Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
Ricorda la storia  |      
Autore: Fauna96    27/06/2016    0 recensioni
Non nega che sono troppo vicini. Certo che lo sono. Ma non nel modo che quegli adulti immensamente (ma ragionevolmente) protettivi pensano.
[Traduzione di Fauna96 // Storia di keepfabandgayon]
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi, Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Wolfram
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NdT: Bene, questa è la mia prima traduzione, dunque questa storia non è mia, ma appartiene a keepfabandgayon; l’originale inglese lo trovate su Archive of Our Own.
Spero di non aver fatto strafalcioni (se masticate l’inglese, sentitevi liberi di controllare l’originale e correggermi se necessario) e spero che questa storia vi piaccia tanto quanto è piaciuta a me: tratta di un rapporto un po’ diverso tra Sebastian e Ciel (in questa storia l’autrice considera Ciel asessuale) e che mi trovo a condividere in pieno. Le vostre recensioni saranno trasmesse dalla sottoscritta direttamente a lei. Buona lettura :)

 
Make me all that I am
 

Wolfram non è la prima persona a interpretare male le loro azioni; in effetti succede così spesso che Ciel dovrebbe esserci abituato ormai, e lo è, ma la maniera accorta con cui Wolfram li guarda è sconcertante nondimeno. Ciel capisce a malapena una parola del modo brusco in cui spesso parla a Sebastian dopo che il demone si è fatto quello che giudica troppo vicino per stare a proprio agio, particolarmente quando le mani nude di Sebastian toccano Ciel, ma capisce il concetto, e gli occhi di Wolf dicono abbastanza. Sua zia aveva detto lo stesso in uguale tono e semplice inglese; Ciel non aveva mai messo le cose completamente in chiaro prima che lei incontrasse la sua amara, amara fine. E altri in abbondanza si sono chiesti proprio lo stesso. Ma almeno non sono così ingenui da dire qualcosa fuori dalla Residenza; se si spargesse la voce che Ciel è “troppo vicino” al suo umile maggiordomo, allora sarebbe rovinato – sia che il diventare così vicini fosse per mano di Sebastian, che per mano propria.
Non nega che sono troppo vicini. Certo che lo sono. Ma non nel modo che quegli adulti immensamente (ma ragionevolmente) protettivi pensano.
Non sono solo gli adulti, ricorda Ciel, mentre guarda gli occhi di Sieglinde allontanarsi da Elizabeth per seguire la linea dello sguardo di Wolf, puntato sulle mani di Sebastian (ora inguantate) che aggiustano il nastro attorno al collo di Ciel. Forse è indecente sistemare i suoi vestiti fuori dalla cabina armadio, e davanti a ospiti nientemeno; anche se è solo qualcosa di tanto semplice quanto un nastro storto. Anche la madre di Elizabeth si unisce nel fissarli, finché Sebastian giudica perfetto il fiocco e fa un passo indietro, recupera il suo vassoio d’argento e lascia la stanza.
Ciel ricorda anche le domande dei suoi vecchi compagni di scuola, e in particolare un Joanne Harcourt rosso, leggermente ubriaco che gli sussurrava, dopo mezzanotte, in una chiara violazione del regolamento, che Ciel non avrebbe davvero dovuto confondere il visetto grazioso del vicario per quello di una donna. Per quanto pericolosa fosse l’accusa, Ciel aveva riso allora, forte e chiaro, e non era stata neppure una finta. Erano stati quasi scoperti, pure, fuori nella cappella ben oltre le ore di luce – fuori con una bottiglia rubata di vino eucaristico tra loro. Ma ovviamente, le stanze di Sebastian erano nella cappella e lui aveva evitato la ronda senza sforzo.
