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Autore: summers001    08/06/2016    2 recensioni
Seguito di Long live the queen. Se non avete letto l'altra ff alcune cose vi potrebbero sembrar poco chiare.
Dal testo:

Non si trovavano così vicini da quando lei era sulla sua nave. Gli prese la mano e gliela strinse "Tutto quello per cui ho sempre combattuto sta finendo. Mio fratello è rimasto ferito, i miei genitori sono morti, tutti quelli che erano loro leali ci hanno voltato le spalle, mi resti soltanto tu."
"Tu sei pazza."
"Può essere. Killian, per favore." ed era la seconda volta che lei lo supplicava.
Killian cercò di non guardarla negli occhi, sapendo che altrimenti si sarebbe lasciato convincere, nonostante avesse già preso una decisione. Prese un respiro profondo.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The royal court'
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Long live the King

 

 

C'era una volta una principessa dai lunghi capelli biondi, ribelle, leale e forte, nonché bellissima ed intelligente, era la principessa Emma.

Alla morte del padre, alla vigilia della sua incoronazione, Emma capì che non era la vita da principessa quella che era fatta per lei. Lei voleva essere libera, voleva correre tra i prati, vedere il mondo, camminare sulla sabbia e conoscere le persone. Scappò allora, non solo dal suo regno, ma dai suoi doveri, raggiungendo l'uomo col quale era cresciuta, lo stesso che tempo addietro aveva dovuto cacciare via per salvargli la vita dal suo stesso padre, il re, e che era diventato il pirata che più ferocemente combatteva il suo regno, le sue navi. Girò e rigirò il mondo più volte per mesi e mesi. Visse avventure fantastiche, piene di magia, mentre l'affetto e la vecchia amicizia si trasformarono in qualcos'altro di più maturo e diverso. Contemporaneamente, mentre quell'amore cresceva, Emma si rendeva conto di un altro amore, altrettanto potente ed altrettanto importante che non s'era resa mai conto di provare: quello per il suo regno e per i suoi sudditi. Capì allora di dover tornare, di avere un dovere verso il suo cuore e lo seguì. Il capitano pirata, che da tempo sapeva di amare la sua principessa, la lasciò libera di decidere quale sarebbe stata la sua rotta, anche se questa virava lontano da lui. Così la principessa tornò a casa e ben presto diventò una bravissima regina. Il regno visse nello splendore per diversi anni, otto per la precisione, fino a quando non incominciò ad impoverirsi di nuovo. Né i commerci, né l'agricoltura stavano dando i propri frutti. Molti morivano di fame, altri lasciavano il paese e così anche i loro alleati. C'era un'ombra che ancora incombeva sulle loro teste: Regina.
Erano anni che ormai si bisbigliava che Regina avesse riacquistato potere, conquistato un castello e sottomesso un intero reame al suo cospetto. E di sicuro non aveva dimenticato la sua antica rivalità con Biancaneve, la madre della regina Emma. Emma cercò di combattere la regina cattiva, ma con scarsi risultati e piano piano tutti i suoi alleati si votarono a Regina. Presto o tardi il regno sarebbe caduto.
Emma stava sul suo balcone, quello che da anni era rivolto verso il mare, dove c'erano accumulati una serie di sassolini provenienti dal giardino, che non aveva mai avuto il coraggio di muovere, perché le ricordavano i tempi in cui era ancora una ragazzina spensierata. Tamburellava le dita sulla pietra guardando verso il mare. La sua fidata guardia del corpo, che divenne poi suo consigliere, Graham, le stava a due passi dietro.
"Prendilo. Portalo da me." disse, sapendo benissimo entrambi a chi si stavano riferendo. Sentì il peso della corona gravarle sulla testa.
"Prenderlo, maestà?" chiese lui "L'abbiamo sempre inseguito, ora dobbiamo prenderlo?" Da quando lei era diventata regina, s'era stabilito come un tacito accordo tra lei e il bel capitano: lui aveva smesso di farle guerra e lei aveva sempre e solo preteso di dargli la caccia, senza mai torcere un capello a lui o ad uno dei suoi uomini. Quella richiesta era insolita per Graham.
"Sì." disse lei.
"Maestà, non ci abbiamo mai davvero provato, ma anche impiegando tutte le milizie, loro hanno la Jolly Roger, la nave più veloce..."
"... che questo mondo abbia conosciuto" ricordò di quello che un ragazzo, un giovane militante della marina, lo stesso capitano di quella nave, le aveva raccontato sul gioiello del reame, quella che era poi diventata la Jolly Roger. "Lo so. Accerchiateli. Fateli morire di fame. Capiranno."
"Maestà." s'inchinò Graham e s'avviò per andar via.
"E Graham," lo chiamò la regina "non sparate un colpo."
L'uomo fece sì con la testa e se ne andò. Emma lo sentì nei corridoi chiamare uno a cui riferì gli ordini e poi tanti piedi che correvano e si mettevano all'opera. Dal balcone spiò più tardi le sue navi partire.




Dopo soli quindici giorni, Emma finalmente ricevette notizie dalle navi che aveva appena inviato.

