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Autore: NonLoSo_18    13/09/2016    1 recensioni
|AU| CroKid. Don't like, don't read| Per me Crona è femmina, quindi nella shot sarà femmina.|
Dal testo:
Crona mosse un dito in direzione del bambino –Del suo bambino–, il quale –Anzi, la quale, poiché era femmina– iniziò a ciucciarla con avidità, emettendo sommessi gridolini di approvazione.
Crona guardò a lungo la sua creatura prima di rispondergli –Sai, mentre ero ancora incinta, prima di addormentarmi, mi chiedevo spesso che tipo di madre sarei stata.
(***)
-Sì, perché ora ho capito, ho capito che tutto l’amore che non ho mai ricevuto da lei, lo darò a mia figlia-
-Tutto l’amore che non hai ricevuto da lei e che hai ricevuto da noi- La corresse Kidd.
Hope you like it!
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Crona, Death the Kid
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tutto l'amore che non ho mai ricevuto,

tutto l'amore che voi mi avete dato


 

Crona si sforzò e si concentrò ancora. Gocce di sudore le imperlavano la fronte.
-Su, coraggio, un ultimo sforzo- Disse uno dei medici di fianco a lei, incitandola. Il dolore le era insopportabile, atroce, fortuna che Kidd, suo marito, le era accanto. Le teneva la mano, le carezzava i capelli, le detergeva il sudore.
Finalmente, dopo un tempo che le parve interminabile, uno dei dottori esclamò: –Congratulazioni! È una femmina, in perfetta salute!-
Crona si accasciò sul cuscino, i capelli scarmigliati e resi appiccicosi dal sudore, il respiro affannoso.
Suo marito si precipitò a riordinarglieli. Come sempre, la sua mania ossessivo-compulsiva per tutto ciò che era simmetrico non si smentiva neanche alla nascita del primo figlio. Non importava, dopotutto Crona lo amava anche per questo e, con il tempo, aveva imparato ad accettarlo così com’era.
Allargò le braccia istintivamente quando l’infermiera le porse un fagotto avvolto in un panno rosa, quindi si fece forza e si alzò.
Quando scostò la stoffa dalla faccia della bambina –la sua bambina–, vide la creatura più bella del mondo, almeno secondo lei.
Era minuscola, la pelle liscia era chiara e perfetta, i capelli rosa scompigliati, intervallati però da alcune ciocche nere, perfettamente simmetriche.
Gli occhi erano abbassati sulle palpebre, perciò nessuno poté capire di che colore sarebbero stati: giallo-dorati come quelli del padre, o color oceano come quelli della madre?
Kidd si avvide della , correndo verso la piccola, sollevandola in aria e facendola volteggiare ripetutamente, e gridando, con gli occhi lucenti come stelline –Oh, ma è così simmetrica, così perfetta! Lei è la perfezione!- Poi sembrò ripensarci, così la riportò tra le braccia di sua madre, la quale, sebbene affaticata, gli sorrise con dolcezza, per poi rivolgersi alla bambina.
-E non dimenticarti che è nata alle otto in punto-
-È proprio mia figlia!- Si commosse l’uomo, mettendo una mano sulla spalla della moglie.
Lei sorrise, di quei sorrisi che faceva raramente, perché sorridere era espressione di gioia, di stare bene, e lei era stata bene solo pochissime volte.
Questa era una di quelle.
Guardando di nuovo sua figlia Crona fu invasa da un sentimento caldo al centro del suo petto, un sentimento che credeva di aver provato solo stando con Kidd.
L’amore. L’amore più incondizionato, profondo e infinito che potesse esistere.
Tutto l’amore che lei non aveva mai potuto ricevere.
 
Era solo una bambina, una piccola creatura come tante.
Lei non aveva mai avuto un padre, sua madre l’aveva cresciuta tutta da sola. Aveva sbagliato. Sua madre non era mai stata una donna amorevole nei suoi confronti, anzi.
Spesso e volentieri si divertiva a chiudere Crona all’interno di uno sgabuzzino buio per ogni minima disobbedienza.
Quello stesso stanzino che adesso era il teatro dei suoi incubi peggiori, che solo di recente riusciva, in parte, ad allontanare.
La sua vita passata era fatta solo di spavento e solitudine.
Temeva i rapporti umani, il massimo contatto con sua madre erano stati solo schiaffi e anche suo fratello maggiore Ragnarok si divertiva a picchiarla spesso, senza motivo.
Il primo giorno delle elementari fu un trauma per Crona. Con la divisa femminile della scuola e la cartella in spalla, se ne stava in disparte, nel cortile, con quell’aria da coniglio spaventato, senza osare muoversi, per timore di disturbare gli altri con la sua presenza (Sua madre le diceva spesso che essa era solo un fastidio).
Quasi dal nulla prese un gessetto e per terra, in un angolo buio, vicino al muretto, tracciò un cerchio, con la sola compagnia della sua ombra. Così era stato per molti giorni.
 