- Non sto cercando di andare a letto a lui. Andiamo solo d’accordo – aveva detto Ciel, molto più piano, rannicchiandosi interamente nelle ombre dietro l’altare. – Però tu sembri avere certi pensieri interessanti su di lui. L’hai chiamato ‘grazioso’, no? –
Joanne era arrossito di più e niente più era stato detto mentre capovolgeva la bottiglia nella bocca. Non fino a più tardi, quando Joanne era veramente ubriaco e Ciel, con grande divertimento, lo aveva ascoltato blaterare sulle sue fantasie sempre più esplicite, alcune delle quali abbastanza... ispirate, a dir poco. Ciel giurava ad ogni incitamento che non l’avrebbe detto a nessuno, e diceva sul serio.
Il mattino seguente Sebastian aveva rimproverato Ciel riguardo il furto del vino; in parte perché era troppo giovane per bere così pesantemente e in parte perché Sebastian avrebbe potuto procurargli qualcosa di qualità molto più alta del “piscio d’uva” conservato in cappella. Tuttavia, essendo quel che è, aveva provato un certo orgoglio per il fatto che Ciel avesse rubato più che la propria anima dalle grinfie della Chiesa.
Non aveva detto una parola sulle fantasie di Joanne, anche se doveva averle sentite. Nemmeno per prendersi gioco di Ciel per aver ascoltato con tale attenzione rapita. Attenzione, come le dita di Sebastian che sfilavano il nastro dal collo, lo lisciavano e lo annodavano ancora una volta in un fiocco perfetto. Attenzione, come metà degli occhi nella stanza su quelle mani.
Ciel non vuole nulla di quel che Joanne voleva, ma era stato... interessante ascoltarlo. Interessante nel modo in cui lo divertiva e insieme turbava; interessante nel fatto che Joanne era così innocente all’apparenza eppure così esperto di cose che erano tanto tabù.
Ciel suppone, se mai volesse qualcosa di quello da qualcuno, che avrebbe senso chiederlo a chi è così strettamente legato ai suoi ordini.
La Marchesa abbassa gli occhi non appena le mani di Sebastian lasciano Ciel, ma quelli di Wolfram seguono il maggiordomo alla porta e distoglie lo sguardo solo quando Sieglinde, scegliendo ancora una volta di lasciar correre, gli passa una tazza di tè. Lei, diversamente da Wolfram, non è turbata dall’idea che il proprio ospite e il suo maggiordomo potrebbero essere intimi; sembra che piuttosto la delizi. Ma Wolf è Wolf, e Ciel non ha dubbi che stanotte verrà tenuto sveglio da arrabbiati sussurri in tedesco dal corridoio fuori dalla sua camera.
Si chiede se dovrebbe giocare con loro, ma scarta velocemente l’idea. Il gioco è abbastanza eccitante senza che lui vi partecipi attivamente. Ciel desidera solo che Wolfram tiri fuori l’argomento davanti a lui, in inglese magari, perché ogni gioco deve finire prima o poi e questo continua da troppo tempo, e la parola di Ciel ovviamente lo convincerà di più di quella di Sebastian. Zia Francis è già venuta da lui, deve essere più di un anno fa, preoccupata che Ciel potesse allontanarsi dal suo fidanzamento con la figlia, più che dal fatto che  Sebastian lo stesse manipolando (perché almeno sa che Ciel non è così ingenuo) e anche se lui ha giurato che non c’è nulla per cui ci si debba preoccupare, lei li guarda ancora, però ora meno da falco e più da interessata, cercando di comprendere cosa sono l’uno per l’altro se non amanti.
Lui non avrebbe una risposta, se lei lo chiedesse. Sono molte cose: contraente e servitore, padrone e maggiordomo, anima e demone, pasto e bocca – ma, per la curiosa relazione che hanno sviluppato fuori dalla loro lotta per il potere, o a fianco di essa, non c’è una parola, o se c’è, Ciel non la conosce.
Ciel, pensando alle parole, riporta l’attenzione al romanzo nelle sue mani, un’altra brillante opera del suo scrittore. Forse lui conoscerebbe una parola. Le labbra di Ciel si piegano in qualcosa simile a un sorriso, ma più sinistro, più canzonatore, quando ricorda l’uomo impacciato in persona. Completamente sbigottito dallo splendore in cui era entrato così all’improvviso, e ancora di più dall’attenzione di Ciel.