I pirati della Jolly Roger erano pronti a venire a patti con le loro milizie, ma avevano tenuto a precisare che non si sarebbero mai arresi. Emma ordinò loro di portar da lei il loro capitano a rappresentarli.
Lo aspettò nella sala del trono. Guardandosi, seduta su quella sedia, si rese conto di esser diversa dalla ragazza che lui s'aspettava di trovare: i colori dei suoi abiti da candidi e pastello s'erano fatti più austeri, virando verso il viola, il marrone o il blu notte. Non aveva ancora mai accettato di tenere i capelli tirati e legati, ma era stata costretta ad intrecciarli appena al lato delle tempie, perché non vi si impigliasse la corona.
Le porte si aprirono e un capitano pirata, vestito completamente di nero, col cipiglio rabbioso, che quasi fumava, le si parò davanti, seguito da due guardie. Era evidente che non gradiva la sorpresa che lei gli aveva posto. Poi lo guardò meglio e notò che gli mancava una mano che aveva sostituito con un uncino di metallo che usciva minaccioso dal cappotto. Aveva un aspetto leale. Emma si fece coraggio ed indossò il suo sguardo più fiero e tenace che aveva. Anche lui era così cambiato.
"Inchinati al cospetto della regina!" disse un uomo vestito con mezza armatura. Il capitano rifiutò di abbassarsi e fronteggiò la regina. L'uomo lo costrinse con una mano sul collo, spingendolo a terra. Non si lamentò neanche una volta, né un verso di dolore, né altro.
"Lascia." proclamò la regina.
Killian Jones si rialzò. "Visto?" disse alla guardia.
"Il pranzo?"chiese Emma, senza rivolgergli neanche uno sguardo, temporeggiando. Era in evidente disagio, ma non l'avrebbe mostrato davanti agli altri, né davanti alle sue guardie, né ai suoi sudditi. Si chiese se non fosse troppo cambiato per essere l'uomo di cui aveva bisogno. Scambiò uno sguardo con Graham, che fece cenno col capo per darle coraggio.
"E' servito, maestà." rispose l'uomo che aveva interrogato.
"Bene." Emma s'alzò e s'avviò lungo il salone, verso una delle porte che vi si aprivano. Raggiunsero una stanza con un lungo tavolo imbandito. C'era una tovaglia bianca, che drappeggiava dai bordi, una serie di piatti e leccornie la ricoprivano completamente. C'era un pollo intero, cotto al forno con patate pelate e tonde su un vassoio d'argento, diverse ciotole di zuppe, arrosti, insalate e pane. Emma si sedette da un capo del tavolo. La guardia che li aveva seguiti fece avvicinare Killian dall'altro lato. Per un po' nessuno dei due toccò un piatto, neanche le posate, finché Emma fece cenno con una mano e un uomo vestito di rosso e giallo, tagliò il pollo, pose una coscia nel piatto di Killian insieme ad un cucchiaio di patate, gli riempì un calice con del vino, affettò il pane e poi si allontanò.
"Che significa?" chiese il capitano.
"E' un'offerta di pace."
"Un'offerta di pace? Ci hai fatto morire di fame e di sete. Qualcuno è veramente morto di fame."
"Sei disidratato, hai bisogno di bere. Per favore, fallo."
La servitù s'accorse subito che la regina aveva chiesto per favore ad un pirata di bere ed accettare la sua offerta. Erano stupiti. Del resto non tutti conoscevano la loro lunga e travagliata storia.
Killian bevve il vino prima. Poi lo stesso uomo dietro di lui, dopo cenno di Emma, fece per riempirgli di nuovo il bicchiere, questa volta d'acqua, ma Killian gli tolse la brocca dalle mani e se ne versò ben tre bicchieri.
"Perché?"
"Hai mai sentito la storia della principessa Biancaneve e della sua matrigna, Regina?" Emma chiese. Incrociò le dita sul tavolo e guardò verso un dipinto, appeso su un caminetto, dove suo padre e sua madre sorridevano il giorno delle loro nozze.
"Ma certo."
"E sono sicura avrai notato il mal contento che aleggia in questo regno." Killian la guardò negli occhi ed entrambi in quel momento si riconobbero a vicenda. Entrambi erano in evidente difficoltà, dalla mano di Killian al regno di Emma. Lui fece cenno di sì col capo e poi accettò la sua offerta: prese la coscia di pollo con la mano e vi diede un morso. Dopo quel morso la fame si fece più imponente e si lasciò andare, continuando a mangiare. Scottava, ma non gli importava, era rimasto giorni senza cibo e senza liquidi. Si versò poi il quarto bicchiere d'acqua. Emma incoraggiata allora continuò a parlare. "Regina si sta facendo sempre più insistente. Ci sta spingendo al lastrico. I suoi soldati ci incendiano i campi, uccidono uomini, affondano le nostre navi. Dobbiamo scacciarli via e riprenderci il suo regno, quello di mia madre."
"E tua madre che ne pensa del tuo folle piano?" chiese lui mentre masticava.
"E' morta, due anni fa." ammise lei guardandosi le dita.
"Che cosa?" chiese Killian che assolutamente non aveva sentito parlare di niente al riguardo.
"Non abbiamo detto nient. Per tutti lei è malata nelle sue stanze, se Regina lo sapesse..." cominciò a supporre. Forse Killian notò quanto lei potesse essere spaventata dalla situazione e quanto disperato bisogno avesse di un aiuto, soprattutto in quel momento che non c'era più nessuno a guidarla.
"Come hai intenzione di fare?"
"Mi servono quanti più soldati io abbia già, la più veloce nave di tutti i reami ed un'arma." fece lei, illustrando quello che più o meno era il suo piano.
"Sarebbe?" chiese strappandosi un altro morso dalla coscia di pollo.
Emma prese un respiro profondo. "Quella che ha ucciso tuo fratello".
Killian s'alzò da tavola, mollò le ossa nel piatto e fece cadere un bicchiere. "Non se ne parla." disse e fece per andarsene. Quella ferita non avrebbe mai smesso di bruciare.
Un paio di soldati sbarrarono con le lance la porta. Killian si vide in trappola, ma Emma con un cenno della mano chiese alle guardie di fare spazio. Killian aprì la porta, uscì, raggiunse di nuovo la sala del trono. Emma lo rincorse e gli prese il braccio. "Killian!"lo chiamò lei, tenendosi il fianco destro. Lui lo notò e si fermò. Lei si ricompose, ne approfittò e gli si parò davanti. Non si trovavano così vicini da quando lei era sulla sua nave. Gli prese la mano e gliela strinse "Tutto quello per cui ho sempre combattuto sta finendo. Mio fratello è rimasto ferito, i miei genitori sono morti, tutti quelli che erano loro leali ci hanno voltato le spalle, mi resti soltanto tu."
"Tu sei pazza."
"Può essere. Killian, per favore." ed era la seconda volta che lei lo supplicava.
Killian cercò di non guardarla negli occhi, sapendo che altrimenti si sarebbe lasciato convincere, nonostante avesse già preso una decisione. Prese un respiro profondo. "Avremo bisogno di altri uomini."
"So che sei capace di trovarli ed io verrò con voi." Gli strinse la mano con entrambe le mani e con i pollici giocava sulla sua pelle, disegnando cerchietti, infischiandosene di quello che le sue guardie avessero pensato vedendola.
"Non se ne parla."
"Io devo farlo, lo capisci, vero?"
Killian prese un altro respiro. "Sì."
Emma lo lasciò andare. Killian si grattò il collo e cominciò a pensare. Era finito di nuovo in un grosso casino da cui non sapeva se ne sarebbe mai uscito vivo, quella volta per davvero. Doveva tornare fuori, sulla nave, a dir tutto ai suoi uomini e procurar loro da mangiare e da bere, prima che ci morisse qualcun altro. In più non sapeva dove poteva cominciare a cercare altre persone da arruolare. Pensò che forse doveva iniziare dalle taverne.
"E Killian," lo interruppe la voce di lei "avrò bisogno di quegli uomini. Anche dopo. Loro devono fidarsi di me."
"Mi chiedi troppo." rispose tornando a pensare alle provviste. Non si sarebbero mai fidati della mano che toglie loro il cibo.
"Se tu ti fidi di me, loro anche lo faranno."
Lui fece sì con la testa. "Quando vuoi partire?"
"Domani. Falli venire qui a mangiare, poi potranno dormire nel castello se vorranno"
Killian Jones tirò un sospiro di sollievo, ma sapeva anche che neanche così andava bene. "Vuoi che loro si fidino di te? Bene, non sono tuoi sudditi, non devi essere indulgente, né tanto meno una tiranna."
"Ok," fece Emma. Se fosse stata ancora una ragaza, ancora la principessa, non gli avrebbe mai permesso di farsi insegnare a gestire quelli che in fondo erano sempre stati suoi sudditi "allora dormiranno nelle proprie brande, ma lascia almeno che mangino dalla mia tavola."
Killian fece sì con la testa. Lei lo ringraziò e lui le prese di nuovo la mano e la strinse.




Dopo due giorni erano pronti per la partenza. Killian Jones, ora conosciuto come il temibile Capitan Uncino, riuscì a reclutare ben cento altri uomini al porto e nelle taverne.

