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Autore: Orochi Shiki    25/05/2016    1 recensioni
Anno 201X. Dopo la liberazione del popolo dei mostri dal sottosuolo, la razza umana e quella mostruosa cercano di tornare ad una pacifica coesistenza dopo essere stati separati per secoli. Mentre questo accade, un certo anchorman televisivo tenta di aumentare gli indici di ascolto del suo network con un’idea a dir poco stravagante. Ma andrà davvero tutto bene?
Una storia ricca di humor e azione, ispirata a due dei miei giochi indie preferiti degli ultimi tempi: Undertale e Chroma Squad. Preparatevi a vederne delle belle!!
Genere: Azione, Commedia, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Mettaton, Napstablook, Papyrus, Sans, Undyne
Note: Cross-over, Nonsense | Avvertimenti: Spoiler!
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Iniziamo dalle obbligatorie note prima della storia: l’autrice non è né la proprietaria di Undertale né di Chroma Squad, che appartengono rispettivamente a Toby Fox e al Behold Studio. Inoltre, la storia contiene delle velate hint di relazioni homo, dovute per lo più al fatto che ce ne siano davvero in uno dei prodotti da cui è tratta la storia. Niente di esplicito, ma voglio attenermi al canon.
Detto questo, cominciamo pure la storia. Buona lettura!!

 

PROLOGO – L’Inizio degli Inizi! (Titolo provvisorio… O forse no!)

Erano passati ormai diversi mesi da quando i mostri furono finalmente liberati dalla prigionia del loro regno sotterraneo, situato nelle profondità del famigerato Monte Ebott. Furono mesi davvero impegnativi per tutti, soprattutto per gli ex sovrani del regno, che fecero a dir poco i salti mortali per risanare le relazioni fra il loro popolo e quello umano, che nella loro intrinseca natura, fecero parecchia fatica a riaccettare quei curiosi esseri fra di loro. Ma grazie all’indole buona delle creature, e alla perseveranza del loro piccolo ambasciatore – nonché liberatore – Frisk, le cose riuscirono in qualche modo a procedere abbastanza lisce.
A mesi di distanza, i mostri erano ormai completamente insediati intorno alle pendici dello stesso Monte Ebott, utilizzando le loro vaste conoscenze magiche e tecnologiche per creare in breve tempo una piccola cittadina dotata di tutti i comfort dell’epoca moderna, ma che poteva coesistere in perfetta sintonia con la natura del luogo. Un piccolo “angolo di paradiso”, nel cui anche gli umani venivano accolti a braccia aperte. 
Si potrebbe dire che la situazione fosse la più ideale per tutti…
… eppure, in questo bel clima, c’era qualcuno che non era del tutto soddisfatto…
Ancora immobile nell’angolo in cui era rimasto nell’ultima mezz’ora, il vanesio robot Mettaton continuava a rimirare di fronte allo specchio grande l’esile e affascinante aspetto di quello che era finalmente diventato il corpo stabile che aveva da sempre sognato di avere. Gambe lunghe e slanciate, adornate da stivali rosa alti fino al ginocchio e coi tacchi alti, un pettorale dello stesso colore che andava a coprire il suo corpo antropomorfo di metallo nero, braccia allungabili metallizzate le cui mani indossavano graziosi guanti bianchi, un bel visino metallico dai tratti efebici e una splendida chioma corvina di cui alcune ciocche coprivano delicatamente il suo sensore ottico destro. Del resto, se puoi crearti un corpo, perché non crearlo assolutamente meraviglioso? Pensò l’automa fra sé e sé annuendo col capo. Il suo mezzo sorriso si tramutò tuttavia presto in un broncio.
Non riusciva a capire. Non gli mancava nulla! Era bello, talentuoso, carismatico, famoso… assolutamente perfetto! Ma allora perché non riusciva ad avere con gli umani la stessa popolarità che godeva fra i mostri? Credeva che una volta salito in superficie, la sua rete televisiva MTT sarebbe subito diventata il top, e che sarebbe divenuto la star di fama globale che sapeva di dover essere. L’idea che gli ascolti non fossero affatto saliti di una virgola rispetto a quanti ne avesse abitualmente nel sottosuolo lo tormentava, e l’androide continuò a guardarsi nello specchio nella speranza di trovare una qualche pecca da smussare, o qualunque altra cosa.
“Um… beh… gli umani sono molto… molto più numerosi di noi mostri… non so se… non credo… non mi sembra logico raggiungere il picco della popolarità così di botto…” lo apostrofò timidamente una voce femminile e nasale alle sue spalle.
Mettaton si girò per guardare la proprietaria della voce: una paffuta lucertola antropomorfa di colore giallo, avvolta in un camice da laboratorio bianco e con due spessi occhialoni sul muso, intenta a lavorare su un altro corpo robotico come il suo, ma dai colori invertiti (Azzurro al posto del rosa, bianco al posto del nero).
Lui chiuse gli occhi con da fare saputo e fece no col dito indice. “Alphys, Alphys, Alphys. Il tuo modo di pensare va bene per una star comune, ma IO… sono fatto di tutt’altra pasta.”
La scienziata aprì la bocca per rispondere all’androide, ma il fiato le morì letteralmente in gola mentre si guardò intorno, insicura sul cosa dire esattamente. Inoltre, avendo contribuito lei stessa alla creazione di Mettaton, lo conosceva abbastanza da sapere quanto fosse cocciuto per ascoltare qualunque cosa gli avrebbe potuto dire. Si limitò quindi a sospirare e a tornare a collegare gli ultimi due cavi all’interno del robot che stava costruendo, per poi chiudere il portellino che li copriva.
“Uff! Ora non devo far altro che attivarlo per vedere se funziona…” Commentò Alphys asciugandosi il sudore dalla fronte con la manica del camice. Poi alzò il robot in posizione seduta e pigiò un grosso interruttore di accensione posizionato sulla sua schiena.
Un leggero, quasi impercettibile ronzio e qualche secondo prima che il nuovo robot aprisse i suoi occhioni azzurri. Con un’espressione fra il mezz’addormentato e il cucciolo abbandonato, egli si guardò intorno, cercando di registrare dove si trovasse. Fu solo dopo qualche secondo che si accorse di una mano avvolta da scaglie gialle che reggeva un piccolo specchio davanti a lui, mostrando un viso metallico dai lineamenti ancora più delicati di quelli di Mettaton, coronato tutt’intorno da capelli corti color platino che coprivano l’occhio sinistro.
“Allora? Cosa ne pensi del tuo nuovo corpo, Blooky caro? O preferisci che ora ti chiamiamo Napstabot?” Chiese Mettaton con tono affabile, lieto di vedere il corpo robotico del cugino finalmente pronto.
Il nuovo robot non rispose. Si limitò a chinare il capo con gli occhi lucidi e il labbro tremante.
“Oh…!! Oooh, santo cielo! L-lo sapevo! Non… non… non gli è p-p-p-piaciuto…!!” Saltò su Alphys in preda al panico.
Finalmente Blooky parlò, la sua voce flebile come quella di un ragazzino. “oh… questo corpo… è addirittura troppo bello… per uno come me… non credo di meritarmelo… mi spiace di averla scomodata… dottoressa…” mormorò trattenendo a stento le lacrime.
La scienziata arrossì, e si coprì il viso con un sorrisetto ebete. “Eh? M-ma no… n-nessun disturbo! E… e poi so quanto ci teneva Mettaton, che voleva tanto che il suo unico parente avesse un corpo fisico come il suo da poter toccare!”
“beh… in effetti… i fantasmi non si possono esattamente toccare… visto che sono immateriali… giusto…” rifletté Blooky abbozzando un flebile sorriso. Ora che entrambi i cugini fantasmi avevano un loro corpo fisico, le loro interazioni sarebbero state di sicuro più tangibili e gradevoli per entrambi. Infatti, i due collaudarono immediatamente la cosa cercando di prendersi per mano, ed il viso di entrambi si illuminò nell’istante in cui si toccarono. Una reazione che neanche la dottoressa Alphys tardò a seguire. 
Il flusso dei loro pensieri fu interrotto dal rumoroso aprirsi della porta principale della casetta/laboratorio. Non appena questa fu aperta, sull’uscio apparve una nuova figura: una donna pesce col corpo ricoperto di squame blu e con una fluente chioma rossa raccolta in una coda di cavallo. Indossava una benda che le copriva l’occhio sinistro e un giubbotto di pelle che copriva una canotta nera su un paio di jeans e stivaletti rossi.
Le guance della scienziata si coprirono di un forte rossore non appena la vide. “Ah…! C-ciao, Undyne…! Sei tornata presto dal lavoro, oggi…”
Undyne, avendo perso l’incarico di comandante della Guardia Reale quando i mostri uscirono finalmente dalla loro prigione sotterranea, sulle prime ebbe difficoltà a trovare un nuovo lavoro, vuoi per la sua natura caparbia, vuoi per il fatto che fosse per lo più portata per i lavori che comportassero sforzo fisico, vuoi per il fatto di aver distrutto più volte il posto di lavoro a causa della sua eccessiva esaltazione… ci vollero parecchie settimane prima che riuscisse anche solo a TENERSI un lavoro. La fortuna sembrò sorriderle quando fu presa a lavorare presso uno studio televisivo in qualità di stuntman per una serie di supereroi in costume chiamata Super Rangers – Incarico che accettò con gran piacere, vedendolo praticamente come un “anime in carne ed ossa”.
“Non c’erano molte scene action da girare, oggi?” Chiese Alphys reclinando il capo.
Undyne non rispose. Si limitò a mugugnare e andò con passi pesanti verso il tavolo, dove prese una sedia e si lascò cadere seduta con un ulteriore bofonchio.
“Qualcuno è di cattivo umore, oggi…” cantilenò Mettaton nell’orecchio di Blooky, bloccandosi completamente quando sentì la donna pesce fulminarlo con uno sguardo tagliente, carico di furia omicida.
Blooky, che nel sottosuolo era stato vicino di casa di Undyne, pensò che fosse una buona idea parlarle e tirarla un po’ su, sebbene avesse sempre trovato il carattere focoso ed esagitato della rossina alquanto spaventoso. Il timido robot raccolse tutto il coraggio che aveva e le si avvicinò lentamente. Tuttavia Alphys fu più rapida di lui nel reagire e si sedette accanto alla ragazza, lasciandolo abbastanza demoralizzato.
“… è… successo qualcosa al lavoro… vero?” Chiese la scienziata.
La donna pesce sospirò prima di brontolare: “È quell’idiota del regista, il dottor Soap! Ne ho visti di minchioni sfigati, ma DIO! Quello lì li batte tutti!”
Alphys sbattè le palpebre diverse volte, confusa. “Eh? Ma… io credevo che… insomma… non avevi detto che era uno che ci sapeva fare?”
“Sicuro! Per due o tre episodi! Ma dopo ben SETTE episodi tutti uguali, ti iniziano a scendere i cosiddetti! Sempre gli stessi nemici, sempre le stesse mosse… sempre a girare nel solito vecchio studio puzzolente con quel dannatissimo telo perché ‘tanto le location le mettiamo dopo col computer’! E… SENTI QUESTA!! Non ha mai, mai, MAI adoperato una volta il robottone! MA CHE CACCHIO FAI LA SERIE SUPER SENTAI¹ SE MANCO CI METTI UN CACCHIO DI ROBOTTONE?!? Shotaro Ishinomori² si starà rivoltando nella tomba!! Che poi, uno glielo fa notare e lui niente! Ti zittisce!” prese un respiro per calmarsi, si schiarì la voce e poi continuò. “Ehm, comunque,  l’ho mandato al diavolo. Bella liberazione!”
“M… ma, Undyne… quello era un lavoro che ti piaceva tanto…  e l’hai lasciato così…?” Le chiese tristemente la dottoressa.
Undyne sospirò. “Ecco, io… non riuscivo proprio a sopportare il modo di fare di quello lì! Non ci capisce niente di queste cose! Secondo me, qualunque altro regista, al posto suo, avrebbe fatto un lavoro mille volte migliore!”
Nel sentire le parole della ragazza, Mettaton poté sentire un campanello rimbombare nel suo cervello elettronico. Fu come una scintilla, un qualcosa che stuzzicò fortemente l’interesse del robot intrattenitore. Fece un gran balzo verso l’ex guerriera e la guardò dritta negli occhi (O forse è meglio dire occhio?). “Dici davvero??”
Prima che lei potesse rispondere, lui scattò verso la porta e si girò verso Alphys. “Vi aspetto fra un’ora nel mio ufficio personale! C’è qualcosa di cui dobbiamo parlare! Ora, se volete scusarmi, devo andare a scrivere un’e-mail ad una certa persona…”


“yaaaaaawn…”
Un lungo e rumoroso sbadiglio riempì la solitudine di quel salotto, coperta fino ad allora unicamente dall’irritante vociare di un conduttore televisivo umano. Dopo essersi stropicciato gli occhi (orbite?) con l’ossuta manina coperta dal guantino bianco, il proprietario di quella voce bassa e un po’ goffa si alzò lentamente in posizione seduta per poi dirigere lo sguardo fuori dalla finestra.
Strade. Le affollate e vivaci strade della sua nuova cittadina, Neo Casa 3. Mostri che facevano un frenetico andirivieni, sia a piedi che con autovetture. Niente neve. Niente oscurità. Solo sole e un trantran tipico di una comunità urbana.
Sans emise un sospiro di sollievo nel vedere quello scenario. Erano passati svariati mesi dal loro trasferimento in superficie, e per svariate settimane, il piccolo scheletro paffuto temeva di risvegliarsi di soprassalto per scoprirsi indietro nel tempo, ancora imprigionato nelle profondità di quella grotta sotterranea. Eppure in quelle lunghe settimane, la vita continuò ininterrotta senza alcuna sorpresa sgradevole, portando la sua mente ad accettare la cosa almeno al 90%. E guardare dalla finestra in quel modo era diventato più che altro una routine per mettere a tacere quel 10% di dubbio.
“embeh? che ti aspettavi…?” Si disse a voce alta stiracchiandosi, per poi ributtarsi di schiena sul divano, mani dietro la nuca e gambe accavallate.
La sua attenzione fu poi catturata da un giro di chiave e il rumore della porta di casa che si apriva. Ed ecco comparire sull’uscio un secondo scheletro molto alto e slanciato con delle sacche della spesa fra le braccia. Sebbene il clima non fosse freddo, indossava una vecchia sciarpa rossa e logora su un bizzarro costume bianco e rosso simile ad un qualche personaggio fantascientifico. Il nuovo arrivato andò a gran passi verso il tavolo della cucina per poggiare le sacche, i suoi stivali rossi che battevano con forza sul pavimento.
Guardò nella sua direzione è si fermò di colpo con un’espressione di disappunto. “RAZZA DI PELANDRONE!  TI HO LASCIATO SU QUEL DIVANO PRIMA DI USCIRE PER FARE LA SPESA E TI CI RITROVO AL RITORNO?! MA QUAND’È CHE FARAI QUALCOSA DI PRODUTTIVO?! ”
Sans non si mosse da quella posizione. Si limitò a guardare lo scheletro slanciato con il suo solito sorriso sornione. “a dirla tutta stavo per farlo, papyrus. dico davvero. ma questo programma televisivo qui… mi ha fatto addormentare per quanto fosse… noi-OSSO.” Replicò simulando un movimento di percussione con le braccia.
Papyrus emise un rumoroso brontolio e ci mancò poco che sbattesse le buste della spesa sul tavolo in preda alla frustrazione. “GIURO! SEI PEGGIO DI UN VECCHIO GATTO PIGRONE!”
“dai, fratello. i gatti sono delle gran belle bestiole.” Rispose Sans rannicchiandosi sul divano a mo’ di felino, giusto per irritare ancora di più il fratello. Il suo gesto ottenne esattamente l’effetto sperato, poiché Papyrus emise un gridolino stringendosi il cranio fra le mani e salì le scale per andare in camera sua a gran passi.
“puoi fare lo scontroso quanto vuoi, ma l’ho visto, io, che sorridevi.” Lo chiamò lui mentre saliva le scale, ridacchiando fra sé e sé. L’unica risposta che ottenne fu la porta della camera che si chiuse. Ma non se la prese. Si limitò invece a prendere il telecomando da sotto il sedere per cambiare canale.
Il suo zapping fu bruscamente interrotto circa un minuto dopo, quando dalla stanza di Papyrus emerse un grido lungo e acutissimo, e lo scheletro spilungone uscì di corsa dalla camera, capitombolando letteralmente giù per le scale e ritrovandosi contro il muro del piano terra a gambe all’aria.
Sans vide la scena e si decise finalmente a saltare giù dal divano per dare una mano al fratello. Pur non essendo orfano di un commentino ironico sulla cosa. “che è successo? ti sei cercato su internet e sei rimasto sconvolto?”
Per tutta risposta, Papyrus balzò in piedi ed afferrò le spalle di Sans. “MI…MI…MI…MI…!!”
“ehm… perché ti metti a cantare adesso?” Chiese allora Sans con una risatina.
“MI HA SCRITTO!! MI HA SCRITTO UN’E-MAIL!! ME L’HA VERAMENTE SCRITTA!! L’HA SCRITTA A ME!! TI RENDI CONTO?!?”
“ma è magnifico, paps.” Poi ci pensò su un attimo e aggiunse: “… ma chi ti ha scritto?”
“IL MIO IDOLO! LA MIA STELLA!! IL RETTANGOLO PIÙ SEXY DEL MONDO!! ANCHE SE… ORA NON È PIÙ UN RETTANGOLO, A DIRE IL VERO…”
“…mettaton?”
Papyrus annuì con l’espressione di un bambino che si era trovato faccia a faccia con il suo supereroe preferito. “HA DETTO DI INCONTRARCI FRA TRE QUARTI D’ORA, MASSIMO UN’ORA NEL SUO UFFICIO PER PARLARCI DI COSE IMPORTANTISSIME! ED IO, IL GRANDE PAPYRUS, NON MANCO MAI AD UN INVITO!!”
“huh… carino… beh, divertiti allora. e non tornare troppo tardi, o sarai troppo stanco per la fiaba della buonanotte.” Fu la risposta di Sans, mentre lo scheletro bassetto si diresse verso il divano e ci si risdraiò nella stessa identica posizione di prima.
Ma prima che potesse rilassarsi, sentì la mano ricoperta dal guanto rosso di Papyrus che lo afferrava per il cappuccio della felpa blu e lo tirava verso l’uscio della casa. “GUARDA CHE DEVI VENIRE ANCHE TU!!!”


L’ufficio di Mettaton era situato in quella che era diventata la sede principale della rete televisiva MTT, un grande studio cinematografico non dissimile da quelli che si troverebbero a Hollywood, anche se ovviamente molto più piccolo. Al suo interno vi era anche stato ricollocato il vecchio villaggio turistico che il robot possedeva nel territorio di Hotland, con tanto di albergo di lusso, ristorante chic e fast food in cui vendere i suoi famigerati hamburger di pailette e strass commestibili. Proprio all’ultimo piano del resort, si trovava lo sfarzoso ufficio del direttore/anchorman/intrattenitore robotico, dal quale poteva tenere d’occhio tutte le attività di questo suo piccolo “regno”.
Seduto alla sua elegante scrivania di mogano, Mettaton osservò attentamente tutti i presenti da lui convocati: la dottoressa Alphys, suo cugino Blooky, Undyne, e i due fratelli scheletri. Dopo essersi accertato che fossero tutti presenti e avessero preso posto, si schiarì la voce e cominciò a parlare.
“Siete stati davvero cari a recepire così tempestivamente il mio invito, tesorucci. Ma tralasciando le formalità, vorrei essere schietto e spiegarvi il motivo per cui vi ho fatto venire qui nel mio raffinatissimo santuario. Come sapete, la mia rete televisiva è sempre stata il top per i mostri quando eravamo relegati nel sottosuolo… e a dirla tutta, è ancora così. Ma inspiegabilmente, sembra che il network MTT non riesca ad avere la stessa presa sul pubblico umano… e di conseguenza gli ascolti sono come fossilizzati!”
Il robot fece una pausa prima di continuare il suo discorso. “Ho pensato a lungo a come fare per rovesciare questa situazione… ed oggi, finalmente, il mio bellissimo cervello elettronico ha avuto un’idea fenomenale: una serie Super Sentai! Recitata da voi!”
Diverse espressioni di sorpresa riempirono l’ufficio, mentre i presenti si guardarono l’un l’altro fra l’incredulo e lo stupito. Tutti, tranne Papyrus, che si trattenne a stento dal saltellare in preda all’euforia. “WOWIE!! ANDRÒ IN TV?!?” Commentò, i suoi zigomi velati di rosso.
La reazione di Sans fu tutt’altra cosa. Lo scheletro grassottello diede le spalle a Mettaton e andò verso l’uscio dicendo: “passo. quelle serie lì sono troppo impegnative. tutto quel salta-spara-combatti…”     
“Devo ricordarti che sei ancora sotto contratto per me, caro il mio cabarettista?” Fu la risposta del robot, che con un sorriso di superiorità sbandierò un pezzo di carta firmato dallo scheletro.
“E COMUNQUE NON TI FAREBBE MALE UN PO’ DI ESERCIZIO, SAI? PERDERE UN PO’ DI PESO E TUTTO IL RESTO…” Aggiunse Papyrus.
Sans si girò e guardò i due per qualche secondo. Poi sospirò e fece spallucce. “mi sembrate abbastanza disperati da legarmi e trascinarmi sul set in un sacco. e comunque è vero che SONO sotto contratto, suppongo. pazienza, suppongo possa sempre godermi le ferie…” Il suo sguardo poi si soffermò su Papyrus, che saltava allegramente per tutto l’ufficio in preda all’euforia, al prospetto di diventare una stella della televisione per conto del suo idolo. pensa che lo fai per lui, sans. pensa che lo farebbe ancora più felice. Pensò nel vederlo in quello stato.
Persino Alphys sorrise nel vedere la felicità dello scheletro spilungone. La sua attenzione fu poi monopolizzata dall’espressione insoddisfatta di Undyne. “Qualcosa non va?” Le chiese sottovoce.
La donna pesce incrociò le braccia e diresse uno sguardo pungente verso il robot. “Senti, io mi sono appena liberata di un regista insopportabile perché non sopportavo più di seguire le sue direttive assurde, e NON L’HO FATTO per saltare dalla padella alla brace!”
Mettaton emise una graziosa risatina e riposò il mento fra le mani con un sorriso giocoso. “Aspetta prima di rifiutare, carissima… perché non ho ancora specificato come funzionerà la cosa e come sarà girata questa serie!”
Undyne sospirò e fece un cenno con la testa come per dire: “Avanti, ti ascolto!”
Una scintilla attraversò l’occhio scoperto di Mettaton. “Questo telefilm deve essere recitato solo ed esclusivamente a soggetto. In poche parole, nel primo episodio io fornirò un canovaccio di partenza e una caratterizzazione generale dei protagonisti. Poi, voi sarete liberi di interpretare la vostra parte come meglio volete. L’unica regola valida qui è: non ci sono regole!”
“Niente regole, eh…?” commentò la donna pesce con un sorriso a metà fra il soddisfatto e il determinato. Batté poi il pugno destro sul palmo sinistro, dicendo. “Ora sì che parli la mia lingua, ammasso di bulloni!”
Mettaton annuì soddisfatto. “Per il resto, immagino sappiate già come funzionano le serie di supereroi in costume: buoni sentimenti, combattimenti, fantascienza e colpi di scena! Conto su di voi perché portiate gli ascolti del mio network alle stelle!”
Detto questo, li congedò dicendo tassativamente di presentarsi il giorno dopo sul set alle nove del mattino precise, causando qualche lamentela da parte di Sans che si diceva non abituato a svegliarsi così presto. Prese poi da parte Alphys e le chiese di vedere se avesse qualche vecchio macchinario in disuso dal suo laboratorio per rendere la scenografia ancora più realistica. Quella sera stessa, la scienziata fece come le fu chiesto di fare dalla sua creazione, e iniziò a girare nel suo scantinato per vedere se ci fosse stato qualcosa che andasse bene per lo scopo e che non causasse alcun tipo di rischio.
Dopo una ricerca apparentemente infruttifera, la donna lucertola si lasciò scivolare seduta in terra contro una sporgenza coperta da un telo. Il suo movimento fece sì che il telo tuttavia cadesse, sollecitando in lei una certa curiosità. Si alzò in piedi e gli occhiali quasi le caddero dal muso per la sorpresa.
“Da… da quando avevo… questo…??”

CONTINUA…

Così Mettaton ha avuto la malsana idea di girare una serie di supereroi recitata da svariati mostri del sottosuolo. Riuscirà nel suo intento di risollevare gli ascolti della MTT? E i nostri “eroi” saranno capaci di recitare in un simile telefilm? Lo scoprirete (forse) continuando a seguire questa strampalata storia!!

Legenda:

1: Super Sentai: Serie di telefilm a tema supereroico in cui un gruppetto di persone si trasforma in una squadra di guerrieri che indossano tutine spandex di colori diversi e usano arti marziali e robot giganti per combattere le forze del male. (Vedi: i Power Rangers, che sono la trasposizione occidentalizzata di svariate serie Super Sentai)

2: Shotaro Ishinomori (1938/1998): Mangaka autore di svariate serie, tra cui Cyborg 009, nonché padre del genere Super Sentai e di Kamen Rider

  
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