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Autore: Dugongo99    10/08/2016    0 recensioni
Andy è una ragazza diciassettenne dolce e forte, decisa e determinata e, soprattutto, un soldato sicuro di sé appartenente alla caserma della Provincia del Nord, che assieme a quella del Sud, dell' Est e dell'Ovest costituisce l'Impero.
Mentre la ragazza si sta preparando per affrontare uno dei più ardui test mai eseguiti durante la sua carriera da militare, nella Provincia del Sud nascono dei contrasti e delle lotte interne che insospettiscono le altre, le quali decidono di mandare in perlustrazione dei soldati esperti. Tra essi vi è anche il ragazzo di Andy. E quando quest'ultimo le manderà una lettera dove le racconterà quello che ha scoperto, la ragazza dovrà decidere se seguire il suo cuore oppure il dovere, che la lega alla propria patria da quando era solo una bambina.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In un attimo sono di nuovo lì, nel bosco che circonda la mia caserma. Sono libera, di fianco a me c'è anche James, bellissimo e in forma. "Dobbiamo ucciderla." Mi bisbiglia, il suo fiato mi solletica il collo. Lo so, so che dovrei premere quel grilletto, ma non riesco. Due occhi enormi a mandorla mi fissano, lacrime lucide le ingioiellano il viso. Le sue mani stringono convulsamente la maglietta del ragazzo, morto, un proiettile nel petto. "Oh, Genn..." Le mie gambe vacillano, come se fossi io ad essere appena stata colpita. Le mie braccia sono molli, inconsistenti, la mia gola brucia. "Per oggi è sufficiente." La voce di Mark alle mie spalle è tombale, e so di aver deluso le sue aspettative. Non mi importa. Tutta la mia attenzione è concentrata sulla ragazza che ho di fronte. I suoi occhi scuri mi fissano con disprezzo al di sopra degli zigomi alti. Rimango a fissarla, mentre con rabbia si riappropria del velo. "Non avresti dovuto permetterle di entrare." Sibila. Credo di non aver mai sentito così tanto odio in una sola frase. Sento passi pesanti avanzare verso di noi, poi Mark è al centro del cerchio. Solo adesso mi rendo conto che si era rivolta a lui. Sobbalzo, chiedendomi perché non l'abbia già sgridata per la sua mancanza di rispetto. Forse perché ha capito quanto sta soffrendo. Quanto ha sofferto. A questo pensiero, il mio stomaco si contorce. "Si è dimostrata degna di fiducia." Ribatte, prendendo le mie difese. Batto le palpebre, stupita. Avverto Raja fare lo stesso, infastidita. "Fiducia? Ho visto questa ragazza uccidere a sangue freddo Genn, mio fratello, nostro fratello, e tu mi vieni a dire che è degna della nostra fiducia?" Sta urlando, mossa da spasmi incontrollabili, il dolore che si sprigiona in ogni angolo delle sue membra. "Ci avreste catturati, se non lo avessi fermato." Un silenzio tombale cade intorno a noi, o forse c'era già. Non lo so. So solamente che se gli sguardi potessero uccidere, io a quest'ora mi troverei morta per terra. Raja si avvicina a me, il viso contratto dalla rabbia, fino a che non siamo solo a pochi passi di distanza. Raddrizzo la schiena, mentre avverto che anche lei fa lo stesso. I nostri corpi si sfidano. "Erano ordini." La sua voce è glaciale. Poi si volta verso Mark. "Ordini che siamo ancora in tempo a rispettare. Sono lei e il suo ragazzo gli ufficiali medi della Provincia del Nord." Un brusio si leva dai soldati attorno a me. So che non è assolutamente il momento, ma non riesco a trattenere una risata. È isterica, suona quasi folle, si libera dalla mia gola come un urlo di un pazzo. "Se sei così stupida da pensare che una ragazza così giovane possa essere un capitano, mi chiedo come tu possa essere sopravvissuta all'assedio che ci avete teso, alla caserma del Nord." Gli occhi di Raja si spalancano di colpo. Questa volta capto della sorpresa, oltre che al solito