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Autore: Dugongo99    10/08/2016    0 recensioni
Andy è una ragazza diciassettenne dolce e forte, decisa e determinata e, soprattutto, un soldato sicuro di sé appartenente alla caserma della Provincia del Nord, che assieme a quella del Sud, dell' Est e dell'Ovest costituisce l'Impero.
Mentre la ragazza si sta preparando per affrontare uno dei più ardui test mai eseguiti durante la sua carriera da militare, nella Provincia del Sud nascono dei contrasti e delle lotte interne che insospettiscono le altre, le quali decidono di mandare in perlustrazione dei soldati esperti. Tra essi vi è anche il ragazzo di Andy. E quando quest'ultimo le manderà una lettera dove le racconterà quello che ha scoperto, la ragazza dovrà decidere se seguire il suo cuore oppure il dovere, che la lega alla propria patria da quando era solo una bambina.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi giro verso Fred, il fucile ancora imbracciato, saldamente puntato contro di lui. Tuttavia, meravigliata, noto che getta l'arma a terra, guardandomi colpito. "Mi arrendo" mi bisbiglia, inaspettatamente. Lo scruto con diffidenza; forse è un'altra trappola, forse non è ancora finita. Ma scelgo di fidarmi. Poi, lentamente, abbasso il fucile. Apro la bocca per parlare, ma proprio in quel momento un mugolio alle mie spalle, mi fa balzare in aria e voltare di scatto, tesa. Con mio grande stupore, il rumore viene da Mike. Com'è possibile che sia ancora vivo? Eppure, sotto i miei occhi increduli, lo vedo alzarsi, togliersi con rabbia la maglietta nera obbligatoria durante gli allenamenti, e strapparsi bestemmiando la pallottola da un sospetto pezzo di stoffa resistente, che gli circonda tutto il busto. Non ci posso credere. "Avevate un giubbotto antiproiettile, eppure avete lasciato che io rischiassi la vita per uno stupido test?" Sto urlando, ma non me ne importa nulla. "Stai tranquilla, ci è stato ordinato di non colpirti in punti vitali" mi rassicura Fred con gentilezza. "Ma se per poco Lucy non mi sparava al cuore!" "Bhe, mi pare che tu sia viva, no?" Si intromette Mike, quasi seccato dalle mie perplessità. Lo guardo con odio, la rabbia che si diffonde nel mio stomaco con rapidità. "Già, ma tu lo sei solo per quel giubbotto, vigliacco." "Sai, bionda" mi apostrofa lui, un sorriso ironico stampato in viso "hai più fegato di quanto pensassi." Questo è troppo. Getto l'arma a terra e mi scaravento contro di lui, il pugno destro alzato pronto a colpire quell'odiosa faccia. O meglio, è quello che vorrei fare, perché Fred mi afferra da dietro e mi tiene ferma, mentre mi divincolo, inveendo e urlando contro di loro, l'adrenalina rimastami addosso che si riversa come una slavina su chiunque capiti a tiro. "Va tutto bene, è finito ora" continua a ripetermi, mentre io persisto a strattonarmi dalla sua presa, ma alla fine funziona. Quando Fred è sicuro che mi sia completamente calmata, cautamente, mi lascia andare. In quel mentre, tutti trafelati, arrivano gli istruttori. "Soldati!" Tuona Aper. Subito Mike e Fred scattano in posizione. L'istruttrice esterna, che ha visto tutto ciò che è successo durante la prova grazie alle telecamere che abbiamo addosso, collegate a un piccolo dispositivo che ora tiene in mano, si affretta a recuperare una tramortita Lucy dal fogliame poco distante. Una volta fatto ciò, ritorna insieme agli altri maestri, in fila, di fronte a noi. "Gli istruttori si sono riuniti per la valutazione" inizia, dopo un attimo di silenzio "ed il verdetto è stato quasi assolutamente unanime: penso si possa dire che tu abbia superato il test a pieni voti!" Sorride, incoraggiante. Il nodo che avevo attorno al cuore si allenta un po'. Ce l'ho fatta. Mi sembra impossibile, ma sono un caporale maggiore, ora. "Non è vero!" Protesta Aper, fuori di sè: evidentemente spera fino all'ultimo di potermi bocciare. Lo guardo, una nota di sufficienza nei miei occhi. Lui se ne accorge, e si infuria ancora di più. "Joseph" lo apostrofa l'istruttrice, chiamandolo per nome -facendolo ammutolire all'istante- "è vero: ha capito che a Mike era stato ordinato di allearsi con la squadra avversaria, e in un tempo anche molto breve. Inoltre, ha dimostrato fedeltà agli ordini, e di saper lottare sia con le armi che senza." "Ma... Ma gli ha sparato in pieno petto!" Protesta paonazzo Aper. Guardandolo, mi sembra che assomigli a un grassoccio bambino capriccioso a cui si è rotto il giocattolo, e che ne vuole subito uno nuovo. Manca soltanto che si metta a piangere e pesti i piedi per terra, e la scena sarebbe perfetta. Sogghigno, immaginandomelo. L'istruttrice mi guarda, un silenzioso monito negli occhi, poi, con gentilezza ma decisa, si rivolge al mio istruttore di lotta con lo spadone. "Era quello che pretendevamo da lei. Pur non sapendo del giubbotto antiproiettile di cui erano muniti tutti i suoi avversari, non ha esitato a sparare." Aper apre la bocca per replicare, ma è chiaro che non sa più cosa rispondere. Così se ne va sbuffando, senza nemmeno congedarsi, seguito da tutti gli altri istruttori. L'ultima ad andarsene, è l'istruttrice esterna, che mi lancia un sorriso di approvazione e raccoglie le armi da terra, prima di scomparire nel bosco insieme agli altri. O almeno, quello sarebbe il suo intento. "Signora!" La chiamo all'ultimo, non riuscendomi a trattenere. L'istruttrice si gira lentamente, sorpresa. "Sì, caporale maggiore?" "Signora." Ripeto, sbattendo le palpebre, la rabbia che non mi ha ancora del tutto abbandonata "Perché mettere a rischio