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Autore: blu992    27/07/2016    10 recensioni
La migliore qualità di Derek Hale? La pazienza.
Dalla storia:
...quel ragazzino magro tutto ossa e nei che non faceva altro che parlare [...] aveva seriamente rischiato di essere ucciso, più di una volta.
[Sterek][Alpha Derek] [Canon fino a 3b. Più o meno]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Da ora sarò davvero in vacanza. almeno si spera...XD





Beep. Beep. Beep.

Derek Hale, quando se ne stava seduto ad analizzare la propria vita, pensava sempre che una delle poche caratteristiche del suo carattere che non aveva subito nessun cambiamento nel corso del tempo fosse la pazienza.
Era diventato più scontroso, si era chiuso in se stesso e rideva raramente, anzi, gli capitava di sorridere raramente. Ridere, mai. La pazienza, invece, era immutata. Quando erano ancora solo lui e Laura, passava pomeriggi interi con lei a guardare strani cartoni animati in Tv, tutti ambientati in Giappone, in scuole tutte uguali, e tutti con la stessa storia d'amore. Altri giorni, invece, era paziente con sua madre; ricorda che quando era incinta di Cora lui aveva appena sei anni, ma correva dal salotto alla cucina almeno dieci volte al giorno per portarle l'acqua fresca. Lo faceva soprattutto perché sua madre, ogni volta, gli strofinava il naso tra i capelli e lo annusava forte dicendogli “Sei un bravo lupetto e odori anche di buono”.
Derek era stato paziente anche con la sua seconda sorella. Cora passava giornate intere ad ascoltare “uccellini, Der Der, ascolta la cassetta degli uccellini con me!”. E Derek finiva sempre per ascoltare gli stessi pettirossi registrati da suo zio Peter su quell'audiocassetta, seduto sul pavimento di camera sua, con la sorellina seduta tra le sue gambe.
Pazienza era anche quella che aveva avuto con quella bellissima ragazza che suonava il violino. Voleva conquistarla e aveva deciso di farlo con calma, ma lei si era dimostrata essere un osso duro. Aveva mantenuto la calma durante il loro primo appuntamento mentre lei gli diceva “Sembri essere una brava persona, nonostante tu sia uno sbruffone pallone gonfiato”, ma aveva pensato di perderla del tutto quando lei aveva chiuso i suoi bellissimi occhi a mandorla per l'ultima volta. Nemmeno quella volta, però, era successo.
Derek, a posteriori, pensa di essere stato paziente anche il giorno in cui la sua vita è completamente cambiata, per la seconda volta. È convinto che sia stata proprio quella sua qualità a tenerlo ancorato alla realtà e ad impedirgli di trasformarsi durante gli interrogatori della polizia. Anche alla domanda “Quella è tua madre?” aveva risposto con un semplice cenno della testa, nonostante l'odore inconfondibile del suo Alpha fosse chiaro anche attraverso quel sacco nero chiuso. Ed era stato paziente con quel vicesceriffo dal nome strano, perché non riusciva a spiegarsi come Derek fosse arrivato da scuola a casa in tre minuti netti, ma lui gliel'aveva ripetuto più di una volta che forse era stato a causa dell'adrenalina.
Derek Hale era stato paziente anche a New York, dove tutti correvano e c'erano troppi odori, non sempre piacevoli, soprattutto in metropolitana. Aveva mantenuto la calma di fronte ad un professore un po' troppo stronzo e anche di fronte a sua sorella un po' troppo mestruata.
La stessa calma che, poi, lo aveva accompagnato durante il viaggio aereo verso Beacon Hills e la stessa che gli aveva permesso di tenere la mano ferma mentre tracciava cerchi concentrici intorno al posto in cui aveva seppellito Laura.

Beep. Beep. Beep.

