Tony & Steve

Avvertenza: fan-fiction ispirata al film di Ridley Scott "Thelma & Louise". I personaggi Marvel non mi appartengono, tantomeno quelli del film appena citato, né scrivo a scopo di lucro.

«Rispondi, dai». Sarebbe stata la terza volta se il suo principale l'avesse scoperto ancora al telefono durante il turno di giorno; ciò lo disturbava non tanto per l'opinione che il grosso bifolco avrebbe avuto di lui, bensì perché non era nelle sue corde traccheggiare sul posto di lavoro. Steve non aveva voglia d'altro se non fumarsi una sigaretta e godersi il weekend. Tirò su la cinta dei pantaloni a vita alta, dove era infilata la stretta camicia a quadri.

«Steve?», chiese una voce conosciuta dall'altro capo. «A che ora passi?»

«Sono ore che chiamo», rispose il biondo con un lamento. «Penso di essere lì fra un'oretta. Sbrigati». Si guardò intorno, attento che nel locale non ci fosse nessuno a guardarlo. Amava il luogo dove lavorava: era un raffinato locale gay dal look ispirato palesemente agli anni Quaranta, purtroppo finito dopo anni nelle mani del figlio del vecchio proprietario, che di raffinato aveva solo la manodopera delle scarpe.

«Lascio la cena a Bruce e sono fuori casa».
Steve sospirò, e a qualche kilometro di distanza Tony riattaccò rapidamente la cornetta, udendo i passi del compagno farsi vicini insieme a un «Ha chiamato mia madre?». «No»; osservò la ventiquattrore sotto il suo braccio. «A che ora torni? Cosa ti lascio da mangiare?»
«Non lo so, non so nemmeno se torno a casa stasera. Lasciami, non so...» Bruce indicò vagamente il frigorifero. «Qualcosa da spizzicare durante la partita». I capelli ricci dell'ingegnere erano stati maldestramente tirati indietro con il gel e il goffo nodo della cravatta era da pulire. Questi corse fuori dalla villetta, ignorando il saluto di Tony, e sparì dietro l'angolo della strada nella sua sportiva rossa.

Intanto l'altro stava già riempiendo due valigie e una borsa.

Esattamente quarantacinque minuti dopo, il clacson suonò due volte fuori casa di Tony, che prese in braccio i bagagli e raggiunse l'amico sul marciapiede; questi lo osservò per pochi secondi per poi esclamare «Serio? È un weekend!»
«Non si sa mai», rispose prontamente lui nell'infilare in macchina una canna da pesca e gli stradari di mezza Europa.

Steve scosse la testa con le mani a fianchi, per poi mettersi alla guida del maggiolone cabrio, che ormai aveva un paio d'anni. Si era sudato quella macchina. Se l'era sudata per cinque anni, rinunciando alle serate fuori e alle sigarette, fino a mettere da parte un gruzzolo solo per comprarla.

Dopo mezz'ora di battibecchi su cosa portare con loro e cosa lasciare, i due si misero finalmente sulla strada. Ripercorsero velocemente Strasburgo. Non sapevano che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui l'avrebbero vista. 

Note: 

Dopo aver visto Thelma & Louise mi sono in-na-mo-ra-ta di quel film. E mi ripresento dopo due anni con una long. Sono stata assente a lungo, e non ho scritto per tanto tempo che quasi avevo dimenticato come si facesse. 

Preparate i feels, perché stavolta non mi ferma più nessuno.