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Autore: Old Fashioned    07/09/2016    13 recensioni
Seconda guerra mondiale, battaglia di Inghilterra. Un leggendario quanto inafferrabile pilota della Luftwaffe, soprannominato "Cavaliere di Valsgärde", compare durante le battaglie più cruente, abbatte il suo avversario e subito dopo scompare senza lasciare traccia.
Il Maggiore Stuart, del 19° Squadron, riesce finalmente ad abbatterlo con uno stratagemma, ma quando l'Asso tedesco sarà al suo cospetto le cose si riveleranno molto diverse da come se le aspettava...
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Capitolo 31

Il tenente von Rohr dormì ventiquattro ore consecutive, senza svegliarsi nemmeno quando il medico gli applicò di nuovo dei punti di sutura che nella concitazione della fuga si erano strappati.
Alla fine riaprì gli occhi stranito, e per un po' rimase semplicemente a guardarsi intorno come se non si capacitasse di ciò che lo circondava.
Sentì qualcuno parlare in tedesco nella stanza attigua, alla parete era appeso il ritratto del Führer. Accanto a lui, sul comodino, c’era un piatto con due fette di pane nero imburrate e della salsiccia.
Tutte cose rassicuranti, rasserenanti addirittura, ma che comunque non alleviavano di molto il dolore che lo tormentava.
Cautamente si mise a sedere sul letto. Lenzuola candide, odore di pulito. La finestra aperta lasciava vedere il cielo azzurro, i rumori del campo erano solo un’eco lontana.
Si prese la testa fra le mani come aveva visto fare tante volte al maggiore Stuart. Da una parte aveva una necessità pressante di ragionare su ciò che era accaduto, ma dall'altra non voleva farlo, perché ciò significava ripensare a lui, a quello che c’era stato fra loro e al fatto che lui non c'era e non ci sarebbe stato più.
Per un po’ il sonno l’aveva pietosamente protetto, ma gli era bastato aprire gli occhi perché le Erinni gli piombassero addosso e cominciassero a fare scempio della sua mente e della sua anima.
Una voce lo distrasse dalle sue angosciose meditazioni: “Finalmente si è svegliato, tenente von Rohr.”
Hans sussultò e si voltò in quella direzione come se fosse stato sorpreso a fare qualcosa di molto sconveniente. “Buon giorno, signor maggiore,” salutò.
Il comandante dello stormo si avvicinò, prese una sedia e si sedette accanto al letto. “Come sta ora?” s’informò.
“Sono pronto a riprendere servizio, signore.”
Il maggiore Graf lo fissò serio. A dispetto di quella scarna rassicurazione, il tenente sembrava tutto meno che pronto a riprendere il servizio. Era rientrato dalla prigionia sul suolo britannico in condizioni pietose e ai comandi di uno Spitfire appena uscito dalla linea di produzione. Per quanto ci avesse pensato, non riusciva ad immaginare una sequenza di eventi che collegasse in modo logico le due cose. “Mi vuole raccontare cos’è successo laggiù?” gli chiese.
“Preferirei di no, signore,” fu la risposta, che il tenente proferì con lo sguardo ostinatamente rivolto alla finestra.
Graf ritenne che non fosse il caso di insistere. Il medico gli aveva detto qualcosa, più che altro mezze frasi rese ancora più incomprensibili da complicati giri di parole, dalle quali però era riuscito a capire che il giovane ufficiale doveva aver subito sevizie contrarie all’onore di un soldato.
Non avrebbe giovato a nessuno tormentare oltre il povero ragazzo costringendolo a imbarazzanti descrizioni.
“Mi dica solo come si è impadronito di quell’aereo, prego.”
“C'è stato un bombardamento, nel corso del quale è crollata una parte dell’edificio in cui ero detenuto. Sono uscito, ho visto lo Spitfire pronto in linea di volo e approfittando della confusione l'ho preso e sono decollato.”
Von Rohr evitò di guardare il suo superiore: era la prima volta che mentiva in vita sua.
Sospirò. Evidentemente l'abisso di depravazione nel quale era piombato l'aveva reso già talmente abietto da fargli considerare menzogna e reticenza due comodi strumenti per evitare le situazioni spiacevoli, una cosa indegna di qualsiasi tedesco.
Faticava però a collocare nell'ambito della depravazione ciò che era successo tra lui e il maggiore Stuart. A suo parere, anzi, vi erano stati in quella breve ma intensa relazione nobiltà d'animo e spirito di sacrificio, coraggio e responsabilità.
Si era trattato quindi di un vero sodalizio virile, come quelli che aveva studiato nella Hitlerjugend.
Perché allora si sentiva così male quando ci pensava?
“La lascio riposare.” La voce del maggiore Graf lo riportò bruscamente alla realtà. “Il dottor Ebersbach dice che dovrà stare qui ancora qualche giorno, poi potrà riprendere il servizio normalmente.”
“Sì, signor maggiore.”
Von Rohr rimase solo coi suoi pensieri, e le Benevole ricominciarono a perseguitarlo.