la vita di ragazzi che passate la vita ad addestrare?" Dovrei sentirmi pentita per l'impertinente domanda, ma non lo sono. Hanno messo in pericolo la mia vita, per decidere chi selezionare. È un prezzo troppo alto da pagare. "Caporale maggiore, ripone così poca fiducia nei confronti dei nostri militari più esperti?" La sua voce è fredda e piena di rimprovero. Abbasso la testa, mortificata. Ha ragione. Oltre che una prova fisica, questa era anche un test psicologico: per vedere chi non crolla, chi resiste. Io ho resistito. Ma non mi sono fidata. Con questa colpa non espressa, rimango a guardare l'istruttrice che, voltatasi in silenzio, si allontana nel folto della vegetazione. Mentre fisso il punto tra gli alberi dove pochi istanti prima vi erano i miei istruttori, un senso di sollievo sempre più crescente mi pervade, dolce balsamo che lenisce il mio orgoglio ferito e mi infonde sicurezza. È finita, finalmente. Tutte le emozioni e le preoccupazioni che avevo ignorato durante il test, mi si riversano addosso come una secchiata d'acqua gelida. Il mio primo pensiero, va subito a Jon, e alla lettera. E guardando Fred, intento ad aiutare uno sprezzante Mike ad alzarsi da terra, mi chiedo se abbia avvertito anche lui. Devo rimanere da sola e parlarci, almeno per cinque minuti. Così sono sollevata quando Mike raccoglie Lucy da terra e insieme, lanciandomi un'ultima occhiata piena d'odio, si dirigono verso la caserma, un po' zoppicanti. Guardo Fred, a pochi metri da me: mi sembra abbastanza a disagio; continua a passarsi una mano tra i capelli biondo cenere e a guardare dappertutto tranne che me. "Senti... Ti devo delle scuse." Mi dice dopo qualche momento, lo sguardo puntato per terra. "E per cosa?" Gli chiedo stupita. "Beh sai, per il test... È che mi hanno scelto e reclutato tra quelli del mio squadrone, non potevo dire di no." Lo guardo dolcemente. "Stai tranquillo. Se fossi stata al tuo posto, avrei fatto lo stesso." Fred mi lancia un'occhiata riconoscente, abbozzando un sorriso. "Si beh, però è stata una carognata. Se lo sapesse Jon mi ridurrebbe a fettine." Dice, scoccandomi un'occhiata eloquente. Scoppiamo tutti e due a ridere. Sono contenta abbia accennato lui a Jon; così non sembrerò troppo fuori luogo, almeno. Così azzardo, mentre iniziamo a incamminarci anche noi verso la caserma. "Senti... A proposito di Jon. Hai avuto sue notizie, recentemente?" Conosco Fred, è un bravo ragazzo: non è capace di mentire, non è il tipo. Così, quando lo vedo impallidire e indirizzarmi uno sguardo preoccupato, capisco che c'è sotto qualcosa. "In effetti sì." Si limita a dire. Non demordo. "Anche io." Lo informo. "E... E che ti ha detto nella sua lettera?" Riprovo. "Che sta bene... E mi ha chiesto di tenerti d'occhio." Perplessa, mi giro a guardarlo, interrogativa. Notando la sua faccia imbarazzata, scoppio a ridere. "Tenermi d'occhio?" "Già." Sorride Fred, passandosi per l'ennesima volta la mano tra i suoi folti capelli. "Vuole che mi assicuri che tu stia bene. Sai, è molto innamorato di te." Arrossisco, imbarazzata. "Tranquillo, so cavarmela da sola." Gli assicuro, cercando di sviare la conversazione. Fred sogghigna, divertito. "Questo l'ho notato." Ci scambiamo un'occhiata di intesa. "Allora... A parte questo, ti ha scritto nient' altro?" "No, non mi pare." Poi mi scruta, interrogativo. "Perché, avrebbe dovuto?" "No..." Sprofondo ancora di più nello sconforto. Perché Jon ha preferito dire una cosa del genere a me, che non sono nemmeno un soldato a tutti gli effetti, piuttosto che al suo migliore amico, che tra l'altro è molto più esperto? Scuoto la testa, rassegnata. In quel momento, mi accorgo che siamo arrivati alla cinta. Facciamo segno alla sentinella che subito ci fa passare, veloce. A passo rapido, attraversiamo l'enorme complesso di campi d'atletica, d'esercitazione per armi da fuoco e spazi per allenarsi con le spade o per lotta libera. Una volta entrati, saliamo insieme le scale, dirigendoci verso gli spogliatoi. Non diciamo niente nel tragitto, ognuno perso nei propri pensieri. Prima di entrare in quello maschile, Fred si gira a salutarmi. "Ci vediamo." "Già... A presto. E salutami tutti." Dico, alludendo agli amici suoi e di Jon con cui a volte passo del tempo. Mi giro, con l'intento di entrare anche io nello spogliatoio femminile, quando  mi scontro contro James che per poco non mi fa cadere. "Santo cielo Jay, per poco non mi ammazzavo!" "Non te lo avrei mai permesso." Mi risponde sorridendo. Rido, mentre lo esamino. Lui è stato uno dei primi a essere convocato, dopo Philippe; ha avuto quindi il tempo di lavarsi e prepararsi per la festa. Giusto, la festa! Me ne ero quasi dimenticata. "Come sto?" Mi chiede, accortosi che lo sto guardando. "Molto bene." Rispondo. E lo penso davvero. Mi è sempre piaciuto il modo in cui si veste; penso che se fossi un ragazzo vorrei vestirmi come lui. I suoi pantaloni di jeans chiaro, pieni di tasche larghe e profonde, gli ricadono elegantemente sulle gambe muscolose. La camicia nera, abbottonata fino alla clavicola, sottolinea il suo torace snello e le braccia forti, e fa risaltare ancora di più la sua pelle perennemente abbronzata. "Molto bene?! Mi sta divinamente!" Scherza, facendo una piccola giravolta su se stesso, come per farsi vedere meglio. Una volta finito, con molta dignità, fa finta di togliersi un cappello, mentre si china in avanti. Ridacchio, divertita. "Dalla tua gioia e dalla tua straordinaria umiltà devo forse dedurre che hai passato il test, messere?" Chiedo scherzando. "Deduci