Derek si complimentava ancora con se stesso, dopo sette anni, della pazienza che aveva avuto con un ragazzo dai capelli troppo lunghi e dalla forma troppo a fungo. Scott aveva messo davvero a dura prova la sua fermezza, ma si era ripromesso che l'avrebbe aiutato e Derek manteneva sempre le promesse, anche quelle fatte con se stesso nella propria mente. Scott era tonto, ma con il tempo e le spiegazioni sembrava afferrare i concetti.
Probabilmente non aveva tenuto conto dell'altro, quel ragazzino magro tutto ossa e nei che non faceva altro che parlare. Lui si che aveva seriamente rischiato di essere ucciso, più di una volta e in molteplici modi. Ma nemmeno quello era mai successo.
Avere di nuovo a che fare con adolescenti non sarebbe stato il sogno di nessuno, soprattutto di chi la propria adolescenza l'ha vissuta nel peggiore dei modi, ma Derek ci era riuscito, più o meno bene, più o meno spesso.
Era sopravvissuto ad una lucertola paralizzante, nonostante contro quell'essere la sua pazienza non fosse servita a nulla, anzi, l'aveva portato in una piscina a rischio affogamento. Si, aveva aspettato due ore, ma in quel caso si era trattato di fiducia, non pazienza.
Ricorda ancora, Derek, di aver aspettato pazientemente il sorgere del sole, la notte in cui aveva rivisto sua sorella, la più piccola. Aveva sopportato sul proprio corpo ferite più o meno profonde, più o meno gravi infertagli da Cora e da uno dei suoi beta, ma ormai era un Alpha e il suo ruolo richiedeva forza di volontà e dedizione.
Aveva, a quel punto, ripreso ad avere a che fare con sbalzi ormonali, crisi isteriche ed adolescenziali e abbracci improvvisi. Aveva pazientato anche mentre Cora gli stringeva le braccia al collo di tanto in tanto, si, nonostante a volte avesse sentito l'impulso di stringerla a sua volta. Ma non l'aveva mai fatto, aveva sempre aspettato che lei si staccasse. Spesso contando anche i secondi.

Beep. Beep. Beep.

In quel periodo della sua vita, Derek, aveva pensato per un attimo che tutta quella pazienza stesse per essere ricambiata. Dal fato, dal karma o da chissà chi, ma non era stato così. Aveva, di nuovo, una prova da affrontare che riguardava, ancora una volta, quel gruppo di adolescenti che gli aveva invaso la vita. E anche il loft. Aveva superato l'ennesima delusione, si era di nuovo lasciato abbindolare da qualcuno che l'aveva ferito ed ora doveva pazientemente stare ai giochi di una specie di spirito volpe millenario. Che quell'essere si fosse impossessato proprio del corpo di Stiles, poi, era stato solo un ulteriore colpo inferto alla sua calma.
Era passato solo poco da quando stava cominciando ad accettare l'idea di avere quei ragazzini in giro per casa, che gli si era presentato lo stesso ragazzino, con uno sguardo vuoto, ma allo stesso tempo cattivo, e l'aveva scaraventato contro una colonna di cemento nel suo loft. Derek, se avesse dato ascolto al proprio istinto, si sarebbe trasformato e avrebbe lottato. Probabilmente ne sarebbe uscito perdente, ma sarebbe stato soddisfatto di un taglio lungo la gola di quella volpe. Invece no, dopo il forte tonfo rimbombato nell'enorme stanzone, era rimasto un attimo a terra, più di quanto necessitasse il suo corpo per riprendersi e aveva osservato la scena. Si era anche sorpreso di aver pensato di passare un po' della sua pazienza ai due uomini che ora stavano puntando le pistole, soprattutto l'avrebbe volentieri ceduta ad Argent, che la puntava contro il corpo di Stiles.

Beep. Beep. Beep.