Sogghigna. Attenzione. Quello era certamente un modo di porla. Come se non l’avesse fatto consciamente, esercitandosi ad alzare una grande occhio azzurro allo specchio, ad abbassare leggermente la palpebra, a sorridere gentilmente, e affidando la sensazione alla memoria muscolare – tutto quello che voleva fare con l’uomo era parlare, onestamente! Ma si era chiesto se poteva avere lo stesso di tipo di effetto sulla gente che Sebastian aveva così facilmente. Ciel era stato attratto dall’intelligenza di Arthur ed era sembrato un gioco divertente: provare a manipolare qualcuno con un tale occhio per l’inganno.
Era stato non spiacevolmente sorpreso quando erano finiti ammanettati insieme a un letto, e quando aveva notato che Arthur lo guardava dormire, ma quello era il punto in cui era finito. Aveva condotto il suo piccolo esperimento a un successo. E comunque, Sebastian era entrato con un olezzo di sangue intorno a sé che solo Ciel poteva distinguere dall’odore di candele e fumo che pervadeva eternamente l’intera casa, e si era preparato per quello che era sicuro sarebbe stato un gioco persino più grande.
Ma non uno così divertente dopotutto, quando il mattino era stato accolto dalla familiare vista del corpo senza vita di Sebastian e dalla non familiare esperienza di lui che non si svegliava semplicemente con un sorriso pericoloso e una battuta. Ciel sapeva che era tutta una farsa, certo, ma l’idea di perdere il demone in qualche modo aveva portato un terrore in lui. Quando aveva colpito Sebastian in faccia, non si era nemmeno accorto di avere su gli anelli. E le grida erano state tutte troppo reali.
Rabbrividisce. Lizzie lo nota e chiede se ha freddo.
- Un po’ – dice e chiama Sebastian, alzando a malapena la voce, ma sapendo che il maggiordomo lo sentirà persino nelle cucine come se fosse solo fuori dalla porta.
- Accendi il fuoco – ordina Ciel quando Sebastian entra. Tecnicamente non dovrebbe essere suo compito, ma ovviamente nessuno di loro si fida di Mey-Rin per farlo.
Sebastian sorride ed esibisce dalla sua giacca una scatola di fiammiferi che Ciel è certo fosse un fazzoletto pochi secondi prima. La scatola, come molti dei prodotti trasfigurati di Sebastian, è goffrata con un motivo che Ciel una volta pensava fosse solo una serie di linee, forse nel linguaggio del demone, ma in effetti segue semplicemente la curiosa ossessione di Sebastian col Giappone e traduce il nome della sua... specie, o come uno la voglia chiamare.
Akuma shitsuji. Un demone maggiordomo. O, forse più adatto alla natura di Sebastian, un servitore demone. Più colloquialmente, un diavolo di maggiordomo, come Sebastian chiama se stesso così spesso.
Ciel volta una pagina, lascia Sebastian al suo lavoro. Non sta leggendo, non davvero; ha già letto prima questo romanzo. E’ soddisfatto di pensare, e apparire in lettura, mentre Sieglinde gioca con Lizzie. Apprezza la loro amicizia in boccio tanto quanto la teme. Sono intelligenti. Forse troppo intelligenti e se mettono insieme i loro sforzi, Ciel non ha dubbi che potrebbero arrivare alla verità delle origini di Sebastian. Ma sono anche molto legate a lui e avranno bisogno di sostegno quando la sua anima passerà a Sebastian. E Lizzie certamente avrà bisogno dell’amore che Ciel non potrebbe darle nemmeno se vivesse; Sieglinde, senza dubbio, provvede a quello in eccesso.
