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Autore: LadyBones    29/06/2016    4 recensioni
Dal testo:
[...] "Speravo di trovarti qui..." sussurrai semplicemente, ignorando appositamente il rumore del mio cuore rimbombarmi nelle orecchie.
Lanciai appena un'occhiata nella sua direzione e vederlo restare immobile in quel modo mi fece capire che - no - quello non era assolutamente da prendere come un buon segnale. Quando lo vidi voltarsi nella mia direzione e puntare i suoi occhi chiare su di me, mi ritrovai a trattenere involontariamente il respiro. [...]
Genere: Angst, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We Are All Lost Stars Trying To Light Up The Sky'
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E’ strano come tante piccole coincidenze messe insieme possano – qualche volta – dare vita a qualcosa. Tutto ero iniziato nel momento in cui avevo finito per mettermi nei guai. Adesso – guai era una parola grossa, ma per qualcuno rischiare di essere arrestata per aver voluto prendere parte a una manifestazione sui diritti dei… panda… poteva rientrare in quella definizione. Certo, io non ero assolutamente d’accordo a riguardo, ma al mondo siamo tutti diversi.

E fu proprio per quella ragione che mi ritrovai a dover seguire ovunque Fury – questa ormai era storia nota. Quello che, in realtà, aveva finito per sconvolgere l’intera situazione era stata… sì, beh, era sempre stata una mia decisione. Il punto è che quando avevo deciso di andare allo Smithsonian – un giorno di qualche settimana prima ­– non ero davvero consapevole a cosa andavo incontro.

Avevo seguito il mio istinto – con ampie tendenze suicide, certo. Non credevo davvero che sarei riuscita nel mio intento. Insomma, sfiderei chiunque anche solo a pensare che io possa , di tanto in tanto, avere idee geniali. Casualità volle che quella volta ne ebbi una. Ed è stata proprio quella folle e geniale idee a condurmi esattamente dove mi trovavo in questo momento. Non che con questo voglio avere la presunzione di poter ammettere che tutto fosse filato secondo i piani. Primo perché, di fatto, non avevo mai avuto per davvero un piano e – forse – se mi fossi applicata a escogitarne uno non mi sarei trovata in questa situazione.

Per l’amore di Dio – avevo appena passato la notte abbracciata a un uomo. La cosa di per sé avrebbe finito per sconcertarmi anche in situazioni normali, ma si dava il caso che non stavamo parlando di un ragazzo rimorchiato in un bar. No, stavamo parlando di una specie di serial killer. D’accordo, io non avevo mai davvero pensato a lui in quel modo e quelle ultime settimane me ne avevano dato conferma. Ciò che pensavo io, però, non contava per davvero. Per la miseria, era quasi riuscito a fare fuori Fury.

Oddio, Fury.

Se solo avesse saputo quello che avevo combinato avrebbe finito per rinchiudermi nella prima cella a disposizione, per poi gettare chissà dove la chiave. Non che fosse un uomo cattivo, anzi. Si era sempre preoccupato per me ed era stato gentile. A modo suo certo, ma non potevo lamentarmi. Qualcun altro al suo posto avrebbe finito per perderci la pazienza appresso a me – lui no.

Già immaginavo la sua faccia se solo avesse visto quello di cui ero stata capace. Gli sarebbe come minimo partito un embolo a tradimento prima ancora che potesse dire anche una sola parola. Ma poi a chi prendevo in giro? Non c’era neanche bisogno che lui parlasse. Un suo sguardo valeva più di mille parole, era terrore allo stato pure. D’accordo forse stavo un tantino esagerando, ma tanto valeva pensare alla sua faccia che non a quello che era successo.

Avevo dormito – abbracciata – con Bucky.

Non ci sarebbe stato niente di male alla fine dei conti, non era la prima volta che condividevo il letto con un essere di sesso maschile – beh, peluche a parte. Il problema era che quella sera avevo realizzato di aver fatto un pasticcio. Mi ero così tanto preoccupata per lui che avevo dimenticato me stessa e – adesso – mi ritrovavo con questa enorme… non sapevo neanche come definirla. Provavo qualcosa per lui, ecco.

E quello mi spaventava da morire. L’ultima volta che avevo avuto una cotta per qualcuno avevo si e no dodici anni, e il diretto interessato era Steve. Qualcuno che si supponeva fosse morto, il che la dice lunga sulla sottoscritta. Vorrei dire che poi sia rinsavita, ma mentirei perché ricordo perfettamente che cosa successe quando finì per incontrare per la prima volta Captain America – non fu un bello spettacolo.

Dio, ma come ci ero arrivata fino a quel punto?

