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Autore: Lilla Wright    15/08/2016    4 recensioni
Ore 7,30 alla pensilina dell'autobus in fondo all'isolato.
Questo era il loro appuntamento, ogni mattina, così da poter andare a scuola insieme. Peccato che, come ogni mattina, Bucky fosse in ritardo.

Storia scritta per la mia Peggy!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.
Chiedo scusa per eventuali errori di battitura o peggio di grammatica
Buona lettura :D

 

 

Ore 7,30 alla pensilina dell'autobus in fondo all'isolato.
Questo era il loro appuntamento, ogni mattina, così da poter andare a scuola insieme. Peccato che, come ogni mattina, Bucky fosse in ritardo.
Correva per la strada, cercando di non travolgere nessuno, e già immaginava la faccia contrariata e divertita di Steve che lo attendeva, sempre puntuale.
Questa sua costante puntualità fu ciò che mise in allarme Bucky, appena arrivato al luogo prefissato. Con ancora il fiato corto per la corsa, poggiò le mani sulle ginocchia e fece dei grossi respiri per riprendersi ma, quando alzò lo sguardo dal marciapiede, non trovò nessuno appoggiato al muretto che lo rimproverava per il suo ritardo, nessuno sguardo azzurro divertito e nessun sorriso dolce a fargli dimenticare la levataccia.
Dov'era Steve?
Probabilmente uno dei suoi malesseri lo aveva costretto a letto ancora una volta, nonostante nell'ultimo periodo il biondo sembrava gestire bene la sua asma.
Poco importava per Bucky. Facendo un altro profondo respiro si incamminò verso la casa del suo amico, fortunatamente non troppo distante, ma fatti pochi passi si bloccò nel vederlo arrivare.
Passo leggermente zoppo, vestiti pieni di terra e viso livido, con l'occhio destro circondato da un'alone nero e il labbro tagliato.
- Cazzo! - imprecò il moro, andandogli incontro – Steve stai bene? -
Il biondo, passato l'iniziale smarrimento, sorrise all'amico – Sto bene -
Non riusciva a reggersi in piedi. Ne aveva veramente prese un sacco quella mattina e già solo arrivare lì lo aveva sfiancato, soprattutto dovendo trascinare la gamba che gli doleva.
Mosso da un capogiro, Steve dovette aggrapparsi al braccio di Bucky per non cadere a terra come una pera cotta, facendo ulteriormente preoccupare l'altro che lo guardava con gli occhi colmi di spavento.
- Andiamo a casa – decretò Bucky, sorreggendo il piccolo corpo dell'amico.
Durante il tragitto, avrebbe tanto voluto chiedere al suo amico cosa fosse successo per essere conciato in quella maniera ma si trattenne, non convinto che il biondo gli avrebbe dato una risposta sensata. Inoltre conosceva quello scricciolo da sempre, sapeva benissimo che, non si sa per quale ragione, Steve era finito a fare a botte con qualcuno di quei cretini del quartiere o dei loro compagni di scuola.
Cosa lo avesse spinto, però, a farsi ridurre cos' non lo sapeva ma, al momento, neanche gli interessava, voleva solo arrivare a casa il prima possibile e medicare quelle ferite.
Arrivati al pianerottolo dove abitava Steve, Bucky con qualche difficoltà riuscì a recuperare le chiavi dalla tasca dei pantaloni dell'altro e, una volta dentro, lo fece sdraiare sul divano.
Subito Steve tentò di alzarsi ma Bucky lo fermmò immendiatamente.
- Dove pensi di andare? -
- Sto bene -
- No, non stai bene quindi tu stai qui mentre io vado a prendere qualcosa per medicarti -
La voce preoccupata del moro fece desistere l'altro dall'alzarsi, rimanendo seduto tra i comodi cuscini.
Il più grande andò alla finestra, recuperando un po' di neve dal davanzale, e, una volta chiusa in uno strofinaccio, la portò al suo amico.
- Mettila sull'occhio -
Steve non obbiettò e guardò James sparire ancora una volta per il corridoio.