Volta lo sguardo su Sebastian, che è accovacciato e con un tocco porta il fuoco alla vita. Suppone di poter capire perché così tante persone pensano che sia attratto da questa creatura in qualche modo indecente. Sebastian è attraente; persino Ciel può ammetterlo e, anche se non ha interesse per cose del genere, suppone ci siano qualità della forma che il suo demone ha preso che potrebbero essere... stimolanti per alcuni. E per qualcuno così legato al mondo sotterraneo, ne consegue che Ciel sia la vittima di voci come questa.
Ma davvero, anche se gli importasse dell’affetto fisico, questa forma di Sebastian ha così tante somiglianze con quella in cui Ciel immaginava di crescere un giorno che tale considerazione sarebbe molto come corteggiare se stesso. Lui è cambiato molto da quando Ciel l’ha incontrato la prima volta, nel viso quanto nei modi; solo qualcuno che passa tanto tempo con lui quanto Ciel se ne accorgerebbe. Il viso di Sebastian è interamente suo, ora, ma Ciel può ancora vedere tracce di sé in esso.
No, non è possibile. Per quanto alta possa essere la considerazione di Ciel per se stesso, non è Narciso.
Wolfram segue Sebastian fuori, questa volta, e Ciel ghigna. Suppone che Sebastian sia arrivato alle stesse conclusioni a cui è arrivato lui; può essere sentito solo un secondo del solito tedesco prima che Sebastian lo interrompa, abbastanza rumorosamente, e dica: - In inglese, o non vi ascolterò -.
Wolfram annaspa alla ricerca di una replica e i passi di Sebastian echeggiano nel corridoio, seguiti da quelli di Wolf e dai suoi sussurri esitanti.
Ciel chiude il libro e si alza. Chiude gli occhi e scrolla la testa, più che altro per fare scena. – Credo che i nostri maggiordomi stiano per avere qualche disaccordo. Torno subito – Lascia la stanza, soddisfatto nel sapere che Sieglinde è più che al sicuro in compagnia di tutti e quattro i Midford, e segue le voci giù nelle cucine.
Non dovrebbe essere laggiù. Non gli importa particolarmente. Wolfram si sta facendo più rumoroso e Ciel aspetta fuori dalla porta il momento giusto.
- Lui fissa te. E tu lui. Aggiusti i suoi vestiti davanti a noi. Tu stesso hai detto che non devo mai farlo con Sieglinde; rompi le tue stesse regole -.
- Un fiocco al collo è a malapena un abito -.
Ciel sbuffa una risata silenziosa. Riesce a immaginare Sebastian sorridente, apparentemente non toccato, mentre la sua pelle si fa ardente come fuoco per la rabbia e cerca di non strinare un mattarello o un altro utensile della cucina –  o lanciarlo in testa a Wolf. E il modo in cui Sebastian dice a malapena un abito porta alla mente di Ciel un’immagine di se stesso, nudo tranne che per un nastro al collo – e poi Sebastian che indossa lo stesso. Reprime un’altra risata, di sicuro più rumorosa.
- Il modo in cui vi toccate... –
- E’ come io ordino – interrompe Ciel, entrando dalla porta aperta.
Wolfram si irrigidisce, colto di sorpresa dall’arrivo di Ciel, ma non cede. – E’ indecente –
Ciel contrae le labbra. – Stai insinuando che io faccia cose indecenti col mio maggiordomo? –
- Sì –
Deve ammirare il coraggio dell’uomo; sotto ogni aspetto Ciel ha il diritto di far arrestare Wolf per una tale calunnia. Ma non vuole andare così lontano. – Come osi –
- Potrebbe non aver fatto ancora nulla, ma vuole farlo. Lo vedo nei suoi occhi. Vi guarda come se fosse affamato -.
- Be’, certo che lo fa -.
- Voi non capite... –
- Tu non capisci e io non sono sotto alcun obbligo di spiegarti alcunché  – Ammira il suo coraggio, ma lo infastidisce anche. – E’ il mio maggiordomo, niente di più, forse meno; il suo posto è quello di un cane che elemosina briciole alla mia tavola – Ciel sa che Sebastian sarà insultato solo dal paragone con un cane; è la ritorsione per come Sebastian ha fatto notare che i suoi capelli assomigliavano alla pelliccia di un gatto questa mattina mentre lo vestiva.
