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Autore: Amber    02/10/2016    7 recensioni
Sono passati mille anni, anno più anno meno e Merlin aspetta. Poi un giorno il futuro predetto si scontra finalmente con il presente e la ruota ricomincia a girare rendendo Merlin ebbro e assuefatto di felicità, cieco oltre ogni dire a tutto se non a stare insieme al suo Arthur il più possibile. Ma con la gentile collaborazione non proprio discreta di Lacelot, Gwen, Morgana e Gwaine forse non tutto sarà perduto.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Reincarnations. Aprire gli occhi'
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Questo non soddisfa per niente la Merthuriana che è in me, assolutamente! Ci tornerò sopra lo so, perché amo la Merthur e la fine della quinta stagione accende in ogni momento la combattente che è in me –no, non con pianti isterici- perché no, diavolo non può finire così! E non finirà così, nossignore.

Bene vi lascio a questa breve cavolata. Nulla di eclatante o impegnativo davvero, solo per sfogare un po’ dei miei feelings repressi (e smettere di piangere disperata davanti ai video di youtube). Non so nemmeno se mi cimenterò su un continuo, ma nel caso…

 

A presto (?)

Amber

 

Reincarnations – Aprire gli occhi

Ovvero: come capire che quell’Arthur è Arthur ma non è Arthur

 

È mezzanotte e Arthur lo sta baciando.

Ha le mani sprofondate nei suoi capelli corti neri e lo sta baciando.

Ha gli occhi chiusi, le labbra sulle sue, la lingua che chiede il permesso di entrare e lo sta davvero baciando.

Merlin ha gli occhi ancora aperti, spalancati, improvvisamente rigido.

Non sa dove mettere le mani, non sa come comportarsi, non sa se respingerlo o attirarlo a se, non capisce nemmeno in quale modo sono arrivati a quel punto

“E’ assurdo” pensa “Assurdo assurdo assurdo …

Un secondo prima erano fermi lì, vicini, le spalle che quasi si toccavano, le luci abbassate e i bicchieri in mano pronti per il countdown mentre tutti i loro amici ridevano e ballavano, poi si era girato, incredibilmente felice, incredibilmente grato e si era sporto appena verso di lui

-Buon anno nuovo Arthur-

Ed era così bello pronunciare il suo nome dopo mille anni. Poterlo dire ad alta voce a lui e non solo nella sua mente cento e una volta ogni giorno, quando gli parlava di tutte le cose che avrebbe voluto dirgli se lui fosse stato lì, come sempre era stato e sempre avrebbe dovuto essere –Arthur, colazione con marmellata di arance o quella di noci e fichi? Arthur, questo libro ti piacerebbe ne sono certo! Arthur, ti sei accorto anche tu di come la musica decennio dopo decennio stia peggiorando a vista d’occhio? Arthur, il ciclo Arturiano è proprio divertente, senti quante balle hanno scritto! Non parliamo del cartone animato, ti chiamerò Semola!-

Sapeva che gli si erano inumiditi gli occhi per la troppa felicità, perché si erano finalmente ritrovati, perché quell’asino reale era lì, con i suoi capelli biondi, gli occhi azzurri, lo sguardo serio, il maglione rosso con lo scollo a V in cui brillava la medaglietta che gli aveva regalato a Natale e lo guardava e gli rispondeva a tono e lo chiamava idiota.

Un Arthur diverso, un Arthur che non ricordava niente –nella sua memoria l’unica avventura vissuta era stata quella di perdersi nel bosco a dieci anni con sua sorella Morgana mentre erano in campeggio; Camelot era semplicemente una leggenda che non conosceva neppure tanto bene; le battaglie, la guerra, erano cose talmente lontane da lui che oltre a commentarle quando sentivano il telegiornale non ci spendeva nemmeno mezzo pensiero; e i cavalli andavano bene solo per essere mangiati-, un Arthur che non sapeva, che non immaginava neppure chi fosse o chi era stato o chi forse era destinato a diventare.

Un Arthur che non conosceva lui, che non sapeva chi era veramente oltre la balla ben costruita che era la sua vita privata –i miei genitori sono morti molto, troppo tempo fa; sono di origini irlandesi; non ho nessuno che si prende cura di me tranne il mio pappagallino Kilgharrah; se ne avrò la possibilità in futuro voglio diventare medico-.

Un Arthur che aveva annullato la distanza tra di loro baciandolo.