Neanche nei peggiori telefilm si vedevano quegli intrecci amorosi. Certo, era tutto nella mai testa visto che i diretti interessati erano all’oscuro di tutto – non che la cosa mi facesse sentire meglio. Sbuffai sopra la tazza di caffè che stringevo tra le mani. Una nuvoletta di fumo finì per volteggiare per aria e mi ritrovai a seguirla con lo sguardo fino a quando una mano non la spazzò via facendomi sobbalzare. Poco mancò che facessi rovesciare il caffè ovunque.

Stai bene?

Uhm… sì, molto meglio, grazie.

Avevo detto una mezza verità, alla fin dei conti stavo davvero meglio fisicamente parlando. Era qualcos’altro che aveva finito per ingarbugliarsi. Ovviamente, questo perché nella vita non si poteva mai stare cinque minuti tranquilli.

Sollevai gli occhi al cielo prima di andarmi a sistemare su uno degli sgabelli. Afferrai un paio di biscotti e con la coda dell’occhio non riuscì a impedirmi di sbirciare nella sua direzione.

Infilai un biscotto in bocca.

Aveva afferrato una delle tazze nella credenza – quella a forma di Tardis, ormai era diventata di sua proprietà. L’aveva riempita di caffè fino a quando, soddisfatto, non aveva rimesso al suo posto la caraffa.

Infilai un secondo biscotto in bocca.

Non ci avevo mai realmente pensato, ma era un bel… sì, insomma… un bel vedere. Certo, aveva quasi sempre l’espressione imbronciata eppure quando sorrideva… oh, Dio.
Infilai un terzo biscotto in bocca.

E un quarto.

Dovevo sembrare uno di quei scoiattoli con le guance gonfie per le troppe ghiande e ci provai – davvero – a ingoiare tutto e tornare alle mie sembianze normali prima che lui si voltasse, ma neanche tutto il caffè del mondo mi sarebbe potuto essere d’aiuto. Inutile dire che tentai di assumere un’aria di completa noncuranza nel momento in cui sentii il suo sguardo su di me. Probabilmente non aveva funzionato neanche quel tentativo, ma quanto meno Bucky non aveva fatto nessun commento. Era bello non avere qualcuno con uno spiccato sarcasmo in giro per casa in situazioni come quelle – adesso capivo Charlie e il suo odio nei miei confronti, sì.

C’è un peluche di Captain America nella tua stanza.

Dio – dovevo aver fatto qualcosa di veramente grave in una delle mie vite precedenti, perché altrimenti proprio non si spiegava. Tra l’altro – dato che la situazione non poteva certo essere più grottesca di così – lo aveva detto nell’esatto momento in cui mi ero decisa a mandare giù un sorso di caffè. Lo avevo sentito tutto il sorso – sì, lo avevo sentito andarmi di traverso. L’unica cosa che avevo potuto fare era tossire cercando di mantenere un certo contegno che per qualcuno come me era praticamente come sperare in un miracolo.

C’è una spiegazione a quello…

E sarebbe?

Non credo di aver mai potuto dire una cosa del genere, ma rimpiangevo i giorni in cui il suo modo di comunicare si limitava a quello non verbale. Sembrava che avessi scoperchiato il vado di Pandora e, adesso, lui non potesse fare altro che parlare. Alla fine dei conti, però, lo capivo perché dubitavo che l’Hydra fosse davvero interessata a sentire ciò che aveva da dire. E, poi, me l’ero cercata – inutile girarci intorno.

Era un regalo, mi spiaceva doverlo buttar via…

Mi aspettavo di vedere il mio naso iniziare ad allungarsi da un momento all’altro. Fortunatamente non accadde niente del genere, ma la bugia era stata comunque scoperta. Mi era bastato notare lo sguardo che mi aveva rivolto per capirlo. Sollevai gli occhi al cielo, afferrando un altro biscotto – giusto per farmi coraggio.

D’accordo. Potrei essere stata io a richiedere specificatamente quel peluche, come potrei essere stata sempre io a volerlo tenere in camera… insomma, è carino per essere un orsacchiotto.

Avevo fatte spallucce, come se non ci fosse realmente poi molto da dire. Bucky, però, sembrava essere più percettivo del solito oppure aveva deciso di rendermi la mattinata complicata.

Esattamente che cosa vorresti sapere?

Glielo avevo chiesto sporgendomi un po’ di più verso di lui – braccia incrociate sul tavolo e gli occhi ridotti a due fessure. Era chiaro che volesse arrivare da qualche parte e forse in quel modo avremmo fatto più in fretta. Se poi nel frattempo sarei riuscita a togliermi da quell’impiccio tanto di guadagnato.

Sembra che tu abbia un debole per lui…

Non si poteva certo dire che ci andava giù leggero. No, anzi sembrava che negli ultimi giorni avesse addirittura acquistato maggiore fiducia, il tutto a mio discapito. Si era fatto più vicino anche lui, gli occhi puntati nei miei e poi aveva fatto quella cosa con le labbra . Era stato del tutto casuale, ma dannazione a lui.

