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Autore: Torbida_jokes    10/09/2016    1 recensioni
Quando il mondo ti volta le spalle, non hai altra scelta se non quella di andare avanti. Lo sanno bene i Radurai, adolescenti senza il minimo ricordo di sé se non il proprio nome, gettati in un luogo anonimo e artificiale, la cui cornice è un enigmatico labirinto popolato da mostruose creature.
Nella Radura, a ogni morte corrisponde una nuova vita condannata, cosicché il numero dei ragazzi non sia mai né superiore né inferiore al trentasei. Ma quando Cassian apparirà nell'inquietante Scatola senza alcun crudele baratto, la regolarità numerica non sarà l'unico, oscuro cambiamento che stravolgerà le vite di tutti...
Judith ha un legame con lui, se lo sente fino alle ossa: quel ragazzo ha in qualche modo fatto parte della sua vita prima che le venisse cancellata la memoria, l'unico nesso con la sua sé del passato che abbia mai percepito da quel primo, traumatico risveglio.
Un amico da proteggere o un nemico da cui proteggersi? Nessuno le impedirà di indagare.
Sperando di non capire, solo quando capire non servirà più a niente.
Genere: Avventura, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alby, Frypan, Minho, Newt, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Vi dirò soltanto che mi lasciai pilotare nel buio da qualcheduno che m’aveva preso in silenzio per la mano.
-Giorgio Bassani
 
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Quando riprese conoscenza, il suo primo istinto non fu quello di aprire gli occhi. Restò semplicemente ferma lì, dovunque potesse essere, le palpebre serrate, la schiena dolorante contro un pavimento duro e freddo come ghiaccio. Una strana sensazione di vuoto le si era incastrata tra la gola e il petto, minacciando di divorare il suo corpo dall’interno.
Come sulle montagne russe, fu la prima cosa che pensò.
In quell’istante, la sua mente sembrò dotarsi di vita propria, come una voce interiore che parla senza il volere del cervello.
Montagne russe. Definisci questo termine. 
Bene, si disse. Le montagne russe. Sono delle attrazioni per ragazzi situate nei parchi dei divertimenti. Non esiste parco dei divertimenti che non abbia le montagne russe, e se esiste, allora è un parco degli annoiamenti.
Associa un’immagine.
D’accordo, continuò a dirsi. So cosa sono, conosco l’adrenalina che comportano, dunque sono sicuramente stata in un parco dei divertimenti. Ero da sola? O con qualcuno? Magari con i miei genitori…
Il cuore le balzò nel petto a quell’ultimo pensiero. Spalancò gli occhi e si mise seduta di scatto, avvertendo un mostruoso senso di panico farsi strada nelle sue viscere.
Il luogo in cui si trovava era talmente buio che non poteva neanche guardarsi intorno per farsi un’idea su dove fosse finita. O forse era diventata cieca?
Facendo appello a tutta la sua calma, decise di mettere momentaneamente da parte la vista per studiare quel luogo con gli altri sensi.
Solo allora si accorse del continuo sferragliare di numerose catene sovrastanti, le quali, a una velocità da voltastomaco, condannavano la stanza a una disturbante ascesa verso un buio ancora più tetro. Come un ascensore degli orrori.
Annusò l’aria: sapeva di nuovo, di pulito, come se l’avessero appena costruito e lavato da cima a fondo con un potente detersivo. E lei stava avendo l’onore di testare la sua efficienza per prima.
Come se l’avesse sentita, la stanza ebbe un forte scossone e lei fu sbalzata di lato, finendo sdraiata su un fianco. Con un gemito cercò di far leva sui palmi delle mani per alzarsi, ma in quel momento toccò qualcosa di soffice. Stoffa.
Ritrasse immediatamente la mano, trattenendo un grido di sorpresa e terrore. Ancora seduta, indietreggiò facendo leva su tutti e quattro gli arti, ma sentì le sue dita urtare qualcos’altro, dalla forma stretta e allungata. Si mosse leggermente, quanto bastava per far precipitare la ragazza in un abisso di paura.
Non sapendo che altro fare, si alzò in piedi, ma non aveva fatto che un piccolo passo quando calpestò un’altra cosa. Questa volta si udì un crack sinistro. Poi, un grido straziante squarciò il silenzio.
Fu l’inizio del caos. Come se fosse stato acceso qualche sorta di interruttore, la stanza si riempì di rumori, movimenti, grida, schiamazzi, pianti. In quel momento capì che, dovunque fosse, non era da sola.
Cercando di mantenere il sangue freddo, portò le mani in avanti in cerca di una parete e avanzò a piccoli passi nell’oscurità. Venne spinta e urtata, un paio di volte rischiò anche di cadere, le urla delle altre persone le esplodevano direttamente nei timpani.
Dopo attimi interminabili, toccò uno dei muri, il metallo gelato sotto le sue mani. Vi appoggiò la schiena e si accasciò. Fu allora che si sentì davvero sul punto di crollare.
La paura stava minacciando di prendere il sopravvento anche su di lei, sentiva il suo respiro farsi più accelerato ogni secondo che passava, ogni centimetro del suo corpo tremolante e sudaticcio, mentre lo strano ascensore non accennava a fermarsi, in una successione di irritanti suoni metallici.
Sentì la parete dietro di sé traballare fastidiosamente: qualcuno batteva i pugni e implorava aiuto. E’ inutile, pensò. Non ci sentirà nessuno.
Era sul punto di mettersi la testa fra le mani, per cercare di isolarsi e di restare il più tranquilla possibile finché non sarebbe tutto finito, quando sentì qualcosa infilarsi tra le sue dita.
Dapprima non capì cosa fosse, tanto che di impulso stava per ritirare la mano. Ma poi percepì la morbidezza, il calore della pelle, la riscoperta del contatto corpo e corpo in un piccolo e buio inferno.
Una mano, poco più grande, stava stringendo la sua, con una calma e una delicatezza che stonavano bellamente in quella situazione di panico generale. Un’ondata di sollievo la attraversò dalla radice dei capelli fino alle punte dei piedi.
Sono nella merda, si disse. Mi hanno rinchiusa in un grande ascensore, con chissà quante persone, attorno a me c’è il finimondo e non ho la minima idea di cosa diavolo stia succedendo. Ma sono felice che qualcuno mi tenga la mano.
Ricambiò la stretta, caricandola di tutta l’energia positiva che poté, sperando di confortare a sua volta la persona accanto a lei.
Si prese un momento per riflettere. Quasi subito dopo aver riacquisito i sensi, erano tre le cose che aveva capito.
Prima, la più importante e spaventosa: ogni traccia del suo passato le era stato risucchiato via dalla testa. Famiglia, amici, conoscenti, episodi sciocchi o essenziali… Spariti. Volatilizzati. Dissolti nel nulla come fumo.
Seconda, la più rincuorante: anche se non riusciva ad associarvi nomi, volti o episodi personali, le era rimasta una conoscenza generale del mondo che la circondava.
E per ultima, una certezza strana ed inspiegabile: il suo nome era Judith.

---------Angolo autore----------
Talmente genio che nel tentativo di aggiungere il secondo capitolo l'ho sostituito al primo ^^" Riassumendo quello che avevo già scritto: mi trovate anche su Wattpad sotto il nome di Torbida_jokes, dove ho iniziato a pubblicare un bel po' di tempo fa, seppur con scarso riscontro. Ecco. 
A presto (e perdonate l'imbranataggine),
Torbi Dust


 
  
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