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Autore: Raykha    12/09/2016    1 recensioni
Finale alternativo per la 2x03, The Reichenbach Falls.
Cosa sarebbe successo se John, dopo il suo discorso, si fosse accorto della presenza di Sherlock al cimitero?
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Le lacrime più amare versate

sulle tombe sono per le

parole non dette e

per le cose non fatte".

Harriet Beecher Stowe

 

Sherlock Holmes era un uomo profondamente razionale. Cavolo, lui ERA la razionalità fatta persona. Cervello senza cuore, logica senza emotività.

"Oh, ma sappiamo entrambi che questo non è vero" diceva una voce irritante nella sua testa. E Sherlock odiava quella voce, così come odiava quell'uomo. Odiava Moriarty, non per il mestiere che faceva (anzi, per quello lo ammirava in un certo senso) nè perchè aveva ucciso tanta gente.

No, Sherlock Holmes odiava Jim Moriarty perchè Jim Moriarty aveva capito tutto.

Lui conosceva Sherlock meglio di quanto il detective conoscesse sè stesso, ed era proprio per questo che ora si trovava in quella situazione. Il consulente criminale era riuscito in pochissimo tempo a vedere oltre il muro di indifferenza e freddezza che il detective ergeva nei confronti di chiunque altro, arrivando a scorgere il vero cuore del detective. Soltanto un'altra persona c'era riuscita, e adesso quella persona stava fissando una lapide, cercando di trattenere le lacrime.

"Tu una volta mi hai detto che non eri un eroe. A volte non sembravi umano, ma ti voglio dire una cosa. Tu eri l'uomo migliore, l'essere umano... Più umano che abbia mai incontrato. Ero solo come un cane... E ti devo moltissimo. Ti prego, c'è ancora una cosa, un'ultima cosa, un ultimo miracolo, Sherlock, per me. Non. Essere. Morto. Potresti farlo per me? È meglio che la smetti, smetti questa farsa..."

Sherlock aveva ascoltato con attenzione il discorso di John, seppur da una distanza di sicurezza, nascosto dietro a un albero. Le parole del medico lo avevano lasciato interdetto, incapace di pensare a qualsiasi cosa non fosse il suo unico amico, il suo blogger. Fu in quel momento che Sherlock si rese davvero conto di avere un cuore, perchè era convinto di averlo sentito spezzarsi.

Terminato il suo breve discorso, John rimase immobile a fissare la lastra di marmo nero.

Era come se il tempo si fosse fermato. Non c'era vento, non si udiva alcun rumore.

Sherlock fissava John che fissava la lapide di Sherlock, unica testimone di quel momento.

Il detective osservava la scena così intensamente che non si rese conto di essersi sporto leggermente in avanti, spostando il peso da una gamba all'altra, e così facendoaveva caplestato un ramoscello secco, facendolo scricchiolare. Non appena se ne accorse, Sherlock tentò di rifugiarsi dietro all'albero, ma non era stato abbastanza veloce da vincere i riflessi del soldato.

John udì un rumore e si girò di scatto, esclamando: "Chi va là? Chi c'è?"

Vide una sagoma nascondersi dietro un albero, e con passo deciso si avvicinò a quella figura, giurando che se fosse stato un altro giornalista pronto a far soldi con il suo dolore l'avrebbe picchiato. "Chi va là? - ripeteva – Fatti vedere!"

Sherlock sentì John avvicinarsi e fece l'unica cosa che gli sembrò razionale in quel momento: alzò il bavero del cappotto, per nascondere il viso almeno in parte, e corse via.

John sentiva la rabbia crescere sempre di più. Odiava quegli avvoltoi che da quel giorno maledetto avevano cominciato a girare attorno a lui e alla povera signora Hudson, nutrendosi delle carcasse che lo "Scandalo Holmes" aveva lasciato dietro di sè. Cominciò a correre a perdifiato verso l'uomo che si allontanava, e quando fu abbastanza vicino non credette ai suoi occhi.

Sherlock per un attimoaveva sperato di poterlo seminare, di riuscire a scappare e di non doverlo fronteggiare. Ma il dottore era, dopotutto, ben allenato dall'addestramento militare e dalle oro corse folli per Londra, e infatti in breve tempo lo raggiunse

John si fermò di colpo. Anche Sherlock, a poco più di una decina di metri da lui, smise di correre.

Watson osservava la figura che continuava a dargli le spalle: l'avrebbe riconosciuta ovunque.

"Non è possibile..."

Lentamente, Sherlock si voltò verso di lui, e lo guardò negli occhi.

In quei pochi istanti, le emozioni si susseguirono senza tregua sul volto di John. Incredulità. Sorpresa. Paura. Gioia. Rabbia.