Il suo nome ormai era leggenda ed in tanti bramavano di far parte della sua ciurma. Se non altro per metter da parte qualche spiccio e mangiare.
Capitan Uncino salì a bordo della sua Jolly Roger. Si erano organizzati con ben due navi, per cui venne scelto un comandante in seconda che avrebbe comunque obbedito ai suoi ordini. La Jolly era in testa.
"Mastro Spugna!" chiamò "Issare l'ancora, sciogliere gli ormeggi, vento alle vele!"
"Issare l'ancora!" urlò il nostromo verso gli uomini. "Sciogliere gli ormeggi! Vento alle vele!"
"Prendiamo il mare, topi di fogna!" si sentì urlare.
"Salpiamo!" urlò qualcun altro.
Il capitano col cuore in gola, pieno di terrore e di tristezza per quel che quella spedizione significava e per dove li stava spingendo, aveva già tracciato una rotta, anzi ricordava ancora la rotta. La morte di suo fratello Liam riecheggiava nella sua testa quasi ogni notte. Aspettò di prendere il mare, calcolò la velocità del vento, poi andò al timone. Lo virò ed intimò al timoniere di mantenere la rotta impostata. Mise in tasca una bussolà e s'allontanò per raggiungere il ponte di prua, dove sapeva che l'avrebbe trovata.
La regina era lì, in quello che era stato una volta il suo posto preferito, con le mani a penzoloni sulla balaustra ad assaporare il vento e gli schizzi di mare sulla faccia. Indossava un vestito più semplice di quello che le aveva visto nei giorni precedenti, bianco di nuovo, come una volta, con un corpetto allacciato sulla schiena e le maniche ampie che le cadevano lungo le braccia e si legavano alla fine sui polsi. I suoi capelli si muovevano a quattro nodi da babordo, esattamente come il vento, creandone una sorta di traccia.
"Mi ero dimenticata tutto questo: la brezza," cominciò lei dopo averlo sentito arrivare, senza neanche girarsi "il freddo sulla pelle e tu che profumi di sole e di salsedine."
"Tu profumi come quel prato sulla nostra collina." le disse raggiungendola.
Emma sospirò e riprese a guardare il mare. Erano affascinanti le onde che si infrangevano lungo la fiancata e lo scafo di prua che le apriva a metà e le allontanava. "So cosa questo significhi per te." disse lei. Ricordava cos'era stata per Killian la morte di suo fratello, ricordava come aveva reagito e delle continue sere a tenergli il capo mentre vomitava, lavargli la fronte e sciogliergli i vestiti, nascondendolo dagli altri. "Grazie." bisbigliò.
Killian annuì col capo. Pensò che fosse strana quella discussione, che fosse strano parlarne con la regina. Per lui però non era mai stato come parlare con la regina, per lui era solo Emma e l'aveva capito di nuovo, nonostante tutta la dimostrazione di potenza di lei e della sua flotta, nonostante potesse decidere la sua sorte con uno scoccar di dita. Ed in più non era né la bambina, né l'adolescente o l'erede che aveva conosciuto negli anni precedenti. Era diventata umile, forte e generosa. Si ricordava di quella bambina viziata e prepotente. Ci volle solo un attimo perché tutto quello che provava per lei richeggiasse nella sua testa e nel suo cuore.
Emma gli sorrise e poi s'allantanò, tenendosi il fianco con una mano proprio sotto alle costole.
"Prenderai di nuovo possesso dei miei alloggi?" le urlò con una voce che sovrastava il chiacchiericcio dei pirati e lo scrosciare delle onde. Emma si girò, scrollò le spalle e gli sorrise.
Meno di un attimo.

Il viaggio sarebbe stato lungo dieci giorni con appena una fermata per far porto e racimolare provviste per quella che pareva una ciurma due volte più grande del normale. Emma mangiava poco e beveva molta acqua, pareva sempre assetata ed a volte Killian addirittura si preoccupava. Si preoccupò anche inoltre di tracciare una nuova rotta, di un giorno più lunga, ma più sicura, al riparo dalle vele di Regina ed i suoi alleati.
Di notte saliva a prua e la trovava sempre lì. Era sempre sola. Nessuno si azzardava anche solo ad avvicinarsi, per paura o per rispetto, alla regina. Killian provò pena per lei: chissà quale vita di solitudine deve essere stata la sua da quando s'era allontanato dal palazzo, cresciuta solo tra le guardie che non avevano l'autorità per contraddirla. Ma lui no, non si sarebbe fatto intimorire, in fondo era solo Emma.
Cominciava tutto ogni sera con un "Ehi." prima di lui e poi "Ehi." di lei. Le chiese di raccontargli di sua madre, di Biancaneve, di com'era morta, di com'era stato. Le disse che se l'avesse saputo sarebbe tornato. Emma scrollò le spalle, cosa che lui notò che ormai faceva spesso. Forse si sentiva impotente, sopraffatta da tutto quello che le stava succedendo. Le chiese di suo fratello Neal, le disse che se lo ricordava solo da bambino, che non l'aveva mai visto da adulto. Le chiese se c'era ancora il loro albero sulla collina.
Quelle notti Emma si stringeva a lui, lo prendeva sotto braccio, poggiava il capo sulla sua spalla, guardava le stelle con lui. Si fece indicare la rotta, seconda stella a destra, gli chiese che altri posti aveva visto, quanto aveva viaggiato. Avrebbe voluto vedere altri mondi diceva lei, di essere stanca ormai del posto dove si trovavano.
"Altri mondi?" chiedeva lui "Che intendi?"
"Non lo so neanche io." rispondeva lei sospirando. Killian la abbracciò e la baciò sulla fronte.
La Emma che poi c'era di giorno, era ancora più diversa da quella della notte. Sorrideva al mare. Si fece addirittura insegnare da un ragazzino che non era troppo spaventato da lei ad annodare una cima ed a giocare al gioco delle carte. La trovò una volta al tavolo con quello ed un altro più anziano.
Una mattina lo raggiunse al timone. Era bella, fantastica, con un vestito celeste, il petto scoperto ed un gilet marrone che le stringeva in vita e le disegnava la figura. Si assicurò che non la vedesse nessuno e lo abbracciò da dietro, gli accarezzò il petto e gli lasciò un solo bacio sul collo. Killian si girò sorpreso, quasi spaventato, come al contatto con la sua prima donna. Emma gli sorrise, non disse niente e si sistemò i capelli dietro all'orecchio. Se ne andò, guardandolo di sottecchi, lui pensò addirittura maliziosa. Ingoiò forte, lasciò il timone e la seguì. Raggiunsero la sua cabina e chiuse la porta.
Emma non si girò neanche una volta a guardarlo, ma lui la prese in vita, la sollevò e se la portò di faccia e la baciò. Era avido e quasi violento ed anche lei era così. Stavano quasi lottando o si stavano sfogando. La spinse contro il letto e la fece cadere all'indietro per cadere poi con lei. Continuò a baciarla ovunque, sul collo poi sul petto, ed intanto le accarezava una mano, il viso, i fianchi, diventando piano piano sempre più insistente senza prendere neanche respiro.
"Killian." si lamentò lei ad un tratto.
"H-hm?" chiese lui senza staccare la bocca dalla sua pelle.
"Killian." si lamentò di nuovo lei, agitandosi questa volta, sollevandosi con le spalle. Gli prese il viso tra le mani così che tornò col volto di fronte al suo. Lui ne approfittò allora e la baciò, prese le sue labbra con le sue. Emma prese fiato, sorrise e pensò che era tutto così bello. Killian anche sorrise contagiato ed aveva un sorriso meraviglioso. Emma si ricompose, gli accarezzò una guancia, dove c'era una cicatrice. "Non posso." disse poi. In quanto regina non poteva permettersi amanti, né tanto meno riusciva a pensare a lui come suo amante. Lui era di più, non qualcosa di così banale. Sapeva di provare qualcosa per lui, forse da sempre, ma se non poteva sposarlo allora non poteva essere niente.
"Sì, scusa." disse lui rialzandosi. Si riusciva a leggere delusione sul suo viso. Emma si sentì così in colpa di aver cominciato tutto, averlo istigato e poi rifiutato. L'aveva trattato come una vile bestia o animale. Killian si stese sul letto accanto a lei, che chiuse gli occhi e rimase in silenzio e prese ad ascoltare le onde per rilassarsi.
Dopo un po' fu lui a rompere la pace. "Ti sposerai mai?"
"Cosa?" chiese lei.
"I tuoi sudditi prima o poi vorranno un erede." spiegò lui. Capì che quella paura l'aveva perseguitato da sempre.
"Sembri mia madre."
Killian sorrise ripensando per un attimo alla vecchia regina.
"Non lo so." rispose lei "Una volta avrei creduto di poter sposare te."
Lui si girò su un fianco a guardarla. Non sapeva quella parte della storia. Se la vita non avesse tirato loro un tiro mancino probabilmente era quello che sarebbe successo. Emma avrebbe sposato un giovane tenente della marina e sarebbe così diventato capitano, fino all'incoronazione di lei e così sarebbe diventato re. Avrebbe fatto parte del suo mondo, quel mondo che Emma da giovane odiava tanto, che alla morte di suo padre aveva odiato talmente tanto da lasciarlo. Non credeva che infondo sarebbe stato felice così. 
"Poi cos'è successo?" chiese Killian.
"Quello che sta succedendo ora." sussurrò Emma. Un viaggio, una rotta, una pianta, un'arma, probabilmente un'altra tragedia che li aspettava. "E a te invece cos'è successo?" chiese lei indicando verso la sua mano, o meglio il suo uncino.
"Un coccodrillo." spiegò lui.
Emma si girò su un fianco, trovandosi faccia a faccia, con il braccio sotto alla testa e l'altra che si teneva il fianco destro, proprio sotto alle costole, con una mano a piatto, che copriva e tal volta stringeva la pelle. Emma sembrava non farci caso. "Ti ricordi quando" cominciò lei "tornavi dai tuoi viaggi, io dai miei e ci stendevamo sulla collina e mi raccontavi tutto quello che avevi visto, quello che avevi fatto."
"Non potrei dimenticare neanche se volessi." le rispose lui, che le prese poi una ciocca di capelli tra le mani e gliela riavviò dietro un orecchio.
"Raccontami questa."
E tornarono di nuovo bambini a raccontarsi le loro storie, a sfiorarsi di sfuggita, sorridere e tenersi sulle spine mentre qualcosa aleggiava nell'aria.

