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Autore: Steffa    25/04/2009    3 recensioni
Per _BellaBlack_, scusandomi per il ritardo!
[...] Se…? Se…? Se…?
Ma non aveva nessuna risposta per tali domande.
Lui non c’era per schernirlo con uno sguardo di sfida beffarda ed i suoi insulti gratuiti.
La guerra glielo aveva portato via.
La guerra, improvvisamente, aveva perso ogni significato per lui.
Lui che viveva per l’esercito ed i suoi cani, lui che era ben addomesticato, lui che non era un cane selvatico.
Lui che era un cane senza collare.

Ed ecco a voi, l'attesissima seconda fic dopo Inside My Mind. Beh, attesissimo per me, gli altri non saprei...
Consiglio la lettura della precedente shot per poterlo comprendere meglio, ma non è obbligatorio quel passaggio! ^^
Genere: Triste, Introspettivo, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Roy Mustang
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Is Not True, Isn‘t It



A hundred days have made me older
Since the last time that I saw your pretty face
A thousand lies have made me colder
And I don't think I can look at this the same
But all the miles that separate
Disappear now when I'm dreaming of your face



L'uomo stretto nella sua divisa avanzava con passi lenti e stanchi attraverso l'accampamento, la compostezza della sua figura non veniva in ogni modo intaccata né dalla sporcizia accumulata sul suo viso né dalle macchie di sangue che impregnavano le sue vesti.
Gli uomini che incrociava sul suo cammino gli rivolgevano un cenno, oppure un saluto formale, come si confaceva per un uomo del suo rango nell'esercito: essere Generale di Brigata doveva pur valere qualcosa in tutto quel caos.
Eppure, mai come in quei giorni, quel grado gli era sembrato tanto insignificante.
L'ultimo sopraluogo che aveva effettuato personalmente con un gruppo ristretto di uomini, si era risolto con uno scontro a fuoco ed un nulla di fatto, non avendo scoperto niente di nuovo sulla disposizione dell'esercito nemico.
Cominciava a temere che quella guerra sarebbe durata in eterno, che avrebbe visto la fine dei suoi giorni in quelle terre desolate ed imbiancate dalla neve quasi perenne.
Non aveva mai amato particolarmente quella perturbazione meteorologica fredda e pungente e tutti quegli avvenimenti, non avevano fatto altro che avvalorare la sua tesi.
In fondo non si sarebbe comunque dovuto stupire, se la morte l'avesse colto durante una simile guerra, era ciò che aveva messo in conto dal principio, scegliendo la propria via da percorrere.
Si strinse maggiormente nel giaccone blu malconcio, affrettando di poco il passo e raggiungendo in poche falcate la sua tenda.
La temperatura all'interno non era differente da quelle esterna, per lo meno gli uomini fuori si scaldavano con qualche fuoco acceso, quando sbuffò leggermente, una voluta di vapore gli fuoriuscì dalle labbra.
Scosse la testa per liberarsi da qualche fiocco di neve intrappolato nella chioma d'ebano, passandoci poi una mano per ravvivarla all'indietro, indi le sue scure iridi si posarono sulla cassa che, accanto alla brandina, utilizzava come comodino e che in quel momento era occupata da una bottiglia di liquore ed un bicchierino.
Niente di meglio per riscaldare le membra infreddolite e stanche, nonché un toccasana per la mente che spesso e volentieri volava verso mete che non sarebbero dovute essere concesse, distraendolo dai suoi compiti.
Si lasciò cadere pesantemente sulla branda, allungando poi subito una mano per svitare il tappo della bottiglia e versarsi una generosa dose del liquido ambrato.
Quando ebbe il bicchiere in mano, non poté fare a meno di alzarlo per osservarne il colore attraverso la luce che filtrava dall’ingresso della tenda, dove i lembi venivano spostati da raffiche di vento misto a neve.
Scosse poi il capo con un’espressione che sarebbe potuta essere riconosciuta come sconsolata.
Quel color ambra non era per nulla simile a quello che ricordava, o che voleva ricordare, un colore caldo e cristallino appartenente ad un paio di occhi che spesso l’osservavano con una scintilla di sfida ed altrettante volte con un amore che quasi lo spiazzava dall’intensità che emanava.
Lo bevve in un sol sorso, stringendo poi le palpebre al passaggio del liquido bruciante nella gola, calore che si espanse lentamente nell’addome, fece poi schioccare la lingua sul palato per assaporarne il sapore rimasto.
Ci era di nuovo cascato.
Si era ripromesso di non far spaziare i suoi pensieri ed invece, eccolo lì, perso nei ricordi.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva visto Edward?
Dovette ammettere a se stesso di non ricordarlo, certo era, che coincideva con l’inizio di quel conflitto, o meglio, qualche giorno precedente alla sua partenza per il fronte.
Aveva faticato non poco per convincere il consiglio ed i suoi superiori a lasciare il famoso e portentoso Alchimista d’Acciaio nelle retrovie, aveva leccato un numero spropositato di stivali e si era inchinato davanti a uomini che l’avevano osservato dall’alto della loro boriosa pomposità come se vedessero un verme al suo posto.
Nulla di nuovo, in effetti, se non che quella causa non l’avrebbe persa a qualsiasi costo.
La sua domanda era stata infine accolta, con suo sommo sollievo, ma Fullmetal non aveva accolto la notizia con la stessa mentalità.
Ricordava ancora perfettamente la scena, la professionalità con la quale l’aveva informato del suo ruolo nel conflitto, il suo sguardo dapprima ferito che tramutava velocemente in irato.
Avevano avuto una lite furibonda, di quelle che non se n’erano più viste da chissà quanto tempo e poi Edward aveva lasciato il suo ufficio con un sonoro tonfo della porta sbattuta con violenza.
Quello era stato il loro ultimo incontro, poi soltanto più guerra, morti e fredda solitudine.
Nonostante tutto, il tempo, lo spazio, la discussione, anche con tali avversità, riusciva a sognare il suo viso, durante quelle poche ore che poteva concedersi per riposare.
Sognava i suoi capelli dorati, i suoi lineamenti delicati ma in fondo decisi, perché Edward era diventato un uomo, oramai, le sue labbra morbide.
Le sensazioni erano le stesse di quando poteva stringerlo tra le proprie braccia, sembrava realmente accanto a lui.