Per Crona ciò non era molto piacevole a ricordarsi, ma la mente vagava ai ricordi, mandandola avanti e indietro, tra il passato e il presente, come un’onda che s’infrange sulla scogliera.
 
Poi aveva incontrato loro…
Mentre lei era tutta sola, in disparte, come al solito inutile scarto della società, una bambina si era avvicinata.
Codine bionde e occhi di smeraldo, camminava con disinvoltura sinuosa verso il suo cerchio, con passo deciso, e un sorriso sul volto.
Crona si portò le mani al petto, stringendole tra loro e quasi incassando la testa nelle spalle. Non si era abituata a delle persone che le venivano così vicino, la gente tendeva a evitarla.
Per loro era solo una ragazzina inquietante che non sapeva come comportarsi, e veniva spesso presa in giro dalle ragazze più antipatiche. I trattamenti che quelle ragazzine le riservavano non erano niente a confronto di quelli che le riservava sua madre, perciò non parlava. Ma anche se avesse deciso di farlo, chi le avrebbe creduto? Anche gli insegnanti avevano quella sorta di inquietudine ogni volta che la vedevano entrare in classe, mentre sua madre o suo fratello non erano scelte da prendere in considerazione nemmeno lontanamente. Così, Crona si teneva tutto dentro. Non era difficile, lo faceva da ormai tanti anni, anzi, le veniva persino più facile. Parlare, confidarsi? Neanche a pensarci. Stringere rapporti umani era troppo difficile per lei, non sapeva mai come comportarsi. Preferiva starsene per conto suo, isolata, a vedere le ombre rincorrersi.
Perché lei non avrebbe mai visto la luce. Il suo posto era nell’oscurità (Anche questo, sua madre glielo aveva ripetuto spesso)
Così, quando Maka, tale era infatti il nome della bambina, le si avvicinò, Crona avvertì un brivido correrle lungo la schiena.
E quando la ragazza entrò dentro il cerchio di gesso si sentì più impotente e spaventata che mai.
-C-che stai facendo?- Chiese con la voce tremula dalla paura.
-Mi chiamo Maka Albarn- Rispose con voce tranquilla e un mezzo sorriso ad incresparle il volto.
-Tu chi sei?- Continuò-
-T-tu c-come hai fatto ad e-entrare nel cer-cerchio?- Chiese Crona, spaventata.
La bambina bionda si guardò intorno, notando solo allora i singolari disegni nel gesso: –Cosa, questo? L’hai fatto tu?-
-S-sì, è l’unico posto in cui possa… essere me stessa-
-Tu sei te stessa comunque- Fu l’unica risposta che ricevette: –E se il problema è il cerchio, toglilo no?- Nel dire ciò si era pericolosamente avvicinata ai segni nel gesso. Con un solo movimento poggiò il piede sulla linea, e con altri movimenti iniziò a cancellarla. Crona si girò impaurita verso di lei.
-No! Che fai?- Domandò solo, non aveva la forza.
-Se il problema è il cerchio, toglilo no?- Ripeté soltanto. Da quella frase Crona capì tutto.
Non ricordò bene cosa accadde poi. Nonostante l’iniziale ansia dovuta all’aprirsi con gli altri, aveva poi conosciuto quella stramba combriccola che erano poi diventati i suoi amici.
 
