Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |       
Autore: VenerediRimmel    03/10/2016    6 recensioni
Se dall’amicizia all’amore intercorre solamente la distanza di un bacio, dall’odio all’amicizia e poi dall’amicizia all’amore, la questione si fa un po’ più complicata: approssimando per logica, un bacio c’è di certo, ma anche qualcosa di più. Questo sarà quel qualcosa in più.
Harry, quindici anni, Grifondoro per scelta, seguendo Aritmanzia, avrebbe potuto calcolare un pronostico su che tipo di distanza ci fosse tra due persone che inizialmente si odiano, poi si vogliono bene e, infine, si amano.
Louis, diciassette anni, Serpeverde per lignaggio, supponente da far saltare i nervi anche al più paziente delle persone, come il suo migliore amico ad esempio, non avrebbe potuto calcolare tale distanza. Eppure supponeva che essa fosse una via di mezzo tra un pugno nello stomaco e un bacio a fior di labbra, e che questa strada fosse percorribile purché avvenisse nel momento giusto. Perché Louis crede nelle occasioni.
Due occasioni, quindi: una punizione col Professor Ruf e...il Torneo Tremaghi. Basteranno?
Dalla storia:Ma, appunto, fu inutile. Perché le loro labbra si schiantarono con la stessa potenza di uno Stupeficium.
[AU!Hogwarts - Harry/Louis - minilong di 62K parole]
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: Come dice Venditti: certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. E anch'io ritorno, poveri voi, con Harry e Louis in una Au!Hogwarts, dentro un Au!hatetolove che avrà spazio anche per un Au!friendstolovers... impossibile? Lo vedremo. 
Pubblico perché sono stata programmata per tirarmi la zappa sui piedi da sola. Spero questa prima parte possa intrigarvi e se vi va, vi aspetto a fine lettura con qualche commento. 
Buona immersione!
 







Parte I

prima si odiarono
 
Se dall’amicizia all’amore intercorre solamente la distanza di un bacio, dall’odio all’amicizia e poi dall’amicizia all’amore, la questione si fa un po’ più complicata: approssimando per logica, un bacio c’è di certo ma anche qualcosa di più.
Il bacio al massimo può essere la fine. Qui c’è bisogno prima di un inizio, di due personaggi, dello svolgimento… Poi viene la fine, col bacio.
Bene, allora. Partiamo.
L’introduzione dei personaggi è necessaria per gettare le basi per cui sembri attendibile che prima ci sia stato fra loro l’odio, poi l’amicizia, e infine l’amore. Quindi:
Harry, quindici anni, Grifondoro per scelta, sempre pronto a mettersi in pericolo per la sua maniacale curiosità di conoscere e scoprire, seguendo Aritmanzia avrebbe potuto calcolare un pronostico su che tipo di distanza e quanta, soprattutto, ce ne fosse tra due persone che inizialmente si odiano, poi si vogliono bene e, infine, si amano. Avrebbe potuto se non avesse avuto così tanta preoccupazione che il suo migliore amico non studiasse abbastanza per i M.A.G.O, impegnato com’era a diventare una leggenda.
Louis, diciassette anni, Serpeverde per lignaggio, supponente da far saltare i nervi anche al più paziente delle persone, come il suo migliore amico ad esempio, non avrebbe potuto calcolare la distanza che intercorre fra un nemico che poi diventa amico e infine amante, perché al terzo anno ha snobbato la maggior parte delle materie facoltative. Eppure avrebbe avuto il coraggio di sostenere che essa fosse una via di mezzo tra un pugno nello stomaco e un bacio a fior di labbra, e che questa strada fosse percorribile purché avvenisse nei momenti giusti. Perché Louis crede nelle occasioni.