disgusto. "Quindi tu non sai..." Vedo Mark alle sue spalle irrigidirsi. Raja si fa sempre più vicina. Ora posso sentire il suo profumo esotico, scrutare le pagliuzze dorate in quegli occhi d'ebano. "Non so cosa?" La mia voce suona come una sfida. "Raja, basta così." Il tono del capo della Provincia del Sud è un avvertimento. La ragazza continua a scrutarmi ancora per qualche istante. Credo sia sul punto di aprire le sue labbra carnose, poi decide di aver già sfidato abbastanza il suo capo. "Sei solo una sciocca e arrogante ragazza che pensa di valere qualcosa." Mi sputa, velenosa, prima di girarsi. "Ti ricordo che ti ho appena battuta." La vedo fermarsi e irrigidirsi, mentre lentamente si volta nuovamente verso di me. "Ti credi tanto in gamba? E va bene, ti accontento. Non sarà un problema per te partecipare ad Aikhtibar Lilqalab." Cerco di rimanere impassibile, anche se un guizzo di curiosità mi attraversa le membra. A cosa mi ha appena sfidata? Non conosco la lingua che usa il Popolo del Sud, molto più musicale e fluida rispetto a quella imposta dall'Impero, parlata nelle terre dell'Ovest e del Nord da prima che io nascessi. "Infatti non lo è." Ribatto. Lo scintillio sinistro negli occhi di Raja, però, mi fa rabbrividire. "Non sai nemmeno cosa stai per affrontare." "Qualsiasi cosa sia sono più che certa di essere in grado di fronteggiarla." Squadrando di sottecchi gli sguardi delle persone intorno a me, capisco di aver giocato le carte giuste. Dimostrandomi sicura di me mi sono mostrata forte. Ma soffermandomi sugli occhi pieni di pericolosa malizia della ragazza che mi sta di fronte, so per certo di non aver suscitato nessun giudizio positivo in lei. "Aikhtibar Lilqalab vuol dire Prova del Cuore, nella vostra volgare lingua." Il tono con cui assapora queste parole mi fa riscaldare lo stomaco di rabbia. "Credi che io non abbia un cuore?" "No. Altrimenti non avresti ucciso mio fratello." "Voi ne avete uccisi un migliaio di noi!" Sto urlando, e so che non dovrei. Sto rischiando di mettere a repentaglio la nostra copertura. Il silenzio intorno a me si fa elettrico. Gli occhi di Raja sono due buchi di nero odio. Poi scuote la testa, come se fossi solo un bambino che non capisce. Per un attimo, mi instilla un dubbio pungente nella mente. Scuoto la testa, stringendo i pugni. Mi sta manipolando. Non glielo permetterò mai. Mi schiarisco la voce, cercando di cambiare discorso nonostante la furia pulsante che mi scorre nelle vene e mi rende impulsiva, scattante. "In cosa consiste questa prova?" "È molto semplice: la prima parte si baserà su una caccia al tesoro; bisogna riuscire a trovare per primo il luogo in cui sono stati posizionati tre scrigni, detti alssanadiq. Ad aspettarci ci sarà il Gran Maestro. Davanti a lui bisognerà scegliere quale tra i tre scrigni contiene il tesoro più prezioso. In base al loro aspetto prenderai una decisone. Hai domande?" Il suo sorriso che lascia scoprire una fila di denti bianchi e candidi ha un non so che di ironico. È ovvio che pensa che perderò. Mi faccio più vicina di un passo, anche se questa vicinanza mi disgusta, anche se ora sento il suo fiato sul viso. "Quando cominciamo?" Il suo ghigno si fa ancora più tagliente. "Anche subito." Detto ciò si volta verso Mark, in segno di approvazione. La sua espressione è impassibile, non un emozione gli attraversa il viso. Il silenzio che ci circonda si fa ancora più grave, interrotto soltanto dal respiro selvaggio della giungla accanto a noi. "È troppo presto. Non è ancora pronta." La voce del capo mi fa sobbalzare. Non sono pronta per fare una stupida caccia al tesoro? L'ha definita così perfino Raja, perché non dovrei riuscirci io? Ed è in questo momento che un lampo di consapevolezza mi colpisce in pieno. Raja ha già fatto questa prova, come qualsiasi altro soldato