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Autore: ThorinOakenshield    18/06/2016    3 recensioni
"Nei Giardini della Memoria, nel Palazzo dei Sogni... ecco dove io e te ci rivedremo."
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Liddell, Cappellaio Matto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 L’oscurità regnava sovrana: ovunque l’occhio andasse, non vedeva altro che un nero angosciante e opprimente. Alice non aveva la benché minima idea di dove i suoi piedi stessero poggiando, dal momento che, chinando lo sguardo, ciò che scorgeva non era il pavimento, bensì le tenebre più totali.
 La fanciulla non stava facendo altro che guardarsi intorno, sperando di svegliarsi presto. I suoi occhi saettavano a destra e a sinistra, nella disperata ricerca di una via di fuga, quando finalmente andarono a posarsi su un punto lontano.
  Fin troppo fievole, lungi da lei scintillava una piccola luce argentea, pareva una stella.
 Alice non temeva le tenebre, non le aveva mai temute, ma tutto quel buio la stava inquietando sempre di più; quindi afferrò i due lembi della lunga vestaglia da notte, e si affrettò verso quella minuta sfera evanescente.
 Man mano che si avvicinava, la luce si faceva sempre più grande. Non appena la raggiunse, la ragazza rimase alquanto sbalordita: dinanzi a lei si trovava una gigantesca fessura, la quale stava sfolgorando di luce stellare.
 Con il cuore colmo di speranza, Alice attraversò senza problemi l’immensa fessura della porta, venendo inghiottita da una luminosità rassicurante e magnifica.
 
 Non appena quel bianco abbagliante si dissolse, Alice si ritrovò in un giardino alquanto insolito: gli alberi erano spogli di ogni foglia, al loro posto si trovavano delle nuvolette dai labili contorni, all’interno delle quali venivano riprodotti dei momenti trascorsi tra Alice e il Cappellaio.
 La ragazza si guardò intorno e vide se stessa impegnata in una conversazione con Tarrant, sui balconi della Regina Bianca, prima del Giorno Gioiglorioso; sopra altri alberi riconobbe il momento in cui il Cappellaio l’aveva nascosta in una teiera e via discorrendo.
 “Sei arrivata, finalmente.”
 Alice si voltò veloce come un fulmine, per poi scorgere lo Stregatto materializzarsi dinanzi a lei, con il solito sorriso che gli andava da un’orecchia all’altra.
 La giovane non riuscì a celare la sua gioia, nel ritrovarselo davanti dopo così tanto tempo, un tempo che l’era parso infinito. “Stregatto!” esclamò sorridendo briosa, non vedendo l’ora di incontrare il resto della vecchia comitiva, in particolare una certa persona…
 “Era ora che arrivassi, mia cara…” Lo Stregatto si esibì in una lenta capovolta, facendo infine scomparire il resto del corpo, salvo la testa.
 Alice diede un’altra occhiata alle scene di lei e Tarrant, assumendo un’espressione oltremodo perplessa. “Stregattto, io non capisco… che posto è mai questo?”
 “Questo è il Giardino della Memoria” rispose egli come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo, evaporando nuovamente.
 La ragazza lo cercò con lo sguardo, domandandosi dove diamine fosse andato a cacciarsi.
 “Va’ dritta per questa strada.” Alice per poco non balzò dalla sorpresa e dalla paura, quando il suo amico comparve alle sue spalle e le parlò. “Ti condurrà al Palazzo dei Sogni, lì dove c’è una persona che ti aspetta.”
 
 Il Palazzo dei Sogni era una costruzione in pietra dalla maestosità piuttosto esigua. Quando lo vide, Alice ne rimase parecchio delusa: si aspettava un immenso palazzo di un bianco lucente, imbellettato da decorazioni in oro che sfavillavano baciate dal sole. Non poteva essere così insulso e comune, il rinomatissimo Palazzo dei Sogni.
 Alice, che ti prende? Si domandò la fanciulla, disgustata. Da quando in qua sei un’amante dello sfarzo? L’importante è vedere lui, quindi smettila di fare la schizzinosa e muoviti!
 Dopo aver tratto un sospiro, la ragazza si avviò verso quella costruzione tutta archi e merli.
 
 Non appena vi mise piede, Alice si sentì quasi minacciata da quell’ambiente freddo e austero. I suoi passi echeggiavano contro le pareti di pietra e parevano essere l’unico suono presente in quel luogo spartano e pressoché opprimente.
 “C’è qualcuno?” domandò la fanciulla, a gran voce, ma, l’unica risposta che ricevette, fu la sua stessa domanda, la quale era rimbombata per tutto il corridoio del palazzo.
 Quel luogo era talmente cupo che, per un attimo, Alice temette di essere finita in una trappola della Regina Rossa.
 Alice, ma che diamine vai pensando?! Lo Stregatto non ti avrebbe mai condotta in una trappola!
 I timori assurdi della ragazza scomparvero definitivamente quando, dal muro, comparve una bellissima farfalla del colore del cielo.
 La ragazza non perse tempo e la seguì, sperando che l’avrebbe guidata dalla persona che smaniava di rivedere.
 
