Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: metaldolphin    03/08/2016    5 recensioni
Eccomi di nuovo qui, questa volta con una vicenda di ambientazione un po' diversa per i nostri pirati preferiti.
Tra mari sconosciuti e lo spazio profondo, si troveranno ad affrontare una minaccia inattesa, portatrice di dolore per un intero popolo.
Non è il seguito di una serie anime o del recente film in CG: l'equipaggio dell'Arcadia è quello tradizionale e il Capitano forse è più vicino a quello scostante e duro di Endless Odyssey, ma non è ambientata in quel contesto... è più una vicenda indipendente, se mi fate passare il concetto.
Per chi mi segue dai tempi di One Piece: no, non mi sono sbagliata di fandom, anche se il primo capitolo potrebbe dare una diversa impressione...
Ci tengo a precisare che non è un crossover con Dr. Who, anche se ho preso a prestito il termine "balena astrale" e anche se le creature a cui si fa riferimento hanno punti in comune, differiscono da quelle presentate nella famosa serie di sci-fi.
Per chi mi voglia seguire, e li ringrazio sin da adesso, non resta allora che "tuffarci" in questa nuova storia! ^_^
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dottor Zero, Harlock, Miime, Nuovo personaggio, Yuki
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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-Capitano, c'è un mercantile a ore due, trecentocinquantamila km. Abbordiamo?
Yattaran aveva annunciato la presenza dell'altra astronave con voce allegra. Gli altri presenti in plancia si erano voltati verso il loro Capitano in attesa della sua risposta per mettersi in moto.
Harlock annuì. In piedi, sciolse le braccia incrociate al petto e afferrate le caviglie di legno, fece girare la ruota del timone di sessanta gradi. La prua dell'Arcadia seguì obbediente l'ordine impartito, dirigendosi verso la preda, come un animale feroce in caccia. Decine di altre volte l'equipaggio di pirati aveva effettuato quelle manovre e questa non fu diversa. Affiancarono la nave, che dopo i primi colpi di cannone aveva arrestato la sua corsa, spararono gli arpioni e i cordoni di collegamento, quindi gli uomini protetti dagli scafandri si lanciarono all'arrembaggio, armi in pugno e sguardo duro dietro le visiere trasparenti dei caschi. Non ci fu una vera e propria battaglia, gli uomini a bordo del mercantile si arresero quasi subito, ci furono due soli tentativi di ribellione nella stiva, che si risolsero con brevi sparatorie e la morte di uno degli occupanti del mercantile.
La stiva era colma di viveri, che furono celermente trasferiti in quello della nave pirata, barre d'energia seguirono la stessa strada, gioielli e denaro furono dispersi, come di consueto nello spazio, con grande disprezzo del Capitano.
Poi la voce di Maji risuonò nei comunicatori dei caschi, il tono allarmato: -Capitano! Puoi raggiungerci al ponte tre? C'è qualcosa che dovresti vedere.
Lo sguardo di Harlock, che in quel momento si apprestava a tornare a bordo della sua nave, si fece sospettoso. Di solito i suoi uomini sapevano sbrigarsela da soli, se richiedevano la sua presenza il motivo era valido. Tornò sui suoi passi per raggiungere il capo ingegnere e giunto al ponte indicato, si fermò sulla soglia, senza riuscire a credere a ciò che indubbiamente vedeva.
-Il display qui sopra indica che è viva...- Precisò Maji, con fare professionale, indicando il pannello luminoso sul contenitore.
Il Capitano assottigliò l'occhio, fece una smorfia di disappunto e si voltò per andare via. Non aveva bisogno di verificare quanto detto dal capo ingegnere dell'Arcadia, si fidava del suo giudizio.
-Portatela a bordo.- si limitò a dire, il tono duro e freddo come acciaio nella neve.

