Videogiochi > Life Is Strange
Ricorda la storia  |      
Autore: midnight_neverland    30/08/2016    2 recensioni
Lui non insiste; non lo fa mai. Si limita a sdraiarsi, la scruta con un’aria interrogativa e sta a lei decidere se rispondergli o meno. A volte Max lo fa, i piccoli barlumi degli incubi che lampeggiano di fronte a sé prima di essere strappati dalle sue reminiscenze e venire allontanati. Stanotte non replica.
Max si risveglia da un incubo sulla Camera Oscura e Warren tenta di confortarla.
{ Warren/Max | One shot | 1016 parole | Traduzione di Hiraeth }
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Max Caulfield, Warren Graham
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note della traduttrice (Hiraeth): tfw non sei insoddisfatta dalla tua traduzione per colpa dei pronomi. (ノಠ益ಠ)ノ彡┻┻ Davvero, se non ve la cavate male con le lingue, vi consiglio caldamente di leggere la versione originale a questo indirizzo, è mille volte più poetica. Ad ogni modo, buona lettura!










Here
di midnight_neverland




Nel dormitorio di Max, tre sono le costanti nel cuore della notte: il rubinetto che perde nel bagno delle ragazze, il vento all’esterno, e il leggero russare al suo fianco. Le altre sostengono che Max sia l’unica che sente il gocciolio, che se lo stia solo immaginando. Ma lei si gira e si rigira, premendosi il cuscino contro i padiglioni auricolari, nonostante le gocce continuino a echeggiare come dei passi che si approssimano. Le ricordano le scarpe di lui, troppo affilate per il pavimento piastrellato, che si avvicinano di centimetro in centimetro. Ma quelle scarpe non ci sono più, riposte via nel vano degli oggetti persi dei prigionieri. Lei spera di non rivederle mai più. Per contrastare l’acqua che stilla, pensa al rumore dei suoi passi e calpesta le lenzuola del letto. La coperta si avvolge intorno alle sue caviglie e resta in quella posizione finché lei non si muove e non si ritrae.

 Il vento stride contro il vecchio tetto, che cigola sotto la pressione dell’aria che assilla le tegole. Ci sono notti in cui lei crede che l’intero edificio stia per crollare e, durante i suoi incubi peggiori, in cui è scossa dal sonno per colpa di quella voce, che ruggisce insieme all’afflusso di sangue nelle sue orecchie. Questa è una di quelle notti.

 Il petto della persona al suo fianco brontola per il russare profondo. Quest’ultimo suono è diventato una costante solo da una settimana. Con il trascorrere dei giorni, Warren ha perso sempre più vestiti prima che lui e Max si addormentassero insieme, l’uno accanto all’altra. A volte lei si risveglia anche per colpa del suo russare, quando nel sonno le lambisce il collo con le labbra. Ma poi Max sente il suo fiato, che sa di dentifricio in una maniera leggermente soverchiante. Se glielo permettesse, Warren userebbe l’intero tubo per lavarsi i denti, specie se, così facendo, lei lo baciasse nel bel mezzo della notte.

 Ma adesso, lui è disteso silenziosamente accanto a lei, Max che pressa con la mano il suo petto nudo, e capisce dai rapidi movimenti che percepisce con il palmo che Warren si è svegliato.

 «Tutto a posto?» le sussurra, massaggiandole le braccia nel tentativo di mandare via la pelle d’oca. «Stai tremando».

 Max allunga il collo e avverte sulla fronte le ciglia di Warren. «Un incubo» mormora di rimando e lui le imprime un bacio duraturo sulla tempia.

 «Ti va di parlarne?»

 Lei scuote il capo. Non ha intenzione di rivivere la paura che le cola dalla gola ogni volta che le ritorna in mente il nastro argentato attorno ai polsi, una pesantezza nella testa che lei cerca di spingere via, di scacciare via. Non ha intenzione di rivedere la faccia di Chloe che è a terra davanti a lei, accartocciata e immobile, come una bambola che Jefferson ha buttato. Non ha intenzione di riattraversare niente di tutto ciò.

 Nel fascio di chiarore lunare che entra dalla finestra, non trova lo sguardo calcolatore di Jefferson, ma le iridi gentili di Warren. Lui non insiste; non lo fa mai. Si limita a sdraiarsi, la scruta con un’aria interrogativa e sta a lei decidere se rispondergli o meno. A volte Max lo fa, i piccoli barlumi degli incubi che lampeggiano di fronte a sé prima di essere strappati dalle sue reminiscenze e venire allontanati. Stanotte non replica. Si aggrappa a tale nozione mentre è avvolta dalle braccia di Warren, le dita che stringono la pelle nuda della sua schiena.

 «Aiuta, ogni tanto» bisbiglia e Max non sa se si stia riferendo al sogno o all’abbraccio, ma si lascia catturare dalle mani che la reggono e abbassa le palpebre. I polpastrelli sui suoi fianchi tamburellano ritmicamente e lei ode qualcuno alle sue spalle che tossisce e che somiglia troppo a lui. Riapre immediatamente gli occhi.

 Odia riconoscerlo persino nei posti più piccoli, mentre striscia come un’ombra che scompare non appena è spento l’interruttore della corrente. Max lo scorge la mattina tra la folla di studenti, il luccichio degli occhiali provocato dal lampadario. Sente la sua voce dietro di sé quando si distrae in classe o studia le foto che ha scattato. Sobbalza al suo tocco quando qualcuno la urta. Legge il suo nome listato nell’orario malgrado lo abbia scorticato con una penna rossa, cancellato con un bianchetto, incollatovi sopra un pezzo di carta intonsa.

 E quando sogna ci sono i troppi bagliori delle luci bianche e c’è il volto di Jefferson che la squadra, che la esamina.

 «Max?» Le dita di Warren le sfiorano gli zigomi bagnati e lei deglutisce e annuisce.

 «Sto bene» ribatte. Jefferson non è davvero alla porta con una siringa in mano come nei suoi incubi. Lei non è seduta con i polsi e le caviglie bloccate mentre si sforza di dare un senso a quello che le sta succedendo.

 Rabbrividisce e si appiglia al calore del petto di Warren. Le braccia di lui l’attirano subito a sé. Max si concentra sul battito costante del suo cuore, una cadenza familiare che l’ancora alla realtà, alla porta chiusa, il cielo notturno fuori dalla finestra. Conta le stelle che fanno capolino tra i rami degli alberi, le conta finché non riesce a tenere traccia di tutte e diventano solo un turbinio di luce che si intravede tra le foglie.

 «Sono qui» le sussurra Warren all’orecchio con dei baci casti sulla guancia. E lei annuisce nuovamente, si rifugia con il viso nella curva del suo collo, premendo le labbra contro le sue clavicole. Lui sa di sale e dell’amarezza persistente del sapone. Il cuore di Warren inizia a martellare al movimento delle labbra di Max, ma le sue mani rimangono sui fianchi, fermi.

 «Lo so» replica lei e le labbra di lui incontrano le sue, la baciano finché Max non è sopraffatta dal sonno. E con il cigolio che il materasso produce quando si mette in una posizione più comoda, anche Max è qui. Il gocciolio del rubinetto echeggia dal bagno delle ragazze, il vento stride contro il tetto, un russare brontola contro la sua guancia, e lei si addormenta.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Life Is Strange / Vai alla pagina dell'autore: midnight_neverland