L'indomani gli fece visita il capitano Müller.
“Come sta il nostro piccolo Hans?” lo salutò con disinvoltura, sedendosi tranquillamente sulla sedia che si trovava accanto al letto.
Il tenente lo fissò stupito.
“Lei ha fatto come il piccolo Hans della canzone,” spiegò Müller allegro, “è voluto andare da solo per il vasto mondo.”
“E poi sono tornato a casa dalla mamma, è questo che vuole dire?” domandò cupo von Rohr, pensando al testo della canzone.
“Via, non sia sempre così sulla difensiva. Ha avuto una brutta avventura, ma ha riportato a casa la pelle. Questo è già qualcosa, no?”
Passò qualche secondo di silenzio. Seduto sul letto con le gambe sotto le coperte e un pigiama un po' troppo largo addosso, von Rohr faceva davvero pensare a un bambino nei panni di un adulto.
“Non mi ha ancora detto come sta,” gli giunse la voce di Müller.
“Sono pronto a riprendere servizio, signore,” rispose l'altro meccanicamente.
Il capitano gli appoggiò una mano sulla spalla. Per un attimo fu quasi sul punto di domandargli perché avesse l'aria così triste, poi ci ripensò e disse: “Le porto un paio di belle notizie, von Rohr.”
Il tenente lo fissò serio. “Quali, signore?”
Müller, che non era tipo da perdersi d'animo, sorrise e spiegò: “Per prima cosa, ho convinto il vecchio a non punirla per quello che ha fatto. È ben vero che lei ha preso un aereo senza autorizzazione, ma in fondo si è fatto abbattere al posto mio, quindi credo che dovrei anche ringraziarla. E poi ci ha portato in cambio un bello Spitfire nuovo di zecca! Come minimo le daranno una promozione, per una prodezza del genere.”
Von Rohr preferì non rispondere, trovava indegno di un ufficiale tedesco mostrarsi soddisfatto per essere scampato ad una giusta punizione. Senza contare che avrebbe quasi preferito scontarla, sarebbe stato perlomeno un atto catartico.
“Non doveva disturbarsi, signore,” disse soltanto, al protrarsi del silenzio.
“Ah, sciocchezze!” rise Müller, il cui buonumore sembrava impossibile da scalfire, “lei è il mio nuovo gregario. Visto che avrà il dovere di proteggermi in aria, come minimo devo ricambiare proteggendola a terra!”
A quelle parole von Rohr si girò di scatto e lo fissò con occhi acuti come lame. “Il suo nuovo gregario?” ripeté, quasi non si capacitasse di quello che aveva appena udito.
“Esattamente, quindi veda di rimettersi in fretta. Il suo Messerschmitt 109 la sta già aspettando in linea di volo.”
“Davvero?”
“Deve contribuire anche lei alla vittoria finale, von Rohr,” rispose Müller ostentando un tono di serietà grave.
Lungi dal cogliere l'ironia della frase, raddrizzandosi nella persona il tenente rispose: “Sono qui per questo, signore.”
L'altro parve soddisfatto. “Benissimo, allora comincia a chiamarmi Heinz, perlomeno quando siamo in volo. Non penserai mica di dire frasi tipo 'signor capitano, nemici a ore undici', vero? Ora che ho capito cosa mi stai dicendo, ci hanno già abbattuti tutti e due.”
“Sì, signore.”
“Heinz.”
“Heinz, certo. Mi scusi. Scusa.”
Il capitano Müller dava l'idea di essere felicissimo della piega che avevano preso gli eventi. “Appena Ebersbach ti molla facciamo un volo di prova, che ne dici?”
Indeciso se usare il tu o il lei, von Rohr si limitò ad annuire.
Non poteva dire di essere felice per la notizia appena ricevuta, perché ciò che provava era qualcosa di molto più profondo rispetto a una semplice felicità. Era un senso di completezza, di appartenenza. Era la consapevolezza che presto avrebbe fatto ciò che era suo dovere fare, e che questa era cosa buona e giusta.
Si sentì come un cavaliere che ha appena ricevuto l’investitura.
“Ora che sei dei nostri,” riprese Müller, accentuando inconsapevolmente il senso di appartenenza iniziatica che aveva pervaso von Rohr, “e vista la tua bella prodezza coi Tommies, penso che tu abbia diritto al tuo emblema sull’aereo. Hai già qualche idea?”
Il tenente ci pensò un po’ sopra, poi sorrise e disse: “Sì, ce l’ho.”
   
 
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