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Autore: Newdark    11/07/2016    10 recensioni
Un giorno in cui Judy è finalmente costretta a fare due più due, perché il caso che Bogo ha smollato a Nick casca a fagiolo a smuovere qualcosa in quella sua (adorabile) testolina ottusa.
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Judy si fermò in mezzo al marciapiede con uno sguardo vacuo, domandandosi solo vagamente se avrebbe mai ripreso a camminare. Percepiva le zampe molli e l’aria nei suoi polmoni farsi più pesante di secondo in secondo.
Non era sicura di sentirsi molto bene.
Nick si accorse della sua trance solo qualche istante dopo, e ripercorse quei pochi metri che lo separavano dalla coniglietta con un sorriso che invitava a prenderlo a sberle. Quando le fu davanti le riservò lo stesso identico sguardo che le aveva rivolto tempo prima, da sopra il passeggino di Finnick, mentre farneticava di “oltraggio alla fenfibilità”.
Judy lo guardò, scontenta e decisamente irritata.
Nick si piegò sulle zampe fino alla sua altezza, come sempre faceva quando voleva prenderla in giro al meglio delle sue possibilità.
«Che succede, Carotina? Immaginarmi nudo ti mette a disagio?».
Appunto.
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Buona giornata, Judy Hopps.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry
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Salve a tutti!
Non credevo che mi sarei ritrovata anch'io a scrivere qualcosa in questo fandom,
ma poi mi è venuta in mente questa storiella e non ho potuto resistere.
Spero che a voi piaccia leggerla almeno un centesimo di quanto è piaciuto a me scriverla.
Fatemi sapere che ne pensate!
Buona lettura,


NewDark

 

 


 

 

Un giorno di gloria per Judy Hopps





 

 

       Quel mattino, il capitano Bogo non era affatto contento.
     No, si ripeteva ad ogni passo, circumnavigando la propria scrivania con deliberata lentezza, no, non era affatto contento.
     Odiava le questioni politiche. Soprattutto se intervenivano a rompere le scatole a lui. Soprattutto se intervenivano a rompere le scatole a lui di prima mattina, turbando il suo momento caffè.
     Con un muggito esasperato, Bogo si rassegnò all'evidenza dei fatti. Aveva bisogno di un volontario, per fronteggiare quella spinosa faccenda. Qualcuno di particolarmente abile e scaltro, che riuscisse anche a mantenere assolutamente riservata l'intera operazione.
     Bogo grugnì.
     Il fatto stesso che non potesse semplicemente ordinare a qualcuno dei suoi agenti di farsi carico del caso contribuiva a disturbarlo profondamente. Era un'anomalia detestabile, quella, all'interno di un'anomalia più detestabile ancora. Un loop di seccature che avrebbe volentieri ignorato, se solo fosse stato possibile.
     Bogo sbuffò nervosamente, poi uscì sbattendo la porta, diretto verso la stanza delle riunioni.







       La distribuzione degli incarichi era stata appena portata a termine, quando l’agente Delgado fece presente a Bogo un'incongruenza organizzativa.
     Il capitano alzò gli occhi al cielo. Era ancora di pessimo umore.
     «Sistema questa cosa con Wolfar, allora. Non mi interessa» concluse, irritato.
     Fu per una specie di riflesso condizionato che tutti gli agenti si voltarono all’unisono verso l’unica volpe presente. La qual volpe, con il solito sorrisetto ironico stampato sul muso, era inequivocabilmente pronta a dare a Bogo qualcos’altro per cui arrabbiarsi.
     «Con tutto il rispetto, capo, dovrebbe ampliare il suo repertorio. Inizia a diventare ripetitivo».
     Qualcuno tossicchiò per mascherare un principio di risata, qualcun altro si mordeva una zampa per non scoppiare. Judy Hopps, che condivideva la sedia con l’inopportuna volpe, chiuse gli occhi con una smorfia.
     Il capitano Bogo prese un profondo respiro e contò mentalmente fino a trentatré. Non gli parve che la voglia di lanciare una sedia contro Wilde gli fosse calata in maniera apprezzabile.
     «Mi sembrava di averti già detto una volta di tenere quella boccaccia chiusa, Wilde» grugnì allora, apertamente minaccioso.
     «Ma infatti mi sto trattenendo, capo, non si nota?». Nick Wilde si produsse nell'espressione più innocente del suo notevole repertorio, mentre intorno a lui gli altri agenti sghignazzavano ormai senza ritegno.
     Judy gli mollò una gomitata nel fianco. «Smettila» sibilò, del tutto inascoltata.
     Bogo batté un pugno sul leggio con aria feroce, già pronto ad uno scontro sanguinoso. Ma poi, di colpo, una lampadina si accese nella sua testa, facendo sì che un guizzo di pericoloso compiacimento comparisse sul suo muso.
     Come aveva fatto a non pensare immediatamente a quell'indisponente individuo arancione? Wilde era di certo uno degli agenti migliori di cui disponesse. Peccato sapesse parlare.
     In ogni caso, aveva trovato il volontario di cui aveva bisogno.
     «Signori, potete andare. Wilde, tu no».







       «Allora?». Judy quasi gli saltò addosso per ottenere informazioni. «Che cosa voleva Bogo da te?».
     Nick sospirò, sfoggiando un'aria melodrammatica. «Vendetta, suppongo» borbottò, avviandosi mesto verso l’uscita del dipartimento. Dopo un istante di smarrimento, Judy gli corse dietro piena di rimostranze.
     «Ehi, aspetta, dove stai andando? Abbiamo tonnellate di lavoro da sbrigare!».
     Nick non si voltò. «Vado a smaltire la mia tonnellata personale, Carotina. Ci vediamo più tardi». E sollevò la zampa destra in un saluto molle che aveva qualcosa di vagamente depresso.
     Judy lo guardò sparire oltre le porte a vetri con un pessimo presentimento.
     Dopotutto, a modo suo, Bogo era pericoloso.