 

Quella non era una cosa che sarebbe dovuto succedere, ecco.

Era sbagliata. Sbagliatissima. Perché Arthur il re, non avrebbe mai mai mai MAI fatto una cosa del genere!

 

Ma lì c’era Arthur, il ragazzo di città, circondato dai suoi più intimi amici e inserito in una famiglia felice –Uther rideva spesso e volentieri e orgogliosamente diceva “sono fiero di te”; Morgana, oltre al suo essere snob e prima donna in tutto, raccontava cose ad Arthur e lui faceva altrettanto in un modo inquietante; Ygraine gli faceva sempre trovare un dolcetto da sgranocchiare quando sapeva che sarebbe andato a casa loro-, che voleva diventare professore e che gli piaceva giocare ai videogame e a basket, che adorava i cartoni animati anni ‘90 e che preferiva passare una serata sul divano in sua compagnia leggendo perché sapeva piacere a lui piuttosto che stare in mezzo al casino.

 

Avrebbe voluto scostarlo con gentilezza e dirgli “no, Arthur no, io sono l’idiota e tu sei una testa di fagiolo, ricordi? Tu sei il re e io il servitore con la magia. La tua regina è là a due passi che se la fa da anni con Lancelot, capisci? E tu lo hai sfidato anche a duello per lei! Anche i tuoi cavalieri che hanno tanto combattuto per te sono qui, insieme a tua sorella Morgana e il fatto che ci baciamo non è una cosa nostra, non è da noi, non siamo noi”

 

Ma cos’era da loro?

Probabilmente aveva sbagliato qualcosa. Cosa? Merlin non lo sapeva. Era stato così ebbro di felicità quell’ultimo anno che non aveva dato peso a questo o a quello. Passare insieme tutti i giorni e condividere tutto, ogni cosa, ogni sfaccettatura, ogni pensiero, era il miracolo più grande che aveva voluto e vederlo compiersi in modo così naturale lo aveva reso così grato che non si era mai fatto una sola domanda.

Ogni tanto i loro amici li prendevano in giro, ma Merlin non diceva mai niente perché dopo mille anni passati ad aspettare l’unica cosa di cui gli importava era stare con Arthur e al diavolo quello che dicevano gli altri.

Ma Arthur non aveva atteso mille anni il suo servitore, pronto a riprendere in mano le redini della sua vita precedente, pronto a riprendersi Gwen e il posto che lo spettava nel mondo. Lui era nato, aveva vissuto 25 anni felici e ignari e poi un giorno aveva incontrato Merlin, sbattendo per caso contro di lui con il suo carrello al supermercato –Scusa, non ti avevo visto! Certo che potevi evitare di metterti proprio nell’angolo, idiota- e lui dopo lo choc iniziale era solo riuscito a rispondergli per le rime balbettando e piangendo rendendo la faccia di Arthur un’accozzaglia di sentimenti contrastanti –Senti, non puoi piangere mentre mi insulti, non è normale! E solo mia sorella può darmi dell’asino reale-

Fine. Nessuno scintillio, nessuna scossa magica, nessun ricordo improvviso, niente. Nemmeno quando lo aveva chiamato testa di fagiolo. Nemmeno quando gli aveva presentato tutti gli altri con cui faceva gruppo fisso ormai da un po’ di tempo.

 

Ricordava l’incontro con Gwaine.

Dopo mille anni ad aspettare smetti di sussultare a ogni fisionomia che ti sembra famigliare –no, quei capelli non sono così biondi; no, quegli occhi non hanno la tonalità giusta; no, quelle spalle non sono così larghe; no, quella risata non è LA risata-, ma passeggiando per strada, il caffellatte stretto in una mano e un libro nell’altra, aveva visto qualcosa in un angolo della sua visuale, qualcosa di stranamente troppo famigliare.

C’era questo ragazzo che parlava al telefono dall’altra parte della strada, gesticolava ridendo, e aveva questi fluenti capelli mori che scostava mentre sorrideva a questa o a quella ragazza in modo incredibilmente affascinante e pericolosamente doloroso. Merlin era rimasto così basito che probabilmente aveva assunto l’espressione più ridicola di sempre.

