Une petite consolation

Non era la prima volta che Francis si presentava a casa della sua ex-colonia nel cuore della notte, anzi, ormai per Madeline era diventato un appuntamento fisso.
Quando il campanello suonava, Canada scattava in piedi, percorreva a passo spedito lo stretto corridoio che divideva il salone dall’ingresso e –  prima di aprire la porta –  si fermava a guardare la sua immagine riflessa nello specchio appeso alla parete adiacente, accennando un mesto sorriso  alla ragazza dall’aria cupa che sorrideva allo stesso modo dall’altro lato.
Non sono un’illusa, la rassicurava.
Madeline era consapevole, infatti. Sapeva che se Francia andava a trovarla, non era né per amore né per cortesia. 
Non le importava se per Francis era solo una piccola consolazione, un ottimo rimedio alle sue pene d’amore, un diversivo per cancellare l’immagine di Arthur e Alfred dalla sua mente – anche se solo per alcune ore.
No, non le importava perché con il tempo Madeline aveva imparato ad accontentarsi.
E avrebbe messo da parte tutto, anche la sua dignità, pur di vedere la nazione che aveva sempre amato di nascosto varcare la soglia della porta di casa e regalarle una rosa rossa.
Sì, perché ogni volta che Francia andava a trovarla, portava sempre con se una rosa rossa da donarle.
Un  modo per alleggerire il suo senso di colpa o, forse,  un semplice gesto di ringraziamento per averlo accettato a casa sua anche quella notte.
«Bienvienue, Francis.»
«Merci, ma petite.»
E la notte anche Francis diventava la piccola consolazione di Madeline: godeva della dolce illusione di essere importante per qualcuno. Non si sentiva più invisibile. 
Povera lei, che continuava a credere di non essere un’illusa.