Il dottor Zero protestò vivamente, scuotendo il capo e bevendo un'altra generosa razione di sakè direttamente dalla bottiglia.
-Harlock, io non posso curarla! Non so nemmeno da dove cominciare! Non so nemmeno che cosa sia!
Il Capitano si voltò verso la vasca che era stata portata in infermeria e che adesso occupava il posto di un lettino. Nell'acqua torbida galleggiava supino e abbandonato un corpo privo di sensi che doveva essere stato elegante. Era di dimensioni umane e aveva la pelle coperta da scaglie, lacera in più punti; la grande argentea coda di pesce mancava di grandi chiazze dove le squame si facevano più grandi e i lunghi capelli erano aggrovigliati. La delicata e larga pinna caudale era strappata e la dorsale mancava di larghi tratti. I seni piccoli e sodi avevano minuscoli capezzoli e mancavano di areole.
Le lunghe dita che galleggiavano mollemente erano palmate da una membrana sottile e semitrasparente, anch'essa ridotta male. L'acqua maleodorante sapeva di sale e aveva appestato l'intera infermeria. Faceva male solo a guardare in che stato fosse ridotta, povera creatura. Di certo non erano colpa di malattia quelle pietose condizioni, quanto per la prigionia così disumana a cui era stata sottoposta. Che fosse senziente o meno, nessun essere vivente meritava un trattamento simile.
-Fai quello che puoi. Sono certo che riuscirai ad aiutarla. Ti mando Kei e Meeme.- affermò il più giovane, andando via. Il dottore guardò le spalle coperte dal lungo mantello nero allontanarsi e si voltò verso la grande vasca.
-Cominciamo col metterle acqua pulita... Questo non la danneggerà di certo. E potremo respirare di nuovo.- disse a se stesso, rimboccando le maniche per mettersi al lavoro. Doveva cercare di ricreare il giusto grado di salinità, non voleva danneggiarla ulteriormente con un errato scambio osmotico dei tessuti, quindi prese un campione e lo inserì nell'analizzatore, poi chiamò Maji al reparto tecnico per farsi preparare la giusta dose di sali in base al risultato ottenuto.


La sensazione al risveglio non era piacevole, ma certamente non era peggiore dei giorni passati. Era circondata da acqua finalmente limpida, alla giusta temperatura e la luce non era violenta al punto da farle male agli occhi. Era sempre nella stessa vasca, ma la parete superiore era stata rimossa. Strano materiale le copriva le ferite, come se qualcuno avesse voluto curarla e nel complesso stava effettivamente meglio. Per brevi periodi poteva stare fuori dal suo elemento, finché poteva bagnarsi non correva pericolo, così ruotò il corpo fino a portarsi prona,  poggiò le mani al bordo della parete trasparente che aveva davanti al viso e fece leva su di esse per portare la testa fuori dall'acqua. Si guardò intorno e capì che non si trovava nello stesso ambiente in cui era stata rinchiusa per tutto quel tempo. Era un posto strano, pieno di oggetti incomprensibili e persino la vibrazione di fondo era mutata: sembrava il cuore di un essere vivente che batteva vivace. Portò una mano tra i seni, per sentire il suo, quasi stupendosi di poterlo percepire ancora. Affranta, perché sapeva comunque di essere sempre in trappola, si lasciò cadere nuovamente in acqua... Cosa avrebbe fatto adesso? Non sapeva dove fosse, chi l'avesse presa prigioniera, cosa fosse accaduto al suo popolo: era sola e non poteva nemmeno muoversi liberamente in quell'ambiente privo d'acqua.
Si voltò verso i passi leggeri che udì entrare in camera. Quando quello strano essere si diresse verso di lei, lo riconobbe e con vivo terrore si portò le mani addosso come a proteggersi, abbassò lo sguardo e modulò un lungo lamento acuto che echeggiò tra le paratie dell'Arcadia, ai limiti della soglia dell'udibilità umana, dolorosamente lancinante al punto che sembrava trapassare il cranio di chi lo sentiva.
L'intero equipaggio dell'Arcadia ne fu colpito, come se quel suono riuscisse a fendere le pareti per entrare direttamente nelle loro teste a torturare ogni singolo neurone, in un'agonia difficile anche solo da immaginare, portando con sé una tristezza ed una paura immani. Fu come se ogni uomo avesse visto la personificazione terribile della Morte davanti agli occhi, inesorabile come solo la Signora con la falce sapeva essere.
L'intera nave ne fu paralizzata per un lasso di tempo oggettivamente breve, ma che ai pirati parve anche troppo.
Cessò d'improvviso, così come era venuto, lasciandoli storditi e stanchi come se avessero combattuto duramente.