Mille anni, anno più anno meno, e Gwaine finalmente lo stava osservando, le sopracciglia alzate mentre ricambiava lo sguardo per poi raggiungerlo quasi saltellando

-Senti, non credo di essere gay quindi per favore non guardarmi così che potrei finire per arrossire, ma se sei interessato ti dico la marca della mia maschera per capelli-

 

Una sera di qualche tempo dopo Gwaine lo aveva portato fuori quasi di peso con i suoi amici perché –hai 25 anni!- lo aveva sgridato un pomeriggio mentre si ingozzava di biscotti nella sua piccola ed intima cucina –non te ne puoi stare sempre chiuso nel tuo appartamentino aspettando che la vita passi!-

E ci aveva così preso che quasi Merlin si era messo a piangere. Se solo sapessi, avrebbe voluto dirgli, se solo immaginassi.

Così quella stessa sera, senza alcuna preparazione, aveva incontrato Parsifal, Elyan e Lion

-E i due piccioncini?- aveva domandato Gwaine sedendosi al tavolo rotondo del pub mentre Merlin cercava di riprendersi dal probabile infarto che sapeva presto lo avrebbe colto.

Non che a lui potesse venire qualsiasi cosa, ma la stretta al cuore era di sicuro un sintomo

-A tubare fingendo di prendere da bere- aveva risposto ridendo Elyan indicando il bancone. E là c’era Gwen, stretta tra il bancone e Lancelot che le sussurrava chissà cosa all’orecchio facendola ridere

-Ma…- Merlin era impallidito probabilmente perché Percival lo osservò preoccupato -…loro due…?-

-Ah, vedrai. Sono così cariosi anche dopo 6 anni di fidanzamento, che faranno desiderare il matrimonio anche a te, vecchio scapolo-

Poi Gwen e Lancelot li avevano raggiunti e lei gli aveva sorriso stringendogli la mano

-Abbiamo sentito parlare così tanto di te da Gwaine che mi sembra di conoscerti da sempre!-

-Sapessi io- aveva risposto il moro tirando un sorriso nervoso –Aspettiamo qualcun altro?- aveva domandato guardandosi furiosamente intorno.

Arthur, Arthur, Arthur, Arthur?

-No. La tavola rotonda si chiude qui- aveva riso Gwaine e il macigno nel petto di Merlin si era appesantito come mai prima d’allora rischiando di soffocarlo.

 

Poi ovviamente non si era chiusa lì perché nel giro di tre mesi era arrivato Arthur con il suo carrello della spesa e il pesante stolkeraggio a cui Merlin lo aveva sottoposto, non prima di essere tornato a casa per piangere finalmente tutte le sue lacrime e ridere nel modo più isterico possibile arrivando a spaventare persino Kilgharrah.

Erano diventati amici. In modo strano, lento, prendendosi in giro continuamente e facendosi trovare l’uno a casa dell’altro a tutte le ore, soprattutto dopo che Arthur aveva scoperto che viveva da solo.

Aveva anche incontrato Morgana un giorno di qualche tempo dopo: i lunghi capelli neri raccolti in una treccia, il trucco leggero sul viso, il vestito più corto della storia e i tacchi più alti mai visti. Lei gli aveva sorriso strizzandogli una guancia con le dita fresche

-Eh si, sei proprio carino!- aveva esclamato e Arthur l’aveva spedita fuori casa a calci gridandole di sparire lasciandolo nel salotto un po’ sorpreso.

Sapeva che Morgana era la sorella di Arthur, ma la conversazione proprio non la immaginava -Uh, lo sai? Eri la più grande sacerdotessa conosciuta ed eravamo nemici giurati. Hai provato ad uccidere Arthur un’infinità di volte e io ti ho uccisa, ti ricordi? Vuoi un biscotto? Prendili pure non sono avvelenati, sono con lo zenzero e la cannella-. No, decisamente non andava bene come approccio.

Con Arthur era stato facile poi sussurrarsi le confidenze e ridere insieme di tutto, arrivare ad uscire spesso da soli e i pochi giorni in cui non potevano vedersi e la nostalgia lo schiacciava rischiando di soffocarlo, Arthur era già lì che lo chiamava rimanendo ore al telefono. Finalmente Merlin poteva dirgli tutto quello che aveva sempre desiderato dirgli e anche di più, con qualche eccezione ovviamente –Ehi lo sai, sono uno stregone millenario in realtà! E tu e gli altri siete la reincarnazione di persone vissute all’epoca dei cavalieri e dei reami e della grande Camelot. Si esatto, proprio quella Camelot! E tu eri il mio re e io il tuo servitore, lo avresti mai detto? E io ti ho aspettato e aspettato e aspettato-

 

Erano diventati un bel gruppo tutti quanti loro, una completa tavola rotonda. Merlin aveva avuto un po’ paura all’inizio a presentargli gli altri, a presentargli Gwen, ma Arthur non aveva fatto una piega con lei limitandosi a diventare sua amica e a punzecchiare Lancelot sulle future nozze.