       Per tutto il giorno, Judy non fece altro che rizzare le orecchie ad ogni conversazione che le capitava a portata di udito.
     Gli agenti di quel dipartimento erano notoriamente una combriccola di impiccioni, perciò Judy aveva stabilito che era impossibile che nessuno sapesse dove accidenti fosse stato spedito Nick. Tanto più che in quella faccenda c'era di mezzo una delle cose che più mandava in solluchero quel branco di mammiferi in divisa, ovvero l’ennesimo bisticcio tra Wilde e il capitano Bogo.
     Dal momento in cui era stato assunto, Nick era diventato il miglior amico del poliziotto medio. Assistere ai battibecchi tra lui e Bogo in poco tempo si era elevato al rango di miglior passatempo della centrale, e persino Clawhauser qualche volta mollava l’app di Gazelle per concedersi il lusso di origliare quelli che ormai erano confronti leggendari.
     Era sempre Nick a battere il calcio di inizio, naturalmente.
     Per quanto Judy si sforzasse di farlo stare zitto, arrivava sempre il momento in cui la volpe riteneva di dover dire la propria – peccato si trattasse sempre di un commento sarcastico, di quelli che mandavano Bogo su tutte le furie. Così, dopo un botta e risposta serrato – più o meno prolungato – la lingua lunga di Nick aveva inevitabilmente la meglio, e a Bogo non restava altro che sfogare la bile smollando all’insidiosa volpe qualche compito ingrato da svolgere in solitaria. Come quel giorno.
     In genere, però, l’annuncio della condanna avveniva direttamente in sala riunioni, per il sollazzo degli altri agenti. Che Judy ricordasse, quella era la prima volta che Bogo tratteneva Nick da solo.
     La faccenda era sospetta. Oltretutto, Nick le era apparso insolitamente scoraggiato, poco prima. E questo agitava Judy al punto di impedirle di dedicarsi a quelle decine di rapporti che attendevano di essere compilati.
     Preoccupata.
     La coniglietta si diede mentalmente della stupida.
     Perché mai avrebbe dovuto preoccuparsi, poi? Nick era un poliziotto, ben addestrato e decisamente sveglio. Qualsiasi incombenza Bogo gli avesse affibbiato, se la sarebbe cavata egregiamente.
     L'immagine del suo muso afflitto, però, non voleva saperne di abbandonare la sua testolina.
     Judy resistette altri quindici minuti. Alla fine si alzò e si avviò con determinazione alla postazione nell’ingresso, dove Clawhauser si andava strafogando di ciambelle con la foga di un ghepardo a digiuno da una settimana.
     Doveva sapere o avrebbe sprecato l’intera giornata rincorrendo quel disgraziato del suo partner col pensiero.
     «Benjamin» attaccò Judy in tono soave, una volta che fu riuscita a distogliere l’attenzione dell’amico dalla sua terza colazione, «tu hai qualche idea di dove Bogo abbia mandato Nick?».
     Clawhauser stavolta non ne aveva neanche mezza, di idea.
     «Magari sai che caso gli ha assegnato?» tentò la coniglietta, ancora vagamente speranzosa.
     Clawhauser non lo sapeva.
     Le orecchie di Judy si afflosciarono.
     «Mi dispiace, Judy, ma stavolta Bogo ha mantenuto il più assoluto riserbo. In effetti, adesso che mi ci fai pensare...». Judy si tese verso l’alto, occhi sgranati, pendendo dalle sue labbra, «... è strano».
     La coniglietta sospirò, abbattuta.
     Avrebbe dovuto rimettersi al lavoro ed ignorare quel tarlo che oscillava tra la semplice curiosità e la vera inquietudine. E avrebbe dovuto attendere l’indomani per saperne di più, visto che Nick probabilmente non sarebbe rientrato, quel giorno.
     Judy strinse i denti: non poteva proprio farcela.






       «Capitano? Capitan Bogo?».
     «Sì, Hopps?» replicò il bufalo, invitandola a lasciare la soglia del suo ufficio e ad entrare.
  Judy si fece avanti con tutta la faccia tosta di cui disponeva. Cioè poca. «Ecco, capitano, veramente io-» esordì, balbettando in maniera alquanto miserevole. Non era la prima volta che meditava di rivolgersi a Nick per un corso di oratoria. Prese mentalmente nota di non rimandare oltre quel fondamentale passo in avanti nella propria formazione.
     «Vuoi sapere dov’è Wilde, vero?» la soccorse Bogo, inarcando un sopracciglio.
     Judy esitò, colpita dal fatto che il suo capo non potesse immaginarsi un altro motivo per la sua visita. Ce l'aveva forse scritto in faccia, cercasi Nick disperatamente?
     «Sì, capitano» rispose infine, un po’ più determinata.
     Bogo alzò gli occhi al cielo. «Torna a lavorare, Hopps» brontolò seccamente, ma a Judy non sfuggì il ghigno sul muso del suo superiore. Si morse la lingua per mantenere la calma. Trovava a dir poco sconcertante il modo in cui Bogo si stava divertendo.
     «Ma capitano» insistette, la voce carica di buon senso, «non crede che l’agente Wilde potrebbe aver bisogno di aiuto?». Del mio aiuto?
     Bogo fece aria con lo zoccolo, ostentando disinteresse. «Credimi, Hopps, Wilde è perfettamente in grado di gestire la situazione. E ora, se non ti dispiace, dovrei lavorare. E anche tu». E con lo stesso mezzo ghigno, la congedò.






