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Autore: Amortentia2610    28/06/2016    2 recensioni
|| CielxLizzy || Fluff, Malinconico, Slice of life ||
"Lizzy aveva sempre amato la primavera: il sole che la scaldava senza scottarla, l'erba verde smeraldo, il solletico che essa le provocava sulle caviglie che i suoi graziosi vestitini non riuscivano mai a coprire del tutto, i giochi all'aperto con Ciel nel lussureggiante giardino di Villa Phantomhive e il soffice pelo nero di Sebastian tra le sue piccole mani.
***
Da bambina Lizzy aveva amato la primavera, ma crescendo l'incanto di quella stagione era andato scemando: il sole la soffocava, l'erba non le faceva più il solletico sulle caviglie quasi sempre coperte da lunghe gonne tutte pizzi e merletti, Villa Phantomhive era diventata la sua casa, quotidiana e priva di sorprese e Sebastian non era più un cane dal soffice pelo nero, ma uno strambo maggiordomo che di corvino aveva solo i capelli."
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spring Smiles

 

Ciel!” il grido infantile risuonò per il prato.

Con un poco di sforzo la bambina si sollevò da terra, ricominciando a correre come se non fosse appena inciampata, un piccolo fiore - rosa come il suo cerchietto, elegantemente posato sui capelli biondi – ben stretto tra le mani.

Lizzy aveva sempre amato la primavera: il sole che la scaldava senza scottarla, l'erba verde smeraldo, il solletico che essa le provocava sulle caviglie che i suoi graziosi vestitini non riuscivano mai a coprire del tutto, i giochi all'aperto con Ciel nel lussureggiante giardino di Villa Phantomhive e il soffice pelo nero di Sebastian tra le sue piccole mani.

“Ciel, guarda che ti prendo!” gridò nuovamente, ridendo, al suo promesso sposo.

Il bambino, che aveva ormai superato la bambina, si girò per un attimo rallentando la frenetica fuga dalla cugina. Improvvisamente le lanciò uno di quei suoi sguardi di sfida che, ogni singola volta, Lizzy, nonostante avesse solo otto anni, non poteva che giudicare degni di un vero nobile. Del conte che un giorno sarebbe stato suo marito.

Se c'era una cosa che Lizzy amava ancora di più della primavera - dei caldi raggi del sole, del solletico sulle caviglie – era indubbiamente lo sguardo celeste del cugino.

Ciel aveva gli occhi di sua madre, Rachel. Grandi, azzurri e colmi di allegria, come un limpido cielo estivo; nessuna grigia nube di malinconia o disillusione velava quello sguardo color del mare. La bambina aveva sempre pensato che quei due zaffiri potessero far concorrenza agli scintillanti diamanti che la regina usava indossare nelle occasioni importanti, spengere i bagliori dei rubini che sempre pendevano dalle orecchie di sua zia Angelina, tener testa a quelli dei principi delle fiabe che tanto amava ascoltare e nelle quali credeva fermamente.

In quel momento, però, quello sguardo non fece altro che spingerla a correre ancora più veloce per raggiungere il suo sfidante. Le gambe le facevano male, i pizzi della gonna si erano sicuramente sporcati di terra, ma lei non se ne curava, fintanto che la sagoma di Ciel si faceva sempre più vicina. Era quasi riuscita a toccarlo, ad assaporare la vittoria, quando il cugino si fermò all'improvviso, un sorrisetto malandrino stampato in faccia. La bambina provò a frenare prima che accadesse l'inevitabile, ma fu inutile.

Le scarpette rosa, così inadatte alla corsa, scivolarono sul prato, facendola inciampare e cadere rovinosamente addosso al moro.

Si ritrovarono faccia a faccia, uno nelle braccia dell'altro; lei era più alta di lui: dovette abbassare leggermente lo sguardo per incontrare gli occhi dell'altro. Vi fu un momento di silenzio. Lizzy avrebbe voluto scusarsi, piangere per il suo vestitino nuovo rovinato e tornare in fretta da sua madre, ma il cugino non le diede tempo.

Improvvisamente Ciel scoppiò in una squillante risata che, in breve, contagiò anche lei.

Era primavera, il sole le scaldava la pelle e il pizzo del suo vestitino era tutto sporco.

Ma Ciel sorrideva.

E questo le bastava.

***

Ciel...” un sussurro così basso da essere ignorato persino dal vento.

La giovane donna si accomodò meglio sulla coperta che il maggiordomo, Sebastian, si era premurato di stendere sul prato, in modo che lei non dovesse entrare in diretto contatto con il manto erboso. Il lungo e signorile vestito verde scuro che indossava era bello quanto pesante, per cui fu costretta a farsi più volte aria con il ventaglio nero che si era portata dietro. Una rosa rosso sangue, fresca di fioritura, le adornava i capelli biondi che da tanto tempo non teneva più legati.

Da bambina Lizzy aveva amato la primavera, ma crescendo l'incanto di quella stagione era andato scemando: il sole la soffocava, l'erba non le faceva più il solletico sulle caviglie quasi sempre coperte da lunghe gonne tutte pizzi e merletti, Villa Phantomhive era diventata la sua casa, quotidiana e priva di sorprese e Sebastian non era più un cane dal soffice pelo nero, ma uno strambo maggiordomo che di corvino aveva solo i capelli. L'età adulta aveva portato a Elizabeth una visione del mondo che niente aveva a che vedere con le fiabe che da bambina le venivano raccontate; la bella stagione si era tramutata, ai suoi occhi, in ciò che veramente rappresentava per la moglie del Cane da guardia della Regina: il periodo nel quale, approfittando del clima favorevole, il crimine cominciava ad aumentare e Ciel veniva portato sempre più spesso lontano da lei, senza sapere cosa l'avrebbe atteso e quante probabilità avesse di tornare vivo.