qua dentro. È un iniziazione, per far valutare ai superiori se l'allievo è veramente pronto ad agire. Se ha capito l'insegnamento. Una specie di caserma dentro la caserma. E quell'odiosa ragazza l'ha fatto per dimostrare a Mark che non valgo nulla. "No, voglio farlo." Sibilo. Questa volta è il mio turno mancare di rispetto a Mark. I suoi occhi verdi mi trafiggono come stilettate. Mi scavano dentro l'anima, fanno sanguinare tutto il mio essere interiore. Deglutisco e abbasso la testa, non riuscendo a sopportare quel contatto. Lui non ha bisogno di urlare o di insultare, per farsi obbedire. Riesce a farsi portare rispetto con il solo utilizzo dello sguardo. Perché una cosa è certa, non lo contraddirò mai più. Non apertamente, almeno. "Se sei così sicura di farcela, fai pure. Ma ricorda: peccare di tracotanza è una colpa gravissima." Il suo è un cupo monito. Mi mordo l'interno di una guancia, finché non sgorga una goccia di sangue. Il sapore metallico mi riempie la bocca. Non posso tirarmi indietro, ormai, anche se volessi. Anche se le parole del loro capo mi avessero fatto rabbrividire. Così annuisco, piano, le labbra contratte in una stretta sottile. Per Raja è il giorno più bello della sua vita. Con un sorriso raggiante, dà il capo all'enorme giungla lussureggiante. "Tu partirai da qui." Dice, indicandomi con l'indice dell'affusolata mano destra un punto non ben definito a qualche metro di fronte a me. "Io farò il giro." Mi annuncia poi. Faccio un cenno di assenso, mentre inizio ad avvicinarmi con passo furtivo fino all'inizio della foresta tropicale. Quando sento il timbro basso di Mark alle mie spalle, il mio cuore ha un sobbalzo. "Puoi andare." Mi dice soltanto. Mi giro ancora per un attimo a fissarlo, i miei occhi nei suoi, erba contro bosco. Poi, prima che il suo sguardo riesca in qualche modo a incatenarsi al mio, ordino alle mie gambe di muoversi. In un secondo, la sabbia accecante intorno a me sparisce, mentre un verde sempre più intenso spazza via qualsiasi altro colore. L'aria secca del deserto si tramuta ben presto in un respiro caldo e umido, pulsante, che ricopre ogni cosa intorno a me. Il sibilo del vento, man mano che mi addentro nel folto della vegetazione, sbiadisce a poco a poco, fino a lasciare il posto a una miriade di fruscii, fischi e zampettii che accompagnano ogni mio passo. Il terriccio sotto ai miei piedi si fa sempre più scuro e bagnato, facendomi leggermente affondare ogni volta che faccio un passo. Uno spesso odore di erba bagnata e umido mi avvolge completamente, rendendomi incapace di avvertire nient'altro. Ben presto tutto il mio corpo si bagna di sudore e acqua, il mio respiro che diventa affannoso, incapace di respirare aria fresca. Deglutisco, stringendo i denti, la mia mente che mi sbatte in faccia il ricordo del sorriso scintillante della mia avversaria. Probabilmente lei sarà in vantaggio, conoscendo quest'infernale giungla ed essendo abituata al clima. Ma non per questo le renderò le cose facili. Un sibilo velenoso mi gela il sangue nelle vene, spazzando via ogni mia riflessione. Faccio ancora qualche passo, prima di vederlo. Il mio cuore perde un colpo, aghi invisibili mi trafiggono ogni centimetro di pelle. Un enorme serpente scuro sta strisciando per terra, a pochi passi da me. Le sue squame sono lucenti, quasi mi accecano. Mi impongo di rimanere ferma e immobile, anche se il mio istinto più primitivo mi grida di scappare con tutte le forze che ho in corpo. Non conosco i rettili, non ce ne sono tanti al Nord, tranne qualche biscia che comunque è innocua. Quindi non ho assolutamente idea di che cosa mi trovi davanti. E se fosse velenoso? E come gli è venuto in mente a questi pazzi di tenere una giungla selvaggia all'interno della propria caserma, piena di animali pericolosi che possono da un