       Il tempo pareva non scorrere mai.
     Judy leggeva e rileggeva da ore le stesse quattro righe del rapporto senza in realtà distinguere niente, e sbuffava più spesso di un treno a vapore in corsa. Di quando in quando si ritrovava a masticare nervosamente una matita, che gettava via nel momento in cui se ne rendeva conto e che ripescava l’attimo dopo, scorrendo sovrappensiero l'etichetta dell'acqua minerale che Nick aveva lasciato sulla sua scrivania. Stringeva da ore quella bottiglietta tra le zampe come fosse un prezioso reperto.
     Era talmente agitata che, nella sola mattinata, aveva acquistato alla macchinetta quattro camomille, ed era talmente distratta che nessuna delle quattro era giunta intatta alla sua scrivania – le aveva rovesciate tutte addosso ai disgraziati agenti che avevano avuto la sfortuna di incrociare la sua strada.
     In realtà, i suoi colleghi sapevano bene che era meglio mantenersi a distanza di sicurezza, quando girava così. E quando Nick Wilde mancava, a Judy Hopps girava sempre così. Se ne erano accorti tutti, là dentro, tranne lei – come questo fosse possibile, era un mistero di fronte al quale i migliori investigatori del PDZ alzavano le zampe.
     Quel che Judy sapeva era che quando Nick non c’era le sue giornate erano tutte uguali.
     Non quel giorno, però. Quel giorno c'era qualcosa di diverso. Quel giorno era molto peggio del solito, a detta dell'intero dipartimento.
     La coniglietta lanciò l’ennesima occhiata infelice al cellulare. Per quanto poco senso avesse, non poteva smettere di domandarsi: perché non chiama?
     Quando finalmente lasciò il dipartimento, troppe ore e quattordici matite più tardi, non resistette più e lo chiamò. Il telefono della volpe era spento.
     Judy sospirò, mentre il livore saliva. Erano nove dannate ore e quarantasette maledetti minuti che non aveva notizie di Nick. Ed avrebbe tanto voluto poterglielo urlare su quel suo muso impertinente.
     Prese un profondo respiro e ricompose il numero del partner, scegliendo di lasciare un messaggio in cui gli imponeva di contattarla non appena si fosse sbrigato. E poi andò a mettere radici ad un tavolino del caffè all’angolo, scrutando avvilita il via vai di gente all’ora di chiusura dei negozi. Contemplò il tramonto succhiando nervosa del succo di carota ormai caldo e accolse l’imbrunire con uno scatto stizzito.
     La verità era che quando Nick Wilde mancava, Judy Hopps non riusciva a pensare ad altro. Ma non se n'era mai accorta, prima di allora.
     Ora che il fatto le si presentava all'attenzione in maniera così scandalosamente violenta, le sembrava impossibile non averlo realizzato qualcosa come mesi prima. Ora che il pensiero di lui regnava sovrano su ogni altro pensiero, si chiedeva come avesse potuto non rendersi conto che era più o meno così che andavano le cose ogni volta che Nick non era con lei.
     Forse perché non le capitava così spesso, di non averlo tra le zampe. Erano partner, dopotutto, lavoravano insieme tutti i giorni, tutto il giorno – o la notte. Ed erano amici, anche, e trascorrevano insieme persino i loro rari momenti di tempo libero, se non quando Judy andava in visita alla Tana dei Conigli. E spesso se lo portava dietro anche lì, per la gioia dei suoi fratellini che andavano pazzi per la coda di Nick.
     In effetti, trascorrevano così tanto tempo insieme che a Judy faceva sempre un effetto bizzarro quando, le notti in cui non prestavano servizio, lei prendeva una strada e Nick un'altra. Le sembrava quasi irragionevole che non vivessero insieme.
     Soltanto Bogo e i suoi propositi vendicativi avevano avuto il potere di separarli prima di allora, ma Nick non era mai stato via per più di poche ore e, in ogni caso, era sempre rimasto reperibile.
     In un modo o nell'altro, lui era sempre con lei – alla distanza di un metro, di una stanza, di un paio d'ore di treno o di una telefonata. Judy non aveva mai realizzato prima quanto quella certezza fosse per lei necessaria.
     Era confusa, ma col trascorrere dei minuti e delle ore lo era sempre meno. Di contro, l’agitazione cresceva in maniera esponenziale perché Nick non si faceva vivo.
     Alle nove e quarantatré di sera, Judy Hopps passeggiava avanti e indietro davanti a un idrante in piena Savana Centrale. Come fosse finita lì, neanche lei lo sapeva. Era certa però di star per avere un attacco. Non ben definito, ma un attacco grave, senza dubbio.
     «Accidenti a te, Nick» sibilò, mollando l’idrante e proseguendo la sua marcia priva di meta.
     Dopo tredici ore e diciassette minuti di assenza da parte della volpe, la coniglietta riconobbe finalmente a se stessa di essere in piena crisi d’astinenza.
     Era sul punto di prendere a testate un lampione quando, finalmente, il suo telefono squillò. Tanta fu la foga nell’acciuffarlo che l’apparecchio le sfuggì dalle zampe, e cadendo si impallò. Judy ululò la sua frustrazione alla luna, e l’attimo dopo irrompeva come una furia nel bar di fronte esigendo a gran voce un telefono, in faccia l’espressione dura e risoluta di chi abbia a che fare con una questione di vita o di morte. Compose il numero in fretta e furia, senza curarsi dei clienti del bar che, intimoriti da quell'apparizione in divisa, attendevano un suo cenno rassicurante. Che non sarebbe arrivato.
     Lui rispose al secondo squillo.
     «Nick» lo investì lei, mettendo in quel nome un’enfasi tale che la volpe rimase spiazzata.
     «Judy?».
     «Oh, Nick! Dove sei? Stai bene?». Le parole le scivolavano di bocca frettolose e cariche di un qualcosa che lasciò Nick a chiedersi che cosa accidenti stesse succedendo.
     «Io... sì, credo di sì. Ma, Carotina, tu stai bene?».
     Judy deglutì e ridacchiò nervosamente. «Ce-certo. Perché me lo domandi?».
     Nick non rispose.
     «Dove sei?» continuò lei, affamata della sua voce.
     La volpe esitò. «Finnick mi sta dando un passaggio verso casa» spiegò infine.
     Le orecchie di Judy si afflosciarono di colpo, e la coniglietta si ritrovò a fissare un punto della parete davanti a sé con due occhi enormi e tristi. Da qualche parte dentro di sé aveva sperato fino all’ultimo di rivederlo, quella sera.
     «Ah» mugugnò, calciando distrattamente un tappino di birra. Tutto d’un tratto, avvertiva un’intensa stanchezza gravarle addosso.
     Nick tacque per alcuni istanti. «Ma tu dove sei?» chiese poi.
     Judy tirò su col naso, particolare che al compagno non sfuggì. «Da qualche parte a Savana Centrale, credo».
     La volpe rifletté un solo attimo. «Dammi qualche indicazione in più, Carotina: passiamo a ripescarti».






