Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: DWHO    30/08/2016    0 recensioni
Storia ispirata al film 'Womb'.
Sherlock muore. Molly non accetta la perdita e riesce a trovare un modo per farlo tornare. Ma è lo stesso uomo? Con esperienze e scelte di vita diverse, è sempre quell'uomo?
Dal primo capitolo:
"Chiuse gli occhi. Sarebbe finita, presto il buio avrebbe lasciato posto alla luce. Perché lui stava per tornare. Mancava poco ormai, era questione di ore e l’avrebbe riavuto di nuovo lì. Con lei. Al sicuro. Aprì gli occhi. Davanti a sé, lo specchio rifletteva la sua immagine. Sorrise come quel giorno in cui era tornato, come adesso che stava tornando."
Genere: Dark, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altro personaggio, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Primo atto
 
Spostò il lembo bianco del lenzuolo. Era pallido, quasi violaceo. La pelle era fredda quanto il metallo del bisturi. Niente al tatto le era stato così freddo come quella pelle. Sentiva il gelo entrare anche nella sua mentre continuava ad incidere, sempre più giù, sempre più giù. Non sarebbe andato via il freddo, non sulla carne di lui, non sulla pelle di lei. Non doveva essere freddo…
 
 
24 ore prima
“Visto John, non è stato poi così difficile scoprire il colpevole!” aveva esclamato Sherlock Holmes al suo amico. Ma quest’ultimo non sembrava d’accordo con l’affermazione di lui. “Cosa sarebbe facile in un triplice omicidio?” domandò John Watson. “Tutto quando l’assassino commette un errore” gli aveva risposto. Era euforico come ogni volta che risolveva un caso poco scontato, euforico come un bambino. Per questo si era girato per sorridere a John, per questo, forse l’unica volta nella sua vita, non aveva prestato attenzione. Si trovava già a terra quando John aveva risposto al sorriso.
 
 
Non riesco ancora a crederci” le aveva sussurrato John. “Un attimo prima era lì, stava bene…” un singhiozzo lo fermò. Alzò lo sguardo verso Molly, che ancora non aveva detto una parola. Sembrava quasi si trovasse sotto un incantesimo. Ma quando notò una scintilla di speranza negli occhi di John, fu subito pronta a spegnerla: “No John, mi dispiace. Non è un trucco”. Non poté fermare le lacrime del medico, né consolarlo. Non ne era in grado. E nonostante quello che era successo, non sembrava in grado di avere una qualsiasi reazione alla morte di Sherlock. Come se il suo cervello non contemplasse la sua morte, come se non fosse veramente morto.
 “Andiamo John, torniamo a casa” aveva detto Mary, avvicinandosi con la carrozzina rosa al marito. Anche lei aveva pianto, anche lei soffriva. John si asciugò le lacrime e, dopo aver preso la mano di Mary e fatto un cenno di saluto a Molly, si allontanò con la moglie e la figlia.
 “Allora è vero” disse Greg da dietro Molly. La donna annuì. Lui accennò un risolino prima di continuare: “Dopo tutto quello che ha fatto, dopo tutto quello che ha passato. Sembra una barzelletta: l’uomo che si vantava di saper osservare perfino le più piccole cose, è finito sotto una macchina perché non stava guardando. Che morte stupida”. “Lo so” riuscì a dire Molly. “Fortuna che non l’ha levata” aggiunse lui, guardando davanti a sé. “Credi che se lo sentisse?” le chiese. “Credo che sentiva sempre di dover morire. Forse però in quel momento non se lo aspettava” rispose lei. Greg annuì, poi si voltò e se ne andò. Lei rimase ferma a guardare i genitori e il fratello di Sherlock riuniti sulla sua tomba. E si chiese se quella era la fine.
 
 
 