I'm here without you baby
But you're still on my lonely mind
I think about you baby
And I dream about you all the time
I'm here without you baby
But you're still with me in my dreams
And tonight it's only you and me

The miles just keep rollin'
As the people leave their way to say hello
I've heard this life is overrated
But I hope that it gets better as we go


Il tempo durante la guerra trascorreva quasi come se si trattasse d’un sogno, o per meglio dire, di un incubo.
Gli uomini non si rendevano realmente conto di quanti giorni si posassero sulle loro spalle stanche, non riuscivano a digerire le miglia che percorrevano con gambe piegate dalla fatica, non contavano neppure le vite che falciavano sul loro cammino.
La primavera era giunta senza che Roy se ne rendesse conto, annunciata semplicemente da un clima più mite, seppur di poco, con la concessione d’una diminuzione di precipitazioni nevose.
Il moro, da qualche tempo, aveva il cuore più leggero, la mente di poco più libera da inutili pensieri.
Il comando centrale del Comandante Supremo aveva dato ordine di ritiro alle truppe di retroguardia, ciò significava che Edward sarebbe ritornato tra le verdi colline della sua Reesembool, sano e salvo.
Poteva ancora ricordare, qualche mese prima, l’ansia con la quale si era deciso a mettere da parte un poco d’orgoglio per scrivergli una missiva.
Voleva sapere come stava, voleva esser certo che ci fosse ancora, voleva fargli nuovamente sapere quanto il suo cuore gli appartenesse.
Fu con una gioia che da troppo tempo non aveva più provato, che dopo alcune settimane aveva ricevuto la sua risposta.
Certo, non poteva pretendere che poche parole scritte velocemente e senza accenni troppo espliciti, ma non chiedeva di meglio.
Oberato nel suo incarico di gestire il proprio grado nell’esercito, non poteva concedersi distrazioni, altrimenti il suo obbiettivo finale sarebbe sfumato quando oramai era quasi a portata di mano.
La notizia del rientro del suo cuore, non poteva che rendergli il compito più facile, privo di preoccupazioni secondarie e fin troppo importanti per lui.

