva pure insultato il loro adorato figlio.
Ryuichi
l’avrebbe uccisa.
Era riuscita a non farsi picchiare per una settimana, ma evidentemente
per lei
non c’era tregua.
Non poteva vivere la sua
vita in pace.
Kagome
indietreggiò fino ad arrivare alla
parete opposta della sala, sapendo che era completamente inutile.
L’avrebbe
raggiunta comunque.
Chiuse gli occhi,
stringendo
le mani a pugno, rassegnata a dover sopportare il dolore
finché suo zio voleva.
O finché non fossero arrivati quegli stupidi dei figli, che
non immaginavano
che il padre picchiasse la cugina.
Pensavano che fosse lei l’idiota, che cadeva
e sbatteva contro ogni oggetto.
E
mentre sentiva i passi di Ryuichi che si
avvicinavano, sperò davvero che arrivasse Bankotsu, o
Sota.
Avrebbe sopportato volentieri perfino Kikyo, pur di non dover subire
quel
trattamento.
Ma
non arrivò nessuno.
Anche a occhi chiusi,
sapeva
benissimo che faccia aveva suo zio in quel momento.
Un ghigno stampato in
faccia. Rideva, quando la picchiava.
Sentì
all’improvviso un
dolore acuto sul viso, seguito da altri ancora.
Poi passò alle gambe.
Diede diversi violenti
calci
sulle lunghe e snelle gambe della ragazza, coperte dalla stoffa dei
pantaloni
del pigiama.
Kagome cadde, non riuscendo a stare in piedi per il dolore. Dalla
posizione rannicchiata era più facile picchiarla.
Ryuichi non ebbe
pietà. Le
diede pugni e calci, dovunque gli capitava e la ragazza
provò a difendersi,
invano.
Gemeva dal dolore, non poteva neanche urlare, se non voleva peggiorare
la situazione. Ryuichi non dava cenni di voler smettere.
Ormai Kagome, non cercava
più
di proteggersi, lasciava che il dolore fosse l’unica
sensazione a pervaderla.
Non sapeva neanche quanto tempo era stata li a terra, o per quanto
tempo ci
sarebbe ancora rimasta.
Sentiva il corpo percorso da fitte, il viso bruciare
per i colpi subiti e stava perdendo la sensibilità delle
braccia.
Ogni colpo le faceva
perdere
il senso della realtà e temeva che non sarebbe più
Era così tanto il dolore, che
ormai le sembrava facesse parte di lei, come se la sua anima avesse
accettato
la sofferenza
e avesse deciso di fondersi con lei per non
Quando pensava che oramai
non avrebbe più smesso, sentì la voce di Akiko,
lontana:
<< Tesoro!
Buongiorno!
>> Seguita da dei passi che scendevano velocemente le
scale.
Sentì i passi
più pesanti di Ryuichi, che facevano quasi vibrare il
terreno, a causa della sua massa
muscolare.
Provò ad aprire
gli occhi,
piano, nonostante il bruciore del viso.
Come aveva sospettato, non
sentendo alcuna risposta al buongiorno della madre, era stato Sota a
scendere.
Era seduto proprio sul posto che dava una perfetta visuale di Kagome,
due sedie più in là del padre.
La fissava con uno sguardo
intenso, un misto di preoccupazione, indifferenza, rabbia e... e anche
qualcosa
che non riusciva a decifrare.
Kagome si issò
piano sui gomiti, per provare a
rialzarsi. Non voleva che gli altri la vedessero
così.
Si sarebbero divertiti a
prenderla in giro, per il suo stato.
Lentamente, si diresse in
cucina, proprio
mentre sentiva che gli altri cugini stavano scendendo le scale, e si
chiuse
dentro.
Non versò neanche una lacrima, perché non
voleva dare questa soddisfazione ai suoi zii, di vederla tornare con
gli occhi
rossi e gonfi
come le sue guance a causa delle botte.
Consumò
una colazione a base di un biscotto e
un bicchier d’acqua, uscì dalla cucina e
salì velocemente le scale,
lanciando
solo un’occhiata veloce al tavolo, dove la famiglia felice
discuteva e
consumava la colazione.
Incontrò i penetranti occhi neri di Sota
solo per un istante, ma riuscì a cogliere le stesse
emozioni di prima.
Preoccupazione, rabbia,
indifferenza e... non riusciva a capire l’ultima emozione che
trapelava da
quegli occhi così complicati.
Però, era riuscita a capire che quelle emozioni erano tutte, tutte rivolte a lei.
Quello sarebbe stato l'ultimo giorno di scuola per due settimane, dato che prima di uscire aveva sentito Bankotsu esultareper il fatto di partire il giorno successivo in montagna, mentre Kikyo aveva una smorfia sul suo viso di porcellana, dovuta
sicuramente al fatto che in montagna non poteva indossare i tacchi e non c'erano negozi all'ultima moda.
Sota invece era immobile, senza alcuna emozione.
Fortunatamente a scuola c'era Sango, la sua migliore amica, che le rendeva le giornate più piacevoli.
Sango non sapeva delle violenze che Kagome subiva, ma era a conoscenza del suo passato e sapeva che non se la passava bene.