La donna cullò la sua bambina, la quale incominciò a mugolare per la fame.
Mentre l’allattava, gettò uno sguardo verso suo marito, constatando che era bello come la prima volta che l’aveva visto. Ancora giovane, era cambiato pochissimo, fatta eccezione per quell’anello all’anulare sinistro –Aveva avuto un attacco di panico in chiesa quando aveva scoperto che non avrebbe potuto avere due anelli per fare la simmetria, ma per amore della moglie aveva poi acconsentito ad indossarlo su un dito solo–
Quando si accorse che anche suo marito la stava guardando, con dolcezza, interruppe il magico contatto, arrossendo.
Era una domenica d’autunno quando Crona vide Kidd la prima volta.
Stava camminando in solitaria per un viale alberato. Le foglie arancio-dorate scendevano volteggiando come ballerine nell’aria prima di appoggiarsi dolcemente sul lastricato. A Crona quello spettacolo piaceva molto. Per di più il viale era deserto, e ciò dava alla ragazza una maggiore sicurezza. Nonostante le nuove amicizie, stare in posti affollati le metteva ansia (E non a torto, purtroppo)
Così, le sue scarpe di vernice azzurre correvano tra le foglie dai colori così caldi, e il cappotto nero oscillava a ritmo del vento.
Per un momento o poco più si sentì libera.
Mentre svolazzava senza nessuna preoccupazione, un ragazzo le era arrivato alle spalle. Crona, presa dall’entusiasmo che quella situazione le creava, non se n’era nemmeno accorta.
Però, quando si girò e lo vide, dietro di lei, non poté non notarlo.
In particolare le saltarono agli occhi le tre strisce bianche al lato sinistro della testa, per il resto di una ordinata chioma corvina, e le iridi del colore dell’oro più splendente e puro. La pelle era di un pallore naturale, ma sembrava un ragazzo sano, almeno a giudicare dalla sua posizione tranquilla ed eretta.
Indossava un cappotto come il suo, solo di colore rosso, con un piccolo teschio in argento su entrambi i lati. Entrambi i teschi equidistanti dal centro. La bambina fece un salto all’indietro per lo spavento, afferrandosi le braccia e incollando la schiena al tronco di un albero, le brune foglie ai lati della testa.
Lentamente, il panico s’impossessò di lei.
-Ehy!- La salutò il ragazzino, sollevando un braccio in sua direzione. Crona notò che il suo viso rimaneva imperturbabile nonostante il saluto apparentemente amichevole.
Non sapeva che fare, era bloccata di spalle contrò l’albero. L’unica cosa che le venne in mente fu quella di ricambiare il saluto.
-C-ciao- Balbettò –Tu… Tu chi sei?-
-Kidd Thedeath- Il moro le porse la mano: –Tu?-
-Cro… Crona Makenshi- Disse, scostandosi un capello in disordine da davanti agli occhi. Gesto che la rese perfettamente simmetrica.
-Accipicchia!- Il ragazzo adesso aveva cambiato completamente espressione, i suoi occhi erano luccicanti come due lampadine accese. La ragazza arretrò, spaventata, schiacciandosi il più possibile contro l’albero.
-Come sei simmetrica!- Gridò il ragazzo: –Sei così…Così bella-
La rosa arrossì. Mai prima di allora era capitato che qualcuno le rivolgesse un complimento, per tutti era solo “la ragazza inquietante”.
-Grazie…- Sorrise timidamente, quel senso di inadeguatezza che le attanagliava da sempre lo stomaco si stava sciogliendo.
Era strano giocare con un ragazzino, ed era ancora più strano giocare con un ragazzino maniaco dell’ordine… In un certo senso, vedere Kidd riordinarle i capelli ogni volta che la corsa glieli scombinava le dava un senso di gioia insita.
Come per i complimenti, era insolito per lei un tocco così delicato come quello del ragazzo, un tocco così galante.
Purtroppo, il sole tramontò molto presto, gettando i due ragazzi nell’oscurità.
-Oh…- Fece Kidd, sorpreso. –È già ora di tornare a casa- Disse, osservando il cielo scuro.
Anche Crona era dispiaciuta, lei avrebbe voluto prolungare quel pomeriggio per sempre.
Tuttavia dovette tornare a casa… già, casa. Quattro mura e un tetto.
 
Con il tempo aveva capito che il ragazzo era amico di Maka e degli altri.
 