I'm here without you baby
But you're still on my lonely mind
I think about you baby
And I dream about you all the time
I'm here without you baby
But you're still with me in my dreams
And tonight it's only you and me

Everything I know, and anywhere I go
It gets hard but it wont take away my love
And when the last one falls
When it's all said and done
It gets hard but it wont take away my love


La guerra era ai suoi atti finali, le ultime pedine erano state predisposte da entrambi gli schieramenti e si attendeva solamente che uno dei due desse il via a quella che sarebbe stata l’ultima battaglia, quella decisiva, quella che decretava la sconfitta per l’uno o per l’altro.
Molti sogni sarebbero stati distrutti, mentre altri fomentati, miriadi di vite sarebbero state spazzate via, ma in fondo giunti sino a quel punto, che cosa poteva significare una vita in più, od una in meno?
Non si poteva mai smettere di stupirsi di quanto una fattore di tale importanza, potesse essere surclassato dalle brame di potere di un paio di uomini.
Ma quella era la guerra e chi era Roy Mustang per opporsi al suo Comandante Supremo?
Lui continuava a combattere, continuava a condurre i suoi uomini in battaglia, accompagnandoli sull’orlo della morte e riportando indietro chi tra loro era riuscito a non cadervi.
Lui continuava a schioccare le dita, mentre la primavera continuava imperterrita nel suo avanzare.
Il pensiero che Edward fosse al sicuro gli donava quella forza in più che lo incoraggiava a tenere il capo alto e le spalle ritte.
Non sapeva però spiegarsi il senso d’ansia che l’aveva attanagliato oramai da qualche giorno, ma l’aveva liquidato senza troppi pensieri, ritenendolo figlio dello stress e della stanchezza.
Per lo meno sino a quando, durante una serata tranquilla, quasi surreale per un situazione come la loro, con una temperatura che si poteva definire addirittura mite, Havoc non giunse nella sua tenda.
La prima cosa che notò quando alzò lo sguardo per salutarlo con un sorriso stanco, fu la mancanza della sua sigaretta.
Probabilmente se ne rese conto perché era uno dei suoi uomini più fidati, perché aveva passato buona parte della sua vita lavorativa e privata con lui e tutti gli altri, era un particolare che se mancava, lasciava a sua volta un senso di vuoto che pareva incolmabile.
Il sorriso che voleva rivolgergli, gli morì sul nascere, era certo che fosse successo qualche cosa di terribile: un avanguardia distrutta, un imboscata, poteva essere qualsiasi cosa.
“Havoc…” lo chiamò con un fil di voce, se avesse tentato di parlar più forte, temeva che il tono gli sarebbe uscito tremolante e proprio non s’addiceva alla sua posizione.
“Generale Mustang, signore.” fu il saluto formale del biondo.
Tale procedura non poteva promettere nulla di buono, da quando in qua si rivolgeva a lui con tale formalità dentro alla sua tenda?
Rimase in silenzio, in attesa che lo mettesse al corrente di ciò che sapeva.
“Signore, è giunto un dispaccio dal confine nord di Amestris.” cominciò ad esporre, interrompendosi poi, come se non fosse certo di voler dire ciò che pensava.
“Cosa?” domandò il moro, mentre la bocca gli diveniva improvvisamente secca e si ritrovò impossibilitato a deglutire.
“La squadra Sigma di retroguardia è rientrata nel paese, ma al comando centrale di Central City manca…” nuovamente la sua voce si spense.
Lo vide chiudere gli occhi per qualche istante, cercando la forza e le parole per rivelare la triste notizia, quando li riaprì, Roy non potè non notare la lucentezza che li caratterizzava, sembrava sul punto di farsi sfuggire qualche lacrima.