 Con l’ausilio del Brucaliffo ormai divenuto farfalla, Alice finì in una sala sfavillante, talmente sfavillante da mozzare il fiato: le pareti di pietra erano state sostituite da dei muri tappezzati da decorazioni dorate, mentre dal soffitto pendevano dei lampadari arzigogolati e a dir poco pomposi. Disposti per la sala c’erano dei tavolini d’oro, circondati da sedie che parevano essere dei troni destinati a re e regine. Ad uno di quei tavoli sedeva Tarrant, eccentrico e colorato come sempre.
 Sul volto della fanciulla andò a delinearsi un sorriso, mentre i suoi occhi erano spalancati in segno di stupore e immensa letizia. “Cappellaio!”
 Udendo quella voce, Tarrant si voltò e, non appena riconobbe Alice all’ingresso della sala, rimase un attimo fermo e in silenzio, come se si stesse accertando che fosse per davvero lei: tutto ciò gli pareva troppo bello per essere vero. Non appena ebbe preso atto della veridicità della ragazza, scattò in piedi e la raggiunse.
 Alice gli andò incontro e, in men che non si dica, si ritrovarono abbracciati. Si stavano stringendo vigorosamente, come se avessero temuto che una forza misteriosa avesse potuto separarli da un momento all’altro.
 L’uomo interruppe bruscamente l’abbraccio, per cominciare a tastare la ragazza, dubbioso. “Sei tu? Sei tu tu?”
 Alice sorrise divertita, alzando gli occhi al cielo: non era cambiato d’una virgola, e questo era un bene. “Sì, sono proprio io.”
 Allora Tarrant sorrise a trentadue denti e puntò i suoi occhi verde accesso in quelli color nocciola di lei. “Oh, mia dolce Alice! Mi sembra tutto troppo bello per essere vero!”
 A quelle parole, la fanciulla si rabbuiò: mi sembra tutto troppo bello per essere vero… ma era vero? D’altronde, si trovavano nel Palazzo dei Sogni, un sogno non poteva essere la realtà.
 Notando lo sguardo mesto della vecchia amica, il Cappellaio pensò bene di prenderla per mano e condurla verso il tavolo a cui era seduto poco tempo prima. “Su, vieni con me, ci sono due tazze di tè e tanti, tanti pasticcini. Ho preparato tutto per il nostro incontro.”
“Grazie Tarrant, sei sempre molto gentile” disse Alice accomodandosi sulla sedia che il suo amico le aveva spostato.
 Non appena si sedette dinanzi a lei, il Cappellaio versò del tè nella sua tazza, senza smettere di sorridere neanche per un secondo. Si vedeva lontano un miglio che era immensamente felice di rivederla, sembrava un cagnolino scodinzolante, in uno stato di assoluta euforia, dovuta al ritorno del padrone.
 
 Alice e il Cappellaio passarono l’intera notte in allegria, mangiando dolci e bevendo tè. Tarrant le raccontò una serie di barzellette che facevano sganasciare dalle risate, per poi deliziarla con alcuni aneddoti divertenti riguardanti gli altri membri del gruppo.
 Non appena giunse il momento di salutarsi, i due amici persero tutta la loro gioia. Si trovavano all’ingresso della sala, le mani di lei nelle mani di lui, mentre entrambi sembravano in procinto di scoppiare in un pianto disperato.
 “Cappellaio…” mormorò Alice con voce tremante. “Credo che dobbiamo dirci addio.”
 Tarrant si sforzò di sorridere. “No, mia cara Alice, questo non è un addio. Noi ci rivedremo ogni notte, qui, nel Palazzo dei Sogni.”
 La ragazza trattenne le lacrime. “Ma un sogno non può essere realtà.”
 L’uomo sbuffò, ma con un’aria tutt’altro che seccata. “Alice,” disse, “cosa ti dissi quella volta davanti allo specchio?”
 La fanciulla lasciò che un tenero mezzo sorriso le increspasse le labbra. “Chi decide cosa è e cosa non è?”
 “Esatto. Io sono qui, in carne ed ossa, davanti a te, e puoi star certa che non ci diremo mai addio.”
 A quel punto Alice non riuscì più a trattenersi: le lacrime rigarono il suo giovane e candido viso, mentre le sue braccia cinsero disperatamente il collo del Cappellaio, e sembravano non intenzionate a lasciarlo.
 Il cuore di Tarrant fece un balzo, le farfalle iniziarono a svolazzare impazzite nel suo stomaco e le sue mani si posarono dolcemente sui capelli riccioluti e biondi della ragazza.
 Una volta sciolto l’abbraccio, Alice tenne i suoi occhi bagnati fissi in quelli tristi di lui, cominciando a sbiadire sempre di più, come se fosse stata un fantasma.
 Il Cappellaio la guardò svanire piano piano, maledicendosi mille volte nella sua testa: questa era la terza volta che la vedeva andare via da lui, e ancora una volta non era riuscito a dirle quello che provava per lei. E non era sicuro al cento per cento che ci sarebbe stata una quarta opportunità.
 Forse, tutto sommato, quello era per davvero un addio. Oppure si sarebbero rivisti tra tanto, troppo tempo, quando i timori del Cappellaio si sarebbero avverati: lei si sarebbe dimenticata di lui.

 
                                         
   
 
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