Credo che questo dettaglio sia ormai di dominio pubblico.

Il che era vero, praticamente tutti sapevano di quella mia cotta per Steve. Tutti a eccezione del diretto interessato, ovviamente. Ricordo che persino Fury aveva detto qualcosa a riguardo – Dio, com’era stato imbarazzante.

Quanto bene conosci la sua storia?

Abbastanza bene, ma non tanto da sembrare una stalker. Giusto nel caso tu te lo stessi chiedendo.

Una stalker?

Lo avevo chiesto leggermente stralunato e la cosa mi aveva fatto sorridere. Poteva anche aver fatto cose in grado di accapponare la pelle e aver vissuto per tutti quegli anni, ma – esattamente come il suo amico – era ancora innocente per certi aspetti del mondo moderno.

Lascia perdere. Conosco abbastanza la sua storia, se tu volessi sapere qualcosa anche se forse di questo dovresti parlarne con il diretto interessato…

Avevo detto quelle ultime parole con enorme cautela. Non avevamo mai realmente parlato di Steve e io non avevo neanche provato a tirare fuori l’argomento. Non mi era sembrato il caso di farlo all’inizio. Adesso, però, sembrava pronto quanto meno a menzionarlo, ma ciò nonostante non sapevo realmente come muovermi su quel terreno inesplorato. Quindi sarebbe stato meglio per entrambi andarci con i piedi di piombo, almeno per il momento.

Vorrei solo che mi aiutassi a chiarirmi le idee.

Non ero ben sicura di cosa lui intendesse con quello, ma non potevo certo tirarmi indietro proprio adesso. Mi ritrovai, così, ad annuire con un lieve cenno del capo. Prima di agire in qualsiasi modo, avrei provato a capire cosa effettivamente stesse cercando di fare, dopo di che mi sarei adeguata di conseguenza.

Sua madre si chiamava Sarah… non è così?

Un nome.

Aveva semplicemente pronunciato un nome – uno come tanti – ma era stato come se avesse appena disinnescato una mina. Non avevo potuto fare altro che sgranare gli occhi per la sorpresa. Credevo volesse sapere qualcosa che riguardasse lui in prima persona, o il suo rapporto con Steve o qualsiasi altra cosa sarebbe potuta tornargli utile, invece no. Mi aveva fatto quella precisa domanda per un altrettanto preciso motivo: aveva iniziato a ricordare. Il che non doveva sorprendermi più di tanto. Era passato tempo sufficiente – dall’ultima seduta di elettroshock a cui era stato sottoposto – da consentire ai suoi ricordi di tornare. Al suo posto, una persona normale probabilmente adesso si ritroverebbe con il cervello in pappa per via di quel trattamento così prolungato. Lui, però, non era come tutte le altre persone. Era un super soldato e questo voleva dire che il suo corpo guariva più in fretta. Il suo cervello aveva la capacità di rigenerarsi e quello era stato un punto a suo favore. Con il tempo i ricordi sarebbero tornati. All’inizio si sarebbe magari trattato di semplici flash, ma poi avrebbero finito per diventare qualcosa di più.

Hai iniziato a ricordare di nuovo…

La mia era stata una semplice constatazione. Non avevo bisogno di una sua risposta, così come io non gliene avevo veramente dato una alla sua domanda. Non era stato necessario, le mie parole facevano già presupporre quale sarebbe stata la risposta. Il fatto che lui me lo avesse chiesto significava semplicemente che lui non era sicuro di quello che la sua mente stava ricordando. Non era poi difficile da capire. Come poteva essere sicuro di qualcosa che fino a un attimo prima non sapeva di conoscere? Il vecchio Bucky sapeva perfettamente che Sarah era il nome della madre di Steve, ma lo stesso non valeva per il Soldato d’Inverno la cui mente era stata trasformata in una tabula rasa.

Aveva il vizio di riempirsi le scarpe con la carta di giornale.

Lo aveva sussurrato non riuscendo a impedirsi di sorridere. Finì per farlo anche io, a dire il vero. Sorridevo per quel ragazzino magrolino che si impegnava a riempirsi le scarpe in quel modo. Sì, era proprio una cosa da Steve pensandoci. Quel sorriso, però, aveva finito per andar via più in fretta di come era arrivato. Il fatto che Bucky stesse iniziando a ricordare era davvero un bel traguardo e sapevo – giuro che lo sapevo – di dover essere felice per lui in quel momento. E lo ero, ma al tempo stesso non potevo impedirmi di essere triste per me. Quello poteva anche essere il giorno in cui lui aveva iniziato a ricordare, ma era anche il giorno in cui finiva tutto.