 



Quando arrivarono finalmente a destinazione, l'umore di tutti cambiò visibilmente.

Il capitano si fece arrabbiato, teso, respingeva tutti ed urlava ordini. Persino Emma credette che fosse il momento di lasciargli un po' di spazio. Gli uomini erano spaventati dal loro capitano ed intimoriti contemporaneamente dalla presenza della regina, e rimanevano così tutti in religioso silenzio. Cercarono di risalire il fiume con la nave prima, ma le acque erano basse e il bacino troppo stretto. Non c'era modo di raggiungere il posto dove crescevano quelle piante velenose se non a piedi. Prepararono allora tutti delle sacche, corde e delle provviste. Qualcuno portò barili, per poterli riempire con acqua fresca quando l'avessero trovata.
Camminarono quindi prima sulla spiaggia, poi in una foresta. Ci volle più di mezza giornata prima di raggiungere l'altura. Si trovarono allora di fronte ad un ostacolo: il terreno che anni fa Killian e Liam avevano attraversato era franato. L'unico modo per arrivare su era scalare. Il capitano si mise una mano sulla fronte quando vide soltanto due corde ed un branco di uomini terrorizzati che indietreggiavano.
"Uno di voi si faccia avanti." ordinò stanco. Ma nessuno fece il primo passo. "Se non si offre nessuno di voi, uccido il primo alla mia destra e porto con me quello alla mia sinistra." Il mastro Spugna si spostò dalla destra del capitano alla sua sinistra.
Di nuovo nessuno si fece avanti, anzi presero a borbottare, contestando la decisione del capitano. Cominciarono a spingersi a vicenda, ognuno mandava avanti a botte il suo compagno perché prendesse parte alla spedizione in modo da salvare gli altri, ma soprattutto salvarsi la pelle. Il capitano davanti a quello spettacolo si mise di nuovo una mano sulla fronte.
"Vengo io." fece poi una voce. I pirati si aprirono e da dietro alle righe Emma avanzò e raggiunse il capitano.
"No, tu non puoi." disse lui, che sapeva che chiunque altro sarebbe andato non sarebbe mai tornato, sapendo di dover scegliere una vittima sacrificale, come era stato con suo fratello Liam. Non avrebbe mai lasciato che Emma, la regina, sarebbe diventata quell'agnello. "Quella cosa è letale e tu sei troppo importante per morire oggi."
"Non morirò oggi." Strappò un sacco e la corda di mano ad uno di quegli uomini e cominciò ad avviarsi lungo il mezzo sentiero che era rimasto, pronta poi per arrampicarsi. Killian Jones s'arrabbiò, strinse il pugno, recuperò l'altra corda e s'avviò per raggiungerla.
I pirati erano ormai rimasti dietro a guardare. Seguivano con gli occhi le due figure dal basso, sperando di poterle vedere tornare entrambe o almeno il loro capitano.
"Sei testarda." le disse lui e non voleva essere un complimento, suonando piuttosto come un'accusa.
"Lo sai."
"Già."
Si arrampicarono e raggiunsero la cima senza neanche parlare. Lei non chiese aiuto neanche una volta. Le tese comunque la corda e le lasciò le sporgenze più grandi a cui potersi appendere. Ogni volta che si girava a guardarla, sbolliva un po' e si calmava. Alla fine giunti in cima si trovò più agitato che nervoso, forse addirittura impaurito e sicuramente preoccupato. Si girò di nuovo verso Emma e la trovò su, a prender fiato e piegata sulla pancia con una brutta espressione in viso e quella mano di nuovo sul fianco. L'aveva notata altre volte e non aveva mai chiesto. Si era annotato però tutte quelle stranezze: il dolore, il poco cibo che mangiava e tutta l'acqua che beveva. Emma rimase piegata su sé stessa decisamente più del solito, con le gambe piegate ed il fiato corto.
"Non è niente." disse poi lei. Si rialzò e fece finta di nulla. Si ricompose ed indossò di nuovo l'espressione risoluta da regina. Eppure il tutto puzzava, era così strano.
"Lo sa qualcun'altro?" chiese lui.
"Cosa?" fece finta di niente.
Killian ne rimase infastidito ed offeso. Lo stava trascinando in quell'avventura mortale, per non parlare di quando avrebbero dovuto combattere Regina, e non si preoccupava di condividere il suo stato di salute giocando a fare la regina anche davanti a lui. Allora le si avvicinò e le premette la mano su quel punto maledetto, infossando le dita fin sotto alle costole di lei.
Emma urlò di dolore e reagendo lo spinse via. Si piegò di nuovo su sé stessa e riprese fiato. "E' solo una maledizione." disse poi. "Regina" continuò a spiegare. Tirò fuori una sciabola e cominciò a tagliare erbaccia per farsi strada tra le fronde.
"Come si toglie?" chiese lui. Fu preso da un raptus di follia. Non voleva sapere niente, né come aveva fatto Regina, né cosa avrebbe comportato, né da quanto tempo stava così o se si era lasciata controllare da qualcuno.
"Non lo so." rispose lei, che continuava a tagliare e pestar rami.
"Come?"
"Non lo so."
"Swan. Emma."
"Non lo so. Non lo so."urlò lei "Non siamo qui per questo."
"Mi sto solo preoccupando per te." spiegò lui cercando di calmarla.
Le prese una mano, invitandola ad aspettare, fermarsi, spiegare. Ma Emma sbottò ed urlò ancora di più se fosse possibile. "Ed io per tutti gli uomini che sono di sotto e per le loro mogli e i loro figli e i figli dei loro amici."
"Non me ne frega niente di tutte quelle persone. Se tu muori..." ma non riuscì neanche a finire la frase.
"Non lo farò. Te l'ho detto. Non oggi, né prima di aver fatto fuori quella stronza."
Killian sorrise, riconobbe la vecchia Emma. Le sue parole lo rassicurarono, le credeva ed era sicuro soprattutto che con quell'arma così potente avrebbero vinto ed in un modo o nell'altro Emma sarebbe stata bene o anzi sarebbe tornata ancora più forte di prima. Annuì. "Ok, fai attenzione qui." Cacciò la spada e tagliò un ramo, poi proseguirono insieme per poco più di cinquanta metri.
"Ci siamo." disse lei.
Killian fece solo sì con la testa. Si coprirono bene in viso, le mani e poi strapparono via qualche ramo, essendo ben cauti a non impugnarli per le spine. Riempirono il sacco, lo legarono ad una corda e lo lanciarono giù, in modo che gli uomini potessero recuperarlo. Quindi tornarono tutti sulla nave e si misero in mare.
Conoscevano bene la posizione di Regina, del resto lei non ne aveva fatto mai mistero. Tracciarono una rotta e s'avviarono per la battaglia. Sarebbero arrivati in tre giorni. Fecero seccare intanto le foglie per una intera giornata al sole, quindi all'ombra della cabina del capitano le pestarono fino ad ottenere un succo che raccolsero nella fodera della spada di Emma, così che le lama ne sarebbe stata madida una volta che l'avesse ferita. Era sicura che Regina avrebbe voluto combattere solo con lei. Lavarono poi la cabina più e più volte con acqua di mare e per star ancora più sicuri, dormirono tutte quelle notti sul ponte sotto un paio di coperte.