Presentazioni fatte, dobbiamo fare un passo- ehm, no, un salto indietro, all’importantissimo primo incontro.
Saltiamo la parte in cui i personaggi si svegliano a causa dei raggi del sole che filtrano dalla finestra o dalla fastidiosa sveglia che trilla sul comodino… che tanto son parti fatte solo per cincischiare. Arriviamo al sodo, perché per diventare amici, Harry e Louis, ci hanno impiegato un anno intero… e noi tempo da perdere non ce l’abbiamo!
Perciò, dritti al punto d'incontro tra i due. 
Harry, di babbana discendenza, dopo aver attraversato un muro tra il binario 9 e il binario 10 di King's Cross, ed essere giunto al binario 9 e ¾, menzionato nella lettera, si sentiva un po’ spaesato, ma non spaventato. Difficilmente lo era stato, in undici anni, in realtà, perché facilmente si entusiasmava delle cose che lo circondavano. Presto sarebbe stato il mondo magico ad abbracciarlo, introducendogli tantissime di quelle novità che lui non vedeva l’ora di conoscere.
Seduto in uno degli ultimi vagoni, fra i più vuoti, tamburellava un piede a terra e guardava fuori, mentre il treno viaggiava velocemente fra la natura verdeggiante di una Londra che a lui, cresciuto in una piccola contea del Chesire, era del tutto sconosciuta.
In quel momento, forse, capitò l’insolito: il mondo magico gli presentò uno della novità che lui credeva di non veder l’ora di conoscere, ma che prima di subito si rivelò essere tutto il contrario.
Louis, di nobile stirpe, al suo terzo anno stava ancora tentando di raggiungere la sua ambizione: diventare popolare. Ma sembrava cercasse la popolarità in posti veramente insoliti. Prima di tutto, da buon Serpeverde, credeva che umiliare gli altri fosse il primo modo per risaltare se stesso. Secondo poi, sosteneva che indurre gli undicenni a voler desiderare di entrare nella sua Casata, descrivendogliela in tutta la sua maestosità e in tutto il suo privilegio – Oh, il famoso Merlino era Serpeverde, mica pizza e fichi! – fosse l’opera che ogni Serpeverde dovesse compiere; infatti, benché non tutti meritassero di farne parte, era necessario che in molti invidiassero la sua fortuna.
Si sentì fortunato, quindi, quando passeggiando di vagone in vagone incappò in un pivellino col moccio sotto il naso che tamburellava euforico, in solitudine, guardando affascinato fuori dal finestrino.
Lui, dal primo anno, per tutte quelle ore di viaggio, era sempre andato a zonzo. Stare seduto a guardare il nulla gli sembrava proprio una perdita di tempo.
«Ciao» disse, entrando. Con un sorrisetto vispo stampato in faccia osservò il moccioso con un cespuglio di capelli corvini in testa e due occhi sgranati e curiosi di un verde sgargiante che si voltarono subito a guardarlo.
A Louis sembrò un ranocchietto, con quelle narici tondissime. Un ranocchietto che gli faceva una terribile tenerezza.
Gli si sedette di fronte, senza nemmeno chiedere il permesso di farlo, subito dopo essersi slacciato elegantemente la giacca della divisa di Serpeverde che già aveva indossato. Harry lo guardò sorridendo ingenuamente e «ciao!» replicò.
Non indagò molto sull’aspetto dello sconosciuto che era entrato disinvolto e si era seduto davanti a lui. Si sentì contento, in realtà, perché fare amicizia era uno dei buoni presupposti da fare che si era appuntato mentalmente. Gli sembrava una fortuna, quel visino spigoloso che gli sorrideva in un ghigno altezzoso.
«Primo anno?» domandò. Harry annuì, ampliando il suo sorriso.
Louis assottigliò lo sguardo. Quella faccia era troppo cutie pie, soprattutto ora che due fossette gli erano spuntate ai lati della bocca. «Come ti chiami?»
Sapere il cognome del ranocchietto poteva dargli tantissime informazioni. «Harry, tu?»
Louis rimase in silenzio, alzando indisponente un sopracciglio. Harry lo guardò in silenzio per un po’, prima di tramutare la sua espressione pacata in puro sconcerto.
«Il tuo cognome, di grazia?»
«Oh» esclamò. «S-Styles» rispose.
Louis ci pensò, abbandonandosi allo schienale dei sedili. «Mh» mugugnò. Ovviamente non ricordava l’intera lista delle famiglie Purosangue, ma quel Styles non gli diceva proprio niente.
«Styles, eh? Non mi dice proprio nulla…». Ma questo non significava granché, anzi, era piuttosto probabile che non fosse di discendenza Purosangue, considerato che le famiglie che si consideravano tali erano rarissime e quelle che facevano frequentare Hogwarts ai propri figli si potevano contare sulle dita delle mani.
«Sei straniero? Ho sentito che molte famiglie si stabiliscono in Inghilterra proprio per far frequentare Hogwarts ai propri figli» indagò.
Harry si accigliò e negò velocemente.
«No, no… io sono il primo» spiegò innocentemente Harry. Louis capì, ma finse di fraintendere mentre sorrideva blando. «Primo in cosa?» chiese con un tono fra la supponenza e lo sdegno. Stentava a crederlo che quello scricciolo potesse essere il primo in qualcosa… in qualsiasi cosa.
«Sono il primo mago! I miei genitori sono… normali» ovviamente, per lui che non aveva mai vissuto nel mondo magico, certe parole erano ancora del tutto ignote. Ci pensò Louis, con una smorfia schifata, a introdurgli dei nuovi vocaboli.
«Ah» disse, facendo una pausa catartica, tentando per lo più di mortificare il moccioso che lo guardava sorridendo. Un sorriso che presto gli scomparve da quel faccino dolcissimo, quando Louis «si dice Babbani. I tuoi genitori, intendo. E tu sei un Mezzosangue, il primo mago proveniente da una famiglia Babbana» sputò con mal celata indignazione, ora guardandolo dall’alto al basso – come se prima di allora si fosse contenuto un poco.
«Io e la mia famiglia, invece, siamo Purosangue» spiegò ancora saccente. «E significa che siamo maghi da molte, molte generazioni» si stirò la giacca, atteggiandosi mentre col suo sguardo affilato gli lanciava uno sguardo orgoglioso e fiero.
Harry ci pensò per un po’, mentre l’altro gli si pavoneggiava di fronte.
«Beh» esclamò pochi secondi dopo con tono decisamente più nasale del solito. Louis si accigliò, ancora quella smorfia sdegnante stampata in viso. «Alcuni dei tuoi lontanissimi parenti saranno stati figli di babbani, no? Trovo sia una cosa stupida classificarsi in base al sangue…».
Harry era molto intelligente, nonché molto disinvolto nel dire ciò che pensava. Anche a costo di risultare fin troppo sincero.
Louis, invece, soprattutto ora che il suo orgoglio era stato ferito a suon di ragionevolezze, era sempre stato una testa calda, quindi al suono di quelle parole che l'avevano scimmiottato si alzò furibondo, incenerendolo col suo sguardo di ghiaccio.
La magia poteva fare tante cose, ma per fortuna non poté trasformare quello sguardo in stalattiti pronte a trafiggere l’innocuo Harry che, col mento all’insù, guardava Louis scioccato. Il dubbio che avesse detto qualcosa di sbagliato, gli si insinuò nelle orecchie dopo che Louis sbraitò la sua collera: «Tu, sfigato moccioso dalla faccia da ranocchio» sì, sulle offese, Louis ci stava ancora lavorando.
«Ma come ti permetti di scimmiottare qualcosa di sacro come le famiglie Purosangue? A parlare è solo la tua invidia! Ti piacerebbe, eh? Essere come me. Un Purosangue, Serpeverde, ammirato e desiderato da tutti? Eh? Non sai proprio contro chi ti sei messo, lurido mezzosangue» lo offese, avvicinandosi alla porta dello scompartimento. L’aprì con violenza con tutta l’intenzione di andarsene senza aggiungere altro, mentre dentro di sé covava già i primi desideri di vendicare quell’affronto subito.
Tuttavia si ritrovò raggelato quando Harry, con un filo di voce, ribatté con tutta la sua innocenza: «Io credevo che le tue intenzioni fossero di fare amicizia, e non un tentativo di informarmi dove mi piazzo io e dove tu nella scala sociale della comunità magica. Sinceramente di questo non me ne frega nulla, ma a quanto pare tra tutto ciò che ci sarebbe da sapere su di te, è più importante la famiglia da dove provieni, che il tuo nome».
Louis, oltre che indignato, si ritrovò senza parole. Con le spalle rigide a guardare il vuoto, per un attimo non seppe proprio cosa dire. Quando si voltò, un ghigno mascherava quanto il suo orgoglio ne avesse risentito a parlare con quel moccioso.
«Diventare tuo amico, ranocchio?» lanciò una risata quasi isterica.
«Noi non siamo amici, né lo saremo mai» tagliò corto.
Trascinò la porta quasi a chiuderla, ma prima di farlo «non si può diventare amici di qualcuno che finirà sicuramente fra i Tassorosso. Sai, lì ci finiscono tutti gli sfigati come te. Ci si vede, Harry Styles» e chiuse con un tonfo, mostrandogli infine il dito medio dalla vetrata, per poi continuare a camminare lungo il corridoio.
Harry aveva ricevuto diverse informazioni in più, grazie a quello sconosciuto così arrogante, e fu piuttosto facile filtrarle attraverso una neutralità che sembrava più consona e meno vestita di pregiudizi.
Ma di una cosa era certo: se quel tipo apparteneva ai Serpeverde, Harry avrebbe preferito centomila volte la casa “degli sfigati” all’eventualità di diventare un bigotto come lui – che su una cosa aveva avuto ragione: non sarebbero stato amici ora, né lo sarebbero diventati in futuro.
Per fortuna, dopo una prima brutta impressione di tutto ciò che riguardava la magia di quel nuovo mondo che gli aveva insinuato Louis, Harry fu felice di scoprire che a Hogwarts non giravano solo fanatici ossessionati dalla fama, ma anche persone normali, tranquille e piacevoli.
«Ciao, io sono Niall e lui è Liam! Quel montato di Louis Tomlinson ti ha dato fastidio?» gli si presentò l’irlandese dalla chioma spettinata e l’allegria negli occhi. Accanto a lui, un ragazzino paffuto guardava l’amico con timidezza mentre gli sussurrava: «Non parlare così, quello potrebbe aver nascosto delle orecchie oblunghe qui da qualche parte. Lo sai come è fatto…».
Liam – il biondino gli aveva detto che quello era il suo nome – doveva proprio aver subito la stessa sorta di Harry, soltanto che a differenza sua, doveva esserne diventato succube.
«Nah, niente di così grave da dargli l’importanza che Louis Tomlinson ritiene di avere. Io sono Harry, Harry Styles e la mia famiglia è… babbana?» si presentò subito, convenendo da sé che così, tra maghi, ci si dovesse presentare.
Niall gli si sedette accanto mentre Liam, in silenzio, sedeva dove aveva sostato Louis.
«Chissà che t’ha messo in testa quel coglione di Tomlinson. Harry, giusto? – lui annuì – non devi mai prendere troppo in considerazione le parole di un Serpeverde, soprattutto se proviene da una famiglia di succhiasangue».
«NIALL!» si lagnò Liam, gettando sguardi disperati oltre la vetrata dello scompartimento. Niall lo ignorò «Fa silenzio, Liam».
Harry, invece, facendo associazioni mentali, dedusse automaticamente l'idea che oltre all'esistenza di maghi e di streghe, esistevano perfino i vampiri. E lui, secondo le parole di Niall, doveva averne appena incrociato uno, quel Louis Tomlinson. Difatti gli era sembrato un po’ pallido.
«Insomma, qualsiasi cosa ti abbia detto, non dargli ascolto! Non è realmente importante da dove tu provenga. Cioè sì… ma questo non ti pregiudica affatto». A Harry sembrò gentile, così annuì sorridendogli bonariamente.
Liam, che aveva iniziato a masticare delle… RANE?! – col proseguire dei giorni, gli sembrò meno strano – tentò nuovamente di ammutolirlo: «sì, ma ora finiscila, ché lo stai confondendo più di quanto già non sia! Harry, ti piacciono le cioccorane?» chiese, offrendogliene una.
Fino al calare della sera, e all’arrivo così nei pressi della Scuola di Magia e Stregoneria, Harry imparò tante altre cose e la curva della curiosità, che aveva subito una forte impennata verso il basso a causa del Serpeverde, riprese il decollo grazie a Niall e Liam, i suoi primi amici.
 