       Eppure era strano.
     Più ci rifletteva e meno Judy riusciva a capacitarsene. Come accidenti aveva fatto a non accorgersene prima?
     Scosse debolmente la testa, incapace di darsi una risposta.
     Ma Nick? Lui se n’era accorto?
    Appallottolata sul gradino più basso di una scaletta arrugginita, Judy fu travolta dall'improvvisa sicurezza
che il mondo intero eccetto lei sapesse da mesi.
     E se Bogo non lo avesse costretto ad allontanarsi da lei così a lungo, quando l’avrebbe capito?
     Judy affondò il musetto tra le zampe, provata dalla giornataccia e dalla consapevolezza di quanto avesse potuto essere ottusa.
     «...Carotina?».
     La coniglietta alzò di scatto due occhi dilatati all’inverosimile.
     Per riflesso, Nick fece un passo indietro, un po’ spaventato dalla sua espressione assolutamente tremenda. L’attimo dopo, Judy gli si era gettata addosso e tentava di stritolarlo in un abbraccio che pareva più la morsa di una pressa idraulica.
    «Che entusiasmo» commentò la volpe dopo un po’, non nascondendo una nota di sorpresa nella voce, mentre mollava quasi inconsapevolmente delle pacche leggere sulla schiena della partner. «Mi sono perso qualcosa?».
   Judy soffocò una risatina nei pressi delle sue costole. «Tu non so... io sicuramente». E senza dare a Nick il tempo di approfondire, «Ma dov’è Finnick?» domandò, guardandosi intorno in cerca del furgoncino.
    La volpe alzò le spalle. «Oh, era d’umor malo, stasera. Non mi pareva il caso di propinarti la sua compagnia. Sa essere sgradevole, quando vuole».
    «Questo sì che non l’avrei mai detto». Judy ridacchiò, e di colpo il suo umore era tanto migliorato che le sembrava di poter saltellare fino a casa. «Allora siamo ufficialmente appiedati?».
    Nick allargò le braccia e sorrise.
    «Quindi... passeggiata?» propose allegramente la coniglietta, avviandosi con passo decisamente baldanzoso.
    La volpe la seguiva, incuriosita, mentre tentava di decifrare quel suo strano comportamento. Fino a un momento prima – e specialmente prima ancora, al telefono – Judy non sembrava così su di giri. Anzi, gli era parsa profondamente giù di morale. In effetti, si era quasi preoccupato. In effetti si era preoccupato tanto – quel tono di voce, quel musetto contrito non erano da lei. O aveva avuto un’allucinazione?
    «Chiamala passeggiata. Abbiamo davanti a noi una notte di cammino, Carotina. Ma che accidenti sei venuta a fare a Savana Centrale?».
    «Esagerato, a passo sostenuto sarà poco più di un’ora» controbatté serenamente lei, ignorando la domanda.
    «Parla per te. Non abbiamo tutti la fortuna – se così vogliamo definirla, ma se ne può discutere – di abitare a duecento metri dal dipartimento. E comunque non mi hai risposto» la rimbeccò Nick.
    Judy parve ricordarsi solo in quel momento, di nuovo, che effettivamente i loro domicili erano ben distinti e anche piuttosto lontani l'uno dall'altro. La notizia, come sempre, la lasciò stranita. Ma ora, forse, sapeva perché.
     «Arriverò a notte inoltrata, giusto in tempo per ripartire e fare tardi all’appello di capitan Bufalo Bill» si lamentava intanto la volpe.
     Una proposta non passata al vaglio dal suo cervello le sfuggì di bocca. «Beh, puo-puoi fermarti da me. Se vuo-vuoi».
     Le orecchie di Nick fecero una doppia giravolta prima che i suoi fari verdi si posassero guardinghi su di lei.
    «Sei stato così gentile da rinunciare al tuo passaggio per me. È... il minimo, no?». Judy volle convincersi di star facendo progressi con quella cosa della faccia tosta, ma era difficile ingannare quello che avrebbe dovuto essere il suo maestro in materia.
    Nick tacque per qualche istante.
    «Posso sapere che ti succede, oggi, Carotina?» domandò dopo un po’, in tono straordinariamente educato.
    Judy prese un profondo respiro e poi tirò fuori il suo miglior sorriso. «Assolutamente niente». Assolutamente terrificante, pensò la volpe, spaurita. «Tu, piuttosto: adesso devi dirmi che cos’hai combinato, tutto il giorno. Dove ti ha mandato Bogo?».
     Nick tossicchiò, di colpo sulle spine, e indicò alla svelta un locale illuminato dall’altra parte della strada. «Guarda, una gelateria ancora aperta!». E si diede alla fuga. Quando riemerse, sfoggiando due giganteschi coni gelato a mo' di barriera contro le domande insidiose ed una straordinaria faccia da poker al posto della cialda, trovò Judy ad attenderlo a braccia incrociate. La coniglietta accettò il gelato ringraziando, ma non c’era bisogno della proverbiale astuzia di Nick per comprendere che aveva intenzione di mollare la presa quanta ne aveva Clawhauser di andare a fare jogging alle quattro del mattino. O a qualsiasi altra ora.
     «Allora?».
     «Buono, eh?» commentò la volpe, ignorandola platealmente.
     «Nick, dove sei stato tutto il giorno?».
     «È anche meglio di quello che prendiamo di solito giù all’angolo di-».
     «Nick».
     La volpe si voltò a squadrarla con uno sbuffo stizzito. «Sei noiosa, Carotina. Perché invece non mi racconti tu cos’hai fatto oggi? O perché vagavi in stato alterato per Savana Centrale? O, anche, che cosa è successo al tuo cellulare nuovo?».
     Judy scelse di fingere che non avesse aperto bocca. «Si chiamano “confidenze tra colleghi”, è una cosa perfettamente normale» lo incalzò.
     «Si chiama "ficcanasare di coniglietta impicciona"» la corresse il partner, sgranocchiando rumorosamente il suo cono.