Quando raggiunsero terra, Emma non era sicura di essere pronta. Stringeva nelle mani l'elsa della spada, aggrappandovisi come se fosse una speranza.

Il regno in cui erano giunti era splendente e dorato. Non era altro che il regno di re Mida, probabilmente morto per colpa delle folli ambizioni di Regina. A partire dalla sabbia, le piante, tutto era d'oro. I pirati furono accecati ed alcuni di loro afferrarono la prima mela di oro massiccio e fuggirono via. Rimasero in poco meno di duecento.
Non c'era nessuno, né una guardia, né un cavaliere, né un'anima viva. Li stavano aspettando.
Il castello troneggiava su un'altura verde e dorata, non fu difficile da notare né tanto meno da trovare. Killian ed Emma camminavano fianco a fianco. Giunti alle porte, gli bastò spingerne il chiavistello per poter entrare. Emma ingoiò saliva e si fece coraggio.
"Bene, bene, bene." una voce parlò e rimbombò tra le mura. I pirati si girarono in ogni direzione per poterla trovare. Emma alzò gli occhi e vide Regina in cima ad una gradinata. Strinse la mano attorno alla spada. "La principessa che arriva circondata da un branco di fuori legge. Questa non me l'aspettavo."
"E' sua maestà la regina." rispose Emma.
Regina la guardò prima imbestialita, toccata nel suo punto debole, poi sorrise sollevando un sopracciglio. Scomparve avvolta in una nuvola di fumo rosso e riapparve davanti a loro. I pirati indietreggiarono, anche Killian indietreggiò e sfoderò la sua spada, mentre Emma rimase lì immobile a fronteggiarla.
"Sua maestà!" la sbeffeggiò Regina.
"Adesso!" urlò Emma ed ognuno di loro prese mano alla spada, lanciandosi all'impazzata contro l'impostora. Un gruppo di soldati vestiti in armature nere uscì allora lo scoperto, spuntando fuori da ogni angolo e correndo verso quelli di loro, vestiti di soli stracci ed acqua di mare, scoperti e deboli a confronto. Emma vide molti di loro cadere subito. Cercò Killian e lo vide combattere con uno di loro che stringeva in mano una mazza chiodata.
Emma allora estrasse la sua spada e si lanciò verso Regina, che non rimase ferma a guardare. Si difese con palle di fuoco all'inizio. Poi per magia fece apparire una lama che le stava davanti e si governava da sola proteggendola. Quindi cominciano a combattere. Ben presto Regina si rese conto dell'abilità di Emma, che aveva passato l'infanzia ad osservare marinai combattere, l'adolescenza ad imparare da suo padre e diversi mesi in mare a farsi insegnare dal più temibile e spietato di tutti i pirati. La spada di Regina volò via ed a lei non rimase che la sua magia da lanciare. Emma superò non una, ma ben due di quelle trappole. Poi sentì qualcosa dentro, si guardò le mani e capì solo di essere piena d'energia. Non sapeva come, ma lanciò qualcosa. Una luce bianca le uscì dritta dritta dalle dita e dal palmo della mano e colpì Regina che volò a terra. Piena di quella nuova forza Emma sperava davvero a quel punto di poter vincere. S'incamminò allora a grosse falcate verso di lei. Strinse la spada, la impugnò con entrambe le mani e si preparò per affondare. Ma così com'era venuta, quella forza sparì ed anzi le risucchiò da dentro anche altro. Ad un tratto Emma cadde. Fu come se mille spade la infilzassero da dentro, proprio ad altezza di quel fianco, proprio dove quel dolore le ricordava da qualche mese di avere le ore contare. Emma urlò. Regina si rialzò sorridendo soddisfatta. S'allontanò così che potesse uccidere sua maestà la regina senza nemmeno sporcarsi le mani. Anche i suoi soldati si ritirarono e si schierarono dietro di lei.
Dalla parte di Emma, pirati e marinai sussultano.
"Emma!" urlò Killian.
Due cavalieri si parano di mezzo tra loro due. Killian riuscì a colpirli e mandarli via con due soli affondi. Vide per un attimo di sfuggita Regina che si teneva un polso.
"Emma!"
"Killian." fece lei con un filo di voce. La folla che li circondava continuava a guardare col fiato sospeso. Emma tossì, vide sangue caduto sui pantaloni di lui e più in là sui mattoni di pietra grigia. Si leccò le labbra e ne sentì il sapore. In quel momento capì che qualunque cosa le stesse succedendo non aveva più molto tempo. Provò a rialzarsi, ma la stessa cosa che pareva averla colpita all'inizio, la colpì di nuovo da dentro ed inciampò di nuovo. Killian la prese al volo e la riportò a terra piano piano. "Oh dio, Swan." sospirò terrorizzato lui.
"Killian, tu li devi proteggere."
"No, io devo aiutare te."
"Uccidila, la maledizione se ne andrà dopo." Emma si rese conto di non essere stata convincente. Quindi raccolse tutte le sue ultime forze e lo spinse via con una mano. "Va' , è un ordine."
Killian si rialzò, prese la spada di Emma si avvicinò a Regina. Lei era chiaramente ferita e non perfettamente capace di tenersi in piedi. Una serie di nuovi soldati le si pararono davanti per proteggerla. "Fatti avanti, strega, non fare la vigliacca!" le urlò. Regina era troppo orgogliosa per non rispondere alla provocazione.
"Mi ricordi il caro dolce paparino!" fece lei alludendo all'ormai fu re David.
Killian le si lanciò incontro a spada tratta. Regina si parò con la magia, col fuoco, spade volanti, scudi invisibili, ma alla fine ormai stanca già dal precendente incontro lasciò per un fatale momento la guardia scoperta. Un pirata è però un combattente esperto e sleale. Non avrebbe aspettato che lei si riavesse e si parasse. Allora Killian Jones colse il momento e la colpì fatalmente, attraversandola da parte a parte, sentendo sotto i calli della mano le viscere morbide che attraversava e lo scatto finale del bustino rigido del suo vestito. Regina si passò la mano sul fianco e la pelle le si rimarginò all'istante per magia, ma il veleno non tardò a fare il suo effetto e cadde a terra agonizzante prima e poi morta. Si dissolse in una nuvola di fumo mentre tutti stavano a guardare e nessuno la aiutava. Allora qualcuno dalla folla esultò. Prima uno e poi un altro. Si resero conto che la guerra era vinta, il reame era libero e non c'era più un dittatore.
"Lunga vita al capitano!" urlarono.
"Lunga vita"
"Lunga vita!"
Ma Killian non li stava ascoltando ed era corso da Emma. Si era chinato al suo fianco, le aveva sollevato le spalle sulle sue gambe ed il capo nell'incavo del gomito, mentre con l'altra mano le accarezzava una guancia, aspettando che la maledizione scomparisse. Ma non succedeva niente ed Emma neanche respirava.
La folla ripiombò nel silenzio. Tutti avevano chi le mani davanti alla bocca, chi strette in grembo in trepidante attesa, pregando per la vita di quella regina che era riuscita in quello che i suoi genitori avevano da sempre tentato di fare, che aveva ridato la libertà al suo regno di nascita.
"Emma." la chiamò lui, ma lei non rispondeva, non reagiva, era immobile tra le sue braccia. Il suo corpo stava piano piano diventando di pietra, bianco pallidissimo ed immobile. Era sempre bellissima, ma i suoi occhi erano chiusi, le sue labbra non ridevano, non aveva più quel cipiglio da reale che aveva da sempre e di certo non era in piedi a dare ordini a tutti ed a risistemare tutto. "Apri gli occhi." le chiese con voce implorante. "Apri gli occhi." fece di nuovo. La vista gli si appannò e una serie di lacrime cominciarono a cadergli dagli occhi e proprio non voleva perché avrebbe voluto continuare ad osservarla bene finché avesse potuto. La strinse, la abbracciò e le pianse su una spalla tra i capelli, stringendole le spalle, appoggiandosela a sé.
Persino molti dei suoi uomini cominciarono a piangere. Alla folla s'erano aggiunti cavalieri, fattori, contadini e altri cittadini che assistettero tragicamente alla scena. Erano tutti chiusi in silenzio a lutto. Poi un bambino si avvicinò, posò due margherite a terra davanti a loro. Killian avrebbe voluto ribellarsi, dire a quel bambino di tenersi quei maledettissimi fiori perché la sua Emma non ne aveva bisogno, ma poi se ne avvicinò un altro e lasciò un'orchidea e due rose. A mano a mano tutto il regno avvolgeva di fiori la loro regina. Un uomo le si avvicinò, le mise una mano sugli occhi, serrandole le palpebre, le lasciò poi una rosa rossa sul petto. Fu allora che Killian capì che era finita davvero. La distese per terra e lasciò che l'intero regno si prendesse cura della sua regina, mentre guardava tutto impotente. Si rialzò e raggiunse i suoi uomini, che si strinsero a lui nel rispetto e nel dolore.
"E' il giorno della morte che da alla vita il suo valore, capitano." gli disse mastro Spugna, che per una volta non aveva balbettato neanche una parola. Killian lo guardò e non disse niente, incapace di rispondere. Come poteva la sua vita avere valore solo allora? La sua vita era sempre stata preziosa, non solo per lui.
Un'ora dopo la regina era in una bara di vetro coperta di milioni di fiori colorati. Killian era fermo lì, senza riuscire né ad andar via, né a partecipare o quanto meno ribellarsi.
"Puoi salutarla per l'ultima volta." disse un ragazzo. Si girò verso di lui. Non l'aveva visto arrivare. Aveva pianto ormai tutte le lacrime e quello che gli restava sul viso erano un paio di occhi rossi ed un'espressione sconvolta. Si rese conto di nuovo che quello poteva essere davvero l'ultimo saluto.
Si avvicinò piano, timidamente ed evidentemente distrutto, e cominciò a parlare, senza neanche preoccuparsi di chi e quanti gli stessero intorno. "Emma, mia sovrana, mia amica, mia amata..." cominciò ma non sapeva esattamente cosa le avrebbe potuto dire, lei neanche stava ascoltando. Le sue parole furono comunque tagliate da altre lacrime che non credeva di avere. Singhiozzò allora e le si avvicinò poi e la baciò e basta.
Sentì d'un tratto un fiotto di vita, forte, prepotente e naturale che lo attraversava e che piano piano si espanse a tutti quelli che li stavano attorno, agli alberi, alla terra e al mare. All'improvviso le labbra di Emma si mossero e lo baciarono di rimando. Killian aprì gli occhi e la vide muoversi, aprire i suoi e rialzarsi. Non poteva crederci.
"Killian," cominciò Emma, sembrava riposata, rilassata, con le guance rosee, gli occhi del colore della foresta e le labbra sorridenti. "ci hai salvati tutti."
Killian la abbracciò tra lo sgomento e gli applausi di tutti.




Il viaggio di ritorno non fu semplice. Killian sapeva giorno dopo giorno che avrebbe dovuto abbandonare Emma di nuovo, salutarla, magari per sempre. Dubitava che avesse avuto bisogno di lui ancora un'altra volta. Però almeno era viva.