giusto, madamigella." Esclama gioioso, sollevandomi per i fianchi e facendomi girare, mentre io rido. "Mettimi giù!" Protesto, ma lui non mi ascolta e continua. Quando finalmente mi rimette coi piedi per terra, mi sento un po' rintronata. "E tu?" Mi chiede poi, ansioso. "Avevi forse qualche dubbio?" Spalanca la bocca in un sorriso luminoso, a cui non riesco a non rispondere. "Gli altri?" Domando io poi. "Tutti promossi... Tranne Paul." "Oh." Il mio cuore sprofonda. Mi è già successo in passato di aver legato molto con persone che poi sono state bocciate, ed è una cosa abbastanza triste: anche se si vuole continuare a mantenere i rapporti, molto raramente si riesce. "Già... Pare sia svenuto durante l'esercitazione." Devo avere un'aria davvero affranta, perché James mi abbraccia, accarezzandomi i capelli dolcemente. "Stai tranquilla. In fondo, hai sempre me che sono molto meglio, no?" Gli tiro una gomitata, sentendomi rassicurata. "Uhm, non saprei. Devo pensarci." Jay ride, la testa buttata all'indietro. "Beh, fammi un fischio quando avrai deciso." "Lo farò, non preoccuparti." Ci guardiamo sorridendo ancora un attimo. "Beh, io ora devo andare ad aiutare Philippe a finire di preparare per la festa. Ora che siamo al settimo piano, le stanze sono tutte incredibilmente più grandi!" È vero, devo pure traslocare le poche cose che ho raccolte nella piccola stanza del sesto piano, e portarle al settimo. Di norma, quando si supera la prova decisiva che porterà ad un rango militare più alto, il giorno stesso bisogna trasferire i propri averi  nella stanza avente la stessa posizione nel corridoio in cui si era prima, ma al piano superiore. Così, ognuno sa sempre dove andare e non deve chiedere continuamente aiuto agli istruttori. James pare leggermi nel pensiero, perché mi informa prontamente . "Le vostre cose le ha già portate su Rachel." "E tu come fai a saperlo?" Con sguardo furtivo, lui mi si avvicina silenziosamente. "Ho le mie spie." Mi sussurra, come se mi stesse rivelando un segreto importante. Mentre è così vicino a me, avverto il suo buonissimo profumo al muschio. "Oh, capisco. Devo stare attenta allora." "Molto attenta." Mi fa eco lui, ghignando. "E poiché voi siete soltanto una povera fanciulla indifesa, che deve ancora prepararsi per la festa dopo questa faticosa giornata" aggiunge poi, come se fosse un buon cavaliere e stesse solo svolgendo il suo compito di prestare soccorso a una dama "chiedo il permesso di passarvi a prendere tra un'ora, qua." "Accordato!" Esclamo io, grata. "Fantastico! Ci vediamo tra un' ora, allora" Poi si sporge verso di me, provocandomi una sciocca scarica di farfalle nello stomaco, e mi da un lento bacio sulla guancia. Poi si allontana, con la sua solita camminata molleggiante che mi piace così tanto. Rimango a fissare il punto dove se ne è andato per un po', con quella stupida sensazione alla bocca dello stomaco. Poi entro nello spogliatoio e, dopo essermi lavata e asciugata, devo affrontare un nuovo problema: cosa indossare per la festa di stasera. Frugo tra la mia poca scelta di vestiario, frustrata: non ci sono molte feste da queste parti, ma ci tengo a fare buona figura; altre mie amiche hanno molti più vestiti di me, sicuramente adatti ad occasioni del genere che se chiedessi in prestito mi darebbero con gioia, ma non ho voglia di fare l'elemosina. Così alla fine opto per un tubino di raso nero lungo fino al ginocchio, e un top bianco decorato con dei svolazzanti veli di pizzo, che lascia le spalle scoperte. Ai piedi, un semplice paio di scarpe nere, lucide, con un modesto tacco. Poi prendo quei pochi trucchi che ho, e mi posiziono davanti allo specchio. Di solito non mi trucco, ma oggi sono mossa dallo strano desiderio di colpire in qualche modo James. Passo cinque minuti ad allungare il mio sguardo e a renderlo più profondo, ad infoltire le ciglia e, infine, ad affilare i lineamenti. Alla fine, faccio un passo indietro, ammirandomi. Non sembro nemmeno io. Davanti allo specchio, elegante nel suo abbigliamento, i capelli vaporosi che le incorniciano il volto, una ragazza dal volto enigmatico e dallo sguardo magnetico. Mi giro a guardare l'ora sul l'orologio appeso al muro: Al mio solito, sono in ritardo di cinque minuti buoni. Metto via i trucchi velocemente ed esco dallo spogliatoio, in cerca di James che probabilmente mi sta aspettando. Mentre sto ancora guardando il corridoio vuoto davanti a me, perplessa per l'assenza del mio migliore amico, sento qualcuno fischiare ammirato alle mie spalle. Appoggiato ad un muro, le braccia conserte, ecco lì Jay. "Ciao." Lo saluto, sorridendogli. Lui non dice niente, si limita a fissarmi per lunghi istanti. A disagio, abbasso lo sguardo. "Sei bellissima." Dice poi, incantato. "Grazie. Anche tu non sei male." noto che si è pettinato i capelli all'indietro, dandosi così un'aria più grande e attraente. sorride, compiaciuto. Poi mi si avvicina, ponendomi una mano su un fianco. Uno stupido sfarfallio dentro al mio stomaco mi fa accelerare il battito cardiaco. Ma che mi sta succedendo? Mi impongo di ritrovare autocontrollo, così raddrizzo la schiena e gli sorrido. Lui ricambia, guardandomi dolcemente per lunghi istanti. Poi, come riemerso da un profondo e tormentato pensiero, si riscuote. "Andiamo, ci stanno aspettando." Mentre scendiamo le scale, mi viene in mente che ho lasciato lo zaino già preparato, vitale in caso di attacco da parte dei soldati della Provincia del Sud, nella mia camera; Rachel l'avrà quindi sicuramente portato nella nostra nuova camera. "Senti Jay" inizio, usando un