momento all'altro sgattaiolare fuori e ucciderli? Ma poi, come fa la giungla a crescere, con questo clima secco del deserto? Ogni mio pensiero si congela, mentre il serpente mi passa accanto. Un brivido freddo mi attraversa il corpo, mentre l'immagine di due zanne traboccanti veleno che affondano nel mio piede, mi paralizza. Solo dopo un po' mi accorgo di avere gli occhi chiusi. Lentamente ne apro uno, guardandomi freneticamente intorno, alla ricerca di qualche minaccia. Che non arriva. Col fiato corto, mi giro. Il rettile se n'è andato, lasciando un'ombra strisciante sul terreno, di fianco alle mie impronte. Espiro l'aria che solamente ora mi rendo conto di aver trattenuto nei polmoni, e sto per proseguire quando una folgorazione mi attraversa. Le mie impronte! Solo adesso mi accorgo di quanto siano profonde e visibili. Raja potrebbe usarle per localizzarmi, e questo comporterebbe un ulteriore vantaggio a suo favore. Che non ho alcuna intenzione di concederle. A passo deciso, mi dirigo verso il primo albero che vedo. È molto alto, il tronco scuro è cosparso da licheni. Ma i rami sono grossi, e fanno al caso mio. Da lassù potrò anche avere una maggiore visuale, e forse riuscirò ad individuare l'ubicazione dei tre scrigni. Soprappensiero mi mordo il labbro inferiore, mentre il mio corpo si flette e le mie braccia si appendono al ramo più vicino. Non posso darmi la spinta con le gambe, a causa delle piante parassitarie che ricoprono tutto il fusto rendendolo scivoloso, così mi dò una spinta col bacino, ruotando il mio busto verso l'alto, in modo da potermi mettere in equilibrio sull'ampio tralcio. Le mie mani non mollano per un attimo la presa, decise. Poi sono in piedi. Ora l'aria è meno afosa, ma la vegetazione dalle larghe foglie verdi mi copre ancora la visuale, così decido di salire più in alto. Mentre mi arrampico, mi ordino di esaminare attentamente ogni pertugio dove decido di appoggiarmi, per evitare altri incontri ravvicinati con le creature di questo posto. Di solito adoro stare al contatto con la natura, ma questa è strana e sconosciuta, e più ci sto lontana meglio è. Capisco che è il momento di fermarmi quando le fronde si sono fatte troppo sottili per permettermi di scalare ancora, e la luce si è fatta più abbagliante. Quando guardo giù, per poco non cado. Prontamente mi aggrappo al ramo cui sono sopra, boccheggiante. È uno spettacolo incredibile. Sotto di me l'intera giungla si sviluppa in un reticolo di piste aggrovigliate e piante di ogni tipo. Gli alberi sono molto diversi da quelli dei boschi cui sono abituata: sono più grossi, cascate di fiori dai colori e le forme più strane fanno capolino dalle foglie verdi e lucenti. Di Raja nessuna traccia. E poi, li vedo. In una sottospecie di radura, accanto a quello che a prima vista mi sembra un pozzo, brillano come gioielli, illuminati dalla luce del sole. Sono i miei obbiettivi. Il mio cuore piroetta trionfante, mentre per un attimo l'idea di poter veramente vincere questa sfida si fa euforicamente largo tra le mie membra. Posso farcela. Poi, come motivata da questa possibilità, un'altra idea mi balena nella mente. È folle, avventata. È come me. Con attenzione, volto la testa nella direzione dell'albero più vicino a quello su cui sono io. Sarà distante un paio di metri. I miei occhi perlustrano ogni suo centimetro, esaminandolo attentamente. Finché non lo trovo. Il ramo perfetto. È mezzo metro al di sotto di dove mi trovo io ora, ma è ben sporgente e largo abbastanza da assicurarmi una buona solidità. Fa al caso mio. Sospiro, imponendomi di rimanere calma. So di potercela fare. Con cautela, tolgo la presa che ho sull'albero con le mani, distendendole in orizzontale, come se fossi sul punto di spiccare il volo. Una volta assicuratami di aver raggiunto l'equilibrio, faccio un