Crona aveva instaurato un nuovo rapporto d’amicizia con tutti gli altri ragazzini, specialmente con Kidd, con cui trascorreva parecchio tempo.
Sua madre non sapeva niente di quelle sue “evasioni”, né dei suoi nuovi amici. Per qualche ragione, voleva impedirle un contatto troppo ravvicinato con gli altri ragazzini, ma non si era mai interessata alla sua vita. Per giunta lavorava come infermiera in una prestigiosa scuola fuori di lì, per cui non era mai in casa, e a suo fratello non importava di lei.
Per cui, nonostante gli otto anni, Crona usciva spesso girando da sola.
Quel giorno si sarebbe dovuta incontrare con i suoi nuovi amici al parco, per giocare tutti insieme, come facevano sempre.
Quei momenti donavano a Crona una felicità unica, che a casa non aveva mai sperimentato.
Quel giorno voleva anche mostrare agli altri il suo nuovo giubbotto.
Un semplice giacchino di tessuto rosa con due coniglietti ricamati sui taschini e pompon rossi su entrambi i lati.
Era certa che sarebbe piaciuto a tutti. Soprattutto a Kidd, per com’era simmetrico.
Arrivò al parco quindici minuti prima dell’appuntamento. Ovviamente il luogo era deserto, con il vento che trascinava qualche sporadica foglia. Nonostante fosse quasi primavera, faceva ancora un po’freddino. Si sedette sulla panchina di pietra, mentre i raggi del sole le accarezzavano le guance. Sorrise, beandosi del rumore del vento.
Questo era il tipo di solitudine che Crona adorava, la faceva sentire al sicuro da tutto e da tutti.
Già, al sicuro…
-Ehy, ma tu sei la strega!- La voce di un ragazzino la riscosse da quel suo stato di solitudine.
La strega. Un soprannome che temeva e voleva evitare, con tutta sé stessa.
Eppure Crona, così isolata, così silenziosa, così inquietante, pareva davvero una strega. Quindi quel soprannome si era diffuso a macchia d’olio e tutti, tranne i suoi amici, la chiamavano così.
-Sì, è proprio la strega- Strillò un altro. Crona si alzò sulla panchina e si vide circondata, i ragazzi le stavano addosso.
In un parossismo di paura, si afferrò un braccio nel tentativo di proteggersi e strinse forte. Non sapeva davvero cosa fare.
Ecco, era questa la solitudine che tanto odiava e temeva, più del buio solitario di uno stanzino.
No. La solitudine che odiava di più era quella che la prendeva di fronte al pericolo, quando non c’era nessuno in grado di difenderla.
I ragazzini intanto si erano fatti sempre più vicini. Il più grosso di tutti, un ragazzone viziato e grosso quanto una botte, con il muco che gli colava dal naso, le si era avvicinato: –Che stai a fare qui, strega? Vai a fare i tuoi dannati incantesimi da qualche parte. Scommetto che anche tua madre è una strega, eh? Non si è mai vista!- Disse quelle parole terribili con un ghigno sadico sul volto.
Crona si portò le mani nei capelli, in evidente disagio.
“Per favore, aiutatemi” Pensò.
-Strega, strega, figlia di strega!- Cantilenavano i bambini, e più si disperava, più loro si facevano vicini e minacciosi.
Ad un tratto qualcuno la afferrò per il bavero del cappotto e la scaraventò per terra. Il giubbotto si macchiò d’erba e fango, a Crona venne quasi da piangere.
Il bambino intanto si era fatto ancora più vicino… Ancora di più… Ancora di più…
Le lacrime scendevano ormai abbondanti dalle guance della rosata. Mancavano ancora otto minuti all’appuntamento, nessuno sarebbe venuto a salvarla.
Nessuno…