Merlin a volte si chiedeva perché tra Arthur e Gwen non fosse scattata la scintilla come nella loro precedente vita ma poi aveva scosso le spalle rincuorato mentre il biondo si girava verso di lui ridendo, il braccio sulla spalla mentre lo attirava a se per scherzo. L’importante era che lui fosse vivo, felice e al sicuro. In più non avevano mai parlato di relazioni, entrambi sapevano di essere single –Merlin per ovvie ragioni- ed andava bene così, passando più tempo possibile tra loro e con gli altri.

 

Infine erano iniziate le conversazioni strane

-Senti Merlin…- Gwaine lo aveva osservato, seduto sulla sedia di casa sua, una tazza di té tra le mani e il proprietario di casa aveva atteso curioso. Gli piaceva Gwaine, gli era sempre piaciuto e a volte passare qualche ora in compagnia da soli era piacevole di tanto in tanto. Anche perché Gwaine aveva l’abitudine di piombargli in casa senza avvertirlo del suo arrivo -…tu e Arthur passate un sacco di tempo da soli-

Merlin aveva sorriso di riflesso sentendo il nome dell’amico e aveva annuito

-Mi ci trovo bene- aveva commentato. Quel giorno al telefono avevano battibeccato per una sciocchezza e Arthur lo aveva chiamato idiota, lui gli aveva ricordato quanto testa di fagiolo fosse e lo aveva sentito ridere basso direttamente al suo padiglione auricolare mentre borbottava un “incredibile” e “non ce la posso fare”. Fare cosa poi non lo sapeva, ma non era importante finché lui rideva e Merlin comunque non si faceva mai troppe domande, limitandosi a godere del loro tempo insieme

-Si…- Gwaine si era sporto verso di lui serio e Merlin aveva alzato il sopracciglio –Ma voi due…?-

-Cosa?-

-Insomma tu non… devi dirmi niente?-

-Per tutte le magie dell’Antica Religione Gwaine, parla e basta!- A volte gli scappava. Parlare così dell’Antica Religione non era proprio consono, ma nessuno ci faceva mai caso credendo fosse solo un’altra delle sue stranezze, come dare ogni tanto del voi o offrirsi per fare questa o quell’altra commissione senza che nessuno glielo chiedesse

-Insomma, mi stai dicendo che non ti sei accorto di niente?- Merlin stavolta aveva alzato anche l’altro sopracciglio confuso e Gwaine aveva sospirato accasciandosi sul tavolo –Incredibile-

Merlin ne aveva parlato ridendo con Arthur quella sera e lo aveva visto irrigidirsi

-Gwaine è strano, lascialo perdere-

Ma al moro non era sfuggito il messaggio furioso che il biondo stava inviando mentre tornava dal bagno. Si era stretto nelle spalle e si era limitato a chiedergli se quella sera preferiva la tisana al miele o il tè al gelsomino.

 

-Merlin sei proprio un ingenuo- aveva sbuffato una sera Morgana

-Scusa?-

Il moro si era voltato verso di lei sorpreso. Erano seduti al tavolo rotondo del loro pub preferito e Gwen le aveva dato una leggera gomitata sul fianco, senza trattenere un sorriso

-Anzi, se mi permetti la persona più ingenua dell’intero pianeta-

-E perché di grazia?-

Non capiva cosa avesse fatto stavolta. Erano tutti lì, stavano parlando del più e del meno con leggerezza e aveva solo finito il suo cocktail prima degli altri. Aveva fatto per alzarsi per prenderne un altro ma Arthur lo aveva preceduto

-Te lo prendo io- aveva detto

-Non c’è bisogno-

-L’ultima volta lo hai pagato tu, idiota. Lasciamelo fare-

Merlin aveva annuito senza rispondere perché no, proprio non si ricordava quando gli aveva pagato qualcosa e Arthur aveva sorriso soddisfatto, gli aveva scompigliato i capelli con una mano, cosa che gli piaceva fare molto in quella vita, aveva indugiato un attimo sulla sua cute poi era andato al bancone. Merlin lo aveva seguito con lo sguardo dubbioso, ancora ponderando su cosa gli avesse pagato per meritarsi quel ricambio che Morgana era saltata su sbuffando di disappunto

-Perché…- aveva continuato –Non puoi essere così cieco-

-Ma cosa dici? Ho 10/10 in entrambi gli occhi!- aveva esclamato perplesso.