     Judy gli si piantò davanti con aria minacciosa. «Non ho avuto tue notizie per tredici ore e trentanove minuti, Nick. Adesso voglio sapere perché».
     «Hai fatto altro, oggi, oltre fissare l’orologio?» scherzò lui, aggirandola.
     Judy gli afferrò il braccio. «No» sibilò, impaziente, «e tutto per causa tua!».
     Nel tentativo di mascherare una buona dose di sgomento, Nick esibì un sorrisetto allusivo. «È una dichiarazione, questa?».
     «Sì, di guerra. Parla».
     La volpe le riservò un'occhiata scettica. «Altrimenti bombarderai il mio armadietto in centrale con dei palloncini riempiti di succo di carota? È stato quasi divertente la prima volta, Carotina, ma non credo che Bogo tollererebbe il bis».
     «Che cosa?! Sai bene quanto me che è stato Higgins!» esclamò Judy, indignata.
     Nick alzò le spalle con un ghigno. «Prove a favore della tua versione non sono mai pervenute».
     «Se le è bevute Clawhauser, le prove» obiettò lei, furente. Poi, a tradimento, cambiò strategia. «Dimmi dove sei stato. Per favore» lo implorò, ipnotizzandolo con i suoi grandi occhi viola.
     Beh, questo è giocare sporco, si disse la volpe, un po’ infastidita. Ritrasse il braccio, temporeggiando.
     «Te ne pentirai, Carotina. Io tacevo per preservare la tua serenità».
     «Dove?».
     «Non provare a lamentarti, poi, non ne voglio sapere nie-».
     «Dove, Nick?».
     La volpe le scoccò uno sguardo di sfida. E poi sorrise con aria canzonatoria. «In un posto poco adatto ad una tenera coniglietta» rispose, e restò in attesa per godersi il graduale mutamento nell’espressione di Judy, che da seccata si fece prima allibita, poi crucciata ed infine apertamente imbarazzata. Soddisfatto, Nick riprese a camminare e ci volle un po’ perché la coniglietta tornasse a trotterellargli accanto, decisa a proseguire l'indagine.
     «E che cosa sei andato a fare, ? Volevi invitare Yax a cena?» lo punzecchiò, cercando di carpire quanti più dettagli possibile.
     Nick sorrise con aria di sufficienza. «Avevo un caso da risolvere, Carotina, ma grazie per la dritta: la prossima volta non mancherò di certo».
     Judy lo osservava con attenzione. «Di che cosa si trattava?».
     La volpe si accigliò. «Bogo farebbe di me un tappeto, se sapesse che te l’ho detto». E finse di rabbrividire.
    La coniglietta inarcò pesantemente un sopracciglio. «Che scusa patetica, Nick. Come se avesse bisogno di questo. Avanti, che accidenti è successo in quel centro?».
    Nick sbuffò, poi si guardò intorno a sincerarsi che non ci fossero orecchie indiscrete – ma purtroppo non c’era pericolo, la via che stavano attraversando era assolutamente deserta. La volpe mugugnò qualche improperio contro il fato perennemente avverso e si arrese con un sospiro.
    «Qualcuno fotografava di nascosto gli ospiti del centro e li ricattava» rivelò allora. Judy gli si fece più vicina, incuriosita. «Malgrado le loro abitudini bizzarre, neanche quei mammiferi gradiscono che una loro foto di quel tipo circoli liberamente per la rete».
    «Vai avanti» lo invitò Judy. «C’è qualcosa di più, vero?».
    Nick alzò le spalle. «La figlia del sindaco» confermò. «Anche lei frequenta il centro e anche lei è stata ricattata. Se la foto fosse venuta alla luce ci sarebbe stato un bel caos». Il naso di Judy tremò di irritazione e Nick alzò gli occhi al cielo con un sorriso che voleva essere sarcastico ma che risultò, con sua rassegnata consapevolezza, piuttosto intenerito. «Come faccio a infilarti in quella testolina il fatto che non tutti credono, come te, che in questa città chiunque possa essere quel che vuole?».
    L'espressione scontenta di Judy si trasformò inaspettatamente in un sorriso un po' impacciato, ma che aveva qualcosa di luminoso e magnetico, quando tornò a guardare Nick. «Per ora mi basta che ci creda tu» sussurrò, e il sorriso della volpe scemò davanti a quegli occhi viola, liquidi, che lo fissavano come se soltanto la sua risposta valesse qualcosa al mondo.
    Poi Nick alzò gli occhi al cielo, sbuffò e riprese a camminare. Judy gli trotterellava accanto, continuando ad osservarlo intentamente. La volpe tentò di ignorarla ma alla fine tossì una mezza risata davanti a quel suo adorabile cipiglio.
    «Siamo una volpe e un coniglio» si arrese, con un sorriso vagamente esasperato, «rispettivamente un ex-truffatore e... beh, un coniglio» ripeté, ridacchiando davanti al roteare gli occhi di Judy, «e siamo poliziotti» continuò. «Siamo una volpe e un coniglio, e passeggiamo a braccetto per Savana Centrale». E con l’occhiata che le scoccò finì di esporle il suo punto di vista sulla questione.
    Il sorriso di Judy si allargò.
    Poi tornò a rimuginare sul caso di Nick – il caso che lo aveva tenuto lontano da lei l'intera giornata. Aveva come l'impressione che Nick avesse aggirato un qualche nodo potenzialmente pericoloso per lei. C’era qualcosa che mancava alla ricostruzione, lo sentiva. Qualcosa di assolutamente ovvio, che tuttavia le sfuggiva. Che sensazione fastidiosa.
    «Ma insomma, com’è finita, lì al centro?».
    «Oh, è stato fin troppo facile smascherare il colpevole. Praticamente ce lo aveva scritto in faccia. Anche perché era proprio in faccia che aveva una microcamera, più esattamente in bocca». Nick fece una smorfia disgustata. «Stenterai a crederlo, ma il momento della rivelazione non è stato affatto divertente».
