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Ricorda la storia  |      
Autore: Shige    16/07/2016    5 recensioni
Ricorda tuo padre quando capisci che puoi solo aggrapparti a qualcosa, all’unica cosa che ti permetta di essere l’uomo che tuo padre avrebbe voluto che fossi. Quando capisci che puoi aggrapparti e crederci a quel sogno che lo ha ucciso e che forse ucciderà anche te, ma lo fai perché è tutto ciò che ti resta di lui.
Tuo padre muore, ma di lui sopravvivono le idee.
[SPOILER CAPITOLO 83]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Erwin Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricorda tuo padre
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Ricorda tuo padre prima che il tempo si porti via la sua voce ed i suoi lineamenti diventino un intreccio confuso e sbiadito; prima che venga quel giorno in cui, guardandoti allo specchio, non riconoscerai più il suo sguardo nei tuoi occhi. Come successe con tua madre di cui non ricordi che il nome.
 
Ricorda tuo padre sepolto sotto metri di terra mentre tu stai in piedi – su quella stessa terra che lo schiaccia e lo soffoca, e soffoca anche te, ma non te ne accorgi – a fissare una lapide muta.
 
Ricorda perché sta là sotto e tu in piedi, mentre gli altri dietro di te usano le parole per colmare quel silenzio che la morte di tuo padre ha creato intorno a te. E tu zitto perché quella sensazione di vuoto non la vuoi riempire con parole altrettanto vuote, perché lui è ancora lì, accanto a te, e non lo vuoi scacciare con il vento di quelle parole che ti tieni dentro.
 
Parole che logorano, che graffiano e che urlano contro un cielo muto e cieco
 
Loro non sanno che quando tuo padre muore e tu hai dieci anni una parte di te muore insieme a lui. Non lo fai vedere perché non puoi, perché non ci riesci, perché è impossibile da mostrare. Non puoi mostrare qualcosa che non riesci, non vuoi e non puoi capire.
 
Tuo padre muore e a te resta solo da chiederti perché.
 
Capisci, però, che qualcosa si è irrimediabilmente incrinato, scheggiato e infine spezzato quando tuo padre muore.
Che fa male anche solo rientrare in casa e trovarla vuota.
Che mangiare diventa uno sforzo enorme, quasi una forzatura perché non ti senti nemmeno più in grado di aprire la bocca e ingoiare qualcosa.
Che andare a dormire lo vedi come un insulto, perché tuo padre dormirà per sempre e tu cominci a pensare di non averne il diritto.
Le cose più semplici diventano ostacoli insormontabili e prima c’era tuo padre a rendere tutto più facile, ma ora non riesci che a vedere un’eterna salita che non sai dove ti porterà e non sai nemmeno se ci vuoi andare in cima alla vetta.
 
Capisci che con lui non muore solo un corpo, ma muoiono i ricordi di un futuro che non vedrai mai, muoiono parole mute, i consigli davanti ad un tavolo sgombro, le lezioni in una classe vuota. Muore più di un semplice corpo fatto di carne. Muore una parte di vita che riesci a vedere soltanto nelle vite degli altri.
 
Muore un futuro negato che non ti appartiene più insieme ad una parte di te che si secca come il ramo di un albero vecchio. Si sbarra una strada che prima percorrevi stringendoti a tuo padre mentre ora non puoi e rimani fermo sul ciglio di quel sentiero che non ti è permesso di attraversare. Perché con te non c’è più tuo padre e tu, inevitabilmente, quella strada la devi cambiare.
 
Ricorda tuo padre quando quella strada ti porta ad intraprendere un cammino che non conosci, a diventare qualcuno che non conosci. E ti fa paura perché tuo padre era lì per insegnarti chi fossi, ma ora non c’è, e tu non sai più chi sei. Non sai chi diventerai, non sai se sarai mai abbastanza uomo la metà di quanto lo fosse lui.
 
Ricorda tuo padre quando capisci che puoi solo aggrapparti a qualcosa, all’unica cosa che ti permetta di essere l’uomo che tuo padre avrebbe voluto che fossi. Quando capisci che puoi aggrapparti e crederci a quel sogno che lo ha ucciso e che forse ucciderà anche te, ma lo fai perché è tutto ciò che ti resta di lui.
 