Quando Derek si era reso conto di essere uscito incolume anche da quell'ennesimo dramma, si era chiuso nella propria casa, sdraiato sul proprio letto, in attesa del prossimo. Cora era andata via, lasciando dietro di sé solo un grande vuoto; Scott era diventato un Alpha, proprio come lui, ma a Derek non dispiaceva. Si era convinto di non essere capace di svolgere quel ruolo ed era più che felice che il suo beta, l'unico beta sopravvissuto, avesse deciso di cambiare branco. Aspettava pazientemente che il prossimo mostro facesse la sua comparsa, se lo sentiva, sentiva che qualcosa sarebbe successo da un momento all'altro.
Derek ricorda il giorno in cui la sua vita era cambiata per la seconda volta come se non fossero passati tre anni. Ricorda anche il posto preciso in cui era quando successe: nel loft, seduto sul divano, mentre prendeva il telecomando della nuova tv per passare una delle sue solite giornate a fare zapping. Ricorda di essersi bloccato, con il braccio rivolto verso lo schermo, non appena un forte odore di paura gli aveva invaso le narici. Si era alzato di scatto nello stesso momento in cui il portone in ferro battuto all'ingresso si era spalancato e Stiles era entrato, di corsa e sudato, dicendo "Ho saputo che hai una televisione. Ho portato il lettore DVD e un film idiota. Ce le hai le patatine?". Derek, se ci ripensa, riesce ancora a sentire il modo in cui tutti i suoi sensi fossero puntati su quell'intruso, sente ancora la sua paura verso qualcosa di ignoto, la sua inquietudine e la sua tristezza. Riesce ancora a sentire la puzza dei sensi di colpa, a stessa che ricopriva già ogni superficie di casa sua. Soprattutto, però, ricorda di non aver posto alcuna domanda a Stiles, spostandosi quel tanto che bastava per fargli capire che si, poteva entrare e si, poteva sedersi ed impossessarsi della sua tv.
Derek crede di essere stato paziente anche tutti gli altri giorni, tutti gli altri mesi, in cui quel ragazzo si era presentato allo stesso modo a casa sua. Crede di essere stato bravo, di aver aspettato che fosse lui a spiegargli perché fosse lì, anche se già se ne era fatto un'idea.
L'attesa era stata ripagata durante un pomeriggio particolarmente piovoso. Stiles aveva capito che se voleva mangiare patatine, doveva portarsele dietro, e ne stava mangiando giusto una manciata in quel momento. Una manciata troppo grande, perché Derek ricorda bene i colpi di tosse che gli avevano fatto alzare gli occhi dal libro che stava leggendo e i calci che aveva ricevuto nello stomaco dato che Stiles aveva preso l'abitudine di togliersi le scarpe e sdraiarsi sul divano appoggiando le gambe sulle sue. Ricorda bene anche di aver passato della Coca-Cola al ragazzo che continuava a tossire con gli occhi lucidi; ricorda la risata, cristallina, che aveva invaso la stanza e le sue orecchie e Stiles che si teneva lo stomaco urlando "Cazzo che spavento, stavo per morire con uno snack e sono sopravvissuto ad una Nogitsune". Derek sente ancora pizzicare nel naso l'odore di lacrime; non gli è mai piaciuto. Sente ancora il senso di impotenza di fronte a quel corpo scosso da singhiozzi, se chiude gli occhi riesce ancora a vedere Stiles che si tira le gambe contro il petto e prende a ripetere come una litania "Scusa, non volevo. Ma è colpa mia. Non volevo scoppiare. Ora passa". E Derek, ancora una volta aveva aspettato, immobile su un vecchio divano.

Beep. Beep. Beep.

Se dovesse spiegare, Derek, cosa sia successo da quel momento in poi, di sicuro perderebbe qualche passaggio. Ricorda come quel pomeriggio avesse aspettato che a Stiles passasse quella crisi di pianto e si alzasse per andare via. Ricorda anche come il ragazzo non si fosse presentato per le successive due settimane e di come avesse pazientemente risposto a tutti i messaggi di Scott che gli chiedeva se avessero discusso o se avesse cacciato Stiles dal loft perché "Amico, non dovevi, lui dice che quella è la sua oasi di pace!".
Non ha dimenticato, di sicuro, il giorno in cui Stiles fece di nuovo irruzione nel loft, ancora con una busta piena di snack ipercalorici e ancora con un DVD da vedere. Non ha dimenticato nemmeno che quel DVD non l'hanno mai visto perché il ragazzo prese a parlare costringendolo a posare il libro che stava leggendo e ad ascoltare. Non pianse quella volta Stiles, raccontò solo di quanto si sentisse in colpa per quello che aveva provocato, per Allison, disse. E Derek si sentì in dovere di spiegargli, pazientemente, che non ci si deve sentire colpevoli di atti commessi contro la propria volontà, "Si è colpevoli solo di ciò che facciamo in modo del tutto lucido, Stiles, o quando compiamo azioni che hanno conseguenze catastrofiche". Derek, a posteriori, sa che quella sera anche Stiles è stato paziente e l'ha ascoltato e ha guardato in faccia anche ai suoi demoni.