Si sentiva malissimo, ma non per i colpi ricevuti, più nel vedere Bucky così preoccupato e.. arrabbiato? Probabilmente era stufo di venire a recuperarlo ogni santa volta che si cacciava nei guai e non lo biasimava, ma quella volta aveva avuto un valido motivo per seguire quei due idioti dei fratelli Spencer nel vicolo.
Peccato che non avesse considerato le conseguenze di quel gesto che, oltre all'occhio nero pulsante, prevedevano anche mentire al suo migliore amico perchè mai e poi mai Bucky avrebbe dovuto sapere le ragioni di quella rissa.
Stava davvero uno schifo. Oltre a farlo preoccupare, doveva anche mentirgli.
Lo vide tornare con la cassetta del pronto soccorso trale mani.
Non disse nulla mentre il moro gli passava del disinfettante sul taglio. Riusciva solo a guardarlo, così concentrato in quello che faceva, gli occhi chiari fissi sul suo viso, le labbra serrate ma così rosse.
Steve dovette spostare lo sguardo, sentiva le sue guance calde e il tocco di James su di lui non lo aiutava per nulla. Sentiva solo nella sua testa le risate e le battutine dei due bulli e, stringendo i pugni, gli maledì perchè loro davvero non capivano niente del suo Bucky.
- Togliti lamaglietta – la voce dell'amico lo riportò alla realtà, facendolo arrossire ancora di più.
- Sto bene – fu tutto ciò che riuscì a dire.
- Steve, ti prego -
Bucky lo stava pregando perchè sapeva che era l'unico modo per far cedere Steve in quei momenti.
Doveva assolutamente assicurarsi che stesse bene perchè se avesse scoperto qualche altro segno non si sarebbe trattenuto dal farsi dire chi lo aveva ridotto così e andare a cercarlo per dargliene indietro almeno il doppio.
Era furioso come non mai. Con chi aveva osato fare quello al suo Steve, con sè stesso per non essere stato con lui nel momento del bisogno e con Steve che proprio non ce la faceva a non mettersi sempre in qualche guaio.
Peccato che la sua rabbia era eclissata dalla preoccupazione, non del suo viso pieno di lividi, quanto più dal costante pensiero che un giorno, in qualche modo, lui non avrebbe potuto esserci ad aiutare il suo amico, che avrebbe potuto riportare delle ferite gravi o peggio.
Non sapeva cosa gli avrebbe riservato il futuro ma una cosa la sapeva: non avrebbe mai lasciato Steve, per nessuna ragione al mondo, perchè lui era la sua vita.
- Si può sapere chi diavolo ti ha ridotto così? - non si trattenne più.
Steve lo fissò, cogliendo nello sguardo una luce di rancore.
- Nessuno di importante – fece spallucce.
- Allora sentiamo, quale nobile causa ti avrebbe portato a questo? - lo canzonò, indicando l'occhio nero.
- Niente che ti riguardi –
La calma di Steve iniziava a vacillare, l'insistenza dell'amico nel cercare di capire cosa fosse successo lo stava portando al limite. Pregava solo che Bucky la smettesse.
- Oh no signorino, mi riguarda eccome –
- Sono fatti miei se ogni volta mi faccio un occhio nero, non tuoi! - urlò Steve, arrabbiato come poche volte.
- E' qui che ti sbagli! - anche Bucky urlava, cercando di far valere le sue ragioni.
Stavano litigando, una delle poche volte che uno sguardo non bastava a capirsi, perchè, incosciamente, quello che stavano facendo tutti e due era di proteggere l'altro.
- Maledizione Steve! Perchè non vuoi capire.. -
- Sei tu la causa di tutto questo! -
Si guardarono negli occhi, silenziosamente, studiando il viso l'uno dell'altro.
Bucky era completamente perso. Senza neanche analizzare la cosa più a fondo, la sua mente vagava nella disperazione nel sapere che era lui la causa di quei lividi, di quelle stupide zuffe e di chissà che cosa che lo spingeva a reagire ad ogni provocazione. Non poteva permettere ancora tutto ciò, Steve doveva solo stare bene e se davvero la colpa era sua non avrebbe esitato a lasciarlo, per quanto il cuore gli dolesse.