John aprì la bocca per parlare, ma non disse nulla. Strinse invece i pugni, così forte che le mani gli tremavano.

Il silenzio tra di loro sembrò durare un'eternità.

 

Me l'avresti mai detto? Saresti mai tornato? O mi avresti lasciato qui a piangere su una lapide vuota?

Mi dispiace, John.

Io non ti ho mai tradito, Sherlock. Anche quando tutte le prove erano contro di te, quando persino Lestrade dubitava... Io ero lì con te. Ero lì per te. E tu non ti sei fidato di me. Come hai potuto?

John, ti ho quasi perso una volta. Non sono abbastanza forte da rischiare anche la tua vita.
 

Sguardi che feriscono, parole urlate nel silenzio, lacrime.

"John, io... - " iniziò Sherlock, ma fu subito interrotto.

"Perchè?" chiese John, perentorio.

"Moriarty." rispose semplicemente il moro, tentando di fermare il fiume dirompente delle sue emozioni, di costruire una qualsiasi diga che lo proteggesse da tutto... Quello.

"Moriarty è morto." disse allora il biondo, ancora con i pugni stretti.

Sherlock era visibilmente agitato, spostava il peso da un piede all'altro.

Era sicuro che John lo avrebbe quantomeno picchiato, o che, in preda all'emotività, non avrebbe capito perchè lui aveva dovuto compiere un gesto simile.

Perchè avesse dovuto ferire tutti, e John in particolar modo, pur di salvarli la vita. A costo di perderli, forse per sempre. Ma almeno sarebbero stati al sicuro, senza di lui.

"John, ti prego, devi allontanarti da me. Potrebbero vederti, sei ancora in pericolo, ti prego, John."

"Sherlock, ma di che cazzo stai parlando?" sbottò John, irritato.

"Vieni con me" disse Sherlock, trascinandolo per un braccio. Lo condusse all'interno di un piccolo tempietto di famiglia, lontano da occhi e orecchi indiscreti, e spiegò per filo e per segno tutto ciò che era accaduto sul tetto, e ciò che Moriarty e i suoi uomini avevano intenzione di fare. In seguito riferì a John che sebbene Mycroft e i suoi uomini avessero fermato tutti e tre i cecchini che li minacciavano, la rete di Moriarty non era limitata a Londra.

Mentre parlava, vide John schiudere le mani e rilassare la mascella. Sembrava meno arrabbiato, come se stesse iniziando a capire perchè aveva agito così.

E infatti, sebbene John fosse ancora confuso e totalmente sconvolto, iniziava a capire.

"... E per questo devo partire John. La rete deve essere fermata. Non so dove andrò, non so se trnerò, per questa ragione ho dovuto fingere il mio suicidio, e anche tu non puoi dire niente a nessuno. Anzi è meglio per tutti se seguirai il consiglio che ti ho dato sul tetto e racconterai a tutti che io sono -"

Ancora una volta, fu interrotto dall'altro.

"Sherlock, no. Non ti lascerò fare questo da solo. Noi siamo sempre in due."

"John..." provò a convincerlo

"No. Assolutamente no. Morirai, Sherlock."

"Per questo sarò solo. Nessun altro deve rischiare la vita."

"Sono stato un soldato, so cavarmela."

"Non se ne parla John. È troppo pericoloso."

"E tu hai detto pericoloso. Ed eccomi qua." Concluse il medico guardandolo negli occhi.

Sherlock rimase senza parole. John ricordava quella conversazione, quella che aveva dato inizio alla loro collaborazione e alla loro amicizia. In tutta la sua vita nessuno aveva mai rischiato la propria vita per lui. E poi era arrivato nella sua vita un ex medico militare con una zoppia psicosomatica, che era diventato poi il suo coinquilino, e infine l'unico amico che avesse mai avuto.

John fece un passo verso di lui e gli mise una mano sulla spalla.

"Non sei solo, Sherlock. Non devi affrontare tutto da solo."

Ed era vero. Con John, Sherlock non si sentiva solo.
 

Di come Sherlock Holmes e John Watson smantellarono la più grande rete criminale che la storia ricordi, non si leggerà mai su nessun blog, nè su nessun giornale.

Non si terranno conferenze a Scotland Yard, e nessuno ringrazierà il miglior detective al mondo con un regalo perfettamente inutile.

Ma fu comunque la più grande avventura della loro vita. E fu pericoloso, devastante, doloroso.

Rischiarono la vita più volte, girando il mondo, braccati come prede o inseguendone a loro volta.

Ma poterono contare sempre l'uno sull'altro. Anche quando non avevano niente, e la speranza di uscirne vivi sembrava solo un miraggio, Sherlock aveva John e John aveva Sherlock.

There's always two of us

 

 

   
 
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