Però aveva intuito che c'era dell'altro, che Kagome, nonostante si conoscessero da quando si era trasferita a Tokyo, non le aveva confidato.
Lo aveva capito dai suoi occhi che spesso si spegnevano della luce solare di sempre, o che divenivano malinconici per qualche istante.
Sango attendeva paziente, conscia del fatto che prima o poi le avrebbe rivelato tutto.
Perchè non ci si può tenere tutto dentro per sempre.
La campanella della ricreazione suonò e Sango ne approfittò per chiedere a Kagome ciò che la turbava più del solito quel giorno.
Kagome distolse i suoi occhi nocciola da quelli cioccolato di Sango, rispondendo:
<< Domani partiamo per due settimane in montagna, da un " parente malato " >> fece il gesto delle virgolette con le mani, per
chiarire che non esisteva alcun parente malato.
<< Oh. >> pronunciò Sango, sedendosi sul banco di Kagome, aggiustandosi la coda che teneva legati i suoi lunghi e lisci capelli castani.
<< E in realtà andate in montagna per... >> lasciò la frase in sospeso, in attesa che Kagome la completasse.
<< Perchè fra tre giorni quell'imbecille di Bankotsu fa ventidue anni e dato che adora con tutto il suo stupido cuore quella casa
in montagna, andiamo li per farlo scoppiare di felicità! >> esclamò con rabbia, e Sango ridacchiò.
<< Quanto affetto dimostri a tuo cugino con queste parole cariche d'amore... >> commentò sarcastica la castana, facendo tornare il sorriso anche
a Kagome.
<< Non preoccuparti >> riprese Sango dopo cinque buoni minuti di risate << Ti chiamerò ogni giorno e staremo per almeno un' ora
al telefono >>
Kagome sorrise.
<< Grazie Sanguccia, sei la migliore! >> la abbracciò di slancio, mentre l'amica ricambiava, sghignazzando:
<< Lo so di essere grande, ma continua pure ad adularmi...! >> e scuoteva i capelli in modo sexy per dare più enfasi alle sue parole.
Risero di nuovo, ma vennero interrotte dall'arrivo in classe di Sota.
Kagome divenne di pietra. Nonostante frequentassero la stessa scuola, lei e Sota non si parlavano mai se si incrociavano, e lui
non era mai venuto nella sua classe o viceversa.
Ma lo shock più grande lo ebbe quando lui aprì la bocca per parlarle, senza comunque lasciar trapelare alcuna emozione dal suo sguardo,
eccetto quegli occhi, distanti, ma che le rivolgevano preoccupazione, rabbia, indifferenza e... sempre quel qualcosa che non
riusciva ad identificare.
Quel giorno era vestito di nero - come sempre -, e i suoi capelli neri erano sparati un po' ovunque, leggermente più verso sinistra,
la sua maglietta era di un gruppo metal conosciuto, con macchie rosse e teschi argentati a decorarla.
Nonostante avesse un'aspetto un po' trasandato, Kagome doveva ammettere che quel look gli donava, e aveva un'aspetto... fico,
in fin dei conti. Quello stile donava a quel ragazzo.
<< Ciao Kagome. Ciao Hiraikotsu. >> salutò le ragazze in tono freddo.
Kagome, allibita, con occhi e bocca sgranati, dopo un'attimo riuscì a rispondere, non senza balbettare:
<< C-c... Ciao So-Sota! >>
Sango le diede una gomitata per farle tornare un minimo di dignità, mentre rispondeva:
<< Ciao! Puoi chiamarmi Sango, se ti va, ci conosciamo da un pezzo, sei il migliore amico di mio fratello Kohaku! >> disse allegramente
<< Sei più grande di me. >> rispose atono il ragazzo, puntantole i suoi enigmatici occhi addosso.
Sango sbuffò divertita.
<< Di un'anno! Ho sedici anni, tu quindici, non m'importa! Siamo nel ventunesimo secolo! Anche Kagome ha quindici anni, ma non mi
chiama Hiraikotsu! Chiamami per nome, per favore, Sota...! >>
<< Sei stata bocciata...? Non lo sapevo. >> disse Sota.
<< Si, ma non accadrà più >> rispose lei arrossendo. Non le piaceva che le si facesse ricordare di essere stata bocciata... Un errore lo
commettono tutti, e lei era stata molto negligente con la scuola, e come meritava, fu bocciata.
Sota sembrò perdere interessere per lei e si voltò verso Kagome che, sentendosi in soggezzione sotto lo sguardo del cugino,
arrossì leggermente.
<< Kagome >> iniziò con la sua voce priva di emozioni << Io so cosa ti fa mio padre. >> era un'affermazione.
Kagome abbassò gli occhi e increspò le labbra.
Sango invece era confusa.
<< Lo so da sempre >> aggiunse il ragazzo, fissandola intensamente.
Lei alzò gli occhi, sorpresa. Sapeva della sua intelligenza enorme, ma non pensava che lui avesse subito capito
il trattamento che le era riservato.
Ricambiò lo sguardo di Sota, come a incitarlo a continuare.