 
Il Cappello parlante diede a Harry Styles una possibilità di scelta: «Hai una pazienza da far invidia, l’astuzia mal non ti si addice, un'intensa lealtà che farebbe onore al buon vecchio Salazar… ma hai coraggio, sei curioso, istintivo e queste caratteristiche in pochi le possiedono veramente. Molto interessante… era da tanto che non mi ritrovavo così indeciso: dove ti metto?»
«Non a Serpeverde, non a Serpeverde!» pensò Harry. E non tanto per lo sgradevole incontro con uno di essi che aveva avuto durante il viaggio, bensì perché aveva trovato due amici, di Grifondoro e di Tassorosso, e l’idea che l’appartenenza a quella casa avrebbe potuto privargli di continuare ad essere loro amico, lo rattristava profondamente.
Se il Cappello avesse potuto provare un déjà-vu, lo avrebbe reso noto a Harry. Invece si limitò a sbuffare una risata e «Non a Serpeverde, eh? Sì, è vero, la tua testa mi ricorda proprio quella di uno che… oh sì… ma certo!» non ci fu una vera pausa, ma per Harry fu eterna. Trattenne il respiro fino a quando il Cappello Parlante non esclamò il nome di una delle quattro Casate.
 

«Harry Styles!» quel nome attirò l’attenzione di Louis Tomlinson, seduto fra i suoi compagni di casata, durante la prima cena a Hogwarts. Fino a quel momento, in cui il Cappello Parlante stava smistando i ragazzi del primo anno, Louis non aveva dato i segni di interessarsi granché agli eventi, se non agli undicenni che avevano l’onore di entrare a far parte della sua prestigiosa famiglia.
Fino a quel momento non aveva avuto nessuna delusione, quei quattro ragazzini smistati a Serpeverde li aveva già adocchiati e messi in conto di buon grado, ma a quel nome non poté fare a meno che voltarsi verso il centro della sala Grande e prestare tutta la sua concentrazione.
Vide per primo il cespuglio corvino e poi, di nuovo, quella faccia da rospetto. Un’altra smorfia gli si dipinse in viso, tramutata subito in un ghigno quando pensò che fosse ovvio dove quello sfigato sarebbe finito.
Sentì «GRIFONDORO» e piano il suo sorriso si trasformò in profonda delusione.
Affrancò quella sorpresa con una alzata di spalle colpa di finta sufficienza. D’altronde, esisteva una categoria ben più peggiore degli sfigati in Tassorosso: i Grifondoro.
Lo stupido era stato lui a non darlo per scontato.
 
 
Anche il secondo incontro ha la sua importanza. Per quanto si dica il contrario, diffidate sempre perché esso serve a confermare le prime impressioni.
Se Louis considerava Harry uno sfigato destinato ai Tassorosso, col secondo incontro avrebbe confermato la sua ipotesi – fondata su solide basi - nonostante il rospetto fosse stato smistato in Grifondoro.
Se Harry aveva considerato Louis un altezzoso bigotto dal quale avrebbe dovuto stare il più lontano possibile, il secondo incontro… fu una sfiga perché a quanto pare i suoi piani non stavano seguendo la giusta rotta.
Accadde verso la fine della settimana, dopo la prima lezione di Pozioni.
Harry aveva felicemente scoperto di amare la sua nuova scuola, nonché quello straordinario castello che ne aveva sempre una nuova da fargli scoprire. Era ancora scioccato dalle scale a cui piace cambiare e dai quadri che parlano, nonché dai fantasmi che gironzolano indisturbati per Hogwarts. Sì, era tutto meraviglioso.
Perfino le lezioni e studiare! Agitare la bacchetta e pronunciare correttamente gli incantesimi. Volare su una scopa! Non era eccezionale, anzi, era piuttosto goffo… ma il Quidditch sembrava uno sport emozionante! – che non avrebbe praticato MAI. Ancora non aveva ben capito come funzionasse, ma solo il fatto che si dovesse volare su una scopa VOLANTE sembrava meraviglioso.
Per tutta la barba di Merlino – esclamazione che usava da pochissimo tempo – adorava essere un mago!
La lezione di Pozioni lo entusiasmava, ma non troppo. E il motivo principale era il fatto che dovessero condividerla con i Serpeverde. Per fortuna non con Louis Tomlinson, di due anni più grande, e la sua combriccola di amici regolarmente abilitati, per lignaggio e cose del genere, ad essergli amico o, per come la vedeva Harry, abbastanza idioti da essere alla sua altezza. Nonostante l’assenza del succhiasangue, i Serpeverde sembravano essere tutti degli arroganti insopportabili. Ciò nonostante, Harry Styles non sembrava andare poi così male nemmeno in quella materia.
A fine lezione, ci impiegò più tempo, rispetto a tutti, nel sistemare il calderone, il mortaio e tutti gli altri utensili per poi prendere i libri e uscire. Così quando attraversò la porta antica dell’aula umida di Pozioni, nascosta nei sotterranei del castello, si imbatté in un gruppo di Serpeverde.
Louis Tomlinson, uno di loro, appena uscito dalla sala comune dei Serpeverde e diretto a lezione di Trasfigurazioni, lo intravide subito e «Styles!» lo chiamò. Harry si limitò ad una alzata d’occhi al cielo e per distrarsi pensò a quanto fosse meravigliosa la magia che incantava il soffitto della sala grande.
«Ohi, c’è nessuno dentro questa testa da rospo?» lo pungolò Louis, tentando di ottenere la sua attenzione. Quando Harry gli puntò gli occhi addosso, nei suoi goliardici e glaciali, lo fissò seccato.
«Ciao».
Louis lo colpì piano all’altezza dello stemma di Grifondoro inciso sulla sua divisa.
«Grifondoro, eh?» puntò le iridi sul Leone di profilo nell’atto di ruggire per poi incanalare il suo sguardo negli occhi di un verde folgorante che esprimeva tutto il coraggio che doveva star usando per fronteggiarlo alla pari.
Tutti uguali, i Grifotonti – pensò Louis – sempre pronti a dimostrare quanto la loro forza d’animo possa renderli all’altezza della situazione. Lo soppesò da capo a piedi e fece una smorfia, indietreggiando. Rimaneva pur sempre un Nato Babbano insulso.
Harry tentò di sorpassarlo per incamminarsi lungo il corridoio, ma Louis lo fermò mettendosi rapido davanti a lui.
«Scappi? Hai forse paura di me?».
A Harry scappò una risata, prima di guardarlo, oltremodo sorpreso dal fatto che Louis credesse davvero che lui fosse intimorito dalla sua persona.
«Affatto, la verità è più semplice di quanto il tuo cervello possa arrivare a capire: tu non mi piaci, la tua arroganza mi dà ai nervi così come la mia faccia da rospo e il mio sangue sporco non piacciono a te. La cosa è piuttosto semplice, comprendi?».
Louis serrò la mascella e si sforzò di sfotterlo con un ghigno.
«Limpidissimo, direi» rispose, sorprendentemente d’accordo con il ragazzino più piccolo. Harry saettò il suo sguardo negl’occhi limpidi di Louis, un po’ incerto sul da farsi, poi annuì e «perfetto» concluse, cercando nuovamente di farsi strada. Una manciata di passi e Louis fu di nuovo davanti a lui, a ostacolargli il passaggio.
«Ma c’è una cosa, ancora» con l’indice alzato, costrinse il Grifondoro ad indietreggiare fino a raggiungere una parete, dove lo schiacciò con prepotenza. «Non provare mai più a darmi dell’idiota senza cervello o ti fatturo l’esistenza, Styles» Harry lo sfidò con gli occhi ridotti a due fessure mentre si appuntava mentalmente quell’espressione (minacciosa) davvero carina.
«Quindi capisci davvero ciò che ti dico: buono a sapersi. Ci si vede, Louis Tomlinson» replicò, spingendo il Serpeverde a indietreggiare con una spalla contro la sua spalla. Louis fu troppo sorpreso per reagire prontamente a quella risposta e così, mentre lo guardava correre via, meditò per la seconda volta vendetta.
Il secondo incontro servì veramente a confermare le prime impressioni.
Per Harry, Louis non solo era veramente troppo pallido da confermargli l’idea che fosse un vampiro, ma divenne ufficialmente il pallone gonfiato che gli era sembrato fin dal principio, facile perfino da sgonfiare senza nemmeno l’uso della magia.
Per Louis, invece, Harry non solo continuava ad essere tremendamente cutie, con quella faccetta da rospo, ma ai suoi occhi ottenne ufficialmente la parte che gli aspettava di diritto, quella di nemico giurato, che doveva assolutamente essere messo a tacere.
 