tono dolce "potremmo passare un attimo dalla mia stanza? Ho dimenticato lì... Una cosa." Il mio migliore amico mi guarda con sospetto, un adorabile sorriso sghembo sul viso. "Madamigella, volete forse approfittare di me?" Mi chiede giocoso. Spalanco gli occhi e scoppio a ridere, sorpresa dalla sua spavalderia. "Mio signore, non potrei mai farvi una cosa simile, quanto è vero che sono fidanzata" gli rispondo, a tono. Mi pento subito di quello che ho detto, però, quando lo vedo improvvisamente rabbuiarsi e scostarsi bruscamente da me. "Si, giusto. Capisco. In questo caso, non corro alcun pericolo allora." "Vuoi dire che acconsenti?" Chiedo io, la voce leggermente contrita. Lui si gira a guardarmi e deve percepire il mio turbamento per il suo cambio d'umore, perché lo vedo sorridere, cingermi di nuovo il fianco e sussurrarmi all'orecchio. "Acconsento." In un fievole bisbiglio che mi fa fremere da capo a piedi, mio malgrado. Cerco di distrarmi, sentendomi sempre più stupida per questi miei comportamenti fisici che non riesco a controllare. Così mi accorgo subito quando arriviamo al settimo piano, dove mi faccio condurre da Jay nel corridoio lunghissimo, con un senso di trionfo nel petto. Stiamo svoltando l'angolo, quando ci si para davanti Rachel con un'altra compagna del nostro squadrone, che a volte esce con noi, Friderica. Stanno chiaramente andando alla festa, a giudicare dal loro abbigliamento. Rachel, come sempre, è bellissima: i suoi capelli scuri sono pettinati e lisci tanto da parer liquidi; indossa un vestito nero semplice. Due cordicelle sottili sono legate dietro al collo, per poi sviluppare il resto dell'abito intorno al corpo, risaltando le sue curve. Il trucco è lieve, ma mette in risalto le labbra e gli occhi. Friderica, invece, indossa un lungo vestito blu senza spalline. Non porta trucco -al dire il vero, non l'ho mai vista truccata in vita mia- ma i suoi occhi azzurri risplendono come zaffiri. Appena mi vedono, mi salutano raggianti. Rachel mi getta le braccia intorno al collo. "Siamo state bravissime, A! Ce l'abbiamo fatta!" Rido, felice. Ha ragione. Ora inizia la nostra vera vita: possiamo decidere dove andare, e tra poco diventeremo militari a tutti gli effetti. Una volta sciolte dall'abbraccio, mi domanda dove stiamo andando. "Devo prendere uno zaino nella nostra camera..." Dico soltanto, sperando che non mi domandi nient'altro. "Uno zaino?" Chiedono tutti e tre, guardandomi storto. "Che te ne fai di uno zaino ad una festa?" Mi interroga Friderica, mettendo voce al quesito che tutti si stanno ponendo. Grandioso. Sono in trappola. Se lo portassi, sicuramente vorrebbero vedere cosa c'è dentro, e cosa risponderei io, una volta che lo avessero aperto? Dovrei spiegare tutto, mettendo nei guai sia me che Jon. Così, sono costretta a non portarlo. È una follia, e ogni parte di me mi sta ancora ordinando di non farlo, quando sento uscire dalle mie labbra un sussurrato "Avete ragione, lo prenderò dopo". Così ci incamminiamo fino alla stanza di James e Philippe tutti insieme. Mentre loro chiacchierano del più e del meno, scherzando, io non riesco a levarmi dallo stomaco quella brutta sensazione di aver commesso uno sbaglio enorme. Quasi non mi accorgo quando arriviamo davanti ad una porta, dalla quale si percepisce un lieve rumore di musica e un allegro chiacchiericcio. In teoria, una festa sarebbe vietata, all'interno della caserma. Ma noi approfittiamo di quelle poche volte che "ci concedono di fare quello che vogliamo", interpretando e deformando questa frase a nostro piacimento. Così, se per caso, un istruttore dovesse sorprenderci nel bel mezzo di un nostro momento di ritrovo, non potrebbe sgridarci più di tanto. Comunque, siamo sempre molto attenti a non farci cogliere in flagrante, e soprattutto Jay e Philippe hanno elaborato un così complesso intreccio di trucchi e stratagemmi per camuffare in breve tempo una festa in pieno corso di svolgimento, che non ho mai avuto paura di un possibile scoprimento da parte degli istruttori. La voce di James mi riscuote dalle mie riflessioni. "Ragazze, posso darvi ufficialmente il benvenuto alla notte che sarà la più bella della vostra vita!" Esclama il mio migliore amico, mentre apre teatralmente la porta della sua stanza. Mi guardo intorno, meravigliata. Jay non scherzava quando parlava di spazi molto più grandi. Evidentemente, chi ha ideato questo edificio ha pensato che sarebbe stato più gratificante per un soldato, una volta superate così tante prove, avere un alloggio migliore. E mi trovo assolutamente d'accordo con lui. Ad accoglierci, vi è un salotto, se così si può definire, con dei divani neri in pelle sintetica al centro, a forma circolare, che sembrano abbracciare un tavolo di vetro posizionato al centro, tra essi. Più in là, delle finestre fanno entrare l'accogliente bagliore delle stelle nascenti. A sinistra, una porta aperta fa intravedere due letti, non più a castello, che hanno l'aria di essere molto comodi. Nella porta accanto, deduco ci sia un bagno. L'intera stanza è illuminata sommessamente  di luci rosse, verdi e blu, le quali mi accorgo provengano da una palla a specchi da discoteca, appesa al soffitto. Due piccole casse portatili, vicine al muro, fanno uscire musica squisitamente ritmata, che mi si diffonde subito nelle vene, dandomi un'irresistibile voglia di unirmi ai miei compagni di squadrone e ballare con loro fino allo sfinimento. In quel mentre, esce un Philippe spettinato dalla camera da letto, reggendo tra le braccia due enormi bottiglie di purissimo rum. Strabuzzo