- So che cos’è. Il diavolo in persona – Wolfram si fa il segno della croce; Ciel non l’aveva preso per religioso ed è sorpreso dall’azione, ma non dalle sue parole. -  Ha fame di qualcosa di più della vostra anima -.
Quello sorprende Ciel più della croce. Numerosi avversari hanno chiamato Sebastian un demone, ma non l’hanno mai inteso così letteralmente. E ciò è abbastanza perché Ciel si domandi se ha ragione nelle altre osservazione.
- E’ vero, Sebastian? – Non può dire di non averci pensato. Sebastian è un demone, dopotutto; la perversione è parte della sua natura, come lo è il peccato (e com’è curioso che essi non siano, in apparenza, sempre uno e lo stesso?) Ma non ci ha mai creduto. Lui pensava... pensava...
- My lord... – esita Sebastian.
- Rispondi alla domanda – Ciel non ha pazienza per i deterrenti di Sebastian. – E’ un ordine -.
Sebastian appare impaurito. Forse nessun altro lo noterebbe; si acciglia solamente nel modo che fa sempre quando è in qualche modo contrariato. Ma Ciel lo sa.
- Ora, Sebastian – il suo cuore batte veloce; più Sebastian rimanda, più Ciel è certo che la risposta non sarà di suo gusto.
Sebastian stringe i denti e Ciel coglie un barlume di zanne prima che lui dica: - Bramo qualunque parte del mio Padrone egli voglia darmi –
Ciel gira i tacchi e lascia la stanza. Il se stesso vestito dal nastro nelle sue fantasie sparisce e insieme ad esso qualunque idea di divertimento guadagnato da questo gioco tanto perverso.
Non corre. Vuole farlo, ma sa che Sebastian lo raggiungerà comunque, lo seguirà più veloce se lo fa,  e se cammina semplicemente, allora può ordinare a Sebastian di non seguirlo, se ci prova.
Sebastian non lo segue.
 
***

Ciel sta fissando la stessa pagina del suo romanzo, senza leggere nulla, da oltre un’ora. Il suo umore è aspro e lui inasprisce l’intera stanza con esso.
Wolfram è ritornato. Sebastian no.
Non mi sarei mai dovuto fidare di lui, pensa Ciel. E’ disgustoso proprio come quelli da cui mi ha salvato tre anni fa.
Allora aveva visto Sebastian come il suo salvatore. Anche se Sebastian ha perso la sua fiducia con il trucco che ha giocato recentemente con l’anima di Ciel, stava provando a riguadagnarsela.
Sporca bestia, continuano i suoi pensieri. Come osa pensare a me in un modo del genere?
Non c’è niente di sorprendente al riguardo. Lo sa. Non avrebbe dovuto aspettarsi nient’altro. Sebastian è, dopotutto, un demone. Ma non fa meno male. Aveva davvero pensato, dopo tutto questo e il modo in cui Sebastian lo tratta, che il demone forse, in qualche modo, tenesse a lui.
I Midford se ne vanno. Elizabeth vuole restare, ma i suoi genitori sono ben intonati agli umori di Ciel e sanno quando è ora di andare; Edward è d’accorto con loro in generale e scorta fuori Elizabeth. Sieglinde va a letto non dopo molto, trasportata da Wolfram. Lui non vuole lasciare Ciel solo all’inizio, ma Ciel lo rassicura che sarà abbastanza al sicuro. – In ogni caso, non può opporsi ai miei ordini –
Wolf scocca a Ciel un sguardo compassionevole mentre esce. Ciel resta nella sua poltrona, il suo romanzo ora dimenticato in grembo, e fissa il fuoco morente. Si compatisce abbastanza: deve rispettare questo contratto, la sua anima legata a qualcuno che ora realizza dovrebbe odiare. Nota a malapena il tempo che passa ora che è solo, finché è distratto dall’orologio a pendolo nell’angolo. Sebastian non è ancora tornato, nonostante sia quasi l’ora per Ciel di andare a letto.
