Titolo: Dipingimi
distorto come un angelo anormale, che cade
Fandom: Captain
America
Personaggi/Pairing: Bucky
Barnes, Steve Rogers, vari; Steve/Bucky
Genere: Angst!
Angst!
Angst! No skè. Ma se conoscete la Destiel saprete che di
fluff non si abbonda.
Avvertimenti: dopo
svariate
sudate per convincermene... Dean!Steve, Cas!Bucky
(e Sam!Sam
\o/ Solo io trovo divertentissima la cosa?)
Parte: 1/?
Rating: Per
ora,
verde/giallo
Conteggio Parole: 420
Riassunto: (...) vorrebbe
chiedergli se ricorda di tutte le volte che ha desiderato per lui una
fine
migliore per un Angelo del signore. Se ha mai trovato l’album
pieno zeppo di
suoi ritratti. Raccolta
Destiel!Stucky senza né come né perché.
Note: Avete
letto bene: una raccolta con tema le mie due coppie oggetto di
queerbaiting preferite <333 Non è bellissimo? (No,
Francesca, hai una
maturità da affrontare, allontanati dal PC, deficiente.)
Come prima fanfiction abbiamo una robetta leggere ambientata
nell’Endverse,
tanto per non farvi già rimpiangere di averla letta senza
nemmeno averlo fatto.
Il titolo della raccolta viene da Luna
ed è la frase più Destiel!Stucky che
mai leggerete.
Il titolo del capitolo/della ficlet è del tutto a caso ed
è una citazione degli
Smiths, no, non di Skin, grazie,
sì.
Siete carichi? Siete fichi? E allora readyyy... gggooo!!!
Ciao.
Dipingimi
distorto come un angelo anormale,
che cade
1
– to die by your side...
Steve
non guarda fuori dal finestrino.
Piove talmente violentemente da riuscire a vedere a malapena la strada
che
stanno percorrendo; nonostante questo, Bucky ingrana la terza con una
sicurezza
inquietante, come se avesse già guidato in situazioni simili
o come se non gli
importasse molto di riuscire a farlo o meno. “Smettila di
agitarti, ragazzone,
sei più al sicuro con me che con il leader senza macchia e
senza paura.”
Ogni tanto gli scappa una risatina. Ogni tanto ingoia una pillola.
Steve lo fissa. Non può farne a meno. Ha i capelli lunghi e
sporchi, poco
curati, e la barba sfatta, ma profuma d’incenso e non sembra
aver freddo
nonostante non indossi niente sopra la camicia. Vorrebbe essere
sorpreso da
quanto lo faccia star male l’assenza del trench e la presenza
del braccio di
metallo. Vorrebbe essere compiaciuto da come Buck abbia acquisito un
senso dell’umorismo.
L’unica cosa che vuole, però, è tornare
a casa.
Quindi guarda avanti e pensa all’orgia. Pensa che vorrebbe
chiedergli se
ricorda di tutte le volte che ha desiderato per lui una fine migliore
per un
Angelo del signore. Se ha mai trovato l’album pieno zeppo di
suoi ritratti. Se
ha più parlato con Sam dall’ultima volta che
l’ha visto o se anche fra di loro è
stato impossibile tornare in contatto senza aver paura del futuro. Gli
prudono gli
occhi. Se li strofina. “Sei finito proprio in basso,
amico.”
Buck ferma la macchina.
C’è qualcosa di feroce, nei suoi occhi, una volta
che incontrano i suoi, lo
stesso fuoco che anima quelli del Bucky del suo tempo. Ha paura di aver
detto
la cosa sbagliata, di essere lasciato per strada o, peggio, di dover
viaggiare
col se stesso del futuro, di vederlo realizzare di non voler
più niente a che
fare con qualsiasi versione nell’universo di Steve Rogers -
di fare qualcosa di
diverso dall’afferrarlo per il collo della maglia e
avvicinarsi e premere le
labbra contro le sue.
Ed è brutale, è violento, è disperato
e lui lo afferra per le spalle e ricambia
fino a che non sente i polmoni bruciare a causa della mancanza di
ossigeno ed è
costretto a riprendere il respiro.
“Non sono mai stato con un uomo,” mormora.
Bucky distoglie lo sguardo. La pioggia ha smesso di cadere e permette a
Steve di
rendersi conto che sono arrivati a Detroit. Poco distante da dove sono
parcheggiati risuona uno sparo, qualche insulto e la portiera di una
macchina
che viene sbattuta.
“No,” conferma Buck. “Non ci sei mai
stato.”