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Autore: HanaSheralHaminail    06/08/2016    0 recensioni
[Temple Run]
Piccolo esercizio di scrittura senza pretese che spero vi diverta un po' o vi strappi almeno un sorriso!
Dal testo: Corro. Corro, stringendo convulsamente e forse anche un po’ scioccamente il piccolo idolo dorato che avrebbe dovuto rappresentare l’inizio della mia brillante carriera di storico. Dannata Associazione degli Archeologi! “Va’ a recuperare l’idolo nell’antico Tempio Kathr,” avevano detto. “Sarà un gioco da ragazzi,” avevano detto. Non so se la loro sia stata semplice incoscienza, se veramente non avevano idea di cosa mi sarebbe successo qui, o se davvero mi abbiano spedito a morire senza batter ciglio.
Fatto sta che mi hanno spedito a morire.
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E così eccomi qua! Vi presento questa piccolezza -ho provato a immedesimarmi nel povero sfortunato esploratore che corre la Temple Run, e vi offro questa breve Oneshot come segno di vita!
 
The Temple Run
 
 
Corro. Corro, stringendo convulsamente e forse anche un po’ scioccamente il piccolo idolo dorato che avrebbe dovuto rappresentare l’inizio della mia brillante carriera di storico. Dannata Associazione degli Archeologi! “Va’ a recuperare l’idolo nell’antico Tempio Kathr,” avevano detto. “Sarà un gioco da ragazzi,” avevano detto. Non so se la loro sia stata semplice incoscienza, se veramente non avevano idea di cosa mi sarebbe successo qui, o se davvero mi abbiano spedito a morire senza batter ciglio.
Fatto sta che mi hanno spedito a morire.
Ansimando, mi costringo a spingere le gambe a muoversi sempre più in fretta: sento sul collo il fiato delle mostruose creature che -nessuno si è preso la briga di condividere con me un’informazione tanto fondamentale quanto preoccupante- sembrano abitare e proteggere questo luogo sacro e, francamente, piuttosto inquietante. Pelo nerastro, lucido e sporco, occhi piccoli e iniettati di sangue -verde, se non erro- muso glabro, d’osso, respiro dal sapore di decomposizione, incedere scomposto ma sfortunatamente per me molto più che rapido: insomma, sono l’apoteosi della buona compagnia, e certo degli ospiti accoglienti, gradevoli e gentili.
Certo, come no
Se avessi un po’ di tempo, in un’altra situazione, magari con un team di scienziati, ne catturerei uno per studiarlo, sarebbe assolutamente magnifico scoprire i segreti di queste nuove creature, sapere come diavolo abbiano fatto a sopravvivere tanto a lungo senza cibo… Magari però si nutrono di infelici e sfortunati archeologi come me.
Scatto in avanti e, tentando il tutto per tutto, mi lancio nel vuoto: la strada lastricata in pietre giallastre termina bruscamente qualche passo più avanti, e solo una fune tesa sul cielo ambrato mi separa dai Guardiani del tempio -già li sento leccarsi le zanne al pensiero di affondarle nella mia tenera carne di giovane esploratore. L’idolo dorato che è la mia condanna sembra farsi ogni istante più pesante, ma non ho tempo per concentrarmi sulla sua maledizione, posso soltanto ignorare la fitta che mi attraversa il costato e proseguire; mi lego l’oggetto incriminato alla cintura di cuoio da cui pendono inutili gingilli con cui avevo sperato, con un po’ di fortuna, di analizzare una qualche antica mummia, poi mi aggrappo alla corda lisa e ruvida, lasciandomi trascinare in basso dalla forza di gravità, intimamente grato di aver indossato i guanti in pelle prima di imbarcarmi in una simile causa persa.
Mamma mia, aiuto!
Il senso di vertigine è troppo perché lo possa sopportare, eppure non mi concedo il lusso di chiudere gli occhi: devo stare attento a non cadere o inciampare all’atterraggio… Li sento, quei mostri, sono dietro di me, non so come ma mi hanno seguito.