Morgana lo aveva guardato gelidamente, Gwaine si era spiaccicato sul tavolo con la faccia e tutti si erano messi a ridere, tanto che Gwen si era dovuta nascondere nell’incavo della spalla di Lancelot che si era portato una mano agli occhi. Arthur era tornato in quel momento, il bicchiere di plastica in mano, e si era congelato sul posto quando la sorella aveva sospirato al suo indirizzo

-Non ce la potrai mai fare, te lo assicuro. Mai-

 

C’era stato anche quel giorno in cui era in ritardo. Era pomeriggio e avrebbe dovuto incontrarsi in centro con Arthur, Gwen e Lancelot per andare a fare le ultime spese di Natale. Quell’anno avevano deciso di festeggiarlo insieme a casa Pendragon e si erano offerti di aiutare Ygraine nel mettere a punto la serata, chi con gli addobbi, chi in cucina e la donna ne era stata talmente entusiasta da chiedere a Merlin di insegnarle il dolce che lui aveva preparato per il compleanno di Arthur che era andato decisamente a ruba suscitando l’irritazione del biondo –Quella che avete sbafato senza ritegno era la mia torta di compleanno!-.

Merlin si era attardato a comprare il regalo per il ragazzo e si era chiesto, in un momento di cruciale dubbio mentre era alla cassa, se la medaglia gli sarebbe piaciuta: da un lato c’era il rilievo di una spada sospesa sopra l’acqua mentre dall’altra il rilievo di un cristallo. Era una cosa così stupida e simbolica che sapeva che quell’Arthur non avrebbe mai capito, ma nel vederla Merlin si era commosso a tal punto che non avrebbe potuto lasciarla nella vetrina della gioielleria per tutta la sua magia e immortalità.

Al che era in ritardo e stava correndo, sorpassando gente e saltando marciapiedi, poi li aveva visti ed aveva rallentato per prendere fiato. A quanto pareva discutevano indisturbati visto che non si erano ancora accorti di lui e Arthur aveva le spalle talmente rigide che Merlin aveva l’impressione si potessero spezzare da un momento all’altro, mentre Gwen gli teneva una mano sul braccio probabilmente per farlo ragionare

-…non lo capirà- stava dicendo Lancelot

-Devi dirglielo. È così lampante da essere doloroso- aveva affermato Gwen preoccupata

-No- Arthur pareva irremovibile e la ragazza aveva sospirato pesantemente

-Sei proprio un asino. Non puoi sapere cosa dirà o come reagirà se non glielo dici. Ti stai comportando da stupido-

-Piantatela tutti! Morgana mi stressa a casa e i miei amici lo fanno fuori, voi e le vostre battutine. Glielo dirò quando saprò di non starmi immaginando tutto ridicolizzandomi, ok?-

-Dire cosa a chi?-

Merlin era intervenuto in quel momento sistemandosi la sciarpa intorno al collo. Li aveva interrotti più per evitare che gli amici infastidissero ulteriormente Arthur rendendolo irritato tutto il giorno che per qualche altra ragione. Sapeva cosa volesse dire rimanere vicini ad un Arthur irritato.

I tre lo avevano guardato spaventati a morte, nemmeno avesse fatto roteare in aria con la magia le persone intorno a loro

-Niente!- avevano esclamato in coro e lui aveva lasciato correre, un po’ infastidito.