Anche se era davvero molto, molto strano, avere una conversazione con lui più lunga di due sillabe.
<< Non mi piace. >> disse dopo un minuto. << Per niente. >> aggiunse dopo un'altro istante.
<< Vedrò di fare qualcosa. Se ci riesco. >> Il tono era ancora indifferente, ma i suoi occhi esprimevano determinazione
e tutto ciò che le parole non dicevano.
Kagome era ancor più stupita. Restarono qualche minuto a scrutarsi l'un l'altra, senza proferire parola.
Sango ci capiva sempre di meno.
Non ottenendo risposta, Sota si voltò di nuovo verso Sango.
<< Sango >> proferì, mentre questa sussultava impercettibilmente << Non so se Kagome te l'ha detto. Domani partiamo in montagna.
Da un inesistente parente malato. Mamma ha detto che tutti possiamo invitare qualcuno. Quel tutti esclude Kagome, ovvio >>
aggiunse dopo una lieve pausa << Ho invitato Kohaku e lui verrà con noi. I tuoi sono d'accordo. >>
Sango annuì, continuando a osservarlo. Aveva l'impressione che doveva dirle qualcos'altro.
<< Ti sto invitando. >> disse chiaro e tondo, senza girarci troppo intorno.
Sango e Kagome sgranarono gli occhi, incredule.
<< Cosa...? Io, cioè... >> non sapeva davvero che dire
<< I tuoi sono d'accordo. E ti ho invitata io. Non c'è problema. >> accennò a qualcosa che sembrava un'occhiolino, pur restando
freddo.
In quel momento suonò la campanella della fine della ricreazione.
Sota si mise le mani in tasca e disse, per finire:
<< Domani mattina vi passiamo a prendere alle 7.30 in punto. Ciao. >>
Si voltò e fece per uscire, ma qualcosa lo trattenne.
La mano di Kagome stringeva la sua maglietta. Aveva gli occhi nascosti dalla frangia.
Quando alzò lo sguardo, sorrideva felice, e anche se il suo volto restò impassibile, Sota sussultò per la sorpresa.
<< Grazie >> sussurrò la ragazza, per poi lasciarlo andare.
Sota scrollò le spalle, e senza una parola, uscì dalla classe, mentre le ragazze si sedevano composte preparando i libri della materia successiva.
Kagome aveva ancora un bel sorriso stampato, e anche Sango non era da meno.
<< Non ho capito molto del volstro discorso iniziale >> azzardò Sango, e vide Kagome irrigidirsi e il suo sorriso scomparire << e non voglio
saperlo finchè tu non ti sentirai pronta a dirmelo. Però Sota è un bravo ragazzo. E ti vuole aiutare davvero. Si è capito subito. >>
terminò seria.
<< Grazie Sango. Mi dispiace, ma non ci riesco ancora a raccontare tutto. >> rispose Kagome.
Sango annuì, e passò un minuto silenzioso, durante il quale entrò il professore di Storia che iniziò a spiegare.
<< Comunque... Passeremo due settimane insieme! >> disse di nuovò eccitata la castana, sorridendo << Niente scuola,
niente sveglie... Io e te... La montagna e i boschi... Sarà favoloso! >>
Anche a Kagome comparve un enorme sorriso.
Per la prima volta la sua vita sembrava aver preso una buona piega, escludendo il buongiorno di Ryuichi e Akiko...
Ma Sango le sarebbe stata accanto in quelle due settimane, e insieme si sarebbero anche divertite! E Ryuichi non poteva
maltrattarla davanti a degli ospiti...
Decisamente, si annunciavano due grandiose settimane!
<< Si! Sono felicissima! Non vedo l'ora! >> rispose infine Kagome, allargando ancora di più, se possibile, il suo sorriso.
Forse con l'aiuto di Sota, la sua vita sarebbe migliorata... La prova era anche il fatto che subito aveva agito
per favoreggiarla, e lei sperava che avrebbe continuato a quel modo...
Non aveva mai odiato Sota, ma non l'aveva neanche mai veramente amato, perchè lui in effetti, non faceva nulla:
ormai era davvero indifferente a tutto...
Però si sbagliava, evidentemente... Perchè a questo non era rimasto indifferente...
Bisognava comunque aspettare e vedere che sarebbe successo...
Per ora voleva solo godersi quelle due settimane che si preannunciavano migliori di quanto avesse mai potuto immaginare!
Ok, il primo capitolo e andato!
Ringrazio chi ha letto e chi ha commentato; ora però sono in ritardo, per cui non posso ringraziarvi per bene:
- Vale728
- Beverly Rose
- cri_91
- Mily_chan
- inukag4ever
Vi ringrazio delle recensioni, sono contento che il prologo sia piaciuto e abbia incuriosito, spero abbiate voglia di commentare anche questo
e di seguire ancora la mia storia!
ANTICIPAZIONI:
Nel prossimo capitolo ci sarà:
- L'arrivo in montagna
- La difesa di Sota per Kagome
- L'organizzazione di uno scherzo di Kikyo e Bankotsu
A presto con un nuovo capitolo di New Life!
_Draco_