Mezz'ora dopo, in plancia, il dottor Zero stava spiegando al Capitano la dinamica di quanto accaduto.
-Quindi adesso con lei c'è Kei?- stava chiedendo Harlock, ancora confuso da quell'esperienza sconvolgente.
L'ometto annuì. -Non so ancora perché con Meeme abbia reagito così. Però con l'arrivo di Kei pare essersi calmata e ha smesso di spaccarci i timpani. Povera ragazza, è stata davvero forte per riuscire a raggiungere l'infermeria in quelle condizioni. Comunque, cosa credi che sia, Capitano?
L'altro rispose con una naturalezza che suonava assurda: -Una sirena.
L'ovvietà fece alzare gli occhi al cielo a Zero che preferì non rispondere.
-Ma la domanda vera è: naturale o artificiale? Quindi ti chiedo... è il risultato di esperimenti genetici o...- disse il Capitano.
-O. Posso assicurare che è interamente naturale.- lo interruppe il buon dottore, certo delle sue parole, fissandolo ancora attendendo un ordine sperato che non giunse.
Harlock annuì. Poi si alzò in piedi e disse: -Appena scoprirai qualcos'altro informami.
Andò via. Quella vicenda si stava rivelando alquanto singolare. Da dove veniva fuori quell'essere? Cosa ci faceva in quelle condizioni nella stiva di quel mercantile? Avrebbe potuto venire a capo di tutte quelle domande?

Una parte di quegli interrogativi ebbe risposta grazie a Kei, che appena convocata giunse al cospetto del Capitano in plancia.
-Capitano, Leelaine, la sirena, mi ha raccontato quello che è accaduto...
-Avete parlato? Ti ha detto il suo nome, parla la nostra lingua?
Kei sorrise con la solita dolcezza. -Non lo definirei propriamente parlare... Il suono del nome è quello che io sono riuscita ad adattare dal pensiero che mi ha trasmesso...
Harlock aggrottò la fronte. -Il pensiero?
-È un essere acquatico, si è evoluta in un mondo in cui i suoni vengono integrati dal pensiero. Riesce a leggerli e a inviarli, a meno che non si trinceri dietro a quella che definisce la "barriera". Allora si isola in entrambi i sensi. In tutto ciò di buono c'è che così non abbiamo bisogno di traduttore, i concetti espressi dalla mente non hanno bisogno di idiomi.
Harlock comprese cosa intendesse la ragazza. Era un'idea più volte affrontata dalla scienza, quella della comunicazione telepatica, teorizzata in molti modi, ma fino a quel momento mai sperimentata. Ma un altro interrogativo in quel momento gli premeva che avesse una risposta: -Perché ha paura di Meeme?
-Perché è l'incarnazione del demone della morte, secondo le sue credenze. "Che muta di bocca non si annuncia e cieca di pupille colpisce a caso." Così ha detto. Poverina, credeva  che fosse venuta a prenderla.- Spiegò seria Kei, rendendosi conto che oltre allo spavento di trovarsi in un luogo a lei estraneo, dopo il recente drammatico vissuto, quella sirena si era trovata davanti l'immagine vivente di colei che toglie ogni speranza.
L'uomo annuì. -Capisco. Perché con te si è aperta così?
La ragazza arrossì, visibilmente a disagio. -Ha detto che se avessi una coda del colore dei miei capelli, sarei uguale alla Grande Madre. Credo che sia la loro principale divinità... Dice che sono sua figlia.
Harlock sbarrò l'occhio davanti all'incredibile coincidenza, poi sorrise e scosse il capo. Due delle donne che facevano parte del suo equipaggio erano considerate rispettivamente un demone e una dea...
Il filo di quei pensieri fu interrotto dall'affranto intervento di Kei: -Capitano... Hanno invaso il suo pianeta, ucciso i maschi, rapite le femmine... Sono stati umani, come noi... Ho visualizzato tutto tramite i suoi ricordi, è stato terribile!
Lo sguardo dell'uomo si indurì. -Pensi che potrei parlare... Comunicare con lei?
Lei annuì con un cenno del capo. - Ti posso suggerire di parlarle, con calma: per lei è più facile seguire così i nostri pensieri, che cercarli nella nostra mente tra tutti gli altri. Credo che dipenda dal fatto che noi non siamo attrezzati per un vero e proprio contatto telepatico. Il dottor Zero comunque è sicuro del fatto che riesca a percepire soltanto i pensieri più superficiali, non dobbiamo temere troppo un'invasione della privacy. Però dovrei essere presente anche io... Sai, si inquieta abbastanza facilmente...
Annuì. -Lo davo per scontato. Andiamo?- le propose, infine, curioso di saperne di più su quell'essere tanto singolare.
-Certo.
Si avviarono fianco a fianco lungo il corridoio, alla volta dell'infermeria. Quel mistero era tutto da svelare, ma ne sarebbero venuti a capo. Quanto prima Harlock avrebbe interrogato gli occupanti del mercantile, tenuti prigionieri nelle celle dell'Arcadia dopo il ritrovamento della sirena. Oltretutto con quella ingombrante nave a rimorchio dei raggi trattori non potevano viaggiare nella desiderata modalità interdimensionale: prima se ne fossero liberati, meglio sarebbe stato.
   
 
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