Tuo padre muore, ma di lui sopravvivono le idee.
 
Ricorda tuo padre e quelle sciocche e folli idee che intrappoli nelle tue mani e le fai tue, come se quelle idee le avessi concepite tu stesso, come se fossero state sempre dentro di te, fino a farle diventare una parte di te, fino a desiderare di morire per esse, perché, in fondo, sarebbe come ripagare quel debito che ti è rimasto incollato sulla coscienza.
 
Ricorda tuo padre e quelle idee che lo hanno ucciso insieme alla tua lingua di bambino curioso e irresponsabile, mentre soffochi il senso di colpa che ti logora e ti ricorda che, se solo fossi stato più attento, tuo padre sarebbe ancora lì.
 
Ricorda tuo padre quando sarai diventato l’uomo che quelle idee le ha fatte diventare realtà, che avrà deciso il suo cammino, rinunciando a tanti altri. Come quello che avevi intravisto insieme a quella donna, stringendo la sua piccola mano quel tanto che ti è bastato per sentire il calore di un futuro a cui sai che dovrai rinunciare. E ricordi il dolore nei suoi occhi e quelle labbra che, sai bene, non riscalderanno mai più le tue.
 
Ricorda tuo padre quando, per quelle idee, perderai un braccio che, in fondo, è niente in confronto a quanto hanno perso tutti coloro che a te hanno prestato un giuramento di sangue.
 
Ricorda tuo padre e il segreto di quella cantina che avresti voluto svelare e vedere con i tuoi occhi, a quell’eredità che hai messo nelle mani degli altri perché la tua stringe le redini del tuo cavallo in una corsa contro la morte. A quelle urla per incitare quei ragazzi a seguirti e ad abbracciare la morte, mentre ti accorgi che, in realtà, stai gridando a te stesso di avanzare. Perché anche tu, come loro, non vorresti essere lì.
 
Ma è troppo tardi e questo lo sai.
 
Ricorda tuo padre quando, sdraiato sul prato intriso del sangue troppo giovane di coloro che hanno seguito le tue parole, esprimerai un desiderio davanti ad un cielo solcato da pietre e non da stelle cadenti. E ripenserai a quello squarcio che hai sul fianco, un altro pezzo di te che la morte si è presa come anticipo prima di toglierti tutto ciò che ti resta e, allora, ricorderai tuo padre perché forse lo incontrerai.
 
Ricorda tuo padre perché non vuoi che tra tutte le vite che hai strappato, tu possa non riconoscerlo.
 
Ricorda tuo padre e i suoi occhi azzurri quanto ti metteva una mano sulla fronte sudata quando avevi la febbre. Quegli occhi che ora diventano grigi e quella mano, ora, ti sfiora la bocca.
Forse è la fine e forse è giunta finalmente al tua ora. Pagherai finalmente il tuo debito con la morte e potrai raccontare a tuo padre che aveva ragione.
Dall’alto o dall’inferno speri che quel desiderio che hai espresso si possa realizzare ugualmente. Speri di poter comunque conoscere la verità, perché per quelli come te non esiste pace nemmeno da morti.
 
Respira ancora
 
Ma forse c’è ancora speranza...
 
E ricordi tuo padre.
 
 
Angolo dell’autrice
 
Nel mentre che mi ritorni l’ispirazione per la storia che sto scrivendo, ho deciso di scrivere questa One Shot dedicata ad uno dei personaggi che più adoro in Shingeki no Kyojin.
Non so se sono stata capace di trasmettere tutto quello che provo riguardo ad Erwin Smith e al rapporto con suo padre, ma spero ugualmente di essere riuscita a far emergere qualcosa.
La morte di un padre è un argomento abbastanza delicato, perciò non voglio dilungarmi troppo nemmeno in queste due righe.
Mi auguro che sia piaciuta e se volete lasciarmi un commento sarò bel lieta di riceverli e di rispondervi.
Grazie per aver letto sin qui.
Un abbraccio
Shige
 
  
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