Beep. Beep. Beep.

Da quel momento, per Derek è tutto confuso. Rivede se stesso, una sera sul divano, che muove una mano e la porta su una caviglia di Stiles, che aveva ripreso a poggiargli i piedi addosso. Sente ancora i muscoli di Stiles irrigidirsi e sente se stesso contare, lentamente, aspettando una mossa del ragazzo. Sente il peso di quella gamba che si rilassa, un nuovo premio alla sua pazienza, e la sene muoversi un po' sotto le sue dita, come se volesse ricambiare quella specie di carezza.
Rivede, poi, un altro frammento. Stiles che sbuca dalla cucina del loft con una ciotola ricolma di popcorn e che inciampa spargendoli quasi in ogni angolo della casa. Ricorda di essere stato usato quasi come un cane da tartufo per scovare quelli finiti sotto la libreria apparsa magicamente qualche giorno prima, ,a ricorda di averlo fatto dopo aver ringhiato solo tre volte. Ricorda Stiles che saltellante per casa gli dice "Bravo Sourwolf! Non ho i croccantini, ma ti meriti comunque un premio!", e ricorda la sensazione di due labbra screpolate sulla guancia e due braccia intorno al collo. Derek non ha dimenticato che, in qual caso, ha contato solo fino a tre, ma che avrebbe pazientemente contato anche fino a cento.
È stato poi tutto un susseguirsi di "Perché non andiamo al centro commerciale e prendiamo anche delle sedie?" E "Derek spostati, taglio io il prezzemolo, tu usa la forza bruta per spostare il divano, mi piace di più dall'altro lato della stanza". Erano seguiti ringhi, battibecchi e occhi rossi; c'erano state altre lacrime, questa volta versate sulla sua maglietta perché aveva deciso che, nonostante non gli dispiacesse aspettare che passassero le crisi passassero, preferiva che passassero più in fretta possibile e aveva capito che, stretto in un abbraccio, Stiles si calmava più velocemente.

Beep. Beep. Beep.

Con Stiles era arrivata anche tutta la sua rutine, i suoi amici, i compiti da fare e le serate pizza con il branco. Con Stiles era tornato anche il branco, nonostante ci fossero due Alpha e nonostante Isaac ci avesse messo più di un mese ad avvicinarsi per parlargli di quanto secondo lui il rosso avrebbe donato alla parete su cui era stata appesa la tv, ma Derek aveva aspettato e rispettato i suoi tempi, anche in quel caso.
Era passato un anno quando Derek si rese conto di quanto Stiles avesse avuto pazienza, ma di quanto non ne avesse quanto lui. Aveva cominciato ad essere ancora più iperattivo del solito e portava dietro di sé la scia di un forte odore di eccitazione. Derek si rese conto che ne era la causa nello stesso momento in cui il ragazzo, chiudendo rumorosamente un libro, gli si era avvicinato e aveva poggiato le labbra sulle sue.
Stiles non era paziente, baciava con foga, mordeva e chiedeva di più. Derek non si era mai sognato di rifiutargli qualsiasi cosa. Non si era rifiutato nemmeno di dargli una risposta quando, tre mesi dopo, mentre erano ancora nel letto appena svegli, Stiles gli aveva chiesto "Aspetti che sia io a dirtelo o me lo dici che mi ami?".

Beep. Beep. Beep.