“Edward non è mai tornato a Central City, né a Reesembool. Ufficialmente è dato per disperso.” concluse infine, diminuendo il tono della voce per ogni parola pronunciata, sino a giungere ad un sussurro appena percepibile.
Roy non credette alle sue parole, era un bugiardo, non c’erano altre possibilità.
Aveva poche parole che gli rimbombavano nella mente come accompagnate da un eco.
Edward… Mai tornato… Disperso…
No, non poteva assolutamente essere vero.
Edward era stato rimandato a casa, era sano e salvo e probabilmente s’era perso per strada, senza la guida di Alphonse quel fagiolino poteva essere estremamente distratto.
Ma sarebbe ritornato senza problemi dalle persone che gli volevano bene e avrebbe atteso che anche lui ritornasse.
Non prestò più attenzione al sottoposto, che senza dire nient’altro aveva lasciato la sua tenda, per concedergli la solitudine di cui certamente aveva bisogno.
Perché mai, poi?
Edward era al sicuro, là da qualche parte, ma pur sempre fuori pericolo.
Non aveva bisogno di quello sguardo compassionevole, né voleva che qualcuno versasse delle lacrime per il suo Mame-chan, perché non ve n’era affatto bisogno.
Era ciò che si ripeteva da ore, oramai, senza rendersi conto era giunto il mattino e con lui la ragione che l’aveva abbandonato durante quella fredda notte.
La luce del sole che spuntava come per scherno tra i lembi della tenda, aveva accompagnato la consapevolezza di ciò che ore prima aveva udito.
Era vero.
Disperso, forse…
Morto.
Il solo pensiero gli provocò una contrazione dei muscoli addominali e dovette reprimere un conato di vomito, portandosi una mano tremante davanti al viso.
Fu richiamato alla realtà da dei rumori di passi, seguiti da una voce anonima e sconosciuta.
“Generale Mustang, è richiesta la vostra presenza al consiglio mattutino.” altri passi accompagnarono l’uscita del giovane corriere.
La battaglia finale stava per cominciare, dunque.
Per cosa avrebbe dovuto combattere da quel momento in avanti?
Aveva ancora qualche motivo per farlo?
Pensieri razionali s’accompagnavano a idee folli e senza senso.
E se Edward non avesse compreso quanto lo amasse?
Se avesse ritenuto il suo allontanarlo dalla prima linea un suo capriccio, anziché un gesto d’amore?
Se…? Se…? Se…?
Ma non aveva nessuna risposta per tali domande.
Lui non c’era per schernirlo con uno sguardo di sfida beffarda ed i suoi insulti gratuiti.
La guerra glielo aveva portato via.
La guerra, improvvisamente, aveva perso ogni significato per lui.
Lui che viveva per l’esercito ed i suoi cani, lui che era ben addomesticato, lui che non era un cane selvatico.
Lui che era un cane senza collare.

I'm here without you baby
But you're still on my lonely mind
I think about you baby
And I dream about you all the time
I'm here without you baby
But you're still with me in my dreams
And tonight girl its only you and me.




Angolino dell'autrice
Ebbene, speravate che mi fossi dimenticata di scrivere questa seconda fic, e invece noooo!!! XD
Per chi non lo sapesse, questa storia dovrebbe essere letta con Inside My Mind, in cui viene narrata la parte di storia di Edward.
Si, è tremendamente triste, di nuovo, ma che potevo farci… XD
_BellaBlack_, tesoro, mi dispiace se hai dovuto aspettare così tanto per leggerla, spero tu possa perdonarmi!ç_ç
A dire il vero, non so se questa storia possa essere allo stesso livello della precedente, anche perché ultimamente sono troppo stanca, la scuola reclama troppo da una povera scansafatiche come me… -.-”
La canzone è “Here Without You” dei 3 Doors Down.
Spero possa esservi piaciuta e come dico sempre:
Critiche, commenti ed opinioni sono sempre ben accette! ^^
Kiss
  
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