Riprendo a correre. Il paesaggio è incredibile, mi sembra di essere ubriaco o sotto l’effetto di qualche droga, perché non è possibile -non è possibile- che una roccia grande come un grattacielo fluttui nell’aria galleggiando con grazia e sfidando tutte le leggi della fisica! Cielo, cosa darei per guardami intorno come si deve! Invece mi lancio a capofitto lungo la stradina che trema sotto il peso dei guardiani alle mie spalle. Mi sta salendo il sangue alla testa, le mie membra fremono cariche d’adrenalina e la mia mente è in subbuglio: ho persino l’impressione che le radici degli alberi si sollevino per farmi inciampare…
Quand’è che sono diventato tanto paranoico? Davvero, non c’è fine all’emotività umana. Sarei dovuto nascere Vulcaniano.
Un’improvvisa fiammata alla mia destra mi distrae e d’istinto mi getto a terra per evitarla, graffiandomi malamente volto e braccia contro i sassolini che compongono il mio unico cammino di salvezza. Non so se sia il terrore a darmi forza, ma riesco a rialzarmi immediatamente, e la mia inutile corsa ricomincia. Non so quando mi fermerò ma so che sarà la mia morte. Dannata Associazione degli Archeologi! Avrei dovuto fare il cuoco -sono tanto bravo a cucinare- ho incantato più di una donzella con le mie doti culinarie. Mi viene fame al solo pensiero.
Potrei invitare a cena i mostri qua dietro… Se non fosse che per loro la cena sono io.
Salto -da quand’è che ho così tanta potenza nelle gambe? Non ne ho idea, ma comunque compio un balzo degno di un atleta olimpionico, e mi lascio alle spalle l’ennesimo muretto giallo per trovarmi a percorrere un pericolante e infinito ponticello di legno, che traballa sotto il peso dei Guardiani del tempio. Non si arrendono mai, i maledetti. Gocce di sudore freddo mi scivolano lungo la fronte e sulle sopracciglia, mentre la mia camiciola sottile mi si appiccica alla schiena; sbuffo, inciampo, sono a pezzi, esausto, voglio fermarmi, non m’importa più nemmeno di morire… Lo schiocco di zanne affilate a un passo dalla mia nuca mi riscuote presto dai miei morbosi pensieri di resa, e l’istinto di sopravvivenza ha il sopravvento: con uno scatto proseguo nella fuga, disperatamente invocando angeli, demoni e divinità perché accorrano in mio soccorso.
Sono solo. Sono così dannatamente solo che mi viene voglia di piangere, di gridare, però non posso, devo conservare quel poco di fiato che mi resta per tentare di mettere in salvo la pelle. Era la mia prima missione, non è giusto… piagnucolo nella quiete della mia mente, nel frattempo chinandomi fin quasi a terra per evitare di sbattere il naso in un tronco caduto provvidenzialmente proprio qualche secondo fa.
Davvero, che cosa ho fatto di male? Comincio a passare in rassegna tutti i piccoli peccati della mia giovane vita, ma non mi sembrano tanto gravi da farmi meritare una simile punizione… Tirar le trecce alla mia sorellina, attaccare una gomma da masticare nel sottobanco, ubriacarmi nei fine settimana, lanciare palline di carta in giro per l’aula alle scuole superiori, mentire occasionalmente ai miei genitori e ai miei colleghi… Insomma, non sono certo quelli che si possono chiamare reati capitali. Ho ragione, giusto?
La strada è punteggiata da strani artefatti di cui non riesco a individuare utilità né provenienza, e sono tentato di fermarmi per raccoglierli, esaminarli… Cielo, quanto ben di Dio. Inquietanti maschere indubbiamente antiche mi osservano maligne dai rami bassi a cui sono appese, tondi scudi intarsiati testimoniano un passato popolato da sconosciuti guerrieri… Meravigliosi.
Per non parlare di piante e animali -era un serpente a due teste quello che mi sono appena lasciato indietro? Caccio un urlo degno di una Banshee nel trovarmi davanti un gigantesco Piranha Volante dallo sguardo cieco e vermiglio e con zanne che farebbero invidia a un drago. Mi abbasso, rotolo a terra, cerco disperatamente di evitare il suo potente affondo, e finalmente ho l’impressione che il cielo sia dalla mia parte, perché d’un tratto un rovo purpureo prende vita e lo afferra per le pinne che fungono anche da ali, soffocandolo in fretta e con uno scrocchio nauseabondo.
Accelero, pieno di terrore, improvvisamente rimpiangendo i miei compagni mostri, che da un po’ mi sono lasciato indietro.