gli occhi. Mi sono sempre chiesta come diavolo facciano ad avere sempre così tanto alcool a disposizione -sospetto che questo sia solo un assaggio di quello che hanno in serbo per noi-, ma ogni volta che provo a chiederlo a James, lui mi sorride con malizia e dice soltanto: "Un professionista in questo campo non rivela mai i suoi segreti". Così, ormai ho rinunciato a scoprirlo. "Salve ragazze" ci saluta, posando le bottiglie sul tavolo, che solo ora vedo sommerso da bicchieri di plastica, bibite gassate e vari succhi e sciroppi. "Che ne pensate?" Vedo le mie amiche ancora a bocca aperta, così sono io quella a parlare. "È... Pazzesco. Siete stati bravissimi." Sono sincera, e li vedo annuire e sorridere, compiaciuti. "Bhe, diamo inizio alle danze!" Esclama James, prendendomi per mano e trascinandomi in mezzo alla folla, tra i nostri compagni che si stanno dando alla pazza gioia ballando nel salotto, mentre sul divano alcune coppie si baciano, sorridendo, o gruppi di amici conversano gaiamente. Mentre rido come una pazza, mi rendo conto di quanto sia bello poter avere una persona con cui fare gli scemi e divertirsi, come Jay. Lui inizia a piroettare su se stesso, mentre io, imitandolo, comincio a muovere le braccia e le mani a ritmo di musica, girando e facendo smorfie. "Ti muovi bene." Mi grida lui scherzoso, sovrastando il rumore della musica. "Ho imparato dal migliore!" Gli urlo io di rimando. Lo vedo sorridere, uno scintillio bianco in mezzo alla luce lievemente soffusa. Intanto che piroettiamo tra la gente, dò un'occhiata alle persone che mi circondano; sono lieta che non abbiano invitato Peter, tuttavia mi ritrovo dispiaciuta, quando mi rendo conto che mancano Emily e Paul. "Emily aveva già in programma un'altra festa coi suoi ex compagni." Mi informa Jay, quando gli domando  della loro assenza. Annuisco, comprensiva; Emily è più grande di noi: è stata bocciata il primo anno, ma è molto legata ai suoi vecchi compagni. "Paul invece... Voleva restare solo" azzarda James, scrutando la mia reazione: evidentemente dovevo essere molto dispiaciuta, quando mi ha detto della sua bocciatura. Cerco di mostrarmi indifferente, ma dentro di me il mio stomaco si stringe: ecco, sta già accadendo; la nostra amicizia si allenta. Il mio migliore amico deve accorgersi del mio turbamento, perché mi afferra per un braccio e mi trascina via dalla calca. Mi fa sedere, per poi accomodarsi di fianco a me, su uno dei divani, dove troviamo anche Friderica, Rachel e Philippe. "Già finito di ballare?" Ci chiedono, ghignando, divertiti dalla nostra esibizione. "Si, ma solo perché qui, qualcuno ha bisogno di bere" risponde Jay, prendendo il rum e versandolo in un bicchiere. Poi ci aggiunge del succo di lime e dello sciroppo di zucchero di canna. "Tieni." Mi porge il bicchiere con soddisfazione. "Non mi va." Rifiuto io. Ho già fatto l'errore di non portare lo zaino, non intendo anche offuscare i miei sensi bevendo. "Si che ti va. Su, prendilo, ti farà bene." Insiste Jay. Scuoto la testa sorridendo. "Qualcuno si dovrà pur preoccupare di voi, tra qualche ora. Penso di sapere in che stato sarete." James mi guarda ancora per qualche istante, combattuto tra il suo desiderio di farmi sentire meglio e l'occasione che gli sto offrendo. Ma dal mio sguardo irremovibile, capisce che non c'è molto da fare. "Oh beh. In questo caso..." Non finisce neanche la frase, trangugia tutto in un nano secondo. Quando finisce, scocca la lingua soddisfatto. "Delizioso." Poi, afferra una bottiglia di vodka intera, la stappa e inizia a tracannarla a canna. Sono abituata a vederlo bere così tanto, perciò non sono molto stupita. "Jay, smettila. Non vorrai ubriacarti di già, vero?" Lo ammonisco tuttavia, buttandola sul ridere. "No, hai ragione." Ma nei suoi occhi percepisco già un guizzo di selvaggia euforia, causata sicuramente dall'alcool. Così, a malincuore cede la bottiglia a Rachel, seduta di fianco a lui. Lei non si fa pregare, e butta giù una lunga sorsata. Per lei sono già un po' più preoccupata: non regge molto l'alcool. Combatto contro la mia voglia di strapparle la bottiglia dalle mani e ricordarglielo, ma mi trattengo; tanto so che sarebbe inutile. Questa festa celebra la fine dei test e l'inizio di una nuova era: sono tutti in vena di far baldoria. La cosa si fa ancora più preoccupante, quando Philippe decide che è il momento di farci fare, a noi del nostro gruppo, un gioco alcolico. Acconsentono tutti con grande enfasi. Non posso tirarmi indietro. Così, accetto anche io mio malgrado. Uno dei nostri giochi preferiti, solitamente, è quello di giocare ad "Attacco e Difesa": consiste nel dividersi in coppie -escluso uno che dovrà giudicare le battaglie, le vincite e le perdite- e ideare una strategia: chi gioca in attacco ovviamente dovrà inventarne una per gli assalti, l'altra squadra per le difese. Ad ogni mossa sbagliata, la coppia perdente dovrà bere una sorsata di alcool. Mi piace molto questo gioco, perché consente di affinare le proprie tecniche militari e usare la logica. Inoltre, gioca un ruolo fondamentale la psicologia degli avversari, che bisogna essere capaci di capire e ingannare. Così ci mettiamo in circolo, e mentre Philippe va a prendere dei bastoncini di legno che serviranno per costruire gli accampamenti, e l'alcool necessario, noi creiamo le squadre. Io mi propongo come giudice esterno, in modo da evitare di bere. "Non ci pensare nemmeno!" Esclama Jay, capendo le mie intenzioni. "Ti richiedo ufficialmente come avversaria. E dai, non vorrai farti pregare vero?" Gli