     Judy ricambiò la smorfia. Non le riusciva difficile immaginarlo. Ma che posto bizzarro per nascondere una microcamera, il nodo della cravatta non andava più bene…?
     Oh.
     Ah.
    Judy si schiarì la voce. «Nick» esordì in tono incerto, lanciando un’occhiata dubbiosa al manto stradale. «Ma tu, esattamente, cosa… come… insomma, che tipo di operazione…?».
     Con la coda dell’occhio, vide il partner ghignare.
    «Naturalmente mi sono infiltrato, Carotina».
    Judy deglutì faticosamente. Ecco il tassello mancante. Per un istante, fu tentata di cancellare dalla sua memoria quelle ultime due battute, ma poi, stringendo gli occhi fino a farsi male, si costrinse a insistere. «Ma Nick... m-ma quindi t-tu...» bisbigliò, senza sapere se sarebbe mai stata capace di terminare la domanda.
    «Mi sono adeguato alle politiche del luogo» la soccorse – per modo di dire – lui, voltandosi a lanciarle un sorriso ironico. «Nicholas Wilde, agente sotto scopertura, al suo servizio» recitò, ed ebbe anche la grandissima faccia tosta di strizzarle allusivamente l’occhio.
    Judy si fermò in mezzo al marciapiede con uno sguardo vacuo, domandandosi solo vagamente se avrebbe mai ripreso a camminare. Percepiva le zampe molli e l’aria nei suoi polmoni farsi più pesante di secondo in secondo.
    Non era sicura di sentirsi molto bene.
    Nick si accorse della sua trance solo qualche istante dopo, e ripercorse quei pochi metri che lo separavano dalla coniglietta con un sorriso che invitava a prenderlo a sberle. Quando le fu davanti le riservò lo stesso identico sguardo che le aveva rivolto tempo prima, da sopra il passeggino di Finnick, mentre farneticava di “oltraggio alla fenfibilità”.
    Judy lo guardò, scontenta e decisamente irritata.
    Nick si piegò sulle zampe fino alla sua altezza, come sempre faceva quando voleva prenderla in giro al meglio delle sue possibilità.
    «Che succede, Carotina? Immaginarmi nudo ti mette a disagio?».
    Appunto.
    «No-non ci sarebbe niente di strano».
    «Se potessi vedere la tua faccia in questo momento, ti accorgeresti che qualcosa di strano c’è» obiettò Nick, senza sforzarsi di trattenere una risata.
     «Bogo te l’ha imposto?» indagò la coniglietta, improvvisamente combattiva.
     Nick sorrise, deliziato. «Me lo ha chiesto come favore personale. Con il solito corredo di minacce, naturalmente, ma come favore».
     «E perché proprio a te?».
     Il partner si mostrò oltraggiato. «Ma come, Carotina! Mi riempi quotidianamente di complimenti e poi ti stupisci che il capo scelga il più astuto tra i suoi agenti per una missione così delicata?».
     «Perché proprio a te?».
     Nick aggrottò le sopracciglia. «È una mia impressione o stavi ringhiando?».
     «Nick» sbottò Judy, senza curarsi del tono poco conigliesco.
    «Te l’ho detto, perché sono straordinariamente scaltro. E perché i pochi altri agenti che valesse la pena interpellare sono tutti impegnati in “relazioni sentimentali” e Bogo non vuole fare lo sfasciafamiglie, o almeno così dice».
     Judy assottigliò gli occhi in maniera così minacciosa che il sorriso strafottente di Nick si incrinò un poco. «Anche tu» esclamò lei con decisione, fissandolo irata.
    «... Carotina?».
    «Anche tu sei impegnato. Io sono la tua relazione sentimentale, volpe ottusa, e non apprezzo che tu te ne vada in giro pelo al vento, e sai cosa?, credo proprio che domani lo farò presente a Bufalo Bogo».
    Nick la guardava a bocca aperta e con gli occhi quasi fuori dalle orbite. Tentò di recuperare terreno e sicurezza, ma con scarsi risultati. Non era del tutto certo di poter dissimulare il tremito improvviso che l’aveva colto e che lo spingeva ad agitare la coda con più foga di quanto fosse opportuno.
    «Ah, allora è questa la dichiaraz-».
    «Sono la tua fedele collega, dopotutto, vale lo stesso» lo interruppe Judy, riprendendo improvvisamente a marciare tutta impettita, come se nulla fosse successo.
     Nella propria testa, Nick sperimentò con sorprendente chiarezza la sensazione delle sue braccia che cadevano a terra e sprofondavano negli Inferi. Quello che aveva udito non aveva alcun senso, ed in una situazione normale si sarebbe piccato di farlo notare alla sua indisponente partner. Ma in quel momento, un unico pensiero sfiorava la sua mente.
    Questo coniglio sarà la mia rovina.
    E la seguì in silenzio, le orecchie afflosciate.
    Percorsero l’ultimo tratto di strada che li separava dall’ingresso della Tenuta del Pangolino e poi, quando Judy aprì la porta e lo invitò ad entrare, Nick scosse lentamente la testa.
    «Ci abbiamo messo meno del previsto. Credo che ne approfitterò per fare un salto a casa» borbottò, scalciando distrattamente un ciottolo.
    «Nick, ma quale casa?» lo rimbeccò Judy con un sorrisetto, pensando all'arcata del ponte che il suo partner si ostinava a considerare il posto giusto in cui vivere.
    La volpe le scoccò uno sguardo risentito. «Sarebbe carino, da parte tua, piantarla con le prese in giro. Almeno per stasera, Carotina».
   La coniglietta notò la sua coda, più bassa del solito, e si sentì stupida. Perché lo sguardo di Nick, quand’era esplosa in quella sparata solo apparentemente insensata, era esattamente quello che lei aveva sperato di scorgere. Invece lei aveva gettato il sasso e nascosto la zampa. Codarda.
    «Scusami» sussurrò, lasciando che le orecchie le penzolassero addosso. «Ma ospitarti mi farebbe davvero piacere».