 
Da questo punto in poi è ovvio pensare e immaginare che Louis non desse pace a Harry e che Harry a stento riuscisse a sopportarlo, senza sfuriare tutto il nervosismo che quell’essere era in grado di fargli provare. Ma fu proprio per uno dei soliti dispetti di Louis, che poi lui e Harry si ritrovarono a incamminarsi sulla via dell’amicizia.
Ora, come avrete ipotizzato, Louis Tomlinson non era propriamente una bella persona ma su una cosa devo ammettere che aveva proprio ragione.
Perché se tra l’amicizia e l’amore intercorre la distanza di un solo bacio, chi sta in mezzo all’odio e all’amicizia è proprio un bel cazzotto nello stomaco. Come ipotizzato da Louis, insomma.
Perché sì, Harry e Louis divennero amici - beh, a grandi linee - proprio quando Harry, perdendo la pazienza durante l’ennesimo dispetto di Louis, gli si avventò inferocito, piantandogli a sorpresa un bel cazzotto all’altezza dello stomaco.
 
Non era una novità che un Grifondoro e un Serpeverde finissero per bisticciare, arrivando ad usare perfino le mani – e le gambe. Accadeva sin dagli albori di Hogwarts, perfino Godric Grifondoro e Salazar Serpeverde avevano avuto sempre le discussioni più accese.
Quella tra Louis e Harry, quindi, sembrò molto insignificante per i motivi per cui accadde, ma ovviamente abbastanza interessante agli occhi di chi poté assistere alla scena.
Risalito dai sotterranei dopo una lezione di Pozioni, Harry era corso nel giardino di fronte all’aula di Trasfigurazioni. Non si era sbagliato, quando vi trovò Louis e la sua compagnia di amici.
Prima cosa sbagliata che fece, d’impulso, fu prenderlo alle spalle e spingerlo con cattiveria. Louis, ovviamente, capitombolò fra i suoi compagni che lo sorressero alla bell’e meglio, prima di girarsi con sguardo omicida verso chi lo aveva spintonato.
Ciò nonostante, poi non fu sorpreso di ritrovarsi l’espressione livida di Harry Styles.
Quel rospo gli sembrava tenero anche in quello stato. Rise in un ghigno che fece apparire il suo viso smunto ancor più tagliente del solito.
«LO SO CHE SEI STATO TU!» gli urlò il Grifondoro addosso, dandogli ancora più soddisfazione. Louis si finse sorpreso, mentre bloccava i suoi amici dal prendere iniziativa contro il Grifondoro: «Non ho proprio idea di cosa tu stia parlando» affermò. Vide Harry stringere le mani in due pugni mentre con un mugolio insofferente cercava di tenere a bada la propria rabbia. E cosa poteva fare, quindi, un Serpeverde, se non istigarlo fino ad ottenere ciò che voleva?
«Lo sai, sì, che la mia vita non ruota attorno alla tua, ranocchio?».
A quel punto, Harry non seppe più contenersi. Perché era certo. Ne era sicuro, dopo tutto ciò che aveva dovuto passare, a causa di quel tipaccio succhiasangue.
«NON DIRE STRONZATE! SONO SETTIMANE CHE MI RENDI LA VITA UN INFERNO. LO SO CHE SEI STATO TU! QUEL ROSPO NEL MIO CALDERONE CE LO HAI MESSO TU!» urlò, attirando l’attenzione di Niall che, lì nei dintorni, gli si avvicinò di slancio per impedirgli di prendersi a cazzotti col Serpeverde. Harry, di questo, tanto era fuori di sé, nemmeno se ne accorse.
Louis rise, ululando. «Styles, davvero pensI che io abbia così tanta considerazione di ciò che ti riguarda? Non sei nessuno, fattene una ragione. Quel rospo ci sarà finito per sbaglio o… ma che diavolo mi importa!? Và, torna da dove sei venuto, riunisciti ai tuoi simile, ranocchio, prima che tu possa pentirti delle tue azioni», sì, per quanto velata fosse, quella era una provocazione bella e buona.
Harry esplose, liberandosi della presa di Niall che subito urlò il suo nome, e si avventò su di Louis tirandogli un cazzotto sullo stomaco, al quale, dopo vari gemiti di dolore, seguì da parte del Serpeverde un pugno in pieno viso.
Subito attorno a loro si accerchiarono diverse persone, mentre continuavano a tirarsi calci e pugni finendo per rotolare sul terreno umidiccio dell’atrio.
C’era chi gridava il nome di Louis e chi patteggiava per il Grifondoro, per il primino che aveva avuto così coraggio da mettersi in lite con un Serpeverde.
A dividerli fu la preside stessa, una donna dall'aspetto piuttosto severo, che portava un paio di occhiali squadrati di forma identica ai segni che il gatto aveva intorno agli occhi. Anche lei indossava un mantello, ma color smeraldo. I capelli neri erano raccolti in uno chignon1
Minerva McGranitt agitando la bacchetta «Immobilus» scandì austera, paralizzando il Grifondoro e il Serpeverde coinvolti nella rissa. Vederli a terra, immobili, in quella posizione intrecciata veramente scomoda sembrò strano agli occhi di tutti gli studenti che sparirono, poi, alla velocità della luce quando si resero conto di avere la Preside in persona, lì, davanti ai loro occhi.
«Styles, Tomlinson. È finito il momento di dare spettacolo nel cortile della scuola» li rimproverò. Quando con un altro gesto veloce del polso, furono liberati dall’incantesimo che li teneva ancorati come una coppietta di amanti, Harry e Louis si spinsero tra loro per allontanarsi e rimettersi in piedi. Si guardarono in cagnesco, con i capelli in disordine e le divise di entrambi sporche di terra ed erbacce, ma non per molto, grazie ancora alla Professoressa McGranitt che con un colpo di tosse, li rimise alla sua attenzione: « Non fatevi prendere per le orecchie e seguitemi immediatamente nel mio ufficio.»
Lungo il tragitto, Harry pensò che per colpa di Louis sarebbe stato espulso. Già si immaginava la delusione dipinta sui visi dei suoi genitori e per questo gettò uno sguardo incollerito – ancora – verso Louis che, dal suo canto, camminava fiero nonostante l’andatura un po’ acciaccata dovuta probabilmente ai colpi subiti.
Louis non stava pensando a nulla, ma l’idea che Harry Styles sarebbe stato certamente punito per averlo ingiustamente, o meglio senza prove, attaccato, lo inorgogliva quel tanto da renderlo tronfio e pieno di soddisfazione.
Tutto scemò quando nell’ufficio della Preside, la Professoressa McGranitt, nella sua posizione austera, annunciò loro che «siete entrambi in punizione».
Se la reazione di Harry fu abbassare il capo, piuttosto sconsolato ma decisamente rassicurato dalla consapevolezza di non essere stato espulso, quella di Louis fu un tantino più animata.
«MA PROFESSORESSA!» urlò istericamente.
Minerva McGranitt si limitò ad alzare un sopracciglio, quell’espressione era inequivocabile quanto il suo disappunto.
Louis sapeva cosa stesse rischiando, quindi in un primo momento si morse la sua lingua, mandando giù tutto il veleno mentre guardava torvo il Grifondoro affianco a sé.
«Non me lo sarei mai aspettato da te, Styles. Dovresti onorare la Casa alla quale appartieni e non il contrario» iniziò la strigliata, ignorando la furia che imperversava nel Serpeverde. «Mi dispiace, professoressa» miagolò il Grifondoro, a testa china. Quanto si vergognava!
«E tu, Tomlinson, dovresti dare l’esempio a quelli del primo anno e non-»
«Ma Professoressa! È stato lui a iniziare! Cosa avrei dovuto fare, subire? Non è onorevole per un Serp-» protestò Louis interrompendola. La McGranitt, in ogni caso, non gliela fece passare liscia: «L’onore, Tomlinson, sta anche nel portare rispetto alle persone più grandi di te e non nell’interromperle mentre queste stanno parlando».
Louis tacque dopo un «mi scusi», a denti stretti, maledicendo la fortuna che Harry Styles aveva avuto nell’essere stati beccati dalla Preside che era, palesemente, a favore dei Grifondoro.
«Ovviamente ora mi toccherà togliere dei punti ad entrambe le vostre case» riprese, dopo una profetica pausa. «Ebbene: 20 punti in meno a Grifondoro e a Serpeverde» annunciò.
Louis mugugnò infastidito, senza il coraggio di guardare la professoressa per manifestargli il senso di ingiustizia che stava provando.
Harry, ancora, non fece e disse niente. Davvero, doveva star sentendosi un miracolato.
«Ora ritornate alle vostre lezioni, è lì che dovreste impegnare tutte le vostre energie. Alla fine della giornata scolastica fatevi trovare nell’aula del Professor Rüf, sconterete con lui la vostra punizione».
Harry e Louis si guardarono disperatamente, mentre davano le spalle alla professoressa di Trasfigurazione, per poi incamminarsi fuori dall’ufficio – quello si poté considerare il primo gesto di complicità fra i due: la disperazione, perché entrambi conoscevano il professore di Storia della Magia e quella punizione sarebbe stata una vera tortura.
Insolito pensare che fu grazie alla McGranitt.
La preside di Hogwarts li guardò, rigida nella sua posizione, fino a quando i due ragazzini, con passo mogio, sparirono oltre il gargoyle.
«Oh Minerva cara, non sarai stata troppo dura con quei ragazzi? In fondo, non sono stati né i primi, né saranno di certo gli ultimi a farsi la guerra». Parlò un uomo magro e molto vecchio, a giudicare dall'argento dei capelli e della barba; dietro gli occhiali a mezzaluna aveva due occhi di un azzurro chiaro, luminosi e scintillanti, e il naso era molto lungo e ricurvo, come se fosse stato rotto almeno due volte. L'uomo, dipinto in uno dei quadri nella parete dietro la scrivania, si chiamava Albus Silente2.
Non aveva perso la sua voce né il suo sguardo vispo. La Professoressa McGranitt si voltò, col mento alzato per guardarlo, e un po’ di malinconia attraversò i suoi occhi di gatto. L’assenza di quell’uomo, di quel vecchio e caro amico, si faceva sentire ogni giorno sempre più prepotentemente.
«Oh Albus, non ti ci mettere anche tu, suvvia» replicò lei, spazientita sedendosi sulla poltrona e dandogli le spalle.
«In punizione con Cuthbert, non vorrai farli morire… di noia!» ironizzò lui.
Ciò che non sapete è che al quadro di Albus Silente piaceva davvero molto parlare, da quando non poteva più passeggiare avanti e indietro per il suo studio in particolar modo; quindi in quell’ufficio era un continuo chiacchiericcio, dalle prime luce del mattino fino a notte tarda. Ma Minerva McGranitt, benché non fosse cambiata poi molto in quegli anni, si era abituata a sentirlo come fosse un suono in sottofondo e lo lasciava fare, cullata da una nostalgia che non le dava tregua.
«Hai proprio scoperto il mio piano malvagio, Albus, ora cosa farai per fermarmi?» rispose beffarda, sorridendo sotto i baffi sinuosi da gatta.
Albus Silente ridacchiò, e fu come i bei vecchi tempi.
 