 

Infine, qualche giorno dopo Natale, Arthur e Merlin erano sul divano di quest’ultimo a leggere. Oppure, Merlin leggeva sdraiato, le gambe sulle ginocchia dell’altro, mentre il biondo guardava la tv, le mani sulle caviglie del moro. Muoveva distrattamente i polpastrelli nella piccola striscia di pelle tra i pantaloni e le calze, arrivando addirittura a inserire le dita sotto i pantaloni e il moro aveva guardato quel contatto per un po’, sconcentrandosi da Miss Elizabeth che rifiutava Mr Darcy –tra parentesi una delle sue parti preferite-

-Quindi…- Arthur lo aveva osservato in tralice. Nell’incavo della gola si intravedeva la medaglia che gli aveva regalato a Natale –Capodanno-

-Da Gwen e Lancelot- Merlin aveva girato la pagina, tanto per far qualcosa

-Lo passeremo insieme-

Il moro aveva riso felice, grato ed eccitato nel guardare il suo viso serio, concentrato e aveva annuito

-Certo Arthur. Lo passeremo insieme-

Insieme come l’anno dopo, e l’anno dopo ancora e l’anno ancora dopo e se l’Antica Religione lo avesse permesso insieme per i prossimi… 80 anni? 100 anni? No, non ci voleva pensare a tra 100 anni perché sicuramente lui sarebbe stato di nuovo solo

-Non verrà nessuno con te? Insomma…- aveva precisato il fu re del presente e del futuro –Hanno detto che possiamo invitare chi vogliamo-

Merlin stavolta aveva messo giù il libro, con delicatezza estrema. La prima volta che Arthur aveva visto quell’edizione, la prima, gli era preso un colpo domandandogli dove l’avesse potuta trovare –In un mercatino dell’usato- aveva mentito Merlin perché confessargli che era stato fisicamente lì alla prima pubblicazione di Orgoglio e Pregiudizio era un po’ eccessivo. E così aveva detto per tutte le altre prime edizioni che componevano la sua libreria, o per meglio precisare una parte della sua libreria… perché di certo non poteva aprirgli con la magia l’armadio e fargli vedere l’enorme biblioteca che stava in quella dimensione magica. Mille anni erano un tempo incredibilmente lungo per accumulare libri. Chissà se un giorno glielo avrebbe mai confessato?

-Arthur ti pare forse che io abbia qualcun altro?- aveva chiesto, poi il dubbio gli aveva fatto trattenere il respiro –E tu? Porterai qualcuno? Una ragazza?-

Il biondo era parso incredibilmente perplesso poi aveva riso scuotendo il capo

-No, Dio… no!-

Ok. A quel punto Merlin era stato molto confuso. Quindi stavano parlando di quello… perché?

-Bene, quindi passeremo insieme il capodanno da Gwen e Lancelot con gli altri- aveva ribadito calcando il concetto per capire se si era perso un passaggio.

Arthur aveva mosso i polpastrelli sulla sua pelle e aveva sorriso alle sue mani, improvvisamente felice e un po’ intimidito

-Si, passeremo il capodanno insieme-

Merlin aveva ripreso il suo libro, soddisfatto. Ottimo, non si era perso niente.

 

Ma forse si visto che ora Arthur lo stava baciando.

E ora gli stava passando le mani dai capelli al viso… e dal viso alle spalle… e dalle spalle alla vita e lui ancora era bloccato, rigido come un baccalà!

Per tutta la magia vecchia, nuova e futura, dell’Antica Religione e no, cosa si era perso?? Gli aveva solo augurato il buon anno nuovo!

Arthur si staccò da lui con uno schiocco, guardandolo seriamente e Merlin corrispose arrossendo come una ragazzina, la lingua incollata al palato, confuso come poche volte nella sua lunga, lunghissima vita

-Scusa- Arthur sospirò piano, abbassando gli occhi –Non avrei dovuto agire d’impulso, ma tu sei così… e io non ce la potevo più fare credo-

Il moro ci provò, davvero. Fece per parlare ma la bocca gli si richiuse da sola. Cosa avrebbe dovuto dirgli?

-Io non…-

Il biondo era palesemente deluso e scosse il capo

-Scusa- mormorò andandosene dall’appartamento, raccattando la giacca dall’attaccapanni.

Fu Lancelot a raggiungerlo dopo qualche istante. Probabilmente era l’unico abbastanza sobrio da essersi accorto della scena

-Davvero non te ne eri accorto?- domandò

-Ma di cosa?- chiese esasperato.

Non aveva bisogno di altre parole criptiche, o di altri gesti, o…

-Che Arthur è innamorato di te- gli rispose paziente il castano, gli occhi al cielo

-Cos’hai detto??- domandò il moro spalancando gli occhi, l’aria completamente risucchiata dai suoi polmoni

-Ti ho detto, che è innamorato di te da… tipo sempre. È così palese- rise l’amico

Beh di palese proprio non c’era nulla.

Arthur. Quell’Arthur era… lui era… di lui?