lancio un'occhiata torva. Lui corruccia la fronte e sgrana gli occhi, in un'espressione di supplica. Sospiro, non riuscendo a trattenere un sorriso divertito. "E va bene. Però voglio stare in attacco." "Accordato!" Esclama soddisfatto il mio migliore amico. "Chi vuoi come compagno di squadra?" Mi chiede, incoraggiante. "Rachel." Dico senza esitazioni. La ritengo la più brava per quanto riguarda la logica militare. James a quel nome sussulta, e la cosa mi provoca una fitta al cuore. "E tu?" Chiedo, con voce leggermente tremante. "Frederica. Mi sembra scortese lasciare fuori dal gioco una ragazza" le dice, il tono leggermente sardonico. In quel momento ritorna Philippe che, acconsentendo suo malgrado a non giocare in prima linea, si mette a disporre i bastoncini  (dieci a squadra) a suo piacimento (spetta al giudice, infatti, decidere lo scenario iniziale). Quando ha finito, la difesa consiste in una piccola città composta da alte mura, mentre l'attacco in un'unica trincea compatta. "La difesa si trova in una zona sopraelevata rispetto all'attacco." Ci informa poi. "Il numero di soldati è intorno ai sessantamila a testa." Continua. Fa un momento di pausa per accertarsi che tutti abbiamo appreso le condizioni. Noi annuiamo, gli occhi fissi su quei bastoncini, mentre le nostri menti pensano freneticamente ad una strategia. "Che inizino i giochi!" Esordisce Philippe dopo un breve momento. James ci guarda, sorridendoci. "Prima le signore." Ci invita. Osservo quei pezzi di legno, milioni di domande in testa, incapace di prendere una decisione. Diamine, questa volta è davvero difficile. È ovvio che Philippe abbia voluto avvantaggiare Jay e Frederica, perché non solo hanno alte mura su cui contare, ma anche una posizione strategica. Mi giro verso Rachel, e vedo nei suoi occhi il mio stesso smarrimento: è chiaro che anche lei non ha ancora deciso il da farsi. Tuttavia, mentre la guardo, mi folgora un'illuminazione. È così semplice! Basta sfruttare le informazioni che abbiamo a nostro vantaggio: il territorio. E io ho capito come fare. "R" Apostrofo la mia compagna di squadra "usiamo la tattica di Kruohol!" Vedo il volto della mia migliore amica illuminarsi. "Potrebbe funzionare!" La sento bisbigliarmi. In quel momento, Philippe si schiarisce la voce, attirando la nostra attenzione. "Ragazze. Avete deciso che fare?" "Sì." Rispondo io, sicura. "Come prima mossa, decidiamo di scavare una fossa ad occidente della città, e subito dopo una serie di fortificazioni a circa...Mmmh.. Si a circa quattrocento piedi dalla prima. A questo punto, in tre settimane direi, farei costruire una muraglia interna di... Più o meno quindici chilometri, e una esterna della stessa grandezza." Spiego io, indicando i vari punti in cui voglio posizionare le fortezze con un paio di bastoncini ogni volta. Quando ho finito, con la coda dell'occhio vedo James che mi fissa, ammirato. "Molto bene." Giudica Philippe, annuendo. "Fratello" chiama poi Jay "come volete contrattaccare?" James scocca un'occhiata a Frederica (che evidentemente gli ha lasciato carta bianca) e dichiara a voce alta: "Io scelgo di attaccare gli avversari mentre stanno innalzando le loro costruzioni." Astuto. E prevedibile. Sta cercando di impedire a me e Rachel di accerchiarlo, capendo le nostre intenzioni. È di nuovo il nostro turno. Non mi faccio prendere dal panico, e, sicura sul da farsi, controbatto. "Ce lo aspettavamo." Inizio "infatti, come potete vedere, non abbiamo utilizzato tutti i nostri bastoncini a disposizione, che abbiamo tenuto da parte per casi come questi. Quindi noi contro attacchiamo spingendovi fino alle retrovie, dove sarete così assediati e sprovvisti di viveri." Philippe ride, divertito dallo sconcerto di James. "Andy e Rachel hanno vinto la prima battaglia. Difesa: bevete!" James alza le mani in aria, ammettendo la sconfitta. Tuttavia, guardandomi negli occhi, mi bisbiglia "Così mi uccidi." Io rido, e gli porgo la bottiglia di vodka. "Tra qualche minuto starai meglio." Il mio migliore amico sgrana gli occhi, sorpreso dalla mia audacia, e senza staccarmi gli occhi di dosso, butta giù un lungo sorso. Guardandolo, mi accorgo dell'errore che ho appena commesso: ero così concentrata sul gioco, da non rendermi conto di stare incoraggiando Jay a bere. Tuttavia, non ho altra scelta: o mi ubriaco io, o lui. Mi ripropongo così di attuare, d'ora in poi, una tattica di mediazione, in modo da far bere in quantità ridotte sia me che lui. Quando James si stacca dalla bottiglia, scruta per un momento la scena, ragionando. Io e Rachel aspettiamo pazientemente, tranquille e divertite dalla sua difficoltà. "Dunque, che fare" si interroga Jay, frustrato "sono rimasto senza viveri. Diciamo che me ne rimangono.. Per quanto Andy, un mese?" Io annuisco. È una stima accettabile. "Per un mese." Ripete lui. "Vediamo... Io direi di fare tornare ogni mio guerriero al villaggio d'origine a chiedere aiuto... Somministrerei a ciascuno i viveri rimasti e ritirerei tutti i miei militari dietro le mura." Ora è il mio turno fissare concentrata lo scenario che ho di fronte. È di nuovo la storia a salvarmi la pelle: Kruohol nella famosa battaglia studiata stamattina, si era ritrovato infatti in una situazione simile. Ancora una volta ringrazio i miei antenati che mi offrono la salvezza mentre nella mia mente mi balena un'idea. Pero... Però porterebbe di nuovo Jay alla sconfitta. A noi sono rimasti quattro bastoncini. A loro tre. Ciò rappresenta un ulteriore vantaggio per noi. Sto per aprire bocca per attuare una tattica che