Steve, invece, si diede mentalmente dello stupido. Negli occhi chiari dell'amico vi leggeva sorpresa ma più di tutto si vedeva la ferita che era riuscito ad infliggere al suo cuore.
Mai avrebbe voluto ferire il suo Bucky, non poteva sopportare di saperlo triste a causa sua, eppure c'era riuscito , in uno scatto per non poter confessare ciò che davvero provava.
- Bucky, non.. -
- Lascia stare -
Per la prima volta in quella mattina Bucky sorrise e Steve per un battito.
- Prometto che da ora in poi non ti darò più fastidio -
- Cosa?! - a quell'urlo una dolorosa fitta al costato pervase il piccolo corpo del biondo, ma in quel momento era altro a fargli più male.
- Ero convinto di proteggerti, davvero. Saperti al sicuro, cercare di farti stare bene è ciò che più conta per me – sorrise tristemente – tu sei ciò che più conta per me -
- Buck.. - a Steve mancavano le parole.
Sentire il suo amico pronunciare quelle parole era un dolore maggiore di tutte le botte ricevute nel corso degli anni.
Vide il moro prendere la cassetta del pronto soccorso e imboccare il corridoio.
Non poteva lasciarlo andare. Se Bucky se ne fosse andato, a lui cosa rimaneva? Un buco nero al posto del cuore e il rammarico di non avergli mai detto ciò che lui significava, perchè avrebbe preferito mille volte un occhio nero dal suo migliore amico che lo rifiutava che la solitudine di un amore non confessato.
- Non andartene Buck, ti prego -
James si girò, guardando il suo soldatino in piedi con gli occhi lucidi; gli faceva così tanta tenerezza che sarebbe andato lì e l'avrebbe abbracciato stretto.
- Non è colpa tua, cioè si, ma non come pensi tu -
- Steve.. - tentò di iniziare Bucky.
- E' successo sta mattina – lo interruppe il biondo – mi stavo dirigendo alla pensilina quando ho incontrato i fratelli Spencer, sai quelli che abitano dall'altra parte della strada -
- Steve.. - provò ancora il moro.
- Hanno iniziato a fare delle stupide battute sulla mia altezza e sul mio fisico ma lo sai com'è no? Ormai non ci faccio più caso e ho continuato dritto -
- Steve.. - ci provava con tutto sè stesso a fermare quel fiume di parole ma l'altro sembrava non ascoltarlo.
- Poi hanno cominciato a prendere in giro te – e la sua voce si fece più acuta, sorpraffatta da un nodo alla gola che gli faceva mancare il fiato – dicevano che eri uno che non avrebbe mai combinato nualla nella vita, che eri uno sfigato ad avere solo un tappo come me per amico e non ci ho più visto -
- Steve basta! –
La voce rotta del biondo e le lacrime che minacciavano di scendere rendevano la situazione pesante e Bucky non era sicuro di riuscire a reggere alla vista del suo soldatino in lacrime.
- Nel vicolo abbiamo iniziato a pestarci.. anzi, hanno iniziato a pestare me e ridevano e facevano allusioni su me e te, ci hanno definiti omoses.. -
Finalmente quel torrente di parole in piena venne azzittito dal forte abbraccio di Bucky, che stringeva Steve con la paura che lasciandolo andare si sarebbe dissolto.
- Stevie – lo chiamò piano – non ne ne frega nulla di quello che pensano quei due coglioni -
Il più piccolo ricambiò l'abbraccio, affondando il viso nel petto dell'amico e respirando a fondo quel dolce profumo che lo faceva sentire a casa.
Fosse stato per lui non si sarebbe mai staccato e sembrava che neanche il più grande volesse sciogliere quel contatto, troppo concentrato ad accarezzare i suoi capelli biondi e a donargli un po' di tranquillità.