Non riusciva nemmeno a pensarlo! Per tutta l’Antica Religione, cosa??

-Ma no- commentò, la voce stridula –Me ne sarei accorto-

Lancelot alzò le sopracciglia e scosse il capo

-Mi sa di no- Merlin lo fissò, rosso come un peperone e provò a ribattere –Voi due sembrate…- Il ragazzo cercò le parole giuste, guardando concentrato verso l’altro –Come si dice? Dov’è l’uno viene l’altro… inseparabilmente insieme… come… ecco! Come due facce delle stessa medaglia-

Merlin rise, istericamente. Si sentiva ondeggiare nell’ovatta. Probabilmente doveva vomitare

-Ma questo non vuol dire niente-

-Vuol dire che Arthur ha ragione a darti dell’idiota e noi abbiamo ragione a dargli dell’asino perché non ti ha parlato in modo chiaro. Se non ti piace diglielo e basta, altrimenti…-

-Ma certo che mi piace!- lo interruppe il moro accalorandosi –Ma lui non è così- si lasciò sfuggire e Lancelot lo guardò severamente, come mai aveva fatto

-Così come di grazia? Arthur è così e basta-

Merlin aveva sentito la testa girare. Era vero, quell’Arthur era proprio così, diverso dal suo Arthur ma allo stesso tempo così identico a lui nella sua lealtà, nel suo impegno in tutto, nell’amore e nell’amicizia, nel suo coraggio, nella sua giustizia…

-Devo parlargli- decise e l’amico annuì lasciandolo passare.

 

Lo trovò fuori, seduto sul marciapiede che scriveva sul cellulare

-Non credo troverai un taxi a quest’ora- asserì guardando l’applicazione che stava usando da sopra la spalla. Il biondo si voltò di scatto verso di lui. Era rosso in viso e scostò lo sguardo così velocemente che Merlin temette gli venisse il torcicollo, ma non rispose limitandosi a mettere via il cellulare. Il moro gli si sedette a fianco e sospirò piano –Non mi era mai passato per l’anticamera del cervello- confessò

-Felice di saperlo- dichiarò gelido il biondo

-Arthur…-

-Non hai mai parlato di ragazze, non ti ho mai visto con nessuno. E tu non hai mai visto me con qualcuno perché… Credevo che fossimo sulla stessa lunghezza d’onda-

-Lo siamo-

-No invece. Perché prima, quando ti sei avvicinato per farmi gli auguri, l’unica cosa che volevo fare era baciarti- ammise schietto

-Lo… lo hai fatto-

-E tu no-

-Ero sorpreso! È stato così improvviso!- si difese il moro e il biondo finalmente si girò verso di lui

-Quindi se ora ti dicessi che voglio baciarti mi ricambieresti? E se non volessi solo baciarti ma anche farti tutto quello di umanamente possibile e oltre, me lo lasceresti fare Merlin? E se ammettessi che vorrei divorarti da quando ti ho intenzionalmente preso contro con il mio carrello al supermercato, ti lasceresti mangiare da me?- Il moro arrossì come una torcia balbettando sconvolto –Appunto, quindi non siamo sulla stessa lunghezza d’onda vedi?- dichiarò distogliendo lo sguardo

-Ma… ma non sono cose che si dicono così e basta!- esclamò stupefatto il moro e, contro ogni previsione, Arthur rise di cuore

-Non posso prenderti alla sprovvista ma non te lo posso nemmeno dire, sei davvero…- Lo guardò e gli scompigliò i capelli –Davvero…- Gli sfiorò lo zigomo, scese lungo la guancia e andò a sistemargli la sciarpa –Un caso perso- concluse, poi sospirò pesantemente –E io davvero non posso farcela- ammise greve alzandosi –Vado a casa a piedi. Ci sentiamo presto, ok?- dichiarò

-Aspetta!- Merlin lo seguì e lo bloccò parandoglisi davanti –Io non ti ho ancora risposto- esordì.