porterebbe in vantaggio il mio migliore amico, ma Rachel è più veloce. "Per fermarvi" e intanto afferra due bastoncini "costruiamo un'altra fortificazione esterna di ventina chilometri, dove poniamo quattro accampamenti di guardia." Rimaniamo tutti a bocca aperta. È assolutamente geniale. In questo modo, James e Frederica si ritroveranno allo stesso tempo assedianti e assediati. Non era proprio la tattica che avevo in mente io, ma ha funzionato. Mio malgrado, abbiamo ottenuto di nuovo una vittoria schiacciante. Questa volta faccio meno la spavalda, mentre osservo i miei amici bere. Inizio davvero a preoccuparmi per il loro stato. La vittoria è nostra, quando Jay decide di far arrivare i suoi alleati al villaggio; infatti, avendo noi costruito le mura e avendo messo così tanti uomini di vedetta, riusciamo ad avere il vantaggio visivo e ad assaltare i rinforzi, lasciando la città sguarnita e in preda alla fame. Quando Philippe ci dichiara vincitrici, io e Rachel ci abbracciamo. "Ottimo lavoro." Si congratulano gli altri. Passiamo il resto della serata a ballare, chiacchierare e bere. Man mano che il tempo passa, la gente inizia ad andarsene, salutando e ringraziando James e Philippe, finché non rimane solo il nostro gruppo. Io, Frederica e Philippe siamo piuttosto sobri, -alla fine della serata avrò fatto solo un sorso o due dalla bottiglia di vodka- ma Rachel e James sono ubriachi fradici: continuano a ridere, lui che corre in giro per la stanza vuota, lei seduta sul divano che cerca di convincerci a darle da bere ancora. "Per favore. G... Giuro che non so-sono ubriaca" biascica, mentre scivola sul pavimento. Mentre Philippe e Frederica rincorrono Jay, cercando di farlo stare fermo, io mi occupo di Rachel: per prima cosa prendo una bottiglia vuota dal tavolo, vado in bagno e la riempio d'acqua fresca. Poi gliela porgo. "Ok R, mi hai convinta. Bevi." Lei, scambiandolo per alcool, inizia a a trangugiarla. Ne ha bevuta quasi metà quando si gira verso di me. "Ma... Ma è acqua questa." "È rum, non ne riconosci il sapore?" Lei mi guarda, con sospetto. Poi beve qualche altro sorso, poco convinta. "A me sembra proprio acqua." Insiste. "Ma no, è solo perché ormai hai bevuto così tanto che mischi un po' i sapori." Sono così sicura di quello che sto dicendo, che lei mi crede; ho già aiutato amici ubriachi altre volte, e so che la prima regola è conquistarsi la loro fiducia ed essere risoluti, ma non trattarli mai da sbronzi. "Già... Già, deve essere così." Mi risponde infatti lei, finalmente convinta. Dopo aver posato la bottiglia semi vuota, la porto in bagno e, tra mille moine e incoraggiamenti, la convinco a sciacquarsi la faccia e il collo. Quando ha finito, sta già molto meglio. Mentre ritorniamo nella sala, noto che Philippe e Frederica sono riusciti a far sedere Jay, che ora ride di gusto, mezzo sdraiato sul divano. Faccio sedere anche Rachel, che però ora ha perso tutto l'entusiasmo che aveva poco fa -segno positivo: vuol dire che pian piano sta tornando in sè- e riesce solo a fissare un punto di fronte a lei. Mi giro verso i miei amici sobri. Hanno lo sguardo leggermente affranto. "Sentite" li riscuoto io, prendendo in mano la situazione "ecco cosa dobbiamo fare: Frederica, porta R nella nostra nuova stanza e assicurati che stia bene prima di andartene, mentre io rimango qui ad aiutare Philippe a mettere a posto e a occuparci di Jay." Annuiscono, sollevati nell'avere un piano preciso da seguire. Ma mentre Friderica aiuta Rachel ad alzarsi e la scorta fuori, riscontriamo un nuovo problema: James sembra non gradire la sua uscita. "Ti aiuto io!" Le urla, prendendola per le spalle e scuotendola leggermente. "Jay" inizio io "non credo che tu sia in grado di..." "Andy, fidati di me." Mi dice lui, girandosi verso di me, e guardandomi negli occhi. "Ti prego... Ce la posso fare. Lasciami da solo con lei." Questa frase mi ferisce, anche se so che non dovrebbe. Sto per cedere, ma Philippe viene a darmi man forte. "Ascolta fratello, ora tu non stai bene. Ma Frederica sì, e si occuperà lei di Rachel. Ok?" Jay lo guarda, perplesso; poi, pian piano, cede. "Ok... Però la accompagno alla porta!" Così dicendo la prende per un braccio e delicatamente, barcollando, la scorta fin sulla soglia. "Grazie... Grazie..." Continua a farfugliare lei, incapace di dire nient'altro. Poi mi guarda. "A, tu non vieni?" "Tra poco. Aiuto qua Philippe, e poi arrivo." La rassicuro. Poi mi giro verso Frederica. "grazie." Le riesco solo a dire, riconoscente. Ci salutiamo e le guardiamo uscire, un senso di sollievo: almeno una di noi ora sta meglio. Ma mentre penso che forse il peggio è passato, sento un tonfo alle mie spalle e uno scroscio. Mi giro lentamente, perché ho paura di sapere cosa significano quei suoni. E infatti, quando finalmente ho il coraggio di guardare, scopro James per terra, in un mare di rum che si è rovesciato addosso, la bottiglia che ha in mano innocentemente vuota. "Dio santo Jay! Stai scherzando?!" Esclama Philippe, seccato. "Mentre io pulisco qua, tu cerca di dare una ripulita a lui." Mi dice poi, schifato. Poi corre a prendere acqua e fazzoletti. Mi avvicino a Jay, cercando di sollevarlo; non ce la faccio, è troppo pesante. "Hei, non potresti cercare di aiutarmi?" Gli chiedo, boccheggiante. "Rachel..." È il mugolio che emette, in tutta risposta. Fantastico. "Rachel sta bene, però ora tu..." "Rachel..." Ripete lui, affranto. Così ho un'idea. Mi accovaccio di fronte a lui, guardandolo negli occhi. "Senti Jay. Vuoi aiutare Rachel?" "Si." "Allora devi alzarti, e