Nonostante, sin da ragazzina, l'avessero più volte avvertita di quelle che sarebbero state le sue future responsabilità, non aveva mai immaginato che la vita da Lady Phantomhive potesse essere così piena di ansie.

“Ciel...” un altro sussurro. Stavolta il marito si girò verso di lei, lasciando perdere il libro che teneva tra le mani.

Era cresciuto, Ciel, erano cresciuti entrambi. Alzando lo sguardo per incrociare quello del Conte, le ritornarono alla mente ricordi di anni passati, quando lei, per non farlo sentire più basso, si obbligava ad indossare scarpe senza tacco. Sorrise lievemente.

“Per quanto tempo sarai ancora libero?”

Ciel tornò a voltarsi, puntando lo sguardo – da anni malinconico e disilluso, così diverso da quello del bambino di tanto tempo prima, e che comunque continuava ad affascinarla – verso un punto non indefinito all'orizzonte. Un involontario sospiro sfuggì alle labbra del giovane.

“Non lo so, Lizzy. Non lo so.” Rispose piano con tono volutamente piatto. Solo questo, poi si rimise a leggere.

Nel silenzio che si venne a creare dopo Elizabeth si prese un secondo per osservare l'uomo che aveva accanto. I capelli corvini – così scuri da sembrare quasi blu sotto la luce del sole primaverile – continuavano a nascondere, con quel ciuffo che sua madre aveva sempre odiato, l'occhio destro coperto dalla benda. Ormai, dopo un anno di matrimonio, la giovane si era abituata al fatto che il marito non se la togliesse mai, se non per dormire. Eppure lei non aveva mai visto cosa il Conte celava sotto quel pezzo di stoffa nera.

Il suo sguardo cadde, quasi involontariamente, sulle dita della mano destra, intente a giocherellare distrattamente con il lembo di una pagina ingiallita dal tempo. L'anello del suo casato troneggiava sull'anulare del giovane, calzandogli a pennello. Era divertente, pensò Lizzy, come la versione adulta di Ciel si scontrasse con l'immagine, ben impressa nella sua mente, del tredicenne che sei anni prima teneva quel vessilo sul pollice perché troppo largo.

Si meravigliò di come alcune cose non cambiassero affatto quando arrivò a fissare gli occhi, o meglio, l'occhio del marito: quello zaffiro solitario sarebbe ancora riuscito a far concorrenza ai diamanti che la regina indossava per le occasioni importanti, avrebbe spento il luccichio dei rubini che la defunta zia Angelina portava alle orecchie e sarebbe riuscito a tener testa a quelli dei principi delle fiabe che lei raccontava e alle quali la ragazza, da anni, aveva smesso di credere.

Lentamente la sua mano sinistra andò a sfiorare la rosa che teneva tra i capelli: Ciel gliel'aveva regalata quella mattina. Rossa come il sangue. Lizzy aveva una conoscenza del linguaggio dei fiori abbastanza approfondita da sapere che quel fiore era da secoli simbolo di amore passionale. Eppure non sapeva se il Conte Phantomhive l'amasse o meno. A dir la verità non era nemmeno certa che Ciel sapesse amare nel modo in cui la maggior parte delle persone intendeva quel verbo. L'unica cosa certa era che lei non avrebbe mai potuto fare a meno di lui.

“Ciel...” lo chiamò nuovamente; un sussurro. L'uomo alzò nuovamente lo sguardo dal libro. “Tu mi ami?”

“Ma che domande...ovvio che ti amo.” rispose lui, il tono sempre perfettamente controllato.

Non sapeva se Ciel stesse dicendo la verità o meno, ma, nel momento in cui un minuscolo e tirato sorriso si fece strada sulle labbra sottili del Conte, non se ne curò più di tanto.

Era primavera, il sole scottava e aveva paura del futuro.

Ma Ciel sorrideva.

E questo le bastava.

Note finali dell'autrice:
Ciao a tutti! Spero che la storia vi sia piaciuta.
Se siete arrivati a questo punto senza aver subito un distaccamento spontaneo dei bulbi oculari, mi sento in dovere di scusarmi per la disparità di lunghezza tra le due parti della OS. È stata una cosa voluta, in quanto nella seconda parte Lizzy ha una visione del mondo più adulta (e poi perché la prima parte serviva unicamente ad introdurre la seconda, LOL).
Comunque, proseguiamo.
In secondo luogo volevo fare delle piccole dediche a delle persone speciali:
A Lorenzo, che ,nonostante non ci capisse niente di Black Butler, mi ha aiutato con questa cosettina.
Ad Alice, perché penso che la mia più grande fortuna sia stata quella di essere nata sua cugina.
A Nina (che spero leggerà questa storia), perché nonostante la maggior parte delle sue OTP siano le mie NOTP e viceversa, rimane la mia migliore amica.
Ed infine a tutti quei pochi “shippersdella LizzyxCiel: che possano sorridere in eterno.

Un abbraccio,

a presto
Amortentia2610.

   
 
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