Qualcosa di scintillante attira la mia attenzione, e d’istinto mi tendo verso la piccola luce riflessa da un oggetto metallico, o al massimo in pietra levigata. Con uno scatto felino, estraggo un temibile pugnale dalla roccia -sentendomi magnifico come Re Artù con la sua Excalibur- e osservo ammirato la mia nuova arma mentre riprendo a correre. È, anch’essa, molto antica, deve risalire come minimo al Neolitico, e il mio cuore di archeologo freme nel guardarla -sono pronto a giurarle amore immortale ed eterna fedeltà, e in fondo sono felice di essermi imbarcato in questa impresa.
Non faccio in tempo a formulare il pensiero malsano che già mi trovo davanti un ostacolo mortale: un enorme canale inondato d’acqua interrompe il mio cammino, e non ho altra scelta che tuffarmi e lasciarmi trascinare dalla corrente possente, sperando in un colpo di fortuna. Forse il torrente artificiale mi porterà più vicino alla civiltà…
Ovviamente no. Annaspo, aggrappandomi disperatamente ai grossi mattoni giallastri del sentiero maledetto per tirarmi su; mi accorgo con un sussulto che il sole sta ancora tramontando… Ma cos’è, uno scherzo?
Sono in trappola, mi rendo conto, non fuggirò mai… è ora che mi accomiati da questo mondo… è stato bello finché è durato.
E così non saprò mai come si conclude la serie Storici senza Frontiere, mi ricordo con profondo rammarico, l’ultima puntata uscirà domani… Per non parlare di ‘Ulisse il piacere della scoperta’! Spero esista anche nell’Aldilà!
Sospiro. Mi mancherà la nostra dolce terra.
Se solo ci fosse un benedetto vulcaniano pronto a teletrasportarmi fuori pericolo! Ma sono due secoli indietro per questo, e soprattutto non mi chiamo James T. Kirk e non possiedo la sua folle dote di cavarsi d’impiccio con un sorriso strafottente dipinto in viso e alle brutte qualche graffio. No, io ho avuto la sfortuna di nascere timido e impacciato, e per giunta ho scelto di diventare esploratore non dello spazio ma del passato. Avessi fatto il cuoco, davvero! Il più grande pericolo che avrei dovuto affrontare sarebbe stato il colesterolo alto, o al massimo un’intossicazione alimentare.
Sospiro di nuovo. Mi tremano le gambe e non ho più aria nei polmoni, che bruciano ormai. I mostri famelici mi stanno per raggiungere… Nonostante ciò mi lancio a tutta birra lungo una discesa -finalmente un cambio di paesaggio!- che però non serve ad altro che a condurmi in un vicolo cieco: una frana scoscesa mi impedisce di avanzare… temo che sarà la mia tomba.
Stringo i denti e mi volto, le spalle al muro, in attesa di trovarmi circondato dalle orride creature che mi vogliono morto; la mia presa sul pugnale antico è disperata, il mio viso bianco, sudato, gli occhi sgranati e umidi, il cuore batte all’impazzata, rivelando ai nemici la mia paura.
Non voglio morire.
In un gesto d’esasperata rassegnazione getto lontano l’idolo dorato, che lancia tutt’attorno bagliori sanguigni, riflettendo la luce del perpetuo tramonto che sa di sangue. Dovrò vender cara la pelle, non c’è che dire. Sono pronto ad affrontare i mostri con coraggio -non c’è altra scelta, il mio è il coraggio di chi non può che combattere, un coraggio insulso e stupido. Non sono un eroe. Sono un povero esploratore disgraziato che aveva creduto di poter tornare a casa e vantarsi di essere stato il primo ad entrare nel Tempio Maledetto di Kathr…
Eccoli, sono qui. L’ultima immagine che ho della vita sono le iridi verdastre dei Guardiani che mi si gettano addosso.
Sì, avrei dovuto fare il cuoco!
 
***
 
Corro. Corro, stringendo convulsamente e forse anche un po’ scioccamente il piccolo idolo dorato che avrebbe dovuto rappresentare l’inizio della mia brillante carriera di storico. Dannata Associazione degli Archeologi!

Miei cari amici... Spero di avervi fatto sorridere! Temple Run è l'unico gioco che io tolleri nel mio telefono, forse perché non ho mai tempo da dedicare a questo tipo di divertimenti... Confesso di non essere molto versata nell'arte di gestire un cellulare!

-Hana
   
 
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