Credo che sia arrivato il momento che tu parli con lui. Ti sta cercando da quel giorno sul ponte e sono certa che non ha mai smesso di farlo. Tu hai bisogno di lui…

Ed era vero, avevano entrambi bisogno l’uno dell’altro e non sarei stata certo io a tenerli separati. Prima c’era Bucky che non era ancora pronto, ma adesso quella scusa non avrebbe retto più. Per quanto non avrei voluto mettere la parola fine a quella che era la più assurda ed eccitante avventura della mia vita, non avrei potuto tenerlo lì con me per sempre. Avrei solo finito per sentirmi in colpa se lo avessi fatto. Lui, in realtà, non mi aveva risposto per davvero. Aveva semplicemente annuito, ma entrambi sapevamo che era la cosa giusta da fare. E, poi, se non fosse stato lui ad andare da Steve, allora sarebbe stato Steve a venire da noi e quella era proprio un’opzione che preferivo non vedere avverarsi.

Non dissi nient’altro, improvvisamente a corto di parole. Non ero mai stata brava con gli addii. Certo, non sarebbe andato via nel giro di una manciata di minuti, ma anche volendo neanche tutto il tempo del mondo mi avrebbe davvero preparata per quel momento. Ero fatta così – avevo visto così tante persone della mia vita andare via che affezionarmi per me era qualcosa di tremendamente doloroso e impegnativo. Quello era il motivo per cui cercavo di non legarmi a qualcuno più di quanto avessi dovuto, ma sembrava che certe volte non potevo farne proprio a meno, come era successo con Charlie e, adesso, Bucky.

Lasciai sul tavolo quel biscotto mezzo mangiucchiato e, alzatami dal mio posto, mi diressi in direzione della mia camera. Avrei tanto voluto potermi raggomitolare tra le coperte e restare lì per un tempo non ben indefinito, ma poi a cosa sarebbe servito? Mi ritrovai, così, a rovistare tra i miei cassetti alla ricerca di un diario con la copertina di pelle marrone. Al terzo cassetto aperto – sotto un ammasso di vestiti – trovai quello che stavo cercando. Lo sfogliai velocemente notando come le sue pagine fossero ancora tutte bianche, esattamente come avevo pensato. Non ero mai stata un tipo da diario, nonostante mi fosse sempre piaciuto scrivere. Sembrava che avessi una specie di avversione per quell’ammasso di fogli. Ci avevo provato un paio di volte ad averne uno, ma avevo finito per abbandonarlo prima ancora di iniziare per davvero. Il diario che stringevo in quel momento tra le mani ne era una prova.

Sembrava che la scintilla tra noi non fosse mai scoppiata, ma questo non voleva dire che sarebbe stato lo stesso anche per la persona a cui avrei finito per cederlo. Lentamente, tornai sui miei passi – indietro, in direzione della cucina. Bucky era rimasto seduto esattamente dove lo avevo lasciato, così, mi andai a risistemare al mio posto – davanti a lui.

Tieni… io non l’ho mai usato, ma a te potrebbe tornare molto più utile. Puoi annotarci i tuoi vecchi ricordi e, perché no, anche quelli nuovi…

Sembrava un po’ un regalo d’addio e, in realtà, parole migliori per descriverlo non c’erano. Potevamo definirlo come un ultimo piccolo gesto d’aiuto prima che il mio lavoro finisse – non che lo si potesse davvero chiamare lavoro. Avrebbe finito per scrivere lì sopra tutto ciò che sarebbe successo nella sua vita da lì in poi, e soprattutto nella sua mente.

Aveva afferrato il diario, soppesandolo per qualche secondo. Lo aveva aperto e sfogliato lentamente fino a quando non avevano finito per piacersi – la scintilla era scoppiata.

E, in quel momento, una piccola parte di me aveva iniziato a sperare che tra quelle pagine ci finissi anche io.
 
 





 
NdA:
E siamo quasi in dirittura d'arrivo. Ormai Bucky sta iniziando a ricordare di nuovo ed è giusto che affronti il suo passato per andare avanti. Lui lo sa, Eleanor lo sa, noi lo sappiamo... ma un pò di amarezza c'è comunque. Quindi non vi resta che aspettare il prossimo e, ahimè, ultimo capitolo. Quando ho iniziato a scrivere questa storia avevo davvero delle basse aspettative - mannaggia alla mia autostita. xD Voi, invece, mi avete sorpresa sotto ogni punto di vista. Siete state tutte voi come una ventata d'aria fresca e probabilmente non sarei arrivata fino alla fine senza di ognuno di voi. Siete davvero tante e vorrei ringraziarvi una per una, ma non temete perchè ho già trovato il modo giusto per farlo. ;) 
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, e vi do appuntamento per la prossima settimana.

Un bacione, 
- LadyBones. 
   
 
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