Ad un tratto vide il ragazzino arretrare, le mani serrate sul naso e un’espressione sofferente in volto. Un’ombra scura si era frapposta tra lei e il bullo.
-Lasciala stare, è l’unico consiglio che ti do- Le guance di Crona furono solcate da nuove lacrime, stavolta di gioia. Kidd. Era venuto lui a salvarla. Non l’aveva lasciata sola.
-Ora ascoltatemi bene, branco di decerebrati!- Gridò, e la sua voce autoritaria risuonò nel parco facendo tremare i presenti.
-Chiunque, e ripeto chiunque, osi guastare la perfetta simmetria di Crona dovrà poi vedersela con me! Ed io non ci vado piano, garantito!-
Crona incassò ancora di più la testa nelle spalle. Quello che Kidd aveva detto, a lei suonava più come “Toccatela, e vi faccio passare le pene dell’inferno!”.
Nessuno si era mai fatto avanti a difenderla prima.
Il ragazzino, superato l’iniziale spavento e smarrimento, si avvicinò minacciosamente a Kidd afferrandolo per il bavero della giacca.
-Che diavolo vuoi?-
L’asimmetrico non si fece intimidire –Lasciala stare- Ripeté con voce piatta.
-Altrimenti?- Chiese il bulletto minacciosamente.
Il ragazzo fece l’imitazione di una pistola con l’indice e il medio della mano sinistra (E anche della mano destra), puntandogliela all’altezza del volto: –Ti uccido- La voce era ancora calma, però tremava di rabbia. Crona stavolta sussultò: non c’erano dubbi ora sul fatto che la stesse difendendo apertamente.
Lei, che aveva così pochi amici. Colei per cui nemmeno la madre si scomodava a far tanto.
Quel che seguì, successe con una rapidità che aveva dell’incredibile.
In un lampo, i ragazzini erano stesi a terra, agonizzanti, poi corsero via terrorizzati, mentre Kidd ancora in piedi, tranquillo se non fosse stato per l’espressione omicida che avevano i suoi occhi. L’unico danno che aveva rimediato in quella lotta contro la moltitudine di ragazzini era stato un graffio sanguinante sul braccio. Crona era rimasta per terra, immobile e troppo sconvolta per fare qualcosa.
Kidd si era girato e si era messo la mano sul braccio: –Dannazione!- Gridò. –Dannazione, dannazione!- Ripeté a mo’ di mantra.
Crona si stava giusto chiedendo per quale motivo il ragazzo fosse tanto arrabbiato quando lui spiegò, parlando in verità più con sé stesso che altro: –Questo taglio sul braccio rovina la mia perfetta simmetria! Ora dovrò aspettare tantissimo tempo prima che ritorni com’era! Oh, no! E se mi rimanesse la cicatrice? Resterò asimmetrico per tutta la vita! Oh! Me tapino! Come ho potuto permettere che ciò accadesse!- Completamente perso nelle sue disperazioni mentali, non si accorse nemmeno del fatto che Crona stesse continuando a fissarlo. Quando si rese conto di ciò che era successo sembrò cadere dalle nuvole. I suoi occhi color oro si posarono per un attimo sulla bambina: –Tu come stai?- Le chiese.
Lei non sapeva cosa rispondere: di nuovo tornò alla sua inadeguatezza mentale, di nuovo non seppe come comportarsi.
Poi scoppiò in lacrime, semplicemente. Si alzò, continuando a piangere. Kidd le strinse un braccio intorno al corpo: –Ehy…- Provò a dirle. Lei non reagì. Continuò a piangere. Allora il ragazzo, senza dire una parola, e dimenticandosi persino del taglio che rendeva asimmetrico il suo braccio, la strinse completamente a sé. Crona continuò a piangere, posando le mani su quel petto così caldo e rassicurante, nonostante fosse solo il petto di un bambino.
Così scoprì che non era vero che la solitudine le dava sicurezza. Ciò che la rassicurava davvero erano le braccia di Kidd.
 