Derek aveva sentito la sua pazienza vacillare nell'esatto momento in cui, appena entrato nel loft, nel loro loft, Stiles aveva portato con sé uno strano odore. Era fastidioso, dava un sapore amaro anche sulla lingua e Derek avrebbe vomitato se non avesse sentito il bisogno fisico di abbracciare quel ragazzino tutt'ossa e nei.
Da quel momento c'erano state sale d'attesa, attese per risultati di analisi e infine c'era stata una lista d'attesa. Derek continuava a reggersi sulla sua migliore qualità e sui sorrisi che Stiles continuava a regalargli ogni giorno. Di quei giorni ricorda poche lacrime, quasi tutte sue o di Scott.
Derek ricorda perfettamente il giorno in cui gli è stato detto che l'operazione non è andata bene, il modo in cui il dottore ha detto a lui e allo Sceriffo "Non ci sono molte speranze che si risvegli, avrebbe solo bisogno di un miracolo". Lo ricorda bene perché sono passate solo quarantotto ore. Quarantotto ore in cui è stato seduto su una sedia troppo scomoda ad osservare un letto troppo grande per il suo ragazzo così piccolo in un ospedale così bianco. Tiene ancora tra le mani un foglio, su cui, con una penna rossa, Stiles ha scritto tutto ciò che probabilmente gli passava per la testa in quel momento.
"Mi raseranno i capelli come quando avevo quindici anni, per aprirmi la testa. Che palle, ero orribile!".
"Devo lavare la felpa blu, tu non fai mai la lavatrice. Lo sai che ne abbiamo una?"
"Sta attento a papà. Anche a Scottie"
"Dopo l'operazione posso mangiare una pizza?"
"Prima o poi voglio un gatto. Nero. Secondo te avrebbe paura di voi lupacchiotti?"
"Se dovesse andare male, Derek, non farlo. Non mordermi, ok? Lasciami andare"
E poi tanti, tantissimi "Ti amo", "Sei bellissimo" Ti amerò sempre", "Non dimenticarmi", "Grazie di tutto".

Beep. Beep. Beep.

Derek sa che perderà tutto ciò che gli è più caro nella vita, colui che gli è più caro, ma quel rumore assordante, quel beep continuo gli ha ormai scavato un tunnel nel cervello toccando l'ultima goccia di pazienza che gli è rimasta in corpo.
Manda un messaggio a Scott "Porta tua mamma all'ospedale e fa in modo che Stiles risulti trasferito in un'altra struttura. Non può più stare qui e non può essere visitato".
Fa brillare gli occhi di rosso, nonostante siano lucidi di lacrime, lascia che le zanne si allunghino nella sua bocca secca e morde, forte, sul collo di Stiles.

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Bum. Bum. Bum.

L'unica cosa che Derek sa gliel'ha detta Scott una settimana dopo il morso. "Ce l'ha fatta". Non ha avuto più notizie del branco, di Beacon Hills e soprattutto di Stiles. È passato un anno e dieci mesi.
Sono passati dieci mesi e Derek riesce a non sentire più il Beep dei macchinari medici, gli succede solo qualche volta nei suoi sogni, non li chiama più nemmeno incubi perché ha imparato a conviverci. Ora quel rumore è stato sostituito da quello che sente provenire dal suo cuore. Aveva smesso di battere quando avevano scoperto della malattia di Stiles, aveva ripreso la sua corsa quando aveva letto il messaggio di Scott.
Ora si trova a New York, Derek, ed è ritornato ad essere paziente nei confronti della confusione e degli odori della città. Pensa di essere diventato paziente anche con se stesso, ha avuto i suoi tempi, ma sa che sta ricominciando a riprendersi. Lo capisce dal fatto che a lavoro, in biblioteca, ha preso il caffè con Robert e Barbara, i suoi colleghi, già due volte nell'ultimo mese. Lo ha capito perché ha comprato un dipinto da appendere in salotto e un mestolo nuovo.
Derek sa che ce ne ha messo di tempo, di anni, ma alla fine è riuscito a perdonarsi e di questo deve ringraziare solo Stiles. È sereno nonostante sia stato così egoista da non badare alle sue ultime volontà, nonostante sia sicuro che Stiles l'ha odiato profondamente e forse lo odia ancora.

Bum. Bum. Bum.