Harry e Louis corsero in silenzio giù per le scale a chiocciola e, soltanto una volta fuori dall’ufficio della Preside, l’uno affianco all’altro, con i volti girati per guardarsi, si fronteggiarono con astio e risentimento.
«Sarai contento, ora. Hai fatto perdere alla mia Casa un sacco di punti» come se la punizione col professore di Storia della Magia non fosse ulteriormente seccante.
«Se non mi avessi fatto cucinare un povero rospo, facendo impuzzolentire tutta l’aula, a quest’ora non ci ritroveremmo qui. È colpa tua!» replicò testardo Harry.
Louis sbuffò. «Quindi la nostra povera Miss Styles ci ha lasciato quest’oggi? Cotta dal marito, che drammatica fine, la sua» lo prese in giro, sorridendo nell’ennesimo fastidioso ghigno.
Harry strinse i pugni, pronto a sferrargliene un altro. Si arrestò grazie al pensiero che alle proprie spalle ci fosse la McGranitt pronta a cacciarlo dalla scuola a calci nel sedere se solo avesse fatto un altro passo falso.
«Me la pagherai, Louis» disse soltanto. Non sapeva come, né quando… ma per un attimo in lui ebbe la meglio quella parte da serpe che il cappello parlante doveva aver rintracciato nella sua personalità.
Il viso di Louis si illuminò di finta gioia, con una mano sul petto «Oh, ora ci chiamiamo per nome? Allora a stasera, Harry» replicò, iniziando ad allontanarsi.
Harry lo fissò fino a quando non sparì e poi guardò il vuoto per un tempo indefinito.
«Harry!» si ridestò quando la voce di Niall, che correva verso di lui, lo chiamò con tono preoccupato. «Cosa è successo?»
Harry fece spallucce. «In punizione, con Tomlinson. E, ah sì, 20 punti in meno a Grifondoro… mi dispiace tanto» concluse con tristezza. Niall ridacchiò, afferrandolo per una spalla e «ma non preoccuparti, io li perdo per strada quotidianamente! Ci rifaremo con il Quidditch!» lo rincuorò sorridendogli.
Iniziarono a camminare, facendo un tratto di strada insieme prima di separarsi per raggiungere ognuno la propria lezione.
Prima di salutarlo, Niall ci tenne a dargli un consiglio: «Comunque, la prossima volta che vuoi affrontare quell’idiota di Louis, usa la bacchetta. Tu sei un mago, Harry! Le scazzottate lasciamole ai Babbani».
E non aveva tutti i torti, Niall.
 
 
Harry si incamminò verso l'aula del professore di Storia della Magia con lo stesso entusiasmo con cui un condannato al bacio del dissennatore avrebbe camminato verso la propria morte. Pensare di dover trascorrere la fine di quella giornata assieme a un fantasma tedioso e un arrogante Serpeverde, non gli dava pace nel fargli credere che l'Inferno, in realtà, fosse esattamente quello e che lui ci fosse finito per sbaglio, ingiustamente. Condannato per aver ucciso un povero rospo.
Entrò nell'aula dopo aver bussato. Due ragazzi, di cui uno riconobbe subito la sagoma e i capelli, gli davano le spalle mentre il professor Rüf sedeva dietro la cattedra con la stessa espressione indecifrabile sul volto.
«Buonasera Professore» salutò educatamente, prima di sedersi il più lontano possibile dal Serpeverde, Louis, che si era voltato a guardarlo con un barlume di speranza. Come se fino a quel momento si fosse disperato al pensiero di poter davvero morire di noia.
«Larry Stylinson!» lo chiamò erroneamente. Harry alzò un sopracciglio, dopotutto non era ancora abituato ai consueti errori del professore. Anche perché da un insegnante che aveva una memoria impeccabile e sapeva ogni minimo fatto storico, anche vecchio di 3000 anni, era assurdo pensare che facesse confusione con i nomi e i cognomi dei suoi studenti.
Il terzo ragazzo, con un giornalino tra le mani a nascondere il viso, rise sonoramente mentre Louis mugugnava sofferente «Prof! Louis Tomlinson e Harry Styles! Gliel'ho già detto, siamo due persone! Due!».
Solo a quel punto Harry capì che ce l'aveva con lui, così si alzò e si avvicinò prontamente alla cattedra: «Mi dica, professor Rüf».
Il fantasma lo guardò con occhi vitrei. A Harry sembrò che pensasse a quando lo avesse richiamato alla cattedra per parlargli, perché senz'altro non ricordava cosa volesse dirgli.
«Oh certo, certo. Mettiti vicino al tuo compagno, così posso controllarti meglio. Ho la cataratta, e non ci vedo molto bene».
Harry annuì, imbarazzato, e senza aggiungere nulla si sedette in prima fila, accanto a Louis.
«Mica lo sa che ha tirato le cuoia!» esclamò Louis, subito. Harry lo ignorò.
«Un secolo che è morto e nessuno ha avuto la prontezza di farglielo sapere!»
Harry alzò gli occhi al cielo. Louis parlava tanto. Harry lo sapeva soltanto perché spesso si era ritrovato a osservarlo distrattamente, seguito dal solito gruppo di Serpeverde, ed era sempre, sempre in una fomentata discussione con uno dei suoi amici. Ora, sicuramente disperato per dieci minuti in solitudine, in compagnia di un fantasma e di un tipo apparentemente poco socievole, doveva aver deciso di parlare con lui riguadagnandosi il tempo perduto. Con Harry Styles. Il rospo a cui non dava tregua.
Eh sì, Louis doveva essere veramente disperato.
«Professore, mi scusi, ma mentre siamo qui in punizione con lei, dobbiamo fare qualcosa?»
Il fantasma del professor Rüf sembrò pensarci.
«In effetti, Larry, ora che mi ci fai pensare, dovrei assegnarvi qualche cosa da fare»
Louis gli tirò una gomitata che lo fece piegare verso di lui e alla quale Harry rispose pestandogli un piede.
Il fantasma, completamente ignaro di tali comportamenti, continuò: «Se non avete dei compiti da fare, commentatemi uno dei vostri periodi storici preferiti, minimo tre pergamene».
Fu Louis a prendere subito parola, parlandogli sottovoce: «Che tu sia dato in pasto a un Troll di montagna, Harry Styles!» per maledirlo, senza mandarglielo a dire.
Harry, dopo aver ringraziato il professore, si voltò verso Louis e, ingenuamente, gli chiese: «secondo te per periodo storico intendeva uno riguardante il mondo magico oppure uno in generale?»
Louis lo guardò schifato, dall'alto verso il basso: «prima o poi al San Mungo apriranno un reparto solo per te, Styles. Abbi fiducia» replicò sarcasticamente.
Harry fece spallucce e poi negò sussurrando: «per i coglioni invece c'è solo da perdere le speranze».
Quando Louis, con voce grossa (o beh, stridula, nel suo caso) tentò di replicare con un «Come diavolo ti permetti, lurid-» fu interrotto dal terzo ragazzo, fino a quel momento silenzioso poche file dietro di loro, che abbassando il giornalino «Perché voi due non vi prendete una stanza da Madama Rosmerta e la finite di fare i gay ingenui?» sentenziò.
A Louis sembrò veramente che uscisse del fumo dalle orecchie, tanto quelle parole lo avevano fatto arrabbiare, ma quando si girò per urlare (ancor più istericamente di prima) la voce gli si spezzò facendogli uscire un cinguettio imbarazzante.
«Ihhhh» a Harry ricordò vagamente il rumore della pentola a pressione, o l’acqua del tè quando è pronta. Per questo fu subito incuriosito da quella reazione e si voltò a guardare ammirato colui che era riuscito a sgonfiare letteralmente quel pallone gonfiato di Louis Tomlinson.
Così, in un silenzio davvero strano, Harry guardò prima il Serpeverde e poi il terzo ragazzo.
Non indagò ulteriormente, anche se avrebbe potuto usare il momento a suo vantaggio chiedendo il perché Louis stesse reagendo in quel modo, ma il giornalino che il ragazzo aveva avuto fra le mani fino a quel momento catturò tutta la sua attenzione.
«È un fumetto quello?» domandò con gli occhi lucidi. Lo sconosciuto che già ammirava per due motivi precisi (il mutismo di Louis e il fumetto in questione) guardò verso il basso e con un sorriso smagliante (e disarmante) annuì compiaciuto: «Sì, anche tu sei un appassionato?».
Ma torniamo al nostro caro Serpeverde, che fino a quel momento si era letteralmente sgonfiato di tutta quell’aria da gradasso, mentre guardava il suo mito interagire con quel dannato rospo seduto al suo fianco.
Era Zayn Malik, ex Capitano, nonché ex portiere della squadra di Corvonero e campione del torneo tremaghi, svoltosi l’anno precedente.
Se Louis aveva perso tutto il suo smalto da serpe e non aveva reagito alla provocazione di quel ragazzo, il motivo era semplicissimo: Zayn Malik era l’emblema di tutto ciò a cui Louis tentava di ambire. Ancor prima di entrare a far parte come studente a Hogwarts, Louis conosceva ogni cosa del leggendario Zayn Malik, perciò ritrovarselo lì era davvero un colpo alla sua sanità mentale.
Popolarità, maestria, fierezza, onore… erano queste tutte le caratteristiche che aveva sempre agognato per sé e che quel ragazzo aveva dimostrato a tutti di avere.
Zayn era stato l’immaginario a cui aveva sempre ambito e se ora allungava la mano, poteva toccarlo. Incredibile. Oh sì, Louis voleva essere proprio come Zayn Malik, anzi, migliore di lui!
In quel momento si ridestò, consapevole che in tutto quell’idillio ci fosse qualcosa che non andasse.
Harry stava ammirando come i disegni del fumetto fossero in movimento, come le immagini della Gazzetta del Profeta, e Zayn era entusiasta – lo si percepiva da come gli occhi scuri gli brillassero di gioia – nel spiegargli che, sì, nel mondo magico erano ancora pochi i fumettisti che facevano della loro passione un lavoro, ma quei pochi era delle vere e proprie perle rare.
«Un momento» intervenne Louis in un sussurro, gettando un’occhiata verso il fantasma. «Tu sei Zayn Malik» lo indicò. Harry fissò Louis con cipiglio. Non capiva cosa ci fosse di strano. Quando il Serpeverde lo guardò, cercando una complicità che non ottenne, si voltò seccato verso Zayn, di nuovo, che «Sì, penso di sapere anch’io chi sono… da diciotto anni, più o meno» rispose schernendolo con un sorriso impertinente. Harry, se possibile, adorò ancor di più il modo in cui si prese gioco di Louis e sghignazzò.
Louis, paonazzo, si schiarì la voce prima di riaprire bocca.
«Nel senso, cosa ci fai qui se ti sei diplomato l’anno scorso?» riuscì finalmente a rendere chiaro il senso di stranezza nel ritrovarsi il suo mito seduto a pochi banchi dietro di lui.
Harry spostò nuovamente lo sguardo dall’uno all’altro e con stupore «Oh, anche tu studiavi qui?» chiese, perché era evidente che quel ragazzo fosse più grande di entrambi.
Louis lo guardò bieco, nuovamente quell’espressione schifata che gli riservava sempre in qualsiasi occasione. Ovvio che Harry Styles non avesse proprio idea di chi fosse lo straordinario Zayn Malik.
Harry, dal canto suo, lo ignorò. Come faceva sempre.
«Sto facendo praticantato col professor Rüf. Se riesco ad arrivare alla fine di questi dodici mesi e a fare in modo che si ricordi il mio nome e il motivo per cui lo assisto quotidianamente, posso riuscire a realizzare il mio sogno: entrare nel gruppo di ricercatori storici, raccomandato da uno dei migliori professori in circolazione – beh in quanto fantasma!». Harry annuì, profondamente ammirato. La reazione di Louis, invece, non fu la medesima.
Tutto qui? Riusciva soltanto a pensare a quanto fossero deludenti le ambizioni di colui che tanto aveva ammirato. Lo guardò con sufficienza, mentre pensava che, di certo, nel corso della sua vita, avrebbe potuto dimostrare di essere migliore del ricordo che tutti si erano fatti di Zayn Malik, il leggendario vincitore del torneo tremaghi.
«Mayn Zalik, si avvicini a me, in fretta» lo chiamò il fantasma. Zayn guardò Harry e sorrise: «Ho ancora 9 mesi a disposizione, ci riuscirò» esclamò facendogli l’occhiolino. Harry gli riconsegnò il fumetto che aveva tenuto in mano per sfogliarlo, ma Zayn lo fermò con un palmo della mano: «Tienilo, è un regalo per un appassionato come me. Spero ti piaccia, i disegni sono opera mia!» Harry lo ringraziò più e più volte, anche quando Zayn ritornò al suo posto una mezz’ora più tardi, mentre Louis per tutto il tempo non aveva fatto altro che canzonarlo, fingendosi di divertirsi nel prenderlo in giro, quando in realtà – benché fosse deluso dalle scelte di Zayn – non poteva fare a meno di provare invidia nei confronti di quel Grifondoro al quale sembrava bastare un sorrisetto da ranocchio innocente per conquistare la simpatia degli altri, anche di tipi famosi come il Corvonero.
Harry, per quanto si sforzasse di ignorarlo, si era reso conto dell’interesse che Louis provava per Zayn e dell’invidia che lo stava logorando e sfogando su di lui. Lo ignorò per leggere tutto il fumetto che Zayn gli aveva concesso di tenere, stupendosi senza mai farci l’abitudine alle immagini in movimento che rendevano quel fumetto una sottospecie di cartone animato ma anche più straordinario. Lo finì ben presto, divorandolo, e quando tirò dritto la testa davanti a sé, sentì con violenza il ritorno alla realtà. Non fu traumatico soltanto perché si trovava a Hogwarts. E lo fu, perché Louis Tomlinson sedeva ancora accanto a lui.
Si voltò a guardarlo, notando immediatamente quelle iridi di stalattiti fuse saettare verso la pergamena bianca sotto il suo muso, che attendeva placida di essere scritta. Harry si lasciò scappare un sorrisetto divertito.
Era ovvio che il Serpeverde volesse leggere quel fumetto. Il suo maledetto orgoglio, però, gli impediva di renderglielo noto.
Harry Styles non avrebbe voluto dargli una tale soddisfazione, ma era così ansioso di poter commentare con qualcuno ciò che aveva letto che si ritrovò a constatare che fosse disperato, se gli andava bene che fosse proprio Louis.
Ci girò attorno.
«Io ho finito…non è che vorresti leggerlo invece di fare i compiti?».
Louis alzò il mento e lo osservò prudente. Per un attimo gli sembrò un cucciolo cresciuto in solitudine quando entra in contatto per la prima volta con un altro essere vivente. Glielo offrì avvicinandoglielo. Louis reagì con una smorfia, guardando di soppiatto verso Zayn per accertarsi che non li stesse ancora tenendo d’occhio.
Harry insistette allungandoglielo e aggiungendo: «Allora? Lo vuoi o no?».
Louis alzò gli occhi sul viso del Grifondoro e lo fissò con austerità, cercando di nascondere alla bell’e meglio la propria curiosità. «Di cosa parla?»
Di esseri umani privi di magia che entrano in guerra con una forma aliena di intelligenza sovraumana.
«Di famiglie come la tua, sì, di Purosangue rispettabilissimi che… governano il mondo. Tutto il mondo» disse Harry, inventando di suo pugno. Tremò, quando dietro di sé sentì Zayn sogghignare divertito.
Una scintilla di fuoco attraversò gli occhi cristallini di Louis: ora Harry sapeva che cosa servisse per fondere quel gelo lì dentro. Un briciolo di furbizia.
Louis glielo strappò letteralmente di mano tirandoselo a sé e iniziando a leggere quelle pagine non appena vi nascose il viso al suo interno, senza proferire parola.
«Prego» borbottò il Grifondoro, sorridendo tronfio, per poi iniziare a fare i propri compiti.
 
Una ventina di minuti dopo, lo stesso fumetto che gli era stato strappato di mano con tanto vigore, gli venne lanciato con la stessa verve sulla pergamena sulla quale stava scrivendo. Il commento di Louis fu «ti credi così tanto spiritoso, eh ranocchio?». Ma, a dispetto dal suo solito, non sembrava affatto in collera con lui.
Harry prese tra le mani il fumetto, spostandolo appena di lato, mentre guardava Louis con un sorrisetto beffardo. «Ti è piaciuto, eh? Hai visto che figata pazzesca quando combattono, usando quelle armi supertecnologiche e facendo il culo agli alieni? Wow!» disse tutto d’un fiato, mentre gli occhi gli brillavano di euforia.
Louis lo osservò placido per qualche secondo, come se volesse gustarsi quella visione. Difatti, all’insaputa del Grifondoro, felice in quel modo, con il ritorno delle fossette ai lati della bocca, era scioccamente troppo tenero. Si limitò a rispondergli, infine, con un’alzata di spalle «Noi avremmo risolto in un decimo di secondo, con una maledizione senza perdono» commentò asciutto. Ma in realtà gli era piaciuto da morire.
«È la parte di cui vado più fiero» gli bisbigliò Zayn, attirando l’attenzione di entrambi. Louis lo vide mentre faceva l’occhiolino al ragazzo seduto accanto a sé. Saettò lo sguardo su Harry, che gli sorrideva affabile, e si indispettì, borbottando qualcosa che non capì nemmeno lui; perciò senza aggiungere altro, riprese i compiti di Astronomia fino alla fine delle tre ore di punizione.
Anche se, di tanto in tanto, inconsciamente, si ritrovava a girarsi verso l’altro per osservarlo. Chissà che cosa ricercasse in lui, in quegli attimi di alienazione. Sta di fatto che ogni volta, il Serpeverde tornava a guardare la pergamena maledicendosi e ricordandosi: «Non puoi e non devi fare amicizia con lui».
 
 
We just try to keep those secrets in our lives
And if they find out, will it all go wrong?
 
 
Harry confermò la sua tesi in breve tempo: i Serpeverde erano tutti delle piantagrane. Da quando Louis Tomlinson aveva di poco mollato la presa su di lui, schernendolo di rado e utilizzando molto di meno le situazioni a portata di mano per stuzzicare la sua impazienza, ci avevano pensato i Serpeverde del suo stesso anno a sostituirlo. E questo da quando Louis aveva commissionato loro di mettere il famoso rospo nel suo calderone. Quindi, in pratica, alla fine dei fatti era sempre colpa di Louis.
Harry, comunque, aveva tentato di esercitarsi con gli incantesimi, nel tempo libero, per potersi difendere alla pari, ma ciò nonostante, almeno una volta alla settimana, per un dispetto o qualsiasi altra burla, andavano a cercarlo come fosse un appuntamento inderogabile.
Aveva imparato perfino i nomi dei molestatori che avevano preso il brutto vizio di torturarlo: Max, Jay, Tom, Nathan e Siva. In cinque contro uno solo, quel numero era sì capace di fargli mancare i bei vecchi tempi in cui doveva vedersela soltanto con Louis.
A proposito di lui. Louis si era dato alla macchia da quando quel dì in punizione con Harry Styles, aveva avuto il dubbio che davvero potesse farselo come amico.
Lo stesso in cui aveva avuto la fortuna di incontrare la leggenda, Zayn Malik, il modello di tutte le sue ambizioni. Colui che, alla fine, le aveva perfino deluse.
Era ovvio, quindi, che si sentisse un po’ perso… con tutte quelle novità.
Se ne stava spesso per i fatti suoi, parlava sempre di meno e durante le lezioni ascoltava l’insegnante, piuttosto che distrarsi come sempre. Perché farlo, significava dare modo alla fonte più vigorosa dei suoi pensieri di accendersi e tormentarlo senza dargli pace.
Prima o poi, avrebbe dovuto scendere a patti. Evitò quel pensiero, per la prima volta, mentre passava davanti al bagno di Mirtilla Malcontenta.
«Oh povero ragazzo!» si lagnava il fantasma della ragazza, aggirandosi verso le alte finestre che affacciavano sul ponte di pietra della scuola. «Povero ragazzo! Che brutti ragazzacci! Lasciatelo in pace!» urlava disperata nemmeno fosse toccata a lei la sorte del ragazzo che tanto piangeva.
Louis, che usciva dall’ufficio del professore di Difesa Contro le Arti Oscure, si incuriosì e le andò incontro.
«Mirtilla, che succede?»
«VOI» urlò quando si voltò verso Louis, planando in picchiata verso il Serpeverde che inchiodò sul posto. «È per dei cattivoni come VOI che le persone non possono più vivere in pace, ahhhh» lo accusò, piangendo ancora e correndo subito nel cubicolo del bagno in cui era morta a causa del Basilisco. «Povero ragazzo! Povero, povero ragazzo!»
Louis rimase col dubbio per un po’, impalato sul posto, poi decise che non poteva starsene lì, come uno stoccafisso, a sentire Mirtilla Malcontenta lamentarsi invano senza decidersi a spiegare di cosa parlasse.
Capitò per il ponte di pietra per puro caso, e non per curiosità. E quando intercettò il “povero ragazzo” che Mirtilla tanto piangeva, Louis capì di trovarsi di fronte a una occasione.
Peccato che non si sentisse pronto.
Per un attimo, infatti, indietreggiò, pensando come un Serpeverde di filarsela senza intervenire. Anche se aveva il potere e la libertà di farlo, non era certo di volerlo fare.
Ma si arrestò, quando realizzò che cinque Serpeverde del primo anno stavano letteralmente torturando senza tregua un solo Grifondoro. E non uno a caso.
Proprio Harry Styles. Quando lo riconobbe, ricominciò a camminare. Avanzando, prese una decisione fondamentale: non sarebbe mai stato amico di Harry Styles, lo giurò convinto, ma soltanto lui aveva la prerogativa di importunarlo. Nessun altro. E un Serpeverde manteneva sempre le sue promesse, in tutte le sue sfaccettature.
«Voi» urlò, quindi, avvicinandosi con passo svelto. Superò i quaderni e i libri caduti a terra, mentre i cinque Serpeverde si giravano e riconoscevano un loro compagno di terzo anno. «Smettetela subito!» continuò, guardando come Nathan stesse tenendo il colletto della divisa di Harry tra le mani e lo stesse scuotendo con prepotenza ridendogli in faccia.
«Tomlinson!» lo chiamò Tom, sorridendo lestofante. «A te l’onore di continuare» lo invitò. Louis guardò uno per uno, non degnando di uno sguardo Harry, che con un labbro spaccato stava giusto piagnucolando che le cose non potevano mettersi in modo peggiore.
«Sì, sì- grazie» tagliò corto Louis, guardando un po’ dappertutto, mascherando l’imbarazzo. «Ma voi sparite» ordinò loro, sperando di risultare abbastanza perentorio da non insospettirli.
Non doveva esserci riuscito perché quelli lo guardarono con cipiglio. Louis perse le staffe.
«Allora? Cercate guai? Se ci trovasse un professore, sei di noi contro uno solo di loro potremmo finire in guai molto seri. Volete correre questo rischio per uno schifoso mezzosangue?» ecco, ora era risultato più convincente. Fu Max, il capo fra loro cinque, ad annuire silente e ad ordinare agli altri di seguirlo, con un solo movimento del capo. Nathan abbandonò con uno strattone il Grifondoro e rise goliardicamente, convinto che in mano di Louis Tomlinson quel tipo avrebbe fatto senz’altro prima a desiderare di diventare cenere e dissolversi nel vento. Passò accanto a Louis, sorridendogli meschinamente, e poi seguì gli altri.
Louis li osservò fino a quando non scomparvero, poi si voltò verso Harry che, accasciato sul muretto in pietra, tentava malamente di asciugare il labbro insanguinato.
Louis continuò a guardarsi intorno, accertandosi che non ci fosse nessuno pronto a coglierlo in flagrante, e quando fu certo di essere solo con Harry, prese un fazzoletto dalla sua tasca e glielo offrì. Senza guardarlo in viso.
Harry per un momento guardò il fazzoletto di cotone, con ricamate le iniziali del Serpeverde schivo e dal comportamento insolito che aveva davanti, senza capacitarsi del perché Louis non stesse concludendo ciò che i suoi amichetti avevano iniziato.
Alla fine, dolorante, si limitò ad afferrarlo senza fare troppe domande. Anche perché se aveva una minima chance di uscirne miracolato, parlando avrebbe potuto rovinare tutto. «Grazie» disse piano.
«Quei coglioni» borbottò Louis, dandogli le spalle e affacciandosi dall’altra parte del muretto del ponte di pietra. «Loro non avrebbero dovuto- Io… Solo io-maledizione! » farfugliò ancora, come se Harry non ci fosse e lui potesse liberamente lasciarsi andare ai suoi dubbi più profondi, taciuti fino ad allora.
Harry non poté accigliarsi, per il troppo dolore, ma la sua espressione era un ricordo vago della confusione che spesso Louis gli faceva provare.
«Cosa stai facendo, ora? Uno spettacolino prima di darmi il colpo di grazia? Non ce n’è bisogno, vai dritto al punto» gli disse. E al diavolo se poteva peggiorare la sua situazione, Louis Tomlinson gli stava facendo provare paura. E lui non ne provava mai.
«Styles, non istigarmi che sono già incazzato di mio» borbottò stringendo i pugni.
Harry sbuffò sarcastico una risata e, dopo una smorfia di dolore che attirò gli occhi di Louis, «benvenuto nel club» commentò.
Louis rise, divertito dalla faccia imbronciata che Harry stava facendo al suo fazzoletto. Quando, però, Harry tirò gli occhi verso l’alto, incastrandosi nei suoi, la risata smorzò trasformandosi in un silenzio contemplativo.
Harry pensò che davvero Louis lo aveva salvato dalle grinfie di cinque Serpeverde. Ma non si fidava, perché non ne conosceva il motivo.
Louis pensò che Harry assomigliava ancor di più ad un ranocchietto, conciato in quella maniera. Un ranocchio acciaccato terribilmente carino.
Quando il Serpeverde offrì una mano al Grifondoro per aiutarlo ad alzarsi, Harry fu certo che Louis avesse bisogno di qualcosa che lui soltanto poteva dargli e così «Di cosa hai bisogno, Tomlinson?» sbottò, una volta in piedi, di fronte a lui.
Louis lo guardò con cipiglio, poi si imbronciò: «Devo per forza vol-»
«Sì» lo interruppe.
Louis sospirò. Non aveva nulla da chiedergli, in realtà, ma era contento che Harry non sospettasse altri motivi per cui stesse lì, in suo aiuto, amichevolmente.
«Hai avuto più altri fumetti da leggere?» domandò, quindi. Quella scusa l’aveva pensata diverse notti addietro. Ed era la più credibile fra tutte.
Harry si illuminò, credendo ingenuamente che quello fosse il motivo. «Sì, Zayn me ne ha prestati altri. Scommetto che li vorresti leggere anche tu...».
Louis annuì guardandosi nuovamente attorno. «Me li passeresti prima di riconsegnarglieli?» disse in un sussurro fievolissimo.
Harry sorrise: «E la parolina magica?»
Louis tornò a guardarlo con chiaro disappunto stampato in viso. Parolina magica? In che senso?
Si guardarono con quelle espressioni in viso e fu letteralmente comico il silenzio che ci fu prima che «cosa? C’è un incantesimo per- COSA?» sbottò il Serpeverde spazientito.
Harry alzò gli occhi al cielo, esasperato dall’idiozia dei maghi che non riuscivano a cogliere il sarcasmo babbano.
«Niente, Louis, lascia perdere. Domani te li faccio trovare a colazione sul tavolo dei Serpeverde-» disse, mentre si allontanava verso i suoi libri per raccoglierli.
Louis lo bloccò per un polso, tirandolo indietro e urlandogli: «NO!» in faccia.
Harry sorrise. «Vossignoria come vorrebbe che glieli recapiti senza intaccare la rispettabilità da Serpeverde?» si burlò di lui. Louis sbuffò.
«Via gufo-» tentò, poi.
«Non se ne parla proprio» esclamò il Grifondoro dandogli di nuovo le spalle e dirigendosi nuovamente verso la propria roba a terra. Louis lo seguì, senza bloccarlo, ma sbuffando sonoramente.
«D’accordo, d’accordo. Lasciameli a colazione, domani. Ma…»
«Sì, non mi farò vedere da nessuno. Parola di Grifondoro!» giurò senza nemmeno voltarsi a guardarlo.
«Ma io non posso fidarmi della parola di un Grifondoro» gli rispose Louis. A quel punto, Harry si voltò con qualche libro tra le mani e un sorriso indisponente stampato in viso (anche se faceva un male cane).
«È tutto ciò che avrai da me, Louis».



1 e sono citazioni ai libri di Harry Potter di Zia Row ♥
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: VenerediRimmel