La donna finì di allattare la sua bambina. Poi l guardò serenamente, sorridendo, per la prima volta di uovo davvero felice.
Mentre lo faceva la sua creatura aprì gli occhi. Sia Kidd che Crona si avvicinarono per vederli meglio. Erano due pozze color oceano, ma erano circondate da uno spesso alone color oro. Erano lisci e senza alcuna imperfezione. Kidd l’adorò ancora di più. Crona le passò un dito fra i morbidi capelli, leggermente, perché quell’esserino sembrava così fragile e delicato che avrebbe potuto rompersi anche solo per una carezza più decisa.
Kidd afferrò la mano della piccola, poi baciò la moglie sulle labbra. I medici se n’erano andati da tempo per lasciare la famiglia alla sua intimità.
-Come vorresti chiamarla- Chiese lui, tornando a guardare teneramente la figlia.
-Shinsei, rinascita- Rispose senza esitazione.
-Perché tu mi hai aiutato a rinascere, ricordi? Mi hai salvato-
 
Crona se lo ricordava bene, dal canto suo.
Aveva undici anni quando fu salvata, quando fu strappata via dalle grinfie di una vita che l’aveva distrutta. Psicologicamente e fisicamente.
Era a casa di Kidd a giocare (E per “giocare” intendeva aiutarlo a rimettere a posto tutto ciò che le sue cugine Liz e Patty disordinavano… Patty in particolar modo sembrava avere una sorta di predisposizione a farlo infuriare) e si stavano riposando durante una di quelle “pause” di gioco. Kidd ringraziava le stelle (Almeno così diceva) che Crona non avesse mai espresso insofferenza per le sue manie ossessivo-compulsive, anzi, spesso e volentieri era lei a mettere a posto prima ancora che lui se ne accorgesse, o quando era malato. Diceva anche che non la finiva di ringraziarla abbastanza per quanto faceva per lui.
Crona quel giorno indossava un abito azzurro a maniche lunghe, che le copriva i polsi.
Improvvisamente, per colpa di una mosca che le svolazzava intorno al capo, Crona mosse un braccio. Quel gesto mise in risalto una grossa macchia scura in prossimità del polso.
La ragazza si abbassò la manica a coprire il segno, ma fu troppo tardi.
Kidd se n'era accorto.
-Cos'è quello!?- Chiese.
Crona si ritrasse. Di nuovo non seppe come comportarsi.
-N-niente, io...-
-Crona, ho detto cos'è quello?-
Nel dire ciò le afferro il polso con violenza.
La ragazza tremò e si ritrasse tutta, stringendosi il braccio ferito e cercando di divincolarsi dalla presa.
Ma Kidd, impassibile, le tirò la manica fino alla spalla, scoprendo macchie bluastre e ferite che s’intervallavano lungo tutto il braccio.
Gli occhi della ragazza erano paragonabili a quelli di un coniglio spaventato. Non si mosse, mentre Kidd studiava quegli ematomi, quelle macchie di sangue nero che le macchiava la sua perfetta pelle bianca.
A forza strappò la manica anche dall’altro braccio: lo scenario si ripeté, uguale.
-Cosa è successo!?- Stavolta era un ordine, non poteva essere rifiutato.
-I-io… Io…- Crona tremava: tra i lamenti e i gemiti raccontò che sua madre, all’ennesima disobbedienza (Che poi si era trattato solo di uccidere un coniglio per la cena, cosa che lei non aveva voluto fare), l’aveva rinchiusa in uno sgabuzzino, dopo averla malmenata insieme a suo fratello maggiore.
Mentre parlava, vedeva l’espressione del ragazzo farsi sempre più sconvolta, fino ad arrivare quasi all’indignazione.
Quello che disse dopo, però, lo disse con una calma innaturale: –Come puoi lasciare che ti facciano questo?- Tremava dall’ira, però. La rabbia lo rendeva incapace di ragionare lucidamente.
Dietro di lei erano comparse le due cugine Liz e Patty, oltre al fratello maggiore di Kidd, Asura.
Crona non si era accorta che avevano udito tutto il discorso, tutta la sua storia. Ma se ad Asura non importò nulla, le due ragazze corsero subito a consolare la piccola in lacrime. Questo poco prima che Kidd l’abbracciasse di nuovo, con quel suo abbraccio così protettivo che la faceva sentire come se il mondo non potesse più farle male (E forse era così).
-Devi denunciarle, Crona- Le disse secco il ragazzo, continuando a stringerla.
-N-non posso, i-io non so co-come comportarmi- Singhiozzò: –Cosa farei poi? Dove andrei? No, non so proprio come comportarmi!-
-Vieni a vivere con me. O con Maka, o con Tsubaki. Ma non puoi continuare così. Nemmeno mio padre lo permetterebbe mai!- Sentenziò.
-Io ho c-così paura…- Biascicò, ma già più calma.
-Stai tranquilla. È per questo che ci sono gli amici. Noi ti proteggeremo, Crona. Ma devi permettercelo- Soggiunse, dolcemente.
Lei annuì, convinta.
L’avevano salvata. Era stata salvata.
Andarono il giorno stesso a sporgere denuncia. Fu Maka stessa a insistere affinché Crona dormisse da lei quella notte, e suo padre Spirit non si oppose quando lo seppe: non avrebbe mai tollerato che una bambina dovesse soffrire così tanto.
Fu Crona stessa a resistere, non voleva essere un fastidio, non sapeva come comportarsi, ma Maka le rimase accanto, arrivò persino a colpirla in testa con la sua enciclopedia pur di farsi ascoltare. Sulle prime la ragazzina si ritrasse, spaventata dal colpo, poi si decise ad andare a casa della sua nuova amica.
A casa di Maka poté finalmente godere della pace e della felicità che a casa non le era concessa.
Di sua madre non si preoccupava, non si chiedeva dove fosse finita nemmeno dopo giorni che spariva senza dire niente.
Quella notte, nel morbido letto degli ospiti, prima di addormentarsi fu assalita da cupi pensieri: a sua madre sarebbe venuto un colpo quando avrebbe saputo dell’imminente processo: e se si fosse vendicata? E se, per vendetta, avesse fatto del male ai suoi amici? Non avrebbe potuto né permetterselo, né perdonarselo.
Tremò quando le fu annunciato, il giorno dopo, che il processo sarebbe stato l’indomani. Un altro giorno a casa di Maka, si disse.
Dopotutto stava bene, e Kidd andava a trovarla spesso.
Il processo si svolse il giorno dopo. Mentre Crona tremava dalla paura sua madre sedeva al banco degli imputati, non degnandola nemmeno di uno sguardo.
Il processo si svolse velocemente e Crona non se lo ricordava nemmeno: ricordava di aver detto le violenze quotidiane che subiva, di aver mostrato i lividi sul corpo, di non aver omesso niente… Forse.
Sua madre Medusa venne giudicata colpevole e incarcerata.
Di quel giorno Crona ricorda solo quando, all’uscita dal tribunale, incespicò e cadde. Maka e Kidd le furono subito accanto, sostenendola per le braccia.
-Crona, sei stata bravissima- Le sussurrò quest’ultimo.
Quelle belle parole furono le prime della sua nuova vita…
 