Forse ha ordinato al demone di andare via, e l’ha dimenticato. O forse Sebastian si è solo imbarazzato al punto tale che non vuole mostrare la faccia.
Assurdo, pensa Ciel. Il demone non ha morale per cui imbarazzarsi.
Di nuovo, non ha emozioni per cui avere a cuore qualcuno, eppure Ciel pensava che gli importasse.
- Sebastian – chiama. Il demone non è immediatamente al suo fianco e questo lo infastidisce. – Sebastian! – ripete con un po’ più di forza. Ancora, non c’è segno di lui.
Questo è niente di meno che un tradimento.
- Devi venire quando chiamo -.
Niente. Se non altro, la stanza sembra più vuota.
Ciel sospira pesantemente e rimuove la sua benda, ammiccando mentre il suo stanco occhio destro si adatta alla luce fioca stesa dalle braci nel focolare, e il sigillo del suo contratto brilla. – Sebastian, questo è un ordine. Vieni da me -.
- Sono qui, my lord -.
La voce sembra essere emanata dai muri stessi e Ciel non ha tempo per i giochi. – Mostrati -.
Sebastian esce da dietro la poltrona di Ciel; il suo viso non tradisce emozioni. Si inchina più in basso del solito, la mano premuta sul petto come sempre. – Signorino, è ora per voi di ritirarvi per la notte -.
- Intendevi davvero quel che hai detto prima? – Ciel ha paura di chiedere, ma come la maggior parte delle cose che teme, lo fa comunque.
Sebastian risponde immediatamente, non osando tirarla in lungo per una domanda così seria. – Ero onesto, come sono sempre -.
- Come sei sempre? – La disposizione di Sebastian all’onestà è di dire la verità di base e niente più, quindi ci deve essere di più, ovviamente. – Cosa non mi stai dicendo? –
- Vi ho detto tutto quello che c’è da dire -.
Allora la comprensione dell’intera verità spetta all’interpretazione di Ciel. Quello è, forse, ancora più esasperante. – Tu mi desideri –
- Sì –
- Il mio corpo quanto la mia anima -. Sentire le parole uscire dalla propria bocca nausea Ciel. In una parte della sua mente, ha di nuovo dieci anni. Sente mani lacerare vestiti, altre appendici lacerare parti di lui a cui preferirebbe non pensare.
- Sì –
Il viso di Ciel si contorce; non sa quale espressione vi abbia lasciato. Qualcosa come il disgusto, come se Sebastian fosse un verme appena calpestato. Certamente desidera che la situazione sia quella. – Non puoi averlo -.
- E’ un ordine? – chiede Sebastian. Non c’è sfida negli occhi che finalmente incontrano quelli di Ciel. Perfino la tonalità è cambiata: non è il vivido magenta che mostra la sua fame, né il color granato che sono di solito, ma un castano più gentile, più umano.
Ciel non lascia che l’ovvia mostra di sottomissione di Sebastian diluisca la sua rabbia. – Certo che è un ordine! Non puoi avere nessuna parte del mio corpo! –
Sebastian chiude gli occhi e sorride. – Molto bene. Allora non voglio nulla di esso -.
Impossibile. Impossibile! Che solo la parola di Ciel possa cambiare la natura di Sebastian; che un demone possa avere più decenza degli umani (anche se lo erano a malapena) che l’hanno portato via da casa sua a dieci anni. Eppure... Sebastian si lascia cadere su un ginocchio e si piega in avanti ancora una volta in un inchino.
- Grazie, my lord – dice, più piano, più gentilmente di quanto Ciel l’abbia mai sentito.
- Cosa? – è tutto quello che Ciel riesce a dire. Non riesce a crederci. Di tutti gli spettacoli che ha visto, le voci che sentito nel corso della sua breve vita, persone che tornano dai morti e tutte le creature soprannaturali di ogni mitologia che diventano naturali quanto l’erba nell’indomita foresta che circonda la sua proprietà, questo non riesce a credere, anche se vuole farlo così disperatamente.