Arthur lo fissò esasperato

-Non sei innamorato di me, ho capito. Non c’è nulla di cui parlare-

-Ascoltami invece e piantala di parlare per me. Stai zitto per una volta, asino che non sei altro!- esclamò cercando di trovare le parole adatte. Il biondo socchiuse gli occhi e attese, un piccolo broncio in viso –Sai cosa vuol dire la medaglia che ti ho regalato a Natale?-

-La spada e il cristallo?- Arthur si portò la mano al collo, dove la medaglia era nascosta dal colletto della giacca chiusa –Non lo so credevo fosse… una cosa così- rispose

-No, non è una cosa così- Sapeva che quell’Arthur non avrebbe collegato, ma forse spiegarglielo andava bene lo stesso –La spada sospesa sull’acqua sei tu, il cristallo nell’altro lato sono io- iniziò piano –La spada è il simbolo di tutto ciò che tu mi ricordi Arthur: la giustizia, la forza, la lealtà, il coraggio, l’avventura… L’acqua invece è l’elemento che più odio ma che con altrettanta forza amo, perché mi ha portato via un pezzo di me così importante, ma sapevo che con pazienza mi sarebbe stata restituita e così è stato anche se dopo tanto, tanto tempo- Prese fiato abbassando la voce. Il biondo lo stava guardando nel modo più indecifrabile possibile –Il cristallo invece rappresenta l’attesa, il futuro a cui mi sono rivolto senza però dimenticare il passato perché è il passato che mi ha permesso di non perdere la fiducia nel futuro. Il presente non è mai stato nulla per me, mai. Ma quando il futuro si è scontrato con il presente e la ruota ha iniziato a girare, mi sono sentito così ebbro di felicità Arthur, così assuefatto da perdere di vista tutto perché volevo godere il più possibile di ogni momento. Lo sai qual è stato quel giorno?- Arthur scosse il capo e Merlin gli sorrise –Una certa testa di fagiolo mi ha chiamato idiota dopo avermi investito con il carrello pieno di spesa, ti dice niente?-

Arthur sorrise di riflesso e gli si avvicinò di un passo

-Qualcosa- affermò

-Tu non sai tutto di me e non so se mai lo saprai- continuò seriamente Merlin –Ma quel regalo, quella medaglia, è per me il simbolo assoluto che ci lega perché noi due siamo le facce di una stessa medaglia- Prese fiato e lo guardò –Quindi dire che tu sei tutto per me è estremamente riduttivo e parlare di amore non sfiora nemmeno il centesimo quando ho la consapevolezza di aspettarti da mille anni-

Arthur lo attirò a se con un unico movimento e lo strinse, affondando il viso nell’incavo del suo collo. Merlin sapeva che le sue parole per Arthur erano solo un ingigantimento, non poteva immaginare quanto fossero vere

-Quindi…- chiese e Merlin lo sentì tremare sotto il tocco delle sue mani che gli cingevano i fianchi, o probabilmente rabbrividì lui quando il biondo gli sfiorò la guancia con il naso –Prima mi hai respinto perché non avevi ancora realizzato tutta questa tua devozione per me?-

-No, io per me lo so, l’ho sempre saputo- rispose –Ma non credevo potesse esistere un’era in cui tu lo fossi-

-Oh Merlin- rise Arthur e gli prese il viso tra le mani –Non credo possa esistere nessuna versione di me, in nessun universo o era, in cui io non sia innamorato di te. E semmai esistesse, quell’Arthur sarebbe un asino reale ancora peggiore del sottoscritto, perché è di sicuro inconsapevolmente innamorato del suo Merlin ma ancora non se ne rende conto-

Il moro rise affondandogli le dita tra i fili d’oro

-Magari in quella versione Arthur è il re di un grande regno e Merlin il suo umile servitore-

-Forse- dichiarò divertito il biondo –Ma non invidio quel regno per nulla al mondo. Sempre che tu ora non mi dia questo benedetto permesso di baciarti come si deve… o te lo devo ordinare?-

Lo stregone rise tra le sue braccia e annuì avvicinando il viso al suo.

Forse i lampioni tutt’intorno avevano avuto un improvviso calo di elettricità quando Arthur finalmente lo aveva baciato e Merlin aveva corrisposto, la magia che gli crepitava sottopelle come lava incandescente, ma non se ne curò.

 

Forse quell’Arthur non era il suo re, ma lui era tornato da lui in un qualche modo ed era suo comunque, anche se in modo molto diverso da come si sarebbe mai potuto immaginare. E soprattutto, in un modo molto più piacevole.

 

-Aspetta, in che senso mi hai investito con il carrello della spesa intenzionalmente?-

La risata di Arthur era stato oro liquido nelle sue orecchie

-Sta zitto Merlin-

 

Tutto il resto avrebbe atteso.

 

  
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