Adesso lei era cresciuta, erano passati tanti anni, era madre a sua volta, eppure quel dolore non se voleva sapere di andarsene. Eppure i ricordi restavano.
Anche Kidd la vide pensierosa: –Che hai?- Chiese.
Crona mosse un dito in direzione del bambino –Del suo bambino–, il quale –Anzi, la quale, poiché era femmina– iniziò a ciucciarla con avidità, emettendo sommessi gridolini di approvazione.
Crona guardò a lungo la sua creatura prima di rispondergli –Sai, mentre ero ancora incinta, prima di addormentarmi, mi chiedevo spesso che tipo di madre sarei stata.
Non sapevo come comportarmi con il bambino. Io da mia madre (E chiamarla madre è una cosa assurda, dato che mi ha soltanto messo al mondo) Non ho ricevuto altro che ingiuriose offese e altri maltrattamenti, e s-se non foste intervenuti voi a salvarmi non so come sarebbe finita…- La voce era poco più di un sussurro, eppure Kidd lo sentì –Ma tu non sei come lei- Disse ad un tratto –Tu sei diversa, sei migliore di quella donna che ti ostinavi a chiamare madre. Non è vero che non sai come comportarti, perché era da prima che nascesse che l’amavi, come sicuramente lei non ha fatto con te.
Quindi non dirlo più, chiaro?- Sorrise, suo marito, accarezzando i dolci capelli simmetrici della bambina.
-Sì, perché ora ho capito, ho capito che tutto l’amore che non ho mai ricevuto da lei, lo darò a mia figlia-
-Tutto l’amore che non hai ricevuto da lei e che hai ricevuto da noi- La corresse Kidd.
.Sì, hai ragione- Disse prima di baciarlo Crona.

Fine

Angoletto di Elly

Sia maledetta e sia benedetta Euphemia per avermi fatto venire la fissa con 'sta coppia qua. Il punto è che dalla sua raccolta Crokid con annessa traduzione mi è venuto spontaneo immaginarmeli come possibile coppia.
Consequenzialmente, ne scriverò altre, se capita,
Lo spunto mi è venuto vedendo una fantart in cui Kidd e Crona diventavano genitori (E qualche altra Crokid letta qui, di cui magari c'é qua e là un rifacimento). Awww! Mi ha ispirata, ma non siamo qui per parlare di me.
Comunque, il correttore mi dava "Kidd" corretto e "Kid" sbagliato, quindi qual'è la versione giusta?
Vabbhé, vi devo lasciare, comunque, spero vi piaccia e se notate errori non esitate a dirmelo.


Elly_Chan18

 
   
 
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