- Avete preso da me quel desiderio che più di tutti volevo distrutto – dice Sebastian – Grazie -.
- Io... io... – può essere davvero così facile?
- Signorino, il nostro contratto, e i vostri ordini in esso, mi rendono tutto ciò che sono – la sua voce è quieta, poco più di un sussurro; fossero altre due persone e non loro stessi, Ciel potrebbe definirlo romantico.
Ciel si copre il viso con le mani, un gesto che gli fa sentire ogni briciola del bambino innocente, malaticcio, antisociale e protetto che è stato prima del suo decimo compleanno; prima che il doloroso mese seguente lo rovinasse oltre qualsiasi cosa potesse mai immaginare; prima che imparasse cosa fosse l’orgoglio giusto in tempo per orgogliosi, sadici mostri di adulti di fare qualsiasi cosa in loro potere per provare a portarglielo via. – Come? – si chiede se dovrebbe gettarsi sul pavimento e scalciare le gambe in un capriccio, per tutto il piagnucolio che il tono di quella singola parola ha portato alla luce.
- Per favore, my lord, non chiedetemi di spiegarvi ancora una volta le complessità di un contratto con un demone -.
- Ricordamele – pretende Ciel, con le mani che ancora coprono il viso.
Sebastian sposta il romanzo di Ciel ormai dimenticato sul tavolino e prende gentilmente i suoi polsi; le mani sono nude ora e tira via quelle di Ciel dal suo viso. Le mette una sull’altra, per stringere gentilmente entrambi i polsi delicati nella sua mano non marchiata, forte abbastanza da suggerire a Ciel di restare lì, ma sciolto abbastanza da poter tirarsi indietro se lo desidera. Il demone alza la mano sinistra sul suo viso, girata da mostrare il sigillo del contratto a Ciel. I suoi occhi sono di nuovo un rosso profondo, ma ancora senza fuoco o fessure da gatto per pupille. – Qualsiasi cosa mi chiediate, l’avrete, fino al giorno in cui prenderò la vostra anima. Questo è il mio compito come demone maggiordomo e come servitore del casato Phantomhive -.
- Suppongo di non poter rimuovere il tuo desiderio per la mia anima – scopre che è meno disposto a rinunciarvi ogni giorno che passa. Anche se non si rimangerà la parola, deve comunque chiedere.
Sebastian ride sotto i baffi e con la mano sollevata scosta i capelli di Ciel dal suo viso per vedere più chiaramente il pentacolo coordinato nell’occhio. – Quello, my lord, è qualcosa che nessun vostro ordine potrà mai cambiare -.
Sentire questo riassicura Ciel, in qualche modo. Ci sono sempre limiti. La mano sul suo viso è confortante, piuttosto che terrificante come forse dovrebbe, e Ciel vi si appoggia. Chiude gli occhi; il bagliore violetto del sigillo contrattuale dell’occhio destro brucia attraverso la palpebra per un momento prima di svanire lentamente mentre viene oscurato. – Sono stanco, Sebastian -.
- Andrete a letto ora che la vostra sicurezza è garantita? –
- Sì. Ma credo di essere troppo stanco per camminare fin lì – L’orologio segna quasi mezzanotte; Ciel è certo che per il tempo in cui sarà a letto, un nuovo giorno sarà già iniziato.
Sebastian si alza e prende Ciel tra le braccia come se non pesasse più di una piuma. – Cercate di non addormentarvi tra le mie braccia, signorino -.
- L’ho mai fatto prima? – Secondi fa si sarebbe allontanato dal tocco di Sebastian; ora si piega più vicino, nasconde il viso nel collo inodore di Sebastian e avvolge le piccole dita nel suo panciotto.
- La prima volta che vi ho portato – risponde Sebastian, appena prima che Ciel chiuda gli occhi.

 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler / Vai alla pagina dell'autore: Fauna96