- Non mi importa di quello che pensa la gente di me, non devi cacciarti nei guai per colpa di gente stupida che dice calugne -
- A me importa invece - soffiò Steve non abbandonando la stretta – perchè è vero -
- Che sono uno sfigato? - scherzò il moro.
- No stupido! - rise il biondo – E' vero che sono un piccolo ragazzo asmatico innamorato del suo migliore amico -
Ecco, l'aveva detto. Ormai provare a nasconderlo non aveva senso, non dopo quello che si erano detti, non dopo quella litigata per nascondere la verità, non con il tocco di Bucky sul suo corpo che gli aveva fatto perdere ogni inibizione.
La cosa che più lo stupì fu quella carezza leggera che non accennava a smettere, anzi si era intensificata, e il caldo respiro del moro gli solleticava il collo, facendolo rabbrividire.
- Allora sono proprio uno sfigato – rise Bucky.
Rideva di sè. Ancora una volta Steve e la sua sicurezza, il suo lottare per ciò che riteneva giusto, lo avevano spiazzato; tutti erano convinti che fosse lui a soccorrere il biondo in ogni zuffa ma era in realtà il suo soldatino a soccorrere lui ogni qualvolta aveva un dubbio o un'insicurezza che lo bloccava.
Così era stato anche quella volta. Steve aveva reputato giusto esternare il suo sentimento, lasciando James completamente sorpreso e allo stesso tempo felice, perchè la sua costante paura di perdere per sempre l'altro lo aveva costretto al silenzio, spezzato da quella dichiarazione.
James cercò gli occhi cielo di Steve, trovandoli tempestosi.
- Eh si, sono proprio uno sfigato – continuò – visto che ho sprecato tutto questo tempo a pensare che mi avresti preso a calci se ti avessi detto che sono innamorato di te-
E sta volta risero insieme, divertiti da quella situazione surreale e dalla battuta di Bucky, che sempre riusciva a far ridire Steve.
La tensione che si era creata tra di loro era svanita, niente a ricordare le paure e le insicurezze che pochi minuti prima li avevano costretti a parole che mai avrebbero voluto pronunciare, azioni come l'abbandono a cui non avrebbero mai neanche pensato.
Riuscivano solo a ridere, tenendosi ancora stretti l'uno all'altro, liberi da quel peso sul cuore e felici di quanto quella confessione sembrasse quasi uscita per caso, regalando ad entrambi la cosa più bella che ci fosse.
In un attimo, Steve colse la risata di Bucky tra le sue labbra, toccandole in un caldo gesto pieno di tutto ciò che provava per lui.
I loro occhi si incotrarono, accesi di una nuova luce, ancora emozionati per quel fugace toccar di labbra, e con la testa e il cuore pieni di domande e sentimenti.
Con un piccolo spintone, Bucky fece atterrare Steve sul piccolo divano, lasciando scappare al biondo un piccolo lamento di dolore.
- Tu adesso riposi ok? - iniziò il moro, avvicinandosi di più al viso dell'altro, arrivando a sfiorare il suo naso con il proprio – io devo uscire un attimo -
Senza staccare i suoi occhi da quelli azzurri di Steve, Bucky gli rubò un bacio, assaggiando quelle morbide labbra e stuzzicando il taglio a lato.
- Dove vai? -
- Ho un appuntamento con i fratelli Spencer -
- Bucky no! - provò a fermarlo.
- Ci vediamo dopo Stevie - il più grande aprì la porta e, prima di chiuderla, si affacciò cercando gli occhi dell'altro – così finiamo di parlare di questa nostra cosa -
Bucky gli fece l'occhiolino e, con un sorrisetto malizioso sul volto, chiuse la porta, lasciando un imbarazzato Steve sul divano.
Si lasciò cadere tra i cuscini e, ripensando a quella mattina, il suo viso si illuminò di un dolce sorriso, pensando a quanto quelle botte prese gli avessero regalato uno dei momenti più belli della sua vita.
E anche a quante botte avrebbero preso i fratelli Spencer dal suo compagno, dal suo Bucky.
 

   
 
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