Cercava di godere di ogni momento con lei, ma ormai era sempre accerchiata da qualcuno. I pirati non la temevano più, anzi la ammiravano, la rispettavano, le chiedevano consigli e qualcuno di loro chiese di arruolarsi nella sua guardia e lavorare al castello. Alcuni avevano moglie e figlie che potevano diventare sue dame di corte. Si ricordò di nuovo che non era la sua Emma, la bambina, la ragazza, ma aveva davanti la regina e finalmente era maturata a pieno, come i suoi genitori avevano sempre voluto, come i suoi sudditi avevano sempre auspicato. Killian allora passò molto tempo a studiare le mappe nautiche.
Arrivarono presto al porto. Mentre gli uomini avevano intenzione di divertirsi nelle taverne, Killian accompagnò Emma al castello. Voleva rivedere il posto dove era cresciuto ancora un'altra volta. Lei era elettrizzata. Era piena di vita, sorrideva e lo tirava per il braccio lungo le strade.
Quando le porte del castello si aprirono, Killian non poteva di certo aspettarsi un'accoglienza del genere.
"Lunga vita al capitano!"
"Lunga vita!"
"Lunga vita!"
"Complimenti per la missione!"
"Grazie, grazie, grazie! Lei ha salvato i nostri figli!"
"Non si lasci scappare la nostra regina!"
"Dormiremo tranquilli grazie a lei!"
Quasi tutti i cittadini erano riuniti a palazzo, nella piazza principale. Si dividevano in due lati e lasciavano passare la regina e il capitano. Alcuni di loro si sporgevano a stringer loro le mani, accarezzargli il braccio, sfiorargli gli abiti. Alcune madri sollevavano i propri bambini perché Emma, la regina, li prendesse in braccio o gli baciasse il capo. Se Emma però era abituata a tutto questo, Killian non l'aveva neanche mai immaginato. Si ricordava però di suo fratello e di come veniva accolto ed era proprio così che succedeva, o almeno in una piccola versione. Forse gli scappò qualche lacrima che sperò che Emma, la regina, la sua Emma, non avesse visto. Lei si trovava ormai le mani piene di fiori, i capelli incoronati da una cornice di margherite e le braccia che sostenevano regali di ogni tipo. Emma si girava di tanto in tanto e lo incoraggiava a proseguire. Killian stringeva mani, accettava con modestia tutti i complimenti ed i ringraziamenti che gli rivolgevano.
Alla fine di quella lunga coda aperta tra la gente, davanti alle porte del castello, c'era Neal in piedi, tirato di tutto punto. Indossava solo una fasciatura lungo la mano e si sosteneva con un bastone bianco dall'impugnatura dorata, almeno in parte guarito. "Sorella!" le urlò lui ed Emma gli corse incontro e lo abbracciò, mollando tutto a terra.
"Lunga vita alla regina!" urlarono. "Lunga vita al principe!"
Emma e Neal si abbracciarono ed oscillarono, entrambi felici di potersi rivedere, entrambi sani e salvi. Era evidente che Emma non sperava di tornare da quella missione e solo in quel momento Killian capì tutta l'angoscia e il coraggio che doveva averla pervasa sin dall'inizio.
Killian s'avvicinò piano a loro. Rimase a diversi passi di distanza. Non era sicuro di come Neal avesse reagito alla sua presenza, in fondo, come le aveva anche detto, era solo un bambino quando lui aveva lasciato il castello. Quando Emma sciolse l'abbraccio, si girò verso Killian, gli fece segno con una mano di raggiungerla. Lo afferrò per il polso, mentre con l'altra teneva quella del fratello. Li avvicinò e fece in modo che si strinsero la mano. Neal allora sorrise, lo abbracciò e lo ringraziò per avergli riportato sua sorella a casa sana e salva.
Tutta quell'esperienza era diventata travolgente. Killian si sentì accettato ed amato per la prima volta dopo tanto tempo. Sentì di far parte di qualcosa, oltre che di quella nave, di quegli uomini. Sentiva che c'era posto per lui, se avesse voluto. Non riusciva però neanche ad allontanare il pensiero dai suoi uomini e dal fatto che non poteva lasciarli così senza dir niente.
Prima che Killian potesse controbattere, Emma fece preparare una cena, fece distribuire vino e pasticcini a tutti. Ordinò che persino il popolo potesse accedere al castello. Allora si saziarono, mangiarono e bevvero tutti insieme tra la gioia ed i festeggiamenti. Le guance di Emma si erano fatte rosse, scherzava e rideva con Neal e con lui. La vide anche ballare prima con una guardia e poi con un contadino di quelli che aveva invitato. Fece persino loro un inchino. Sognò allora di ballare con lei davanti a tutti.
Non tutti però riuscirono ad entrare in quelle stanze che all'improvviso apparvero minuscole. Tutti quelli che erano rimasti fuori urlavano "Vogliamo la regina, vogliamo il capitano!". Emma fece dire che presto si sarebbe affacciata al balcone grande ed ordinò di farlo quindi preparare. Salì le scale e si trascinò Killian con sé. Lui provò una sensazione di strana malinconia mentre percorreva quei corridoi che conosceva quasi a memoria. Erano diversi ed uguali insieme.
Una volta arrivati c'era una guardia ad ogni lato del balcone. Erano ancora all'ombra, dove non potevano essere visti, quando Emma lo prese per mano, lo avvicinò e gli sistemò il collo della giacca prima e la camicia poi. Era bella quando rideva, quando vinceva, quando era così felice. "Avevo dimenticato quanto fosse buono il pollo a palazzo." sentì il bisogno di dire qualcosa.
