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Autore: koorime    24/04/2009    3 recensioni
Camminava silenziosa, Ino, posando un piede davanti all’altro, sorreggendo tra le braccia un piccolo mazzo di papaveri rossi.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer

Disclaimer: Nessun personaggio di Naruto mi appartiene, ma sono tutti di Kishimoto-sensei e delle case editrici che ne detengono i diritti. Questa storia, quindi, è stata scritta senza alcun scopo di lucro, ma solo per diletto personale.

Attenzione: spoiler! Ma solo per chi segue il cartone animato su Italia Uno.

Edit: questa storia si è classificata al secondo posto della Minisfida #6 di Criticoni con il punteggio di 8.5! O_O Ancora non ci credo. Però guardate quanto è bello il bannerino! *O*

 

Promessa

 

 

I saldali calpestavano silenziosamente il selciato, spezzando il ritmo della sinfonia della natura circostante. Una lepre sbucò da un cespuglio disegnando un arco grigio sullo sfondo verde prima di rituffarsi lesta in un altro, qualche metro più in là. Un passero cantava con più gioia, facendosi distinguere dagli altri suoi compagni canterini, mentre una talpa sbucò con il suo nasino dal terreno per odorare l’aria, prima di ritirarsi nella sua tana al sopraggiungere dei passi.

Camminava silenziosa, Ino, posando un piede davanti all’altro, sorreggendo tra le braccia un piccolo mazzo di papaveri rossi.

Era discreto e comune, proprio come lui.

Si fermò e fece un sorriso piccolo piccolo.

-Ciao, sensei.-

Nessuno le rispose, se non la lieve brezza che arieggiava quella giornata di sole. La accarezzava gentilmente e più di una volta le era sembrato che la sospingesse, la sostenesse, quando i suoi passi traballavano insieme alla sua sicurezza.

Il suo sorriso si allargò un po’ in più.

Rimase qualche altro minuto a contemplare il nome inciso nella pietra lucida e bianca, prima di chinarsi e poggiare il piccolo mazzo sul terriccio ai suoi piedi.

-Ti ho... ti ho portato questi...- Mormorò fissando intensamente i fiori.

Il rosso corallo dei petali risaltava contro il colore cupo della terra smossa, sembrando ancora più vivido e caldo, in barba al lutto che quel luogo e i nomi incisi sulle lapidi si portavano dietro.

Il corpo di Ino venne scosso da un singulto mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime, al punto che la vista le si sfocò e il rosso dei papaveri si allargò in una macchia confusa e tremolante.

Erano proprio come lui quei papaveri, semplici, comuni, ma forti e nobili. Potevano essere messi in ombra da fiori più belli e rari, ma erano tanto forti da nascere e crescere in qualunque condizione o terreno, riempiendo interi campi con il loro rosso sgargiante e i loro petali tanto delicati da rovinarsi per un nonnulla. Ma anche se soffia il vento, o la pioggia imperversa, quelli non demordono e rimangono lì ad accettare quello che la natura, il cielo manda loro.

Il suo sensei era così. Non era famoso come Kakashi, o sempre in forma come Gai Maito, ma era un ninja forte e coraggioso, con il suo passato turbolento e la tranquillità del suo presente. Amava il suo villaggio, la gente che suo padre aveva protetto, e amava i suoi allievi. Li amava come si amano dei figli, insegnando ciò che si sa e sentendosi orgogliosi dei loro successi.

-Mi dispiace...- Ino sorrise tremolante, chiudendo gli occhi e lasciando che le lacrime le rigassero le guance –Scusami se non te li ho portati prima, solo che...- Non concluse la frase, stirando le labbra in una linea dolorosa. Prese due respiri profondi per riprendere il controllo di sé prima di chinarsi in un inchino di scuse. Se non riusciva a parlare, si sarebbe spiegata con i gesti.

Una ciocca di capelli biondi scivolò sul suo collo e qualche filo si impigliò nei piccoli orecchini grigi. Lei si raddrizzò e li scostò, mentre con l’altra mano si asciugava gli occhi, ritornando al giorno in cui aveva ricevuto quel regalo tanto atteso.

Quegli orecchini erano il simbolo del Team Asuma e lei ne andava immensamente orgogliosa, così come Shikamaru e Choji. Erano il segno distintivo del loro team e del legame che intercorreva tra loro quattro, della fiducia e del lavoro di squadra che erano alla base.

Ricordava perfettamente la loro prima missione come Team Asuma, come compagni e non più come allievi e insegnante. Era stata una semplice missione di ricognizione in un villaggio vicino al confine, o almeno così credevano loro, ma una volta arrivati lì si erano trovati davanti uno scenario devastato. Il viso buono del suo sensei si era contratto in un’espressione dura, concentrata, di chi cerca di non perdere la calma, di chi ha imparato a gestire il fuoco che brucia in sé.

Era un grande ninja Sarutobi Asuma, anche se all’apparenza non lo sembrava.  Ma era pur sempre stato una delle Dodici Guardie Ninja del Paese del Fuoco, no?

Era lui che aveva combattuto per il bene del Paese in innumerevoli battaglie, sempre in prima fila, scontrandosi con avversari temibili e pronti a tutto pur di raggiungere il loro scopo. Ma anche Asuma era così. Il suo sensei viveva per i suoi ideali, combatteva per essi, ed era morto facendo ciò per cui era nato.

-Sensei...- Mormorò debolmente, a testa china, fissandosi la punta dei sandali –Shikamaru ha cominciato a fumare.-

Si sentiva un po’ sciocca a dirgli certe cose, ma sentiva di doverlo fare. Chissà perché, poi.

–Non riesco a farlo smettere. L’ho picchiato, tanto, tantissimo, ma lui continua.- Fece un sorrisino piccolo, mesto e continuò –Mi chiama ‘rozza’ e si accende un’altra sigaretta.-

Alzò lo sguardo sul nome inciso sulla lapide e sul simbolo del loro amato Villaggio –Choji invece si sta allenando tanto.- Il sorriso si fece per la prima volta divertito, almeno un po’ –E quindi mangia ancora di più.-

La sua flebile allegria si acquietò così com’era venuta e il suo sguardo si raddolcì, mentre un soffio di vento le accarezzava il corpo e passava più in là, smuovendo i petali corallo ai piedi della lapide.

-Dice che vuole renderti fiero di lui, e anche se non lo dice, io so che è la stessa cosa che pensa quello scemo di Shikamaru.-

Il suo sguardo malinconico divenne fiero e alzò il volto, inorgogliendosi davanti alla tomba del suo sensei.

-Diventeremo forti, sensei, tutti e tre. Sarai fiero di noi!-

Si inchinò in saluto, quasi a suggellare quella promessa fatta ad una lapide bianca e un mazzo discreto di papaveri rossi, e si voltò per lasciare finalmente quel luogo.

Era già in ritardo, doveva andare all’ospedale per continuare ad allenarsi e diventare forte. Non poteva permettere che Sakura la superasse.

Aveva fatto una promessa al suo sensei.

   
 
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