Non sapeva quello che stava facendo. Non sapeva se farlo. Ma le sembrava giusto. Bussò alla porta dei coniugi Holmes dopo due ore estenuanti di treno. Le aprì la madre, il volto che esprimeva già da sé la domanda. “Sono Molly Hooper, salve. Sono… ero un’amica di Sherlock”. “Lei è quella patologa?” chiese la madre. Molly annuì. “Vorrei parlare con lei e suo marito” disse alla madre di Sherlock. “Si tratta di lui” aggiunse, vedendo che non capiva. La madre la lasciò entrare in casa e la portò in un piccolo salotto dove sedevano su due poltrone il marito e il figlio maggiore (ora unico). Anche se era sorpresa di vedere Mycroft, non vacillò nelle sue intenzioni. “Dottoressa Hooper, qual buon vento la porta qui?” domandò Mycroft con la solita finta cortesia.  “E’ importante, devo parlarvi” rispose Molly. “Certo cara, vuoi qualcosa?” le chiese con gentilezza la madre. Dopo aver rifiutato garbatamente, estrasse dalla borsa un depliant che porse alla madre, la quale lo fece vedere al marito e al figlio. “Cosa sta cercando di dirci?” le chiese l’uomo più ansiano. “Che Sherlock può tornare, tornare da noi, da voi” rispose con un sorriso. Alzando la testa dal volantino, con un’espressione seria e meditabonda, Mycroft domandò: “Vorrebbe clonare Sherlock Holmes?”. La donna annuì. “Ma come, insomma, chi sarebbe disposto…”. Quando guardò la patologa, la madre di Sherlock non proseguì, forse perché aveva già la risposta. “Sarebbe disposta a partorire mio fratello, dottoressa?”. Sì, la risposta era sì. Lo era stata fin da quando aveva scoperto quel depliant, ma adesso che Mycroft Holmes aveva messo a verbale le sue intenzioni con quella frase, tutto quanto sembrava solo l’idea pazza e ambiziosa di una sera. Tuttavia gli diede la stessa risposta che aveva dato a sé stessa quando si era fatta quella domanda. Anche la madre si sedette, lo sguardo vuoto rivolto al pavimento. Lo stesso del marito e del figlio. Restò delusa, anche se non lo diede a vedere: credeva che sarebbero stati contenti di quella seconda possibilità, quella che lei gli stava offrendo. “Non so se Sherlock sarebbe d’accordo” disse Mycroft, dando voce ai pensieri di tutti e tre. Molly non disse nulla, accennò solo un sorriso. “Non dovete decidere ora, quando avrete una risposta mi contatterete. Ora devo andare o perderò il treno”. Sorrise a tutti e tre e se ne andò com’era venuta. Con la convinzione che Sherlock sarebbe tornato anche questa volta.
 
 
Per la prima volta in vita mia non so se sto facendo la cosa giusta”. Appoggiato all’ombrello, Mycroft porse il campione di DNA a Molly. “Sono contento che ce l’abbia chiesto senza agire per conto suo, ma preferirei che ci riflettesse ancora un po’” aggiunse l’uomo. “Sarà contento di rivederlo” affermò Molly, ignorando la sua richiesta. Mycroft sospirò. “Non credo che lo rivedrò. Né io né i miei genitori” disse Mycroft. Molly lo guardò perplessa. “Perché?”. Per la prima volta in quella conversazione, Mycroft la guardò negli occhi: “Penso sia meglio che non lo cresca qui” le consigliò, anche se sembrò più un ordine. “La gente domanderà” aggiunse come giustificazione. “Per questo crede che non lo potrete rivedere?” domandò Molly. “Spero che un giorno capisca il perché… Molly”. E con l’ultima battuta, uscì dalle porte di metallo del Bart’s e salì su una vettura nera che lo portò via.
 
 
La camera in cui l’avevano fatta entrare era bianca. Completamente. Neanche al Bart’s, per quanto ne sapeva, c’erano stanze così bianche.
 Il rumore della porta che si apriva la ridestò dai suoi pensieri. “È pronta signora?” domandò la dottoressa. Molly annuì. “Bene, apra le gambe”. Fece come disse. “L’avverto, non sarà piacevole” l’avvertì con premura l’altra donna. “Non importa, lo faccia e basta” le rispose. La dottoressa annuì, si sedette su uno sgabello con gli strumenti su un tavolino e si avvicinò.
Molly alzò lo sguardo, di nuovo il bianco. Solo il bianco, c’era solo il bianco. Poi il freddo del metallo intorno alla sua mano, sempre più freddo, sempre più freddo. E ancora il bianco. Il bianco e il freddo.
 
 
Così te ne vai anche tu” aveva detto infine Greg, rompendo il silenzio. Aveva appena dato ai suoi amici la notizia del suo imminente trasferimento. “Ma perché cara?” aveva domandato la signora Hudson. Molly fece per rispondere ma John la precedette: “Non è difficile immaginarlo signora Hudson”. Calò di nuovo il silenzio. “Non è così, credimi John” si giustificò Molly. “Non te ne sto facendo una colpa” le disse. “La verità è che siamo tutti distrutti dalla perdita” intervenne Mary. Molly sorrise a quelle parole. Era giunto il momento di dirlo. “La verità è che sono incinta”. Tutti gli occhi si puntarono su di lei in pochi secondi. La prima a parlare fu Mary: “E’ una notizia bellissima Molly”, poi si alzò per abbracciarla. Ma la fermò. “Aspetta, non ho finito” disse. Mary si sedette di nuovo.
 “Sono incinta di Sherlock. Bhe, no, non in quel senso… voglio dire… io e lui non… noi non” e non riuscendo a spiegarsi a parole, tirò fuori lo stesso volantino che aveva mostrato alla famiglia di lui. Lo presero, lo lessero, lo fissarono stupefatti. Così come fissarono stupefatti lei. “Questo vuol dire… che tu sei, che sei proprio incinta di lui… di lui in carne ed ossa?” cercò di spiegarsi Greg. Molly annuì. “Perché?” chiese John. “Perché no?” ribatté Molly. “Non è una risposta” continuò John. “È l’unica soluzione per riportarlo qui” rispose la donna.  “Aspettate”, si intromise Greg, “questo vuol dire che… che lui ricomincerà tutto da capo?”. Molly annuì. “Certo, riavere Sherlock sarebbe fantastico!” disse la signora Hudson. Molly sorrise, poi guardò John. Teneva la testa bassa e si passava le mani sul viso. “Perché non sei contento?” gli domandò. John alzò il volto e accennò un sorriso: “Credimi, sarei felicissimo di riaverlo, ma è impossibile, è morto”. “Lui è tornato. È già qui!” ribatté Molly. “Non è così semplice” disse John. “Sei geloso per il fatto che anche questa volta sono stata io a salvarlo?”. Lo disse. Lo disse e non se ne pentì, era la verità. Poi John si alzò e prima di uscire, disse: “Non lo stai salvando”. Mary lo chiamò ma se n’era già andato. “Mi dispiace, scusatemi. Ah, Molly, dagli tutto l’amore che merita e proteggilo” e se ne andò anche lei. “Allora immagino che la cena è finita” esclamò Greg. “Spero che tu sappia quello che fai. E per ogni cosa ci sono, lo sai”.
 Rimasero solo lei e la signora Hudson. Quest’ultima si alzò e le posò una mano sul ventre. “Con te sarà felice, lo so. Se puoi, quando sarà grande, raccontagli dell’uomo che è stato, di tutto quello che ha fatto. E che è stato amato, molto” concluse con un singhiozzo.
 La casa era di nuovo silenziosa. Gli altri se n’erano andati. Ora c’erano solo lei e lui. Lei e lui. Come sarebbe sempre stato.
 