Sono passati altri tre mesi, un Natale con i vicini e Capodanno in montagna con Robert, quando ai battiti del suo cuore, mentre sta scrivendo al computer, fanno eco tre colpi sulla porta d'ingresso.
Cammina scalzo dalla scrivania alla porta, i capelli spettinati e il pantalone della tuta che gli finisce sotto i piedi, ma si irrigidisce appena tocca la maniglia e fa per aprire. Un odore di lupo, come un'onda, lo sommerge. Derek sente il bosco, l'odore della strada di casa sua e del palazzo. Sente Beacon Hills, lo sceriffo e sente Scott. Riconosce gli odori di tutto il suo vecchio branco, ma ce n'è anche Qualcuno che non riconosce, ma apre la porta e tutto ciò non gli interessa.

Bum. Bum. Bum.

Il battito del cuore di Stiles è calmo, nonostante lui odori di agitazione. Derek, senza parlare, si sposta e lo fa entrare, sa che dovrà aspettare che Stiles si ambienti nella sua casa e poi aspettare il fiume di parole che sicuramente gli scaglierà contro.
Non ci mette tanto ad arrivare. Stiles lo accusa di non avergli dato ascolto, di averlo costretto a superare orribili lune piene e a mettere suo padre in pericolo più di quanto già non fosse. Gli dice più volte "Credi che per me sarebbe stato facile abbandonarti?" "Credi che quando sono entrato in sala operatoria non l'avevo messo in conto?". E Derek aspetta, ascolta e subisce tutti i colpi senza difendersi, ma vedere Stiles lì, vederlo gesticolare, sentire il suo odore, anche se un po' diverso, lo ripaga di tutto il male.
Stiles si accorge di non essere ascoltato attentamente e gli si para davanti, Derek nemmeno se ne accorge e il suo istinto lo spinge a far brillare gli occhi di rosso perché ha sentito che quello non è solo un umano. Ciò di cui si accorge Derek, però, sono le iridi che lo fissano di rimando. Dello stesso colore delle sue.
"Stiles..." È tutto ciò che riesce a dire prima di toccare quella guancia che tanto gli è mancata. Il ragazzo, l'Alpha, non si sposta, ma chiude gli occhi e quando li riapre sono di nuovo del colore del caramello.
La storia di Stiles è semplice. Ha cercato di difendere il branco come faceva anche da umano e si è ritrovato ad uccidere un licantropo Alpha acquisendone i beta sopravvissuti. È diventato Alpha mentre cercava di capire cosa significasse essere un licantropo. Un omega, perché il suo di Alpha era scappato via.
Derek ascolta tutto il racconto, pende dalle labbra di quell'uomo che gli siede di fronte nella sua cucina dai mobili gialli, ma quando Stiles, piangendo, gli dice "Quando mi sono svegliato, i miei occhi erano gialli, non blu come lo erano i tuoi. Hai passato più di un anno a ricordarmi, a farmi entrare in testa che non avevo fatto del male a nessuno perché non ero in me e io ti ho dato retta solo quando sei andato via lasciandomi due occhi gialli. È come se me l'avessi detto ancora una volta, Derek e io ti ho perdonato in quel preciso istante, quando erano passate solo due ore dalla mia trasformazione, ma dovevo capire. Dovevo riuscire a riprendermi la mia vita, a ricostruirla intorno a questo nuovo me. Poi sono arrivate le lune, il branco nemico, gli occhi ross-"
E Derek perde ancora la pazienza, non vuole più ascoltare. Vuole Stiles in quella sua nuova vita, vuole unire le loro nuove vite, ancora una volta. Così si alza, lo tira su dalla sedia e lo bacia.
Ed è di nuovo labbra screpolate, ritardi per cena, pasta scotta e litigi per scegliere cosa guardare. È di nuovo branco, è di nuovo famiglia, è di nuovo casa e Derek ogni tanto alza gli occhi al cielo e ringrazia sua mamma perché gli chiedeva di portarle l'acqua, suo padre che lo trascinava al lago a pescare per ore intere senza prendere nulla e Laura che lo costringeva a guardare quegli strani cartoni animati giapponesi con le storie d'amore tutte uguali.
E la sera ringrazia Stiles, mentre lo osserva dormire con una mano sotto la guancia e l'altra stretta intorno al suo fianco.
   
 
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