andare in bagno, se vuoi aiutarla." Lui mi guarda, pensieroso. Poi, con un'immensa fatica, si alza e, mentre lo sorreggo aiutandolo, riesco ad aprire la porta del bagno e a farcelo entrare. Quando accendo la luce, capisco che la situazione è abbastanza grave: è completamente zuppo. I bei capelli pettinati, la camicia, perfino i pantaloni... Tutto sporco. Sospiro. "Jay, ora ti dovrò fare la doccia." Mi guarda, gli occhi vacui: non sembra importargliene molto. Così, con delicatezza, gli tolgo le scarpe, i pantaloni e la camicia. Trattengo un attimo il respiro, abbagliata dalla sua bellezza. Il suo bel torace muscoloso rabbrividisce a contatto solo con l'aria. Lo infilo nella doccia con le mutande addosso -preferisco fargliele indossare, non voglio violare la sua intimità- e inizio a lavargli i capelli impiastricciati e il petto. "Rachel..." Continua a sussurrare lui, come in trance. "Sta bene, sta bene..." Gli ripeto io, cercando di rassicurarlo, anche se ogni volta che pronuncia il suo nome sento una fitta nel petto. Quando è pulito, lo faccio uscire e lo asciugo con un asciugamano che trovo lì vicino. Ho appena finito, quando vedo un'espressione strana sul suo volto. "Hai la nausea?" Gli chiedo, temendo di sapere la risposta. Lui annuisce. "Strepitoso." Bisbiglio tra i denti. Così lo accompagno in camera, poi lo faccio sdraiare e corro a prendergli una bacinella, che gli posiziono ai piedi del letto. Poi apro l'armadio, afferro una maglietta e dei pantaloni a caso e glieli faccio indossare. Lui sta ancora mugugnando, quando gli dico "Stai qui. Non alzarti per qualsiasi cosa al mondo, se devi rimettere fallo nella bacinella. Ok?" "Ok." Un po' rincuorata, vado a mettere un po' di ordine nel salotto, mentre Philippe, finito di asciugare il disastro creato da Jay all'ingresso, arriva a darmi una mano. Ho appena finito, quando sento un rumore sordo provenire dal bagno. Corro a vedere preoccupata, e trovo James steso a terra, rantolante. "Perché ti sei alzato?!?" Gli chiedo esasperata, ma so che tanto è inutile. Con uno sforzo immane, lo riporto a peso morto in camera, lo rimetto sotto le coperte e lo scruto con rimprovero. "Questa" gli dico irritata, piazzandogli la bacinella davanti alla faccia "Serve per non farti alzare. Capito?" Lui annuisce stolidamente. "Bene." Sto per riandarmene, quando mi chiama. "Che c'è?" Sbraito. "Resta con me." Esito, ma poi acconsento: almeno lo posso tenere d'occhio. Mi siedo di fianco a lui sul letto. "Ehi... Grazie" mi dice lui. "Ti voglio bene" aggiunge poi. "Anche io" mormoro, una strana tristezza nella voce. "Sai" mugugna lui con un fil di voce "oggi tu e Rachel eravate molto belle." "Grazie..." "Però forse sceglierò Rachel" Bhe, questo si era già capito. Ma fa male lo stesso. Comunque, cerco di sdrammatizzare, scherzando. "Ah, molte grazie." "Beh, ma solo perché tu sei fidanzata! L'hai detto tu stessa stasera, no?" Lo guardo. Non ha tutti i torti. Non ho pensato a Jon per tutta la sera, presa com'ero da Jay, dalla festa e da tutto il resto. Ma ora, nel silenzio della stanza del mio migliore amico, capisco che ha ragione. Io sono fidanzata, e Jon mi piace. In più, è a combattere contro la Provincia del Sud, e l'ultima cosa che dovrei fare è pensare a James . "Si." Dico quindi, alla fine. "Come pensavo." Risponde Jay. Non riesco a capire la sua espressione, nascosto com'è dall'oscurità. Lo sento muoversi di colpo, dimenandosi. Sento la sua mano tremante afferrarmi il polso. "Andy io devo dirtelo." La sua voce è tremula e vacillante, sembra quella di un pazzo. Mi fa quasi paura, e non voglio vederlo cosi. "Andy io... Io..." "Ora dormi." Gli sussurro dolcemente, interrompendo questo suo delirio. Lui si acquieta all'istante poi, mite e obbediente, si sdraia e poco dopo già russa. "Ti voglio bene..." È l'ultima cosa che dice, prima di crollare nel sonno. "Anche io, Jay. Anche io." Bisbiglio, mentre gli accarezzo i capelli umidi, una sensazione di malinconia nel cuore. Rimango li, a vederlo dormire per un po', poi, lentamente, esco dalla stanza. Trovo Philippe in salotto, seduto stancamente sul divano. Appena mi vede, balza in piedi. "Come sta?" Mi chiede, leggermente apprensivo. "Meglio. L'ho messo a letto, sta dormendo ora." Un sospiro di sollievo attraversa il volto del mio amico. "Andy, grazie mille, per tutto." "Figurati." Gli sorrido. "Vuoi fermarti ancora un po'?" Mi invita lui, gentile. Scuoto la testa. "No grazie, Rachel mi sta aspettando." "Ah... Giusto. Buonanotte allora." "Buonanotte." Ci stiamo ancora salutando, quando un boato assordante ci scuote da capo a piedi, facendo vibrare il pavimento, i muri, il soffitto. Cadiamo a terra, braccia in avanti. Un bruttissimo presentimento mi squarcia il cuore, che inizia a bussare alle costole, quasi avesse deciso che non è più quello il suo posto. Passa un intero minuto, silenzioso, quasi più assordante del rumore in sè. Sento brividi squassarmi la schiena, mentre la consapevolezza si fa largo tra le mie membra. Poi, un altro boato si propaga nuovamente, uguale al primo. Phillippe mi guarda, gli occhi dilatati dal terrore. Non l'ho mai visto così, senza la sua spensieratezza e quel cipiglio sicuro. "Che... Che cosa...?" Riesce solo a dire, pieno di paura. Non gli rispondo, mi alzo in piedi e lo scavalco, correndo alla finestra. E quello che vedo, è il mio peggior incubo divenuto realtà: sono i soldati della Provincia del Sud, che ci stanno attaccando. Non ci sarà alcun raduno delle Province dell'Impero.
   
 
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