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Autore: NightValeian    02/06/2016    1 recensioni
Due anni fa, Natasha morì in missione.
Viene fuori ora che non è proprio così.
Traduzione di "Prompt: Return From the Dead Kiss" di NightValeian, di cui trovate il link all'interno.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Clintasha Prompt Collection'
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NdT: questa è la traduzione di una storia originariamente pubblicata su AO3 da NightValeian, appartenente alla sua serie di Clintasha Prompt Collection. Potete leggere qui la storia, qui l'intera serie (che mi appresto a tradurre) e qui il profilo dell'autrice.
Prompt: Return from the dead kiss.





Ritorno dal mondo dei morti




Erano passati due anni. I due anni più lunghi della sua vita.
Due anni da quando aveva essenzialmente smesso di vivere; due anni da quando Phil Coulson lo aveva chiamato nel suo ufficio per dirgli che Natasha era stata uccisa durante la sua ultima missione.

Pensava fosse uno scherzo, un imbroglio crudele che Coulson e Fury avevano escogitato nel buio dei loro uffici. Non lo trovava molto divertente.

Quando Phil allungò una mano, una collana adornata da una piccola freccia d'argento a penzolargli dalla punta delle dita, il cuore di Clint precipitò fino allo stomaco. L'argento era annerito, macchiato di sangue.

Non c'era corpo; almeno, non abbastanza da consegnargliene. Potevano pianificare il funerale il prima possibile, non appena lui fosse pronto.

Clint non pianse alla notizia; si limitò a guardare intorpidito la piccola freccia ora fra le sue mani, mentre Phil gli esprimeva il suo rimorso e la sua vicinanza per la situazione. Sembrò quasi routine; Phil non sembrava nemmeno contrito, ma lui era bravo a nascondere.

Non riusciva a ricordare di essere tornato a casa; non sapeva chi lo avesse accompagnato o come fosse riuscito a entrare. Non ricordava di aver lasciato quella voragine nella parete né di aver ditrutto la lampada.

Si ricordava sì, di aver trovato una foto di loro due sul comodino; si sorridevano durante l'ultimo party natalizio di Stark. I loro maglioni erano brutti, il suo cappello da Babbo Natale si stava sfilacciando, ma erano così felici.

Stringendosi la fotografia al petto, Clint aveva permesso a se stesso di piangere.

Questo era accaduto due anni fa.

Due anni passati a fingere di essere una persona; a fingere di avere una vita e compensare quella che Natasha aveva perso. Due anni a svegliarsi guardando quella vecchia foto e a indossare quella freccia d'argento al collo.

Nell'anniversario della sua morte, Phil lo chiamò di nuovo in ufficio, di nuovo esprimendo infinite scuse, ma non dando una chiara ragione del perché si stesse scusando.

Quando bussarono alla porta, Phil invitò chiunque fosse stato a bussare ad entrare e quando i suoi occhi si volsero sulla persona che stava sulla soglia, Clint pensò di aver finalmente perso la testa.

Capelli rossi, occhi verdi; il suo sguardo era calcolatore, la bocca atteggiata ad un broncio. Era più magra, affilata ai bordi; quando vide Clint, il suo cipiglio s'inspessì. Lui si chiese cosa avesse visto.

Si chiese, anche, se lui stesso avesse finalmente perso la presa sulla realtà.

"Barton?" Phil chiese dopo un momento.

"Tu la vedi... giusto?" Clint chiese quietamente e l'atteggiamento di Natasha si crepò per un attimo.

"Clint, io-" iniziò.

"Dimmi che la vedi anche tu."

Non guardò Phil annuire. "La vedo."

Clint lasciò la sedia in un attimo, attraversando la stanza nella sua direzione e lei non si mosse. Non sobbalzò mentre lui alzava la mano e non si voltò quando quella mano si chiuse a coppa sul suo mento. Lei piuttosto vi si protese.

Una pelle levigata incontrò la mano; no, lei non scomparì nell'attimo in cui riuscì a toccarla.

"Sei reale", sussurrò Clint, incantato.

"Sono reale", rispose Natasha. "Clint, mi dispia-"

"Dove sei stata? Pensavo che fossi... mi ha detto che eri... io ti ho pianto, io..."

"Dovevo sembrare morta per la mia missione. Non sarei mai riuscita a concluderla se avessero saputo che ero viva." spiegò Natasha.

"Io ho pianto la tua morte! Per due anni sono morto perché tu lo eri!", ribattè Clint.

"Così mi hanno imposto.", replicò Natasha quietamente. "Puoi arrabbiarti con me, se vuoi, ma era per lavoro."

Clint voleva davvero arrabbirsi; voleva gridare e sgolarsi e rompere qualcosa. Invece, allungò le braccia per avvolgergliele intorno, attirandola a sé finchè le loro labbra non si incontrarono.

Il bacio fu rapido, ma greve di ogni parola che lui non riusciva a convincersi a dire e quello di lei, greve di promesse soffuse e sospirate scuse.

Per favore, sii reale.

Sono reale. E sono a casa.








   
 
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