 
Non ti piace la cioccolata?” gli domandò Molly, carezzandosi il ventre. L’ennesima botta la costrinse ad abbandonare la tazza sul tavolino accanto a lei. “Va bene, facciamo come vuoi tu. Metto l’acqua sul fuoco” disse, alzandosi dalla sedia e tornando dentro.
 Mentre l’acqua bolliva, osservò ancora una volta la casa. Le piaceva. Le piaceva molto. Anche se si trovava nel bosco e distava venti minuti di macchina dalla cittadina in cui aveva trovato lavoro. Si chiedeva continuamente se gli sarebbe piaciuta la montagna. Lui non aveva mai espresso preferenze di alcun genere prima. Non con lei, almeno.
 Intinse la bustina nell’acqua. Portò la tazza con sé sulla poltrona, vicino al camino acceso. Osservò il fuoco ardere la legna. Quando si consumò, prese un fiammifero per riaccenderlo. Sorrise mentre poggiava una mano sul ventre, guardando il fuoco prendere di nuovo vita.
 
 
È maschio o femmina?” domandò la donna che si era seduta vicino a lei su una panchina del parco. “Un maschio” le rispose. “È il primo, vero? Sa, io ho tre figli maschi, ma sono grandi ormai. Le auguro che non venga iperattivo come i miei, non sa che fatica stare dietro a tutti e tre. Ma ne è valsa la pena. Anche se metti da parte te stessa” e, mentre lo disse, Molly sorrise. “Sì, ha ragione, ne vale la pena. Sempre, quando ami qualcuno”.
 Poi le chiese se aveva già scelto il nome. “Lo chiamerò Sherlock”. “È un nome particolare” osservò la donna. “Sì, ma gli è sempre appartenuto, fin dall’inizio” e anche se l’altra non capì le sue parole, Molly le trovò vere e giuste. Era sempre stato giusto.
 
 
Vedeva il vento piegare gli alberi e sentiva la pioggia sbattere sul vetro della finestra. Il cielo era grigio e solo i lampi illuminavano l’oscurità che aveva avvolto quella cittadina fin dalle prime ore del giorno.
 Chiuse gli occhi. Sarebbe finita, presto il buio avrebbe lasciato posto alla luce. Perché lui stava per tornare. Mancava poco ormai, era questione di ore e l’avrebbe riavuto di nuovo lì. Con lei. Al sicuro.
 Aprì gli occhi. Davanti a sé, lo specchio rifletteva la sua immagine. Sorrise come quel giorno in cui era tornato, come adesso che stava tornando.
 
 
 
DWHO:
Ciao! Eccoci, qui, di nuovo. Spero che questa storia vi piacerà. L’ho divisa in tre parti, le altre due saranno pubblicate a breve. Come ho detto nel – la storia si ispira al film ‘Womb’, che vi consiglio caldamente, anche solo per il paesaggio. Mi sono chiesta se Sherlock Holmes sarebbe comunque Sherlock Holmes se nascesse in una famiglia completamente diversa, con esperienze completamente diverse (ovviamente lo Sherlock di Moffat e Gatiss). Ecco qui la risposta. Secondo voi come potrebbe essere?
 E poi c’è Molly. Chi se non lei poteva farlo tronare? Inoltre la dolcissima patologa qui affronta la vera morte di Sherlock, anche se non sembra affrontarla affatto. Comunque, vi lascio, ogni commento è ben accetto. Ciao! 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: DWHO