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Autore: Novizia_Ood    31/05/2016    3 recensioni
Dopo aver accettato i sentimenti che provano l'uno per l'altro, Sherlock mette John davanti ad un'altra scelta. Ma questa volta non servirà pensarci troppo a lungo...
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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E x t r a o r d i n a r y 

 

Non era stato un caso così complesso, ma ci erano voluti giorni per cogliere in flagrante Alex Doe e spedirlo nella cella a cui era destinato. Un caso da circa cinque giorni in cui c’era stato bisogno di allertare tutti i senza tetto conosciuti da Sherlock, così da controllare più zone della città allo stesso tempo. 
Avevamo occhi e orecchie ovunque.  

Eppure quello era il settimo giorno che il piccolo Earnest era in casa con loro e, tra una scusa e l’altra, restava per tutti i pasti e poi tornava a dormire nella vecchia stanza di John al piano di sopra, lasciata ormai vuota da quando Sherlock lo aveva gentilmente invitato ad unirsi nella sua. 

Con Earnest in cucina a mangiare una ciotola di cereali come merenda, il dottore si era avviato nel salotto senza dare troppo nell’occhio, per raggiungere il suo compagno e chiudersi le porte scorrevoli alle spalle, dividendo così i due spazi per quel che poteva. Sherlock era seduto tranquillamente sulla sua poltrona nera e si rilassava pizzicando le corde del suo violino ad occhi rigorosamente chiusi.

“Ti da fastidio il ragazzo?” Domandò all’improvviso a voce forse troppo alta, tanto che John di riflesso si voltò a controllare che le porte dietro di lui fossero veramente chiuse. Gli sarebbero servite anche insonorizzate.

“Non mi da fastidio, ma sono giorni che abita qui dentro. Non pensi che-”  

“Gliel’ho detto io che poteva restare quanto voleva.” Rispose aprendo gli occhi per guardare John ancora in piedi a qualche passo da lui. Aveva le spalle rigide e un’espressione confusa sul volto.

“Gliel’hai detto tu? Quindi adesso lui vive qui?” Domandò cercando di capirci qualcosa anche se sapeva bene quanto fosse impossibile cercare di capire Sherlock. Era frustrante, ancora dopo anni, sapere che lui fosse come un libro aperto per il detective, mentre Sherlock per John restava il solito, grandissimo, ma meraviglioso ed eccitante enigma. 

“Sì” rispose alzando appena le spalle.

nel senso che non ha soldi per pagare un affitto e quindi mangia quello che abbiamo in casa? Che tra l’altro non penso sia tutta roba commestibile. Prima o poi capiterà anche a me di mandar giù qualche strano intruglio.” Disse puntandogli il dito contro e alzando le sopracciglia come avvertimento, ma Sherlock non parve preoccupato per nulla, anzi, si lasciò scappare un piccolo sbuffo con un sorriso.

“Pensavo di tenerlo qui e basta. Con noi.” E furono quelle ultime due parole che fecero acquistare un significato diverso a quella conversazione e solo in quel momento John parve accorgersene. 

“Sherlock, guarda che non puoi semplicemente decidere di far stare qui un minorenne senza tetto!” Rispose mettendo le mani in vita e scuotendo la testa, senza però staccagli gli occhi da quelli di Sherlock, che ora aveva lasciato scivolare il violino via dalla spalla per posarlo sulle gambe. 

“E perché no?” 

“Perché i minorenni vanno adottati. È così che fanno le persone normali!”

“Oh…”

“Oh?” Alzò nuovamente le sopracciglia, sorpreso dalla sua risposta, ancora incapace di comprendere dove volesse arrivare a parare di preciso il suo compagno.

“Allora adottiamolo.” Asserì Sherlock dopo qualche secondo di silenzio. 

“Cosa?!” Forse aveva sentito male o Sherlock ci aveva pensato decisamente poco. 

“Adottiamolo.” Ripeté con lo sguardo ancora fisso sul viso di John che ora gli rimandava un’espressione ancora più confusa di prima. Possibile che gli fosse impossibile da decifrare? Era contento? Era contrario? Il fatto di non riuscire a capirlo in una sola occhiata lo metteva piuttosto a disagio adesso. “… o forse no?! Perché mi guardi così?” Aggiunse esasperato, allargando le braccia sulla poltrona, lasciando che il violino penzolasse oltre il bracciolo nero.

“È un bambino. - Disse - tu vuoi un bambino?” Continuò senza smettere di guardarlo, molto incerto su cosa provare a quelle parole. 

“Vorrei adottare Earnest, sì. Toglierlo dalla strada poi, non sarebbe male.” Confermò annuendo energicamente. Se John poteva capire qualcosa di lui in quel momento era che sembrasse assolutamente sicuro di quello che stava dicendo.  