    «Non andrò in cerca di Yax, se è questo che temi».
    Malgrado la situazione, Judy non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere. E più cercava di soffocare i singulti, peggio era. Il muso di Nick, segnato dallo sbigottimento, poi, non aiutava affatto. Ma quando la volpe sentì il desiderio di unirsi a quella risata cristallina, decise invece di fare rapidamente dietrofront per incamminarsi.
    «Buonanotte, Carotina».
    Judy lo rincorse e gli si parò davanti, afferrandogli una zampa. «Nick, vorrei che tu restassi qui» insistette. Davanti allo sguardo annoiato del partner tirò fuori un sorriso timido. «Non posso lasciarti andare a zonzo da solo di notte. È pericoloso, e vorrei ricordarti che tu sei la mia relazione sentimentale».
    La volpe sbuffò e tentò di liberare la zampa.
    «Sono il tuo ”fedele collega”, eh?».
    «No, Nick. Io ti amo».
    Negli interminabili istanti che seguirono quell’uscita così inaspettata, il cervello di Nick smise di collaborare e si limitò a sfornare una sequela di Eh? Eh? Eh?
    «Nick?».
     Lo sguardo perso della volpe non era molto promettente.
    «Casomai te lo stessi chiedendo di nuovo, è questa la dichiarazione».
    Nick sbatté più volte le palpebre.
    «Eh?» biascicò dopo un bel pezzo, riacquistando solo una parvenza di lucidità.
    Judy represse a fatica un’altra risata.
   «Adesso vieni su con me?». E senza attendere risposta gli diede uno strattone per spingerlo a seguirla. Lui si lasciò guidare senza opporre resistenza, immerso in chissà quali considerazioni, ancora visibilmente sotto shock. Soltanto qualche minuto dopo, in mezzo alle scale buie, parve riacquistare il possesso di sé.
    «Ma... Carotina!» esclamò, guardandola con tanto d’occhi e piantando le zampe con fare riottoso. «Che stai facendo? Che stai dicendo?».
    «Mi congratulo per la reattività, agente Wilde. Nemmeno Flash saprebbe fare di meglio. Ora vuoi farmi il favore di muoverti?» replicò Judy, continuando a tirarlo senza costrutto. Nick salì un gradino, ma poi si fermò di nuovo.
     «M-ma... che cosa è successo?».
    Di fronte a quel suo sguardo perso e a quell'insolito balbettio, Judy si vide costretta ad interrompere i suoi titanici sforzi per valutare la domanda.
     Smarrito. Nick era smarrito.
    La coniglietta fu travolta da un'ondata di tenerezza. Allungò una zampa per stringere affettuosamente quella di Nick. «È successo che oggi non eri con me» spiegò con un mezzo sorriso e lo sguardo più limpido di cui fosse capace, la voce sorprendentemente ferma.
    La volpe scosse la testa.
    «Non è la prima volta» obiettò, lasciando trasparire parte di quel suo sotterraneo terrore di poter ricevere una fregatura colossale.
    Judy scosse appena la testa. «Non così. Non c’eri e non sapevo dove fossi, o con chi fossi, o se stessi bene. Non sapevo neanche con esattezza quando ti avrei rivisto. È stata una lunga giornata». La coniglietta sospirò. «Non... non riuscivo a concentrarmi su nient’altro che non fossi tu. Io... mi sono accorta di quanto pesasse la tua mancanza, e così ho iniziato a... riflettere. E malgrado l’ottusità, a quel punto non ci ho messo molto a capire».
    Nick le riservò un altro sguardo pieno di sgomento. «Quindi tu... non stavi scherzando?» chiese lentamente.
    Judy sbuffò e sorrise.
    «Certo che non stavo scherzando. Adesso ti dispiacerebbe darti una mossa? Sono distrutta» si lamentò, riprendendo a tirarlo debolmente. Nick collaborò fino alla porta della stanza. Quando Judy la spalancò e si voltò recuperare il suo partner, lo trovò intento a fissare il pavimento, ancora attonito.
    Lei alzò gli occhi al cielo. «Sai, Nick, non ti facevo così facilmente impressionabile» commentò, ironica.
    La volpe parve riscuotersi e roteò gli occhi con fare stizzito. «“Facilmente”, dice lei! "Facilmente", tsk!». E continuò a masticare una serie di “Facilmente”, mentre però si lasciava tirare nella stanzetta.
     «Certo che dico “facilmente”. Non mi dirai che tu non avevi capito» lo prese in giro Judy, aspettando però la risposta con curiosità.
     Nick la guardò annoiato.
     «Oh, se è per questo io avevo capito da un pezzo che sei persa di me, Carotina».
     Judy inclinò la testa da un lato, divertita. «Ma allora perché tutta questa sorpresa?».
     Nick alzò le spalle. «Non credevo che tu ci saresti mai arrivata» spiegò, sostenuto.
     Judy scoppiò a ridere e gli lanciò un cuscino. «In effetti...» convenne però onestamente un momento dopo. «Se non fosse stato per Bogo...».
    La volpe rabbrividì in maniera esageratamente teatrale. «Il pensiero di dover essere riconoscente a capitan Sono-un-gran-ballerino-Bogo spezza un po’ la magia del momento».
     «Certo che avresti potuto darmi un suggerimento» lo accusò lei, ma con una sfumatura così dolce nel tono che per Nick fu difficile trattenersi da un principio di fusa.
    «Temevo di spaventarti» confessò lui con un’alzata di spalle. «Tutti sanno quanto siate paurosi voi conigli» sottolineò con apparente nonchalance – ma a Judy non sfuggì il mezzo ghigno che minacciava di fare capolino sul suo muso.
     La coniglietta inarcò un sopracciglio, sorridendo con aria di sfida. «Avresti dovuto trovare il modo» lo rimproverò, scherzosa. «Non hai reso onore alla tua astuzia di volpe».
     «Ma adesso siamo qui» replicò Nick, allargando le braccia per indicare il luogo. «In questo triste tugurio, io, te e i tuoi strambi vicini che stanno origliando ogni nostra parola».