"Abbiamo un nuovo cuoco da qualche anno, dovresti provare l'agnello." gli suggerì lei guardandolo dal basso in alto, mentre lo tirava quasi a lucido. Nessuna delle guardie si scandalizzò da quella insolita vicinanza, proprio come quando erano bambini. Tutto però era anche diverso. Sarebbe dovuto andar via presto e non sapeva se Emma fosse cosciente di questo.
"Peccato non poterlo fare." disse allora lui. Non avrebbe mai voluto rompere quell'incanto, ma voleva che Emma gli dicesse qualcosa. Non sapeva cosa, ma qualsiasi cosa per renderlo felice.
"Come?" chiese lei interrompendosi.
"Tra poco partirò di nuovo."
"Oh." Emma non seppe cosa dire. Si era creata l'illusione che forse Killian sarebbe rimasto, forse era stata solo troppo incoraggiata da quello che diceva la folla, da come tutti li volessero finalmente insieme, come il paese aveva benedetto la loro unione. Aveva dimenticato che lui non doveva rispettare il volere del popolo.
"Mi dispiace. Io..." sospirò il capitano allontanandosi da lei. Si girò, non aveva il coraggio di guardarla in faccia. "non mi aspettavo tutto questo. C'è un tesoro." cominciò a spiegare "Su un'isola. Si narra essere gigantesco. I miei uomini non dovranno più depredare e saccheggiare in vita loro."
"Va bene." disse lei. In fondo lo capiva. Aveva fatto lo stesso e lo avrebbe rifatto se lui gli avesse chiesto di partire insieme.
"Mi dispiace, Emma. Questa" disse indicando fuori "non è la mia vita, lo sappiamo entrambi."
Emma prese un respiro profondo. Fece segno di sì con la testa e parve subito accettare tutto. Per una volta era lui che volontariamente decideva di andarsene, senza esserne costretto. Andava bene. Era così che doveva essere. Lui non apparteneva al palazzo, non apparteneva al popolo come lei.
"Ti ho detto che va bene. Ora va' , sei un eroe ora," disse sorridendo orgogliosa "oggi hai un dovere verso di loro. Va'." Quindi lo seguì fuori, presentò Killian Jones e non Capitan Uncino al popolo e poi indietreggiò, lasciandolo lì. Si godette dall'esterno lo spettacolo del capitano e dell'uomo che doveva essere dall'inizio, che aveva sognato di essere sin da bambino. Provò solo orgoglio con cui cercò di nascondere la tristezza. Ma in fondo lo sapeva. Da fuori si sentivano solo urla di persone che lo acclamavano.
La raggiunse Neal dopo pochi secondi. Camminava ancora un po' sbilenco ed aveva davvero bisogno di quel bastone che usava. Si fermò accanto a lei e con lei guardò dalla sua prospettiva lo spettacolo che gli si parava fuori. "Sai," cominciò a dire "credo di avere un ricordo vago di te, sorella, bambina che mi trascini ovunque sulle spalle e del nostro eroe, Killian Jones, che mi traeva in salvo."
Emma sorrise. "Sì, suona proprio da noi."
"Se l'è meritato." commentò Neal. Da bambino non aveva partecipato alla tragedia che aveva portato Killian Jones ad esser allontanato. Per lui se n'era andato da uomo ferito ed era ritornato da eroe. Era consapevole della fama di capitan Uncino, ma sapeva bene che non aveva mai portato i suoi uomini entro i confini del loro regno.
"Già." disse Emma guardando prima fuori, poi verso il fratello "Come sta la tua spasimante principesca dai capelli rossi?" chiese.
"Accidenti, non ti sfugge niente. Bene, direi." sorrise Neal imbarazzato, ripensando alla sua dolce metà.
La regina fece cenno di sì col capo in approvazione. "E' qualcosa che arriva con la corona."
"Emma."
"Hm?" si girò lei verso di lui e Neal non poté non notare che aveva il viso disteso ma le spalle dritte e rigide ed i pugni chiusi. Le prese una mano, incrociò le dita con le sue e la vide sospirare e chiudere gli occhi.
"Cosa credi che ti avrebbe detto nostra madre?"
Emma ci pensò. "Di sposarmi." sorrise scherzando. Si ricordò di una sera quand'era piccola con sua madre che le pettinava i capelli accanto al fuoco.
"Di fare quel che ti rende felice." rispose lui serio al suo posto.
"Io non ho una scelta, Neal."
Neal sospirò. Ci aveva pensato a lungo, da prima che Emma stessa venisse incoronata, prima che lei tornasse dalla sua fuga, e poi dopo quando lei stessa gli chiese se poteva esser pronto, poco prima di partire per trovare Regina. "Ce l'hai, sorella, e ti sta in piedi accanto." Credeva di poter esser pronto.
Emma fissò lui, poi guardò a terra, si leccò le labbra e ci pensò davvero. "Non posso mollare tutto di nuovo." Ripensò all'accoglienza che i suoi sudditi le avevano riservato, alla gioia che aveva visto negli occhi di tutti, ai doni, all'amore che il suo popolo le dava e che però sapeva in cuor suo che non le bastava. Si sarebbe sentita per sempre chiusa in una gabbia dorata.
"Sorella, tu sei una fantastica regina, ma questo è un lavoro che deve essere fatto in due. O ti uccide qui." Con un dito Neal indicò il suo cuore.
"La principessa Merida?" chiese Emma.
"E' la regina Merida nella sua terra." precisò lui. Emma sorrise. "Le ho chiesto di sposarmi." confessò poi imbarazzato. Emma ne fu felice e soddisfatta. Sapeva esserci qualcosa tra quei due. "Sono felice per voi."
Neal le fece cenno con un capo, felice di aver avuto la sua benedizione.
"Neal?"
Il principe si girò a guardarla.
"Lunga vita al re."