passo. Il mio piede scivola su un lichene, e per un soffio non precipito di sotto. Il mio cuore ha un balzo, il sudore inizia a scivolarmi copioso lungo la schiena. Un altro passo. Questa volta riesco a rimanere eretta. Mi impongo di non guardare giù, fino a che non sono sicura di essere abbastanza vicina al ramo sottostante. Solo ora abbasso lo sguardo. Non concedo al mio corpo il lusso di farsi prendere dal panico, così mi ordino di buttarmi. Per un attimo sono convinta di volare. Il mondo si ferma, le mie braccia planano come ali, il mio cuore sussulta. E io sono leggera, leggera e libera, non penso a niente. Poi la realtà mi attira nuovamente a sè, e mi sento precipitare. Il ramo mi accoglie con uno spaventoso schiocco secco, ma fortunatamente resiste. Tirandomi su, mi accorgo di essermi scorticata le mani. Impreco a denti stretti, mentre cerco di ignorare il bruciore pulsante. "Idiota." Mi sussurro a bassa voce, rimproverandomi. Sono stata una stupida. Non mi sono concentrata su quello che stavo facendo, troppo ammaliata dall'essere completamente avvolta dal vuoto. Ma non succederà più. Man mano che continuo a spostarmi  riesco ad acquisire sempre più agilità e destrezza, fino a che buttarmi nel vuoto non mi fa più alcun effetto. E quando finalmente riesco a intravedere la radura, sento di essere sul punto di scoppiare a ridere. Con un po troppa velocità mi calo giù dall'albero su cui mi trovo. Quando sono praticamente a poco più di metà strada, una vocina nella mia testa inizia a sussurrarmi che forse sto andando troppo lenta. In risposta, mi lascio cadere per terra. Rotolo su un fianco, poi balzo in piedi. Le mie gambe vacillano, per un attimo destabilizzate dall'improvviso cambiamento di suolo su cui posano, poi le sento correre fino a che non esco da quell'infernale giungla. L'aria secca mi investe, rigenerandomi, un pallido sole sta iniziando la sua discesa personale agli inferi: il tramonto è ormai prossimo. L'odore di sabbia e secco mi invade le narici, disinfettandomi da quella morbosa umidità che mi era attaccata addosso come un parassita. Solo quando i miei occhi si sono abituati del tutto alla nuova luce, mi accorgo che di fronte a me c'è quello che riconosco subito essere il Gran Maestro. La sua fotografia compariva negli album consegnatici dal tenente per memorizzare le facce e i nomi dei nostri nemici, qua al Sud. Tuttavia ancora una volta rimango colpita da quanto sia vecchio: i lunghi capelli argentati sono legati in una treccia che gli ricade sulla schiena, baffi bianchi gli scendono lungo il mento, simili a due aculei. La sua tunica è di un blu acceso, probabilmente a significare la sua calma interiore. Egli è infatti un istruttore, e con una grande esperienza alle spalle, si presume. Appena mi vede mi fa cenno di avvicinarmi, ed io obbedisco. Solo quando sono a circa un metro di distanza da lui, noto che dietro a quest'ultimo v'è una specie di tempio aperto, formato da una serie di mattonelle di pietra bianca purissima, anche se non ne identifico il materiale. Sulla sua sommità si sprigiona una piccola cupola colorata da diverse pietre, alcune verdi, altre rosse, altre ancora blu. In base alla luce del sole riflettono un determinato tipo di bagliore, rendendo il prato intorno a sè pieno di straordinarie sfumature di colori diversi. È uno spettacolo meraviglioso. Rimango per un attimo a fissarlo, incantata, chiedendomi come gente tanto ignobile possa realizzare qualcosa di così bello. Poi la voce del vecchio mi riporta alla realtà. "Non ti manca né l'astuzia né il buon gusto." Si complimenta, gentile. La sua voce è un soffio affaticato, il suo tono soffice e graffiante insieme. Sorrido, non potendo fare a meno di comprendere il significato delle sue parole. Mi sta dicendo che sono arrivata per prima qui, nella