     «A chi hai detto strambo?».
     «Lasciali stare, voglio sentire!».
     «Non dirmi che cosa devo fare!».
     «Non offendere la mia modesta dimora, senzatetto» lo bacchettò Judy, ignorando i vicini fuori di testa.
     «Che toni aspri, Carotina. Intanto le pareti di casa mia non sono così sporche». Nick avvicinò il muso alla carta da parati e subito si ritrasse, esibendo una smorfia schifata che la coniglietta giudicò eccessiva.
     «Grazie tante, casa tua non ce le ha affatto, le pareti».
     Nick alzò le spalle. «È un ambiente areato» puntualizzò. «Avresti da guadagnarci in salute, a trasferirti lì».
     Judy incrociò le braccia al petto e sorrise un sorriso angelico. «Ma nel mio letto entriamo in due, sulla tua sdraio no».
     La volpe le scoccò, suo malgrado, un’occhiata ammirata. «Giochi sporco, Carotina. E va bene, vediamo se il tuo letto può farmi cambiare idea su questo bugigattolo». E stava per accomodarsi, quando lei lo richiamò.
     «Nick». La coniglietta sorrideva, sorniona, senza muoversi di un passo. La volpe si voltò a guardarla, perplessa. «Non ti pare di star dimenticando qualcosa?» chiese Judy, e davanti all’espressione vacua di Nick scoppiò a ridere. «Non vuoi dare un bacio alla tua fidanzata?» gli domandò poi a voce bassissima, per non farsi sentire dai due impiccioni della porta accanto.
     Nick sobbalzò, preso alla sprovvista da una richiesta così diretta, e Judy lo guardò arrossire con estrema soddisfazione.
     La coniglietta indicò il letto con un sorriso losco. «Lì potrebbe finire male, e questo non è il posto giusto» spiegò, sempre con un filo di voce, e rivolse un cenno eloquente in direzione della parete.
     «Come sei pragmatica, Carotina» la prese in giro Nick, avvicinandosi lentamente a lei.
     «Hai a disposizione ancora cinque minuti per fare quello che devi fare, agente Wilde, non un secondo di più. Voglio dormire».
     «Coniglietta fiscale».
     «Quattro minuti e cinquantanove. Quattro minuti e cinquantotto. Quattro minuti e cinquantasette».
     «Coniglietta fastidiosa».
     «Si può sapere che cosa stai aspettando?» sbottò Judy, suonando più lamentosa di quanto avrebbe desiderato.
     «Prendo la mira. Mi dispiacerebbe ingerirti per sbaglio proprio adesso» sogghignò Nick.
     «Molto divertente» sibilò Judy, poi afferrò la cravatta dell’indisponente compagno e lo attirò a sé, con tanta energia che per poco Nick non le rovinò addosso. Quando si staccarono, ben più di quattro minuti e cinquanta secondi più tardi, Judy si avviò verso il letto con aria baldanzosa.
     Nick la seguì poco dopo, un po’ stordito e parecchio arruffato, sussurrando a mezza voce un: «Coniglietta impaziente». Si stese accanto a lei e Judy si raggomitolò contro di lui. Nick le accarezzò la testa, intenerito dall’espressione assolutamente beata sul muso di lei.
     «Nick» borbottò Judy ad un certo punto. «Ma se hai detto che era evidente chi fosse il colpevole, come mai ci hai messo così tanto a risolvere il caso?».
     Nick esitò. «Dopo che sono entrato mi ci è voluto poco. Ma ho speso più della metà del tempo a cercare un’alternativa che mi permettesse di rimanere vestito».
     Judy ridacchiò, poi sbadigliò. «Nick» ripeté dopo qualche minuto, la voce già assonnata. «Ti amo».
     La volpe esplose in una risatina silenziosa. «E alla fine non ci hai messo neanche troppo, considerati i tuoi ritmi».
     Judy gli mollò una gomitata in pieno stomaco.
     Nick si massaggiò la parte lesa con aria sofferente. «Ti amo anch’io, coniglietta violenta e deliziosamente ottusa. Ma io ci sono arrivato prima». La volpe frenò l'ennesimo attacco, prima che Judy lo condannasse a camminare piegato in due per il resto della settimana, poi si strinsero, felici, lasciando che il torpore li avvolgesse.
     «Nick» bisbigliò ancora Judy, sul punto di crollare.
     La volpe sospirò, esausta. «Cosa, petulante Carotina?».
     La coniglietta soffocò una risatina contro la sua camicia. «Stavo pensando che dovresti proprio prendere casa».
     Nick sbuffò.
     «È molto carino da parte tua preoccuparti per il mio decoro civico, ma forse faresti meglio a pensare a queste quattro assi marce che hai scelto di metterti sopra la testa».
     «Non è per te che mi preoccupavo, in realtà».
     La volpe inarcò scetticamente un sopracciglio. «Ah, no? E per chi, allora?».
     Il musetto di Judy spuntò nei pressi del suo collo per lanciargli un sorriso di difficile interpretazione. «Per me. Sono un coniglio, sai?».
     «L’avevo... notato?».
     Judy sbuffò, ma il suo sorriso si era allargato. «Nick, sai quanti fratelli ho?».
     Nick non lo sapeva.
    «Duecentosettantacinque» fu la pronta risposta. E la volpe, ben lontana dal comprendere dove volesse andare a parare Judy, parve preoccuparsi moltissimo della faccenda.
     «Per favore, dimmi che non dovrò imparare tutti i loro nomi» la supplicò, un po’ spaventato.
     La coniglietta scoppiò di nuovo a ridere. «Intendevo dirti» precisò dopo poco con uno sbadiglio, «che sarà anche romantico, ma io certe cose sotto le stelle non le faccio».
     Judy avvertì il suo compagno trattenere il respiro, e sorrise soddisfatta.
     «Pensavo ad un appartamento in centro» propose Nick un istante più tardi.
     Judy sghignazzò.








 

 
 
 
   
 
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