Quando il capitano finalmente tornò a bordo della Jolly Roger, fu accolto da un chiacchiericcio continuo e fastidioso.

"Capitano, capitano!" Mastro Spugna gli corse appresso tutto allarmato. "Capitano, capitano!"
"Che c'è?" chiese lui infastidito.
"E'... è voluta salire per forza, io per mille fulmini le ho detto di no, ma lei è salita lo stesso, le ho detto che non potevo far salire nessuno, ordini del capitano, vostri ordini, ma niente, lei non...non...no-non..." prese a balbettare.
"Lei? Lei chi?" chiese.
"B-beh... E'...è..." ma non riusciva più a spiccicare una parola intera e così indicò il ponte di poppa. Killian salì di corsa e vide una donna alta, bionda, fasciata in un paio di pantaloni blu scuro, stivali alti e una giacca di pelle scamosciata marrone. I capelli le volavano al vento, spinti tutti da un solo lato, e sapeva benissimo a chi appartenevano quei capelli. Rimase lì impalato senza riuscire a dire niente.
La donna si girò, lo guardò e sorrise. "Ho sentito dire che c'è un tesoro."
Killian le sorrise, la raggiunse quasi di corsa e la sollevò da terra, la fece volteggiare un paio di volte, la rimise a terra e la abbracciò prima e poi la baciò.
Lei si fece prendere e baciare come una bambola. Gli tenne le guance mentre premeva con la bocca sulla sua e sorrideva ancora. "Non sarò uno dei tuoi pirati." precisò lei con un dito che aleggiava tra di loro.
Lui la riprese in braccio di nuovo ridendo e sorridendo, ma stavolta lei non era pronta, una cima era rimasta scoperta sul ponte e caddero all'indietro perdendo l'equilibrio. Ripresero a ridere di nuovo con lei addosso a lui che gli si era poggiata sul petto.
"Capitano!"
Killian si lamentò portandosi la mano dietro alla schiena.
"Oh dio, ti sei fatto male?" chiese Emma rialzandosi subito e sedendosi accanto a lui. Lui si rialzò piano, sempre tenendosi la colonna vertebrale e lei lo aiutò, cercando di tastare qui e lì se fosse tutto apposto.
"No, no." disse lui. Si rimise a sedere, la guardò ed era sorprendente che lei fosse lì, senza corona in testa, col cuore pieno d'amore e d'avventura. Era finalmente di nuovo la sua Emma, la bambina che aveva conosciuto più di vent'anni prima, quella con cui era cresciuto e che aveva piano piano imparato ad amare, la sua famiglia, la sua amica, la sua compagna, il suo tutto. La afferrò per le spalle e la ributtò a terra, bloccandola con le braccia.
"Capitano!"
Killian la baciò ed era come stare da soli, su quel prato, tanti anni prima. Si sentiva di nuovo adolescente, come se niente di tutto quello che li aveva separati fosse successo. Sembrava giusto, proprio come sarebbe dovuto essere dall'inizio. Le prese la mano, la allacciò alla sua, incrociò le dita con le sue e gliela portò prima in alto sopra alla testa, poi piano piano giù lungo i fianchi.
"Capitano?"
Finalmente Killian alzò il viso e con Emma si girò verso la voce. Mastro Spugna stava lì davanti a loro con il suo cappellino di lana rossa in mano, i piedi un po' incrociati e guardava a terra imbarazzato. "Che c'è?" chiese Killian. Un'altra volta gli avrebbe lanciato qualcosa appresso o l'avrebbe minacciato di farlo camminare sull'asse.
"Che rotta, capitano?"
"Ai confini del mondo." disse lui guardando Emma.
"Ai confini del mondo." sorrise lei.




 




Angolo dell'autrice
Niente da aggiungere, niente da dire. Solo vi è piaciuta? A me un sacco :-)

  
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