radura, e che ha apprezzato la mia ammirazione nei confronti del tempio. "Ma la prova non è ancora finita." Mi ammonisce, poi. "L'intelligenza è importante, sì, ma non è la qualità più preziosa. Infatti, quello che oggi ti farà vincere la prova, sarà il tuo cuore." Aggrottò la fronte, perplessa. Cosa sta dicendo? Ma che razza di prove fanno fare, qui? Certo, Raja aveva detto qualcosa a proposito della prova del cuore, ma pensavo fosse soltanto il titolo di questo esercizio, un modo simbolico per riferirsi ad esso. Il Gran Maestro deve avvertire il mio turbamento, perché l'ombra di un sorriso gli attraversa il volto, prima di iniziare nuovamente a parlare. "Sarà il tuo cuore a farci capire quanto è puro, e quanto ha compreso o deve ancora comprendere. E ciò avverrà con una scelta. Ti trovi davanti a questi tre scrigni; al loro interno contengono tutti un anello di legno, tranne uno che è stato forgiato con un metallo prezioso. In quale si trova quest'ultimo? Fai la tua scelta." Il mio sguardo scivola immediatamente sui tre contenitori. In ordine, da destra a sinistra, v'è uno scrigno dorato, uno d'argento e uno di bronzo. Ognuno è stato decorato con degli intarsi delicati, che si intrecciano tra loro fino ad intrecciarsi al centro, dove è localizzata la serratura. Mi inginocchio a fissarla, sperando mi possa aiutare a prendere una decisione, ma scopro ben presto che è inutile. Inizio a puntellarmi le unghie della mano destra sul mento, cercando di svelare l'enigma. È strano, non mi hanno mai chiesto nulla del genere. Persino quella tremenda prova alla Provincia dell'Ovest era basata su intuizione, lavoro di squadra e psicologia. Ma mai, prima d'ora, ho dovuto affrontare un test dove mi si richiedeva la purezza del mio cuore. Sono un soldato cazzo, ho ucciso delle persone, e loro più di me. Hanno preso la nostra caserma. E hanno il coraggio di venirmi a parlare del mio cuore? Stringo i pugni, una rabbia incontrollabile che inizia a pervadermi. Ed è proprio in quel momento, che ho l'illuminazione. È lo scrigno d'argento. Quello d'oro non potrà mai essere, sarebbe troppo facile. Quello di bronzo neppure, e poi perché mai dovrebbe esserci un tesoro prezioso in un contenitore di così poco valore? L'argento, invece, è una via di mezzo, non troppo pregiato ma neanche troppo poco. E in come tutte le cose, c'è bisogno della giusta misura. Quasi non sento arrivare Raja, alle mie spalle. Mi giro a guardarla, gustandomi la sua espressione sorpresa. "Non pensavi ti avrei battuto?" Non riesco a trattenermi dal canzonarla. Ma il suo viso in un attimo cambia colori, mentre sul suo viso si dipinge un sorriso di sfida. "Non è ancora detto." Mi ghigna. Sto per risponderle, ma la voce del vecchio mi anticipa. "Hai preso la tua decisione?" Annuisco, piano. "Ho scelto l'argento." Trattengo il respiro, rendendomi conto soltanto ora di quanto io ci tenga a vincere questo stupido test. A dimostrare a Raja, a Mark, a me stessa che posso farcela. Il silenzio si fa teso intorno a noi, mentre i secondi passano, lenti e implacabili. In quel momento, come richiamato da una forza oscura, vedo apparire dalla vegetazione il capo dei soldati della Provincia del Sud. Il suo viso è austero e inespressivo, mentre si posiziona al fianco del Gran Maestro. Passano minuti che sembrano ore, il mio cuore che batte all'impazzata, mentre mi convinco di essere sul punto di perdere conoscenza. "Allora? Qual'è il verdetto?" La voce di Mark è dura e profonda, ma avverto una nota indecifrabile. Non ho nemmeno il tempo di chiedermi che cosa sia, perché l'anziano si sta voltando verso di lui. Sta chinando il capo, forse in segno di rispetto. Ma quando parla, capisco che è solo amarezza. "Ha fallito." Sembra quasi un sentore di morte.
   
 
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