“È un altro essere umano.” Continuò senza interrompere il contatto visivo. Aveva bisogno che l’altro capisse quanto serio fosse quello che stava dicendo; che non era un giorno e che non sarebbero tornati indietro.

“Smettila di parlare come se io non capissi quello che sto dicendo.” Saltò su Sherlock lanciandogli un’occhiata irritata. 

“Scusa” si affrettò a dire John mentre lo osservava con attenzione mentre riponeva il suo violino nella custodia ai suoi piedi prima di spostarlo e appoggiarlo alla poltrona.

“Vorrei adottarlo. Tu vuoi adottarlo come fanno le persone normali?” Disse subito dopo, tornando con lo sguardo alto su di lui e a John parvero le parole più belle che avesse mai sentito. Sorrise.

“Tu davvero vuoi un bambino con me o-”

“Certo.” Rispose fermo e sicuro Sherlock. A quelle parole John s’illuminò completamente.

“Certo.” Ripeté incredulo. Quella era anche la sua risposta.

Prima che qualcuno potesse aggiungere qualcos’altro al sorriso che avevano stampato entrambi sul viso, il ragazzino di 10 anni fece scorrere la porta per entrare in salotto.

“H-ho finito i cereali che erano nella credenza. - Disse interrompendo il discorso degli altri due con un po’ di imbarazzo, tanto che subito dopo averli guardati, i suoi occhi volarono sul pavimento. - Stavo pensando di scendere a ricomprarli. Quindi… niente, torno subito. Non vado via. Era p-per avvisare.” Disse balbettando un po’, con la paura in cuor suo che uno dei due potesse anche solo lontanamente pensare che se ne andasse per non tornare più.

Era stata una settimana intensa in effetti e con Earnest in giro per casa c’erano stati dei momenti molto dolci che non avevano lasciato John indifferente. 

John non avrebbe mentito a sé stesso, sapeva benissimo che il secondo giorno era stato emozionante vederli tutti e due presi dal microscopio che era in cucina; sapeva benissimo quanto il suo cuore si era innamorato un po’ di più di Sherlock quando lo aveva visto quella mattina intento a far spazio sul tavolo per far entrare le tazze di tè che Earnest aveva appena fatto ad entrambi. Sarebbe stato un bugiardo se non avesse ammesso a se stesso che, in alcuni momenti, avrebbe voluto fermare il tempo per sempre e restare a guardarli interagire tra di loro per tutta la vita.

Era tenero, in un certo senso, vedere come Earnest sapesse prendersi cura di sé e ci tenesse tantissimo, al tempo stesso, a prendersi cura di Sherlock essendo forse più responsabile di lui.

Di solito era John a preparare la colazione, ma per tutti e sette i giorni in cui il ragazzino era stato con loro, almeno sei volte si era svegliato prima di lui e aveva preparato tutto per Sherlock, che invece era già sveglio da ore, ma troppo pigro per mettere su il bollitore, e per lui che non doveva più stare con il pensiero che il suo compagno si sarebbe lasciato morire di fame.

“Earnest, aspetta. Prendi questi” disse John non appena lo vide muoversi verso la porta d’ingresso per uscire, dandogli cinque sterline “e intanto pensa a cosa vuoi mangiare questa sera.” Il ragazzino s’illuminò all’istante, perdendo immediatamente quell’espressione mezza spaventata e lanciando un grandissimo sorriso ad entrambi prima di afferrare i soldi e correre giù con la promessa di fare prestissimo. Dopo che la porta si chiuse dietro il piccolo, John si voltò a guardare Sherlock con un’espressione divertita sul volto. L’altro ricambiò lo stesso sguardo prima che John potesse raggiungerlo alla poltrona, chinandosi appena su di lui per baciarlo.

“Questo non farà di me una persona ordinaria, vero?” Disse Sherlock con le mani posate sui suoi fianchi per accompagnare il suo movimento, ma scansandolo all’ultimo secondo per dire quella frase e storcere il naso schifato alla parola ordinaria.

John gli sorrise prima di sedersi sulle sue ginocchia.

“Oh no. Tu sei tutt’altro. Tu sei straordinario, Sherlock Holmes.”

Disse un istante prima di baciarlo.









Angolo della scrittrice:
Un'altra mini idea partorita al volo, in una serata di ispirazione! 
Il trucco è prenderci la mano... e spero di ingranare presto con loro, perché le idee non mancano di certo! Intanto la OS più lunga è ancora in cantiere. Ce la farò a pubblicarla prima o poi, lo giuro. Appena mi sblocco da quel brutto passaggio a